Scrittori...Postate uno stralcio dei vostri lavori

Il silenzio dell’immensa Cattedrale fu rotto da una serie di passi. Passi leggeri, specchio della grazia elfica, e tuttavia facilmente percettibili, poiché null’altro all’interno della sala si muoveva. Obbiettivamente, Gärdwin era l’unico presente. Ma egli non poteva, né doveva, distrarsi con simili sottigliezze, quali potevano essere secondi presenti. Ansimante e sanguinante, continuava a correre lungo il corridoio di destra, più stretto rispetto a quello centrale, tuttavia abbellito con statue ed affreschi, divinità e demoni, eroi, angeli e spiriti. La luce del crepuscolo filtrava attraverso le vetrate a mosaico, colorandosi di verde, di giallo, di rosso e di blu, ed andando ad illuminare i banconi in legno chiaro dalla parte opposta dell’edificio. Candele profumate tentavano invano di diffondere la stessa luce nelle zone più oscure, con il solo risultato di rendere gli angoli e i corridoi sotto le navate laterali pregni di un odore corposo e denso, quasi soffocante. Senza badare a questi dettagli, che avrebbero stupito chiunque avesse ammirato la bellezza della Cattedrale per la prima volta, l’elfo proseguiva nella sua estenuante corsa, lasciando dietro di sé orme di pantano rosso. Il corpo di una freccia, chiaramente spezzata in seguito, spuntava da dietro la sua spalla sinistra, e sangue cremisi scendeva lungo la fronte sporca di terra. Altro sangue, più scuro e torbido, quasi nero, macchiava la tunica bianca e oro. Gärdwin aveva abbandonato l’armatura a piastre e l’arco lungo all’ingresso, ma ancora si udiva un clangore metallico di tanto in tanto, sintomo della presenza di una cotta di maglia sotto la tunica lucente, e di una spada, rinfoderata al fianco sinistro. Portava seco una missiva, stretta nel pugno destro. Gli occhi silvani dell’elfo puntavano alla porta che capitolava il corridoio, sempre più vicina, ogni passo di più…
Cadde. Il bel volto colpì violentemente il pavimento, e il corpo leggiadro rovinò al suolo. Gärdwin giaceva al centro di un grande rosone, inerme. Respirava a fatica.

Le pareti erano sfocate. Ogni volta che inspirava sentiva delle acute fitte di dolore al torace. L’elfo era stato lavato, e vestito di una seconda tunica, linda e splendente, con ricami oro che ritraevano un albero sul petto. Gärdwin non sapeva da quanto tempo fosse cosciente, sdraiato in quel comodo letto, riposando dopo la fatica della battaglia. I capelli biondi, liscissimi, scivolarono fluidi sul cuscino, mentr’egli si sfozava di mettersi a sedere contro lo schienale del letto. Dalla finestra aperta si poteva scorgere una pallida luna piena, la cui luce era scacciata da quella più calda e viva delle candele. Si percepirono dei passi non lontani, oltre la porta. Un incedere sicuro e pesante <<non è un elfo>> dedusse rapido il convalescente. La porta s’aprì, rivelando la persona che l’aveva sospinta lentamente con la mancina. Un uomo, dai corti capelli castani e barba incolta, lo fissava da oltre la soglia, senza riuscire a celare una nota di disappunto. Il nuovo giunto procedette all’interno della piccola stanza. Altri due lo seguirono, palesandosi ai piedi del candido giaciglio. Il primo era un elfo pallido, longilineo e leggiadro; mentre il volto del secondo figuro era celato da un cappuccio. Nessuno dei due produceva rumore postandosi, quindi era possibile, pensò Gärdwin, che appartenessero entrambi alla razza elfica.
- Vi siete destato, vedo.- esordì l’umano
Per pochi istanti le iridi dell’elfo penetrarono quelle dell’uomo, che gli ricambiava lo sguardo, severo e grave.
- Sì.
-Ne siamo lieti. Sarebbe davvero molto grave che l’unico figlio del re Allëndë morisse, ora ch’egli è caduto.
Ma come facevano a sapere che suo padre, il Re Arboreo Siriio Allëndë, era morto? L’accaduto non poteva risalire che a qualche ora prima. Ed allora, volgendo il pensiero alla battaglia, ricordò.
- Ho una missiva per il Consiglio.- disse, protraendo la destra in direzione delle tre persone al suo capezzale. Poi fissò confuso la propria mano, stretta a pugno attorno al vuoto.
-Lo sappiamo. I monaci vi hanno trovato svenuto,vi hanno pulito e curato, hanno letto il messaggio e consegnato al Consiglio.
Pochi istanti di silenzio vennero rotti da un sospiro di Gärdwin.
Esitò.
-Dunque?
-Il Consiglio ha deciso- s’intromise l’elfo pallido – il ritiro dalla guerra dei popoli del nord. Deporremo le armi, ed in segreto ci dirigeremo ad ovest, oltre il Mare Buio, verso le Terre Inesplorate. Là vivremo senza dover temere l’Ombra.
- Ma… - lo interruppe Gärdwin – possiamo farcela. L’Esercito Bianco sta ancora combattendo sui Colli a nord di Errea. Hanno solo bisogno di rinforzi. Non possiamo abbandonarli al loro destino.- L’elfo era sconcertato da quella decisione. Come poteva il Consiglio, le persone più sagge fra elfi, umani, e rashak, decidere di arrendersi alle truppe di Lord Orovha, e vivere rintanati nelle Terre Inesplorate?
- Là vivremo senza temere l’Ombra.- ripeté il suo parirazza – I vascelli di Aneor sono pronti a salpare. I primi a partire saranno le famiglie reali ed il Consiglio… E voi, che avete ereditato il titolo di vostro padre, dovrete partire nel primo viaggio.
- No. Io rimarrò qui- ribatté ottuso Gärdwin. Irato per la codardia dei saggi – Dovessi essere l’unico a rimanere, io rimarrò qui, ad attendere le Orde Oscure.
L’uomo abbassò lo sguardo, mentre l’elfo scambiò un’occhiata furtiva con l’incappucciato. Questi sussurrò qualcosa di impercettibile, e schioccò le dita.
La testa di Gärdwin ricadde su una spalla, mentr’egli cadeva in un sonno profondo.