Questa storia

Alessandro Baricco

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  1. Kamelot
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    di Stefano Giovanardi
    Data di pubblicazione: 07/01/03
    La Repubblica


    In occasione dell'uscita di Oceano Mare nella collana "Il Libri di Repubblica"

    image
    Il mare ha sempre rappresentato il tramite per una clamorosa uscita da se stessi

    Si parla sempre di Umberto Eco e di Susanna Tamaro, ma il «caso» editoriale creato da Alessandro Baricco non è da meno: il suo romanzo meno fortunato (quello d´esordio, Castelli di rabbia), ha venduto finora 465.000 copie, e gli altri successivi viaggiano tranquillamente fra le 500.000 e le 800.000. È una media decisamente eccezionale per le patrie lettere, che attira inevitabilmente invidie, denigrazioni, disdegni. Si è detto, ad esempio, che il successo letterario è stato una semplice conseguenza del successo televisivo, dimenticando però che Baricco non ha mai presentato «Stranamore» o «C´è posta per te»; ha condotto invece programmi sulla musica lirica, sui libri, sulle contaminazioni fra letteratura e teatro: programmi che selezionano da sé il proprio pubblico e che, anziché fungere da traino, hanno semmai bisogno di essere essi stessi trainati da un volto o un nome noto. Certo, a quelli che lo hanno seguito Baricco è apparso bravissimo, affabulatore senza pari, incantatore nonchalant, «personaggio» davvero in tutto e per tutto; e sicuramente una ricaduta sulle vendite dei suoi libri ci sarà stata. Ma basta una schiera comunque esigua di aficionados televisivi a spiegare, per un autore poco più che quarantenne, un simile successo di pubblico?


    Difficile crederlo, tanto più che, al di là delle trasmissioni da lui condotte, la sua esposizione mediatica è assai ridotta: rilascia pochissime interviste, non compare mai in televisione come ospite, non partecipa ai premi letterari. E altrettanto difficile è ipotizzare particolari «ruffianerie» di scrittura, furbizie letterarie che facciano da esca per le masse: nel suo complesso la narrativa di Baricco è piuttosto «difficile», irta di sperimentazioni, ricca di situazioni affatto inusuali quando non decisamente surreali, giocata su un continuo e delusivo gioco di specchi fra fantasia e realtà che sovente spiazza il lettore, e certo non ne appaga le attese di intrattenimento.
    Insomma non c´è nulla da fare: le vie che portano al bestseller restano assolutamente misteriose, e Oceano mare (circa 700.000 copie vendute a tutt´oggi) ne è la conferma più evidente. Chi avrebbe potuto pensare in anticipo che le vicende di un professore intento a stabilire dove finisce il mare, o di un pittore che per dipingere si serve esclusivamente dell´acqua marina immortalando paesaggi oceanici su tele che restano inevitabilmente bianche, potessero avvincere un così alto numero di lettori? E che tanto seguito potesse avere un romanzo tanto intensamente metaforico, tanto carico di simboli a sfondo esistenziale, tanto disseminato nei rivoli di un intreccio smembrato, si direbbe, da un´irresistibile forza centrifuga?


    Eppure, eppure... Vediamola da un altro punto di vista. In Oceano mare Baricco ha lavorato su un mito letterario di lungo corso, il mito marino appunto, cercando però di estrarne nuovi significati: se nella storia della letteratura mondiale, dall'Odissea fino a Moby Dick, il mare ha sempre rappresentato in vari modi il tramite per una clamorosa uscita da se stessi, dai propri limiti, dai propri ambienti, dalla propria natura, e ha dunque incarnato un´istanza di estroflessione, di scoperta anche rischiosa e violenta del mondo o comunque dell'altro da sé, qui esso finisce per circoscrivere un luogo immaginario (quindi un non-luogo) in cui alcuni stralunati personaggi tentano disperatamente di incontrare se stessi. Per gli ospiti della locanda Almayer il mare non apre orizzonti di alcun tipo, e anzi delimita con la sua invalicabile distesa uno spazio ristrettissimo, che è poi lo spazio dell'individualità di ognuno. È il moto delle onde verso la spiaggia, che ricaccia a terra ogni cosa e che indica inesorabilmente una sorta di insuperabile direzione naturale, a colpire l´immaginario di Baricco: il professor Bartleboom cerca di individuare sulla sabbia il punto esatto in cui l´oceano si esaurisce, ed è alla cura del «bagno d´onda» che a qualche metro dal bagnasciuga si sottopone la spaventata Elisewin; le navi non partono, ma arrivano, e tutto pare dominato da una forza invariabilmente centripeta, come se infine a quel non-luogo e a quel non più rimandabile incontro con se stessi si debba necessariamente tornare.
    Senza darlo tanto a vedere, la foresta di simboli costruita dall´autore ci trasporta a poco a poco nella dimensione aliena del nostro inconscio, in quel rarefatto e insieme densissimo nulla onirico che tutti noi ad ogni risveglio rimpiangiamo di non poter possedere se non per spezzoni irrelati, squarci enigmatici, visioni effimere. Baricco invece con quel nulla ci costruisce un mondo, e ce lo squaderna davanti come fosse fatto di carne e sangue, dandoci la possibilità di passeggiare a lungo dentro quel bordo oscuro così terrorizzante e insieme affascinante, e di incontrarci persone, di soggiornare in stanze, di sperimentare una vita capace di rivelarci infine una verità ultima e definitiva su noi stessi.


    In una delle rare interviste rilasciate, quasi due anni fa, lo scrittore insisteva sulla necessità di «complicare la vita», di formulare domande anziché dare spiegazioni, di instillare la consapevolezza non di «sapere di più», ma di sapere «che ci sono cose da scoprire». Mi pare un programma che già nel 1993, anno di uscita di Oceano mare, egli aveva perfettamente presente, almeno per quel che riguarda l´analisi dei percorsi della psiche umana. Ecco cosa fa dire a uno dei personaggi: «Questo è un posto dove prendi commiato da te stesso. Quello che sei ti scivola addosso, a poco a poco. E te lo lasci dietro, passo dopo passo, su questa riva che non conosce tempo e vive un solo giorno, sempre quello (...). Quel che io sono, è ormai successo: e qui, e ora, vive in me come un passo in un´orma, come un suono in un´eco, e come un enigma nella sua risposta. Non muore, questo no. Scivola dallaltra parte della vita. Con una leggerezza che sembra una danza. È un modo di perdere tutto, per tutto trovare».


    Sarà in questo condurci per mano «dall´altra parte della vita» la chiave del successo del libro? O forse in quella vocazione fantastica che spesso ha la meglio sul corredo concettuale che dovrebbe incarnare, e che diventa autonoma energia costruttiva di mondi altri dal nostro? Chissà... Ma magari non c´è bisogno di tante domande: basta probabilmente la forza suggestiva che emana dalla locanda Almayer e dai personaggi che in essa si aggirano, fino alla sua fantasmagorica scomparsa, che è insieme un desolato e arreso inno alla scrittura: «Camminava veloce, senza voltarsi mai. Così non la vide, la locanda Almayer, staccarsi da terra e disfarsi leggera in mille pezzi, che sembravano vele e salivano nellaria, scendevano e salivano, volavano, e tutto portavano con sé, lontano, anche quella terra e quel mare, e le parole e le storie, tutto, chissà dove, nessuno lo sa, forse un giorno qualcuno sarà così stanco che lo scoprirà».


    L'opera

    La locanda Almayer è un non-luogo, che si affaccia su un non-mare, in un non-tempo; e insieme è il Luogo per eccellenza, punto d'arrivo di una miriade di destini che al loro tempo storico, e alle stimmate della loro natura, vogliono disperatamente sfuggire, ponendosi per un verso o per l'altro oltre il limite. Lì soggiorna ad esempio il professor Bartleboom, che dedica la sua vita allo stralunato progetto di stabilire dove finisce il mare; oppure il pittore Plasson, che per dipingere usa esclusivamente l'acqua marina, raffigurando vedute oceaniche su tele che restano ostinatamente bianche; o ancora la giovane Elisewin, che ha paura di tutto e di tutti, col suo inutile mentore padre Pluche. E poi una bellissima donna mandata nella locanda dal marito perché guarisca dalla malattia dell'adulterio, dei misteriosissimi bambini, un fosco vendicatore…

    Dando spazio a una vena decisamente surreale, Alessandro Baricco si confermò, con questo romanzo del 1993, uno dei giovani narratori italiani più interessanti e maturi, capace di variare all'infinito i registri della sua scrittura, in una disposizione sperimentale che non ha però nulla della fredda ingegneria avanguardistica: al contrario, i fantasmi mentali che popolano il libro acquistano come per incanto carne e sangue, comunicando un paradossale calore vitale che ne fa dei personaggi a tutto tondo, sia pure nella dimensione straniata della metafora esistenziale. E il lettore si trova coinvolto in una fortissima tensione che è soprattutto emotiva, come fosse costretto a capire qualcosa di sé che avrebbe forse preferito gli restasse ignoto.

    link originario.


    Letto molto intesamente qualche settimana fa.
    Una delle letture più piacevoli che abbia fatto, nonostante sia ritrosa verso il romanzo contemporaneo ma in questo scrittore trovo molti spunti di riflessione e immagini oniriche. Forse a volte ridondanti e situazioni construite, ma nel complesso scorrevoli.
    Lo consiglio vivamente =)
     
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  2. Zacht
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    Oceano Mare di Baricco devo ancora leggerlo, ma è nella lista. Io consiglio Seta, Questa storia e I barbari (che è un saggio) perchè sono bellissimi libri di un grande autore.
     
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  3. hysteria;
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    Oceano Mare è stato il primo libro di Baricco che ho letto, ed è stato subito amore <3
     
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2 replies since 22/1/2008, 16:05   106 views
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