Luce

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    EDIT: questo racconto è influenzatissimo da: "le città invisibili" di Calvino, "La Torre Nera" di King, Twin Peaks, Lost e dallo stile di scrittura di Paolo Nori ma comunque da tutte le avanguardie simpatiche.
    Per il resto direi che è roba mia, infatti al contrario delle opere citate, e malgrado i risvolti epici già programmati, questa sarà principalmente una storia che parla di sentimenti.
    L'idea, di base e principale, è che ogni capitolo è scritto in uno stile diverso, quindi se non ti piace il primo, magari ti piace il quarto.

    Salve ragazzi, questo racconto sarà lungo, ma fatto di tante particine brevi, la prima cosa che posto alcuni di voi potrebbero averla già letta, il secondo che posto pochissimi potrebbero averlo letto, dal terzo in poi è roba nuova, la seconda la posto domani sera al più tardi, ma presumibilmente anche prima.
    Mi sono uscite delle cose carine, nelle "puntate successive", anche qui eh. solo che voglio solo dire che sono felice di come sta venendo fuori.

    Datemi feedback, vi voglio bene, pf.




    0-zero;
    Prologo.

    Alessandro era stato abbandonato alla vigilia dei suoi 18 anni.
    Insultato, stuprato, picchiato, umiliato, gli ultimi momenti vissuti da Alessandro su questo mondo erano stati un inferno, un inferno di cui nessuno sapeva nulla e che i più non sarebbero nemmeno riusciti a immaginare, nessuno aveva realmente idea di quello che successe quella sera in quel vicolo.
    Cosa aveva fatto il ragazzo per meritarsi quel trattamento?
    Marco non ne aveva idea, e non aveva ancora la forza di interessarsene.
    Alessandro era morto, e con lui la sua voglia di vivere.
    Ancora una volta scoppiò a piangere.
    Immerse la testa nell'acqua, la visione del mondo che si aveva da lì sotto lo rilassava, i suoni, le immagini, era tutto diverso, gli dava la sensazione di essere in un'altra realtà, una realtà lontana dalla sua.
    Purtroppo l'acqua poteva isolarlo dal mondo solo per pochi secondi, poi doveva riemergere; riemergere per rivedere i colori come realmente erano, riemergere per risentire i suoni nella loro forma originaria, riemergere per sentire ciò che lo circondava, riemergere per vedere ciò che lo avvolgeva, riemergere per poter respirare di nuovo: riemergere per poter continuare a vivere.

    Continuare vivere? Aveva realmente senso ora? Anche ora che la vita non aveva più senso?
    Avrebbe potuto immergersi e non uscire più, morire in quella condizione che tanto amava.
    Avrebbe potuto ma non voleva.
    Non lo voleva perché la morte gli aveva tolto tutto, non si sarebbe mai donato a lei di spontanea volontà.
    Suo padre, sua madre, Alessia, e ora Alessandro.

    Sopra tutto Alessandro, perché lui non era “una” persona ma ”la” persona, era colui che c'era sempre; colui con cui parlava, rideva, piangeva, la persona che avrebbe sempre voluto vicino, dai momenti più difficili a quelli più belli.
    Il loro rapporto era superiore a qualsiasi storia d'amore, qualsiasi amicizia, qualsiasi fratellanza che entrambi avessero mai avuto.
    Andandosene Alessandro fece capire a Marco cosa volesse dire essere realmente soli.
    Quella solitudine che ti spinge ad abbracciarti da solo piangendo, sussurrandoti incoraggiamenti, convincendoti sottovoce che ce la farai anche stavolta, che la sofferenza è transitoria.
    Si sentiva così ipocrita a pensarlo adesso, immerso nell’acqua.
    Perché lo sapeva che la sofferenza non se ne sarebbe andata mai, la sofferenza non se ne era mai andata da quando era nato, la sofferenza gli aveva fatto fare quel piccolo e crudele passo fra la vita e la sopravvivenza.
    Mangiare, piangere, dormire.
    Mangiare, piangere, dormire.
    Mangiare, piangere, dormire.
    Mangiare, piangere, dormire.
    Oramai nulla era più di questo.
    Tornò sotto acqua, nel suo mondo.
    Indeciso fino all'ultimo secondo coscienza se la sua avversione per la vita fosse una motivazione sufficiente per continuare a vivere.

    Poi, pochi minuti dopo, la porta chiusa a chiave del bagno venne aperta con un calcio.

    1-uno;
    Riscatto.

    Nile Crimson\\ innata capacità di fallimento.
    Ha una scopo, ma non ci prova nemmeno.
    Capita a volte di non aver altro da fare oltre ammazzarsi, essere così annoiato e disilluso da farlo non per passione o per disperazione, ma proprio per passare il tempo (o meglio, per non doverlo più fare).
    Ed è qui che Nile si trova in questo momento, in questo luogo dell’essere, in questo stato confuso però consapevole. Abbastanza consapevole da decidere di darci un taglio e basta. Quindi si da’ un gran da fare, prepara la corda, la sedia –traballante, perché se no non è la stessa cosa- e pure la lettera d’addio, che è un po’ quella che gli ha bloccato tutto per tanti mesi.
    Chi devi salutare in una lettera d’addio? Per i suicidi che sono soli è facile, per Nile invece meno, perché ha una famiglia che lo ama, una ragazza che lo ama, degli amici che lo amano e insomma lo amano un po’ tutti. Ed è proprio questo che un po’ gli viene a noia, perché sa di essere amato e sa che malgrado questo ancora manca quello che cerca. Perché lui è amato ma non ama, perché Aimee è “chissàddove” con “chissàcchi” a fare “chissàcosa”.
    E Aimee, era, ahimé, diversa.
    Nile Crimson se ne va, e lo fa perché nel mondo è impossibile trovare quello che cerca, e se anni fa se ne è reso conto guardandosi dentro, ora succede che ne ha la certezza guardando all’esterno.
    Ma malgrado l’impossibilità per le persone come lui di trovare il proprio posto nel mondo, lui l’aveva trovato, e quel posto era accanto a Aimee. Che aveva cercato tanto e ora era “chissàddove” con “chissàcchi” a fare “chissàcosa”.
    E se perdi ciò che hai cercato e trovato, è troppo difficile ricominciare la ricerca. Quindi Nile prepara la sua lettera d’addio per tutta la gente che lo ama e lo fa con una lettera che ha tantissime consonanti, abbastanza vocali e di conseguenza molte parole, che possono essere riassunte in un “mi dispiace, non vi spiego neanche perché non siamo nemmeno mai stati nello stesso posto e anche se lo fossimo stati saremmo ora compagni di corda e non di vita”.
    E poi prepara il tutto, compresa la colonna sonora.
    Una colonna sonora altisonante e bellissima, con cui poter vedere con un sorriso il mondo annebbiarsi e sparire per l’ultima volta.
    Ma poi suona il cellulare. E la suoneria è “motion picture soundtrack” dei Radiohead.
    Gli viene da ridere;
    “red wine e sleeping pills”, come dice il primo verso della canzone, sarebbe un modo più carino per andarsene, più poetico, che da sensazioni più forti nel palato ma più delicate nel corpo, pensa Nile, mentre spegne la colonna sonora del suicidio e risponde alla chiamata
    –Ciao mamma! Va tutto bene, come state? Ci vediamo domani.
    Quindi decide di procurarseli, il vino rosso e i sonniferi.
    Una volta procurati ha davvero troppa voglia di ascoltare tutto l’album della canzone che lo ha ispirato, lo fa. E poi “mica posso ascoltare Kid A senza ascoltare anche Amnesiac? che sono due album collegati, che i Radiohead bisogna capirli e per capirli bisogna prenderli nel loro insieme“ E così via, fino a quando, diversi dischi dopo, perché prima finisci i Radiohead, poi ci sono obbligatoriamente i Muse e i Coldplay, poi ti scontri con Brian Eno, e quindi un po’ degli u2 vecchi, e poi dagli u2 vai un po’ dove ti pare, dicevo, diversi dischi dopo dice che in fondo non è una cattiva idea, rimettersi a cercare Aimee, la ragazza che ama.
    Zaino in spalla. Perché tanto vivere qui sarebbe morire, perché non sa nemmeno da dove cominciare, però ha una mezza idea. Prende dai suoi genitori, “che ti vogliono tanto bene”, tutti i soldi possibili e parte. Confida nelle tappe obbligate che ha, spera di poter trovare qualche informazione, e via con il primo treno per Asgard(che non si chiama davvero Asgard), a casa di Nick(che non si chiama davvero Nick). Che lui sa sempre tutto.
    Prima però, prende la bomboletta spray arancione e scrive sulla finestra di camera sua “Ciao mamma! Ciao papà! Magari un giorno torno!”.
    E
    poi
    Alla ricerca di Aimee.

    2-due;
    Tenma.

    Tenma Kìnesis si svegliò all’alba della sua rinascita ma nel tardo pomeriggio della giornata. La sera prima aveva bevuto e saltato fino a notte fonda in un festival musicale, era arrivato a casa che il cielo rispendeva del caldo sole estivo.
    Non si svegliò con il classico mal di testa da post sbronza, ma con la consapevolezza di essere una persona nuova e con un numero che gli rimbalzava nella testa; il numero era quarantaquattro. E non capiva il perché. Si alzò dal letto e osservò tutte le cose che aveva in casa. Poi cominciò a prepararsi perché aveva bisogno di una passeggiata.
    Alzatosi dal letto, diede una rapida occhiata alla bibliovideoteca di casa sua, e si stupì di riuscire a leggere tutti i titoli da quella distanza considerevole. Prese i suoi occhiali da vista, e constatò di vedere meglio senza di essi; “Che diavolo sta succedendo?” Si chiese a voce alta nel mezzo della sua casa vuota, ma non trovò risposta, solo un vago senso di calore alla bocca dello stomaco. Si sciacquò il viso e decise di farsi una doccia fredda. Il rumore dell’acqua era diverso, più limpido, più chiaro. Gli odori erano più forti. Più vivi.
    Uscì dalla doccia e estasiato cominciò a guardarsi allo specchio, esteriormente era sempre uguale, eppure era tutto diverso da dentro.
    Dopo essersi asciugato e vestito si stese a letto, guardò il libro che aveva iniziato due sere prima e si rese conto di aver acquisito consapevolezza di quale fosse l’ovvio finale per un inizio tanto misterioso: anche le sue capacità deduttive erano migliorate.
    Tornò a guardarsi allo specchio, stavolta con un sorriso compiaciuto.
    Pensò a come utilizzare e chi stupire con le sue nuove abilità, pensò di ristrutturare la sua vita attorno a queste sue nuove qualità, pensò soprattutto a un futuro glorioso per lui, pensò a tutte le persone del suo passato che re incontrandolo si sarebbero stupite del suo nuovo modo di essere e poi senza pensare a nulla si ritrovò a piangere e una forte malinconia gli colpì l’animo. Un rantolo involontario proveniente dalla sua bocca vomitò la parola “Marco” nella stanza vuota.
    La malinconia se ne andò, Tenma cominciò a chiedersi chi fosse Marco. Scese a comprare il giornale, perché sentiva che era la cosa da fare.
    Trafiletto laterale: “Giovane ragazzo brutalmente assassinato a Gossamer”, Tenma si sentì caricare da una grande rabbia e dalla consapevolezza di essere legato in qualche modo a quel ragazzo. “Il ragazzo, di nome Alessandro Bargeld, stava tornando a casa dopo una serata dagli amici quando d’improvviso un gruppo di uomini l’ha preso e portati nella scurissima Via Pier Paolo Pasolini(continua a pagina 12)”
    Tenma era stato a Gossamer qualche anno prima, finite le superiori, e si sorprese a ricordare che conosceva un “Marco” che abitava li. Fissò l’immagine del ragazzo conosciuto anni prima nella mente e dai suoi occhi ricominciarono copiose a scendere le lacrime. Si rese conto che stava succedendo qualcosa di bizzarro: C’era una malinconia che si sviluppava in lui che era indipendente dalla sua vita.
    Poi, riflettendo un attimo, si chiese se avesse voglia di interessarsi a quella malinconia o semplicemente conviverci. Perché, spontaneamente, Tenma pensava che quella malinconia non se ne sarebbe mai andata da se. Sapeva di essere davanti a una scelta e non sapeva nemmeno perché. Solo lui poteva avere la certezza di essere nel mezzo di qualcosa di sovrannaturale, e l’unico modo per scoprire qualcosa velocemente era lasciare tutto subito alle spalle, perché le vacanze sarebbero finite domani, perché Lunedì ricominciava a lavorare.
    Tenma era comunque, perso. Fra un lavoro che non gli piaceva e una vita che gli stava stretta. Quindi decise di partire, con la sua valigetta con le ruote e tutte le novità del suo corpo.

    3-tre.
    Lo scontro di sguardi


    Lo scontro di sguardi.
    Nile e Tenma andavano nella stessa direzione, il primo con uno zaino capiente ma vuoto, il secondo con una valiga piccola ma piena.
    Per un attimo si guardarono e lo scontro di sguardi, quasi fosse voluto dal destino, scatenò una reazione bizzarra: Nile e Tenma non si conoscevano, eppure Tenma salutò Nile e lo fece in modo strano, dicendo “Ahoy-there!”, come fosse un pirata Inglese.
    Nile sorrise, e rispose “Ahoy-there”.
    Nile era così. Non si faceva problemi di sorta davanti alle stranezze del mondo in quel mondo che di anno in anno diventava sempre più strano. Le accoglieva con gioia, anzi, qualsiasi modo per spezzare la noia era ben accetto. Soprattutto se non comportava difficoltà ma solo cose bizzarre.
    Pensò a quel ragazzo che qualche anno prima lo salutava sempre così, si avvicinava a lui, metteva la mano sinistra sopra l’occhio destro e diceva “Ahoy-there!”. Succedeva in quel paesino turistico così distante, quello in cui aveva conosciuto Aimee.
    “Come si chiamava quel ragazzo?” si chiese. “Era sempre insieme a un altro, forse erano…” poi, prima che gli soggiungessero i nomi provò uno strano calore alla bocca dello stomaco, come se bastasse ricordare quelle due persone per confortarlo, eppure, con loro come con Aimee, aveva passato poco più di qualche ora.
    “Marco e Alessandro!” gli venne in mente di colpo. Estrasse la sua agendina decennale, con i nomi i numeri di casa e gli indirizzi di chiunque, e cercò Marco e Alessandro con un certo entusiasmo.
    Marco Sakamoto e Alessandro Bargeld. Lesse che abitavano a Gossamer e vide che aveva ancora il numero di telefono di entrambi.
    Si ripromise di chiamare i due ragazzi e di passare qualche giorno da loro nella sua strada alla ricerca di Aimee.
    Nel paesino di montagna dove abita Nile c’è una lunga discesa d’asfalto da percorrere per arrivare in stazione, i due la percorsero fianco a fianco, senza rivolgersi ulteriore parola dopo quel saluto, Nile perché non sentiva il bisogno di parlare, Tenma perché era troppo imbarazzato.
    Alla fine di questa discesa, prima di entrare in stazione si fermarono dal bigliettaio..
    «uno solo andata per Asgard, per favore»
    «uno solo andata per Gossamer, per favore»
    Nile si incamminò verso il binario uno, Tenma verso il binario tre, dopo un rapido cenno di saluto ognuno ad aspettare il rispettivo treno di sola andata, inconsapevoli che il loro viaggio li avrebbe portati nello stesso posto, col tempo si sarebbero resi conto di star cercando la stessa cosa, per quanto banale e scontato: probabilmente nessuno dei due, in quel momento allegro, speranzoso, imbarazzato, immaginava quale sarebbe stata la portata dell’importanza del viaggio che stavano per intraprendere in questo momento.
    Ci sono cose che vanno al di là della nostra vista, i nostri sensi ignorano che il tempo sia una dimensione così simile e legata allo spazio. Chi ha ideato questo mondo, ha fatto in modo di non permetterci di capire la portata delle conseguenze a cui porteranno le nostre azioni.

    4-quattro.


    Treno supervelocissimocheèdavverocazzutoevelocissimo per Asgard in partenza dal binario 3. Allontanarsi dalla linea gialla.

    Kirkus si chiedeva che noia fosse, per la signorina chiusa dentro l’altoparlante, ripetere sempre le stesse cose ogni giorno, però poi non se lo chiese più. Perché cominciò a chiedersi chi è che fosse il Ninja che ogni giorno si inseriva nei distributori automatici per aggiungerci le cose che poi lui prendeva per mangiare in treno: 3 confezioni di tramezzini, 2 bottigliette d’acqua, 2 bevande, 3 confezioni di salame e grissini… e 6 merendine di diverse marche!

    Kirkus non era grasso, e nemmeno obeso. Kirkus era una montagna; Kirkus non era ne stupido, ne idiota, ne ignorante: era un insieme delle 3 cose portate al massimo delle loro possibilità.

    Kirkus era l’essere inutile che però a quanto pare ha sempre voglia di parlare con tutti. E non si rende nemmeno conto che tu non l’ascolti. Quindi sale sul treno e intravede la sua vittima, va verso di lui con il suo sorriso eccessivo e gli dice «Ciao! Io sono Kirkus», aspettandosi il solito ciao disinteressato con conseguente spostamento strategico di bagagli per evitare che la montagna si sieda vicina. Oggi il sole era in cielo, come tutti gli altri giorni. Quindi anche oggi sarebbe stato come tutti gli altri giorni, pensava Kirkus.

    «Ciao Kirkus! Io sono Nile! Vuoi sederti qui?» lo straniero –che era appena diventato Nile per Kirkus e che prima era solo “straniero”- aveva un sorriso solare sotto gli occhi verdi fra i capelli neri e lunghi che gli scendevano sulla fronte, Kirkus fece un passo indietro, guardò male Nile e se ne andò sussurrando “ma quello lì è tutto matto”.

    Nile si guardò intorno vagamente confuso in cerca di conforto negli sguardi degli altri passeggeri: purtroppo tutti sembravano chiusi nei loro mondi fatti di walkman, di libri e di sogni.

    Guardò nell’altra direzione e notò che una signora di colore gli stava sorridendo. Lui le sorrise e lei “ce ne sono un sacco di tipi strani in treno” lo disse con la tipica cadenza delle persone di colore, ma con il volume della voce più basso, e con una grazia che credeva estranea alle donne di colore che viaggiavano nei mezzi pubblici. Nile arrossì inspiegabilmente. Poi sorrise più forte.

    Passarono una ventina di minuti, e alla prima fermata i signori che sedevano vicino a Nile si alzarono tutti per scendere a “Sardines”. Una città senza alcuna importanza in questa storia da un punto di vista, ma dal punto di vista “effetto farfalla”, invece, se quei signori non avessero dovuto scendere li, non ci sarebbero scesi, e Nile non avrebbe mai conosciuto Yemchuck, la signora di colore.

    Dove stai andando? chiese lei, dopo essersi seduta moderatamente vicino a lui. Ad Asgard, ora, per ora, lei invece signora?

    Io non lo so, dove sto andando, scenderò fra un po’, e poi tenterò di costruirmi una nuova vita. -Oh ma allora scenda con me, signora, scommetto che il mio amico Nick le troverà un posto letto per un po’, tanto per cominciare.

    La signora Yemchuck, che aveva 35 anni e la sapeva molto lunga, capì che era davanti a qualcosa di diverso. “Vado a costruirmi una nuova vita!” ti dice qualcuno. -Da cosa scappi? Cosa vorresti fare? Se è uno sconosciuto a dirtelo.

    -Ti serve una mano? Se è un amico.

    Un aiuto, concreto, immediato, senza sapere di cose tu abbia bisogno, non te lo da nessuno. Nessuno eccetto qualcosa di diverso: qualcosa di diverso come Nile. Che non solo era predisposto ad aiutare, ma non era nemmeno curioso, e non era un bene però, non essere curiosi, pensò la signora. O forse lo era in questo caso, almeno per Yemchuck. Un curioso che non crede ma aspetta che sia tu a parlargli è il migliore degli amici possibili, soprattutto per quelli con un passato “strano”.

    Yemchuck aveva pensato tutte queste cose fissando Nile, che disse imbarazzato “scusa, non volevo essere inopportuno”.

    No, no, anzi, sei un tesoro, se il tuo amico Nick vorrà, sarei ben felice di essere ospitata da lui, Tieni, questo è un panino speciale fatto da me. Grazie signora, ma io non mangio carne.


    Edited by xev - 25/9/2011, 02:57
     
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    Nile Crimson\\ innata capacità di fallimento.
    Ha una scopo, ma non ci prova nemmeno.
    Capita a volte di non aver altro da fare oltre ammazzarsi, essere così annoiato e disilluso da farlo non per passione o per disperazione, ma proprio per passare il tempo (o meglio, per non doverlo più fare).
    Ed è qui che Nile si trova in questo momento, in questo luogo dell’essere, in questo stato confuso però consapevole. Abbastanza consapevole da decidere di darci un taglio e basta. Quindi si da’ un gran da fare, prepara la corda, la sedia –traballante, perché se no non è la stessa cosa- e pure la lettera d’addio, che è un po’ quella che gli ha bloccato tutto per tanti mesi.
    Chi devi salutare in una lettera d’addio? Per i suicidi che sono soli è facile, per Nile invece meno, perché ha una famiglia che lo ama, una ragazza che lo ama, degli amici che lo amano e insomma lo amano un po’ tutti. Ed è proprio questo che un po’ gli viene a noia, perché sa di essere amato e sa che malgrado questo ancora manca quello che cerca. Perché lui è amato ma non ama, perché Aimee è “chissàddove” con “chissàcchi” a fare “chissàcosa”.
    E Aimee, era, ahimé, diversa.
    Nile Crimson se ne va, e lo fa perché nel mondo è impossibile trovare quello che cerca, e se anni fa se ne è reso conto guardandosi dentro, ora succede che ne ha la certezza guardando all’esterno.
    Ma malgrado l’impossibilità per le persone come lui di trovare il proprio posto nel mondo, lui l’aveva trovato, e quel posto era accanto a Aimee. Che aveva cercato tanto e ora era “chissàddove” con “chissàcchi” a fare “chissàcosa”.
    E se perdi ciò che hai cercato e trovato, è troppo difficile ricominciare la ricerca. Quindi Nile prepara la sua lettera d’addio per tutta la gente che lo ama e lo fa con una lettera che ha tantissime consonanti, abbastanza vocali e di conseguenza molte parole, che possono essere riassunte in un “mi dispiace, non vi spiego neanche perché non siamo nemmeno mai stati nello stesso posto e anche se lo fossimo stati saremmo ora compagni di corda e non di vita”.
    E poi prepara il tutto, compresa la colonna sonora.
    Una colonna sonora altisonante e bellissima, con cui poter vedere con un sorriso il mondo annebbiarsi e sparire per l’ultima volta.
    Ma poi suona il cellulare. E la suoneria è “motion picture soundtrack” dei Radiohead.
    Gli viene da ridere;
    “red wine e sleeping pills”, come dice il primo verso della canzone, sarebbe un modo più carino per andarsene, più poetico, che da sensazioni più forti nel palato ma più delicate nel corpo, pensa Nile, mentre spegne la colonna sonora del suicidio e risponde alla chiamata
    –Ciao mamma! Va tutto bene, come state? Ci vediamo domani.
    Quindi decide di procurarseli, il vino rosso e i sonniferi.
    Una volta procurati ha davvero troppa voglia di ascoltare tutto l’album della canzone che lo ha ispirato, lo fa. E poi “mica posso ascoltare Kid A senza ascoltare anche Amnesiac? che sono due album collegati, che i Radiohead bisogna capirli e per capirli bisogna prenderli nel loro insieme“ E così via, fino a quando, diversi dischi dopo, perché prima finisci i Radiohead, poi ci sono obbligatoriamente i Muse e i Coldplay, poi ti scontri con Brian Eno, e quindi un po’ degli u2 vecchi, e poi dagli u2 vai un po’ dove ti pare, dicevo, diversi dischi dopo dice che in fondo non è una cattiva idea, rimettersi a cercare Aimee, la ragazza che ama.
    Zaino in spalla. Perché tanto vivere qui sarebbe morire, perché non sa nemmeno da dove cominciare, però ha una mezza idea. Prende dai suoi genitori, “che ti vogliono tanto bene”, tutti i soldi possibili e parte. Confida nelle tappe obbligate che ha, spera di poter trovare qualche informazione, e via con il primo treno per Asgard(che non si chiama davvero Asgard), a casa di Nick(che non si chiama davvero Nick). Che lui sa sempre tutto.
    Prima però, prende la bomboletta spray arancione e scrive sulla finestra di camera sua “Ciao mamma! Ciao papà! Magari un giorno torno!”.
    E
    poi
    Alla ricerca di Aimee.


    Edited by xev - 13/9/2011, 20:08
     
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    Ultimo capitoletto introduttivo introduttivo, dal terzo le cose cominceranno a "succedere"

    2-due;
    Tenma.

    Tenma Kìnesis si svegliò all’alba della sua rinascita ma nel tardo pomeriggio della giornata. La sera prima aveva bevuto e saltato fino a notte fonda in un festival musicale, era arrivato a casa che il cielo rispendeva del caldo sole estivo.
    Non si svegliò con il classico mal di testa da post sbronza, ma con la consapevolezza di essere una persona nuova e con un numero che gli rimbalzava nella testa; il numero era quarantaquattro. E non capiva il perché. Si alzò dal letto e osservò tutte le cose che aveva in casa. Poi cominciò a prepararsi perché aveva bisogno di una passeggiata.
    Alzatosi dal letto, diede una rapida occhiata alla bibliovideoteca di casa sua, e si stupì di riuscire a leggere tutti i titoli da quella distanza considerevole. Prese i suoi occhiali da vista, e constatò di vedere meglio senza di essi; “Che diavolo sta succedendo?” Si chiese a voce alta nel mezzo della sua casa vuota, ma non trovò risposta, solo un vago senso di calore alla bocca dello stomaco. Si sciacquò il viso e decise di farsi una doccia fredda. Il rumore dell’acqua era diverso, più limpido, più chiaro. Gli odori erano più forti. Più vivi.
    Uscì dalla doccia e estasiato cominciò a guardarsi allo specchio, esteriormente era sempre uguale, eppure era tutto diverso da dentro.
    Dopo essersi asciugato e vestito si stese a letto, guardò il libro che aveva iniziato due sere prima e si rese conto di aver acquisito consapevolezza di quale fosse l’ovvio finale per un inizio tanto misterioso: anche le sue capacità deduttive erano migliorate.
    Tornò a guardarsi allo specchio, stavolta con un sorriso compiaciuto.
    Pensò a come utilizzare e chi stupire con le sue nuove abilità, pensò di ristrutturare la sua vita attorno a queste sue nuove qualità, pensò soprattutto a un futuro glorioso per lui, pensò a tutte le persone del suo passato che re incontrandolo si sarebbero stupite del suo nuovo modo di essere e poi senza pensare a nulla si ritrovò a piangere e una forte malinconia gli colpì l’animo. Un rantolo involontario proveniente dalla sua bocca vomitò la parola “Marco” nella stanza vuota.
    La malinconia se ne andò, Tenma cominciò a chiedersi chi fosse Marco. Scese a comprare il giornale, perché sentiva che era la cosa da fare.
    Trafiletto laterale: “Giovane ragazzo brutalmente assassinato a Gossamer”, Tenma si sentì caricare da una grande rabbia e dalla consapevolezza di essere legato in qualche modo a quel ragazzo. “Il ragazzo, di nome Alessandro Bargeld, stava tornando a casa dopo una serata dagli amici quando d’improvviso un gruppo di uomini l’ha preso e portati nella scurissima Via Pier Paolo Pasolini(continua a pagina 12)”
    Tenma era stato a Gossamer qualche anno prima, finite le superiori, e si sorprese a ricordare che conosceva un “Marco” che abitava li. Fissò l’immagine del ragazzo conosciuto anni prima nella mente e dai suoi occhi ricominciarono copiose a scendere le lacrime. Si rese conto che stava succedendo qualcosa di bizzarro: C’era una malinconia che si sviluppava in lui che era indipendente dalla sua vita.
    Poi, riflettendo un attimo, si chiese se avesse voglia di interessarsi a quella malinconia o semplicemente conviverci. Perché, spontaneamente, Tenma pensava che quella malinconia non se ne sarebbe mai andata da se. Sapeva di essere davanti a una scelta e non sapeva nemmeno perché. Solo lui poteva avere la certezza di essere nel mezzo di qualcosa di sovrannaturale, e l’unico modo per scoprire qualcosa velocemente era lasciare tutto subito alle spalle, perché le vacanze sarebbero finite domani, perché Lunedì ricominciava a lavorare.
    Tenma era comunque, perso. Fra un lavoro che non gli piaceva e una vita che gli stava stretta. Quindi decise di partire, con la sua valigetta con le ruote e tutte le novità del suo corpo.

    Edited by xev - 14/9/2011, 16:25
     
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  4. Yahìko
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    mh la cosa che più mi ha colpito sono i personaggi, belli fighi!

    Il pezzo di Nile è il migliore anche se Tenma mi piace forse di più.

    Mi sembra molto personale, non vedo l'ora di leggere altro così mi magari mi sbilancerò un po' di più gif
     
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    Che poi, il quinto capitolo, cioè il prossimo, che quindi è il quattro, è il mio preferito fino ad ora.

    3-tre.
    Lo scontro di sguardi


    Lo scontro di sguardi.
    Nile e Tenma andavano nella stessa direzione, il primo con uno zaino capiente ma vuoto, il secondo con una valiga piccola ma piena.
    Per un attimo si guardarono e lo scontro di sguardi, quasi fosse voluto dal destino, scatenò una reazione bizzarra: Nile e Tenma non si conoscevano, eppure Tenma salutò Nile e lo fece in modo strano, dicendo “Ahoy-there!”, come fosse un pirata Inglese.
    Nile sorrise, e rispose “Ahoy-there”.
    Nile era così. Non si faceva problemi di sorta davanti alle stranezze del mondo in quel mondo che di anno in anno diventava sempre più strano. Le accoglieva con gioia, anzi, qualsiasi modo per spezzare la noia era ben accetto. Soprattutto se non comportava difficoltà ma solo cose bizzarre.
    Pensò a quel ragazzo che qualche anno prima lo salutava sempre così, si avvicinava a lui, metteva la mano sinistra sopra l’occhio destro e diceva “Ahoy-there!”. Succedeva in quel paesino turistico così distante, quello in cui aveva conosciuto Aimee.
    “Come si chiamava quel ragazzo?” si chiese. “Era sempre insieme a un altro, forse erano…” poi, prima che gli soggiungessero i nomi provò uno strano calore alla bocca dello stomaco, come se bastasse ricordare quelle due persone per confortarlo, eppure, con loro come con Aimee, aveva passato poco più di qualche ora.
    “Marco e Alessandro!” gli venne in mente di colpo. Estrasse la sua agendina decennale, con i nomi i numeri di casa e gli indirizzi di chiunque, e cercò Marco e Alessandro con un certo entusiasmo.
    Marco Sakamoto e Alessandro Bargeld. Lesse che abitavano a Gossamer e vide che aveva ancora il numero di telefono di entrambi.
    Si ripromise di chiamare i due ragazzi e di passare qualche giorno da loro nella sua strada alla ricerca di Aimee.
    Nel paesino di montagna dove abita Nile c’è una lunga discesa d’asfalto da percorrere per arrivare in stazione, i due la percorsero fianco a fianco, senza rivolgersi ulteriore parola dopo quel saluto, Nile perché non sentiva il bisogno di parlare, Tenma perché era troppo imbarazzato.
    Alla fine di questa discesa, prima di entrare in stazione si fermarono dal bigliettaio..
    «uno solo andata per Asgard, per favore»
    «uno solo andata per Gossamer, per favore»
    Nile si incamminò verso il binario uno, Tenma verso il binario tre, dopo un rapido cenno di saluto ognuno ad aspettare il rispettivo treno di sola andata, inconsapevoli che il loro viaggio li avrebbe portati nello stesso posto, col tempo si sarebbero resi conto di star cercando la stessa cosa, per quanto banale e scontato: probabilmente nessuno dei due, in quel momento allegro, speranzoso, imbarazzato, immaginava quale sarebbe stata la portata dell’importanza del viaggio che stavano per intraprendere in questo momento.
    Ci sono cose che vanno al di là della nostra vista, i nostri sensi ignorano che il tempo sia una dimensione così simile e legata allo spazio. Chi ha ideato questo mondo, ha fatto in modo di non permetterci di capire la portata delle conseguenze a cui porteranno le nostre azioni.

    Edited by xev - 16/9/2011, 16:04
     
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  6. Roxy!
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    Il terzo capitolo, come hai specificato, ha accennato all'inizio del Tutto.
    E' bello il modo in cui scrivi, mi piace molto.
    Mi piacciono molto anche i personaggi, non superficiali, i loro monologhi interiori e il nome Aimee :pwn: che mi ricorda un fiore ma non so perchè.
    Non vedo l'ora di sapere che cosa succederà ai due ragazzi!!!
     
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  7. Stavrogin
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    Ma i nomi li sceglie Cassano?
     
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  8. blunotturno
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    CITAZIONE (Stavrogin @ 16/9/2011, 22:58) 
    Ma i nomi li sceglie Cassano?

    So' quasi tutta roba musicale, che vuoi :D
     
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    leave me alone a little while

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    Treno supervelocissimocheèdavverocazzutoevelocissimo per Asgard in partenza dal binario 3. Allontanarsi dalla linea gialla.

    Kirkus si chiedeva che noia fosse, per la signorina chiusa dentro l’altoparlante, ripetere sempre le stesse cose ogni giorno, però poi non se lo chiese più. Perché cominciò a chiedersi chi è che fosse il Ninja che ogni giorno si inseriva nei distributori automatici per aggiungerci le cose che poi lui prendeva per mangiare in treno: 3 confezioni di tramezzini, 2 bottigliette d’acqua, 2 bevande, 3 confezioni di salame e grissini… e 6 merendine di diverse marche!

    Kirkus non era grasso, e nemmeno obeso. Kirkus era una montagna; Kirkus non era ne stupido, ne idiota, ne ignorante: era un insieme delle 3 cose portate al massimo delle loro possibilità.

    Kirkus era l’essere inutile che però a quanto pare ha sempre voglia di parlare con tutti. E non si rende nemmeno conto che tu non l’ascolti. Quindi sale sul treno e intravede la sua vittima, va verso di lui con il suo sorriso eccessivo e gli dice «Ciao! Io sono Kirkus», aspettandosi il solito ciao disinteressato con conseguente spostamento strategico di bagagli per evitare che la montagna si sieda vicina. Oggi il sole era in cielo, come tutti gli altri giorni. Quindi anche oggi sarebbe stato come tutti gli altri giorni, pensava Kirkus.

    «Ciao Kirkus! Io sono Nile! Vuoi sederti qui?» lo straniero –che era appena diventato Nile per Kirkus e che prima era solo “straniero”- aveva un sorriso solare sotto gli occhi verdi fra i capelli neri e lunghi che gli scendevano sulla fronte, Kirkus fece un passo indietro, guardò male Nile e se ne andò sussurrando “ma quello lì è tutto matto”.

    Nile si guardò intorno vagamente confuso in cerca di conforto negli sguardi degli altri passeggeri: purtroppo tutti sembravano chiusi nei loro mondi fatti di walkman, di libri e di sogni.

    Guardò nell’altra direzione e notò che una signora di colore gli stava sorridendo. Lui le sorrise e lei “ce ne sono un sacco di tipi strani in treno” lo disse con la tipica cadenza delle persone di colore, ma con il volume della voce più basso, e con una grazia che credeva estranea alle donne di colore che viaggiavano nei mezzi pubblici. Nile arrossì inspiegabilmente. Poi sorrise più forte.

    Passarono una ventina di minuti, e alla prima fermata i signori che sedevano vicino a Nile si alzarono tutti per scendere a “Sardines”. Una città senza alcuna importanza in questa storia da un punto di vista, ma dal punto di vista “effetto farfalla”, invece, se quei signori non avessero dovuto scendere li, non ci sarebbero scesi, e Nile non avrebbe mai conosciuto Yemchuck, la signora di colore.

    Dove stai andando? chiese lei, dopo essersi seduta moderatamente vicino a lui. Ad Asgard, ora, per ora, lei invece signora?

    Io non lo so, dove sto andando, scenderò fra un po’, e poi tenterò di costruirmi una nuova vita. -Oh ma allora scenda con me, signora, scommetto che il mio amico Nick le troverà un posto letto per un po’, tanto per cominciare.

    La signora Yemchuck, che aveva 35 anni e la sapeva molto lunga, capì che era davanti a qualcosa di diverso. “Vado a costruirmi una nuova vita!” ti dice qualcuno. -Da cosa scappi? Cosa vorresti fare? Se è uno sconosciuto a dirtelo.

    -Ti serve una mano? Se è un amico.

    Un aiuto, concreto, immediato, senza sapere di cose tu abbia bisogno, non te lo da nessuno. Nessuno eccetto qualcosa di diverso: qualcosa di diverso come Nile. Che non solo era predisposto ad aiutare, ma non era nemmeno curioso, e non era un bene però, non essere curiosi, pensò la signora. O forse lo era in questo caso, almeno per Yemchuck. Un curioso che non crede ma aspetta che sia tu a parlargli è il migliore degli amici possibili, soprattutto per quelli con un passato “strano”.

    Yemchuck aveva pensato tutte queste cose fissando Nile, che disse imbarazzato “scusa, non volevo essere inopportuno”.

    No, no, anzi, sei un tesoro, se il tuo amico Nick vorrà, sarei ben felice di essere ospitata da lui, Tieni, questo è un panino speciale fatto da me. Grazie signora, ma io non mangio carne.
     
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  11. Roxy!
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    Kirkus mi sta già simpatico ahahah

    Però è troppo cortooo il capitolo ç_ç

    Aspetto il prossimo!!
     
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10 replies since 12/9/2011, 22:17   205 views
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