Come la neve quando cade.

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    Fic per un contest in cui bisognava scrivere una shot utilizzando la prima persona come voce narrante.
    Una fic-esperimento, come al solito. Però questa volta non provo un nuovo stile, bensì un pg, una ragazza cinese di nome Yii, che ho ideato non molto tempo fa. Qui però compare più giovane dell'età che ha davvero, questo è un episodio del passato.
    Yii è una ragazza che non ha una casa e che vive da quando ha cinque anni per strada, guadagnadosi da vivere rubando, spacciando e fregando la gente a poker. In questo particolare episodio ha all'incirca otto anni.

    Non credo comunque che il racconto sia venuto un granchè, mi sembra piuttosto vuoto ed è la prima cosa che scrivo dopo mesi, quindi sono molto fuori allenamento.
    Parla della freddezza del mondo che ci circonda, in tutti i sensi, e visti dagli occhi di Yii. Peccato che le parole consentite erano solo 2000, altrimenti avrei descritto di più sotto questo aspetto. xP

    E come al solito non l'ho riletto, quindi non badate agli errori di battitura, per favore! XD
    Detto questo, buona lettura a tutti.

    Come la neve quando cade



    Era quasi Natale, ormai. La gente affollava le strade, sia sull'asfalto che sui marciapiedi; tutti sembravano tante formiche operose, con l'unica differenza che invece di andare a fare scorta di cibo, andavano a scialaquare i loro risparmi in reagli per la festività, dolci e altre cose frivole ed inutili.
    Era un inverno particolarmente freddo, di quelli di cui parlano al telegiornale per giorni, tirando fuori numeroni e percentuali con un qualche significato per far capire alla gente quanto fosse freddo, come se non lo potessero sentire da soli il vento ghiacciato soffiare e graffiare la loro pelle.
    Mi sembrava gente così stupida e superficiale, quella, che pensava soltanto ad arrivare alla fine della settimana lavorativa per poi cominciare le vacanze e passare le giornate a bere, mangiare, sprecare, ignorando quanto fosse fortunata ad avere un lavoro e dei soldi guadagnati con essi per comprarsi una casa e pagarsi il riscaldamento.
    Io stavo in disparte, seduta sul marciapiede a gambe incrociate, la schiena appoggiata contro il muro di una vecchia casa che aveva poco ormai da vivere, forse giusto quell'ultimo Natale, poi sarebbe stata buttata giù.
    Rimanevo lì a fissare il vuoto, a pensare a tante cose, interrotta ogni tanto da qualcuno che non mi vedeva perchè ero troppo minuta e mi calpestava un po', poi si allontanava senza neanche scusarsi e dimenticandomi nel giro di qualche secondo.
    Ormai stavo da così tanto tempo immobile che la neve mi aveva quasi del tutto ricoperta di un leggero e fine strato simile a polvere, forse la gente avrebbe potuto di lì a poco cominciare a scambiarmi per un pupazzo di neve.
    In quel momento un ragazzino uscì dal buio vicolo che avevo alla sinistra poco lontano de me e si guardò attorno, quando mi vide si avvicinò a me e mi scosse, forse perchè credeva fossi andata in catalessi.
    -Che c'è?- chiesi.
    -E' ora-
    Guardai il bamboccio più grande di me con un'espressione dura, serrai la mascella al sentire quelle poche parole.
    -Fammela salutare- dissi dopo aver sospirato pesantemente.
    Non ne potevo più di quel rituale, era ormai la terza volta solo in quel periodo. Ed era l'ora della mia unica amica.
    Mi alzai da terra e mi scrollai la neve di dosso, poi seguii il ragazzino fino a dentro al vicolo.
    Il luogo era umido, ovviamente, ma la casa in rovina lì a fianco garantiva un po' di riparo dal vento forte; tutto quanto era in penombra, non si vedeva molto.
    Riconobbi però la piccola sagoma stesa a terra di Angelica, anche se appariva sformata a causa delle coperte che la ricoprivano da capo a piedi. Feci un cenno con il capo e congedai il ragazzo che mi aveva portato lì; lui mi guardò male e di sicuro pensava che fossi una bambina insolente, però a me non fregava un cazzo.
    Mi sedetti poi vicina alla mia amica imbacuccata, sorridendole per rassicurarla.
    -Ciao- le dissi.
    -Ciao, Yii-
    Il viso della bambina era magrissimo, patito, aveva delle profonde occhiaie e anche se era buio si vedeva benissimo che era pallida come un cencio. Respirava a fatica e tremava come una foglia; mi faceva una gran pena. Per fortuna di lì a poco sarebbe tutto finito.
    -...Mi hanno detto che ora schiatto- disse schietta la bambina più piccola, fissandomi negli occhi.
    -Ti hanno detto una stronzata-
    -Però anch'io sento che sto per crepare- mi rispose lei, seria -Non lo dire a nessuno... Ho paura-
    -Ma non devi aver paura!- le dissi.
    -Perchè no?-
    -Perchè ora stai per andare in un posto dov'è pieno di tutto quello che vuoi! Pensa che pacchia, patatine fritte gratis per sempre-
    Non pensavo veramente che dopo aver tirato le cuoia si andasse in qualche posto paradiasiaco pieno di patatine, ma qualcosa a cuor leggero lo dovevo pur dire, per non farla sentire troppo di merda.
    -...Io continuo ad avere paura. Stammi vicina-
    -Non ti preoccupare, non vado da nessuna parte-
    Rimanemmo per un po' in silenzio, mentre io la scrutavo con un occhio più distaccato possibile. Faticava sempre di più a respirare, e mentre la guardavo tossì pure un paio di volte. Probabilmente non sarebbe arrivata all'ora di cena.
    -Forse non arriverò all'ora delle storie dopo mangiato- disse improvvisamente Angelica, come se mi avesse appena letto nel pensiero.
    -Puoi raccontarmi una favola tu?-
    Scrollai le spalle, conoscendo già la manfrina che ne sarebbe venuta fuori -E' Ian il capo, è lui che può farlo per te-
    -Ma almeno stavolta! Tu sei brava a raccontare storie-
    Mi voltai verso l'uscita del vicolo, Ian non si vedeva. Feci il gesto dell'ombrello in quella direzione, poi sorrisi alla mia amica.
    -Quale vuoi che ti racconto?-
    -Sai qual'è la mia preferita-
    Già, lo sapevo. Era stata la prima favola che aveva sentito la sera del primissimo giorno passato con la banda, e si era fissata con quella.
    Presi fiato, poi cominciai a raccontare.
    -Allora... C'era un a volta una ragazza, e l'era morto il papà. Non si sapeva qual'era il suo nome, se lo dimenticò pure lei con il tempo, a forza di rimanere sola. Così la sua bastarda matrigna, che ormai era la sua unica mamma, la chiamò Cenerentola, perchè la faceva sempre lavorare come un mulo tra la cenere. Cenerentola aveva anche due sorellastre, due scorfane tutte piene di sè, che si credevano superiori a lei e la trattavano di merda-
    Mi interruppi per qualche istante per riordinare le idee e lanciare un'occhiata fugace ad Angelica per vedere com'era messa. Abbastanza male, ne dedussi dalla sua espressione.
    -Salta subito alla parte del ballo, è la più bella- disse la bambina, con occhi adoranti. Nessuno mi guardava a quel modo, tranne lei.
    -Come vuoi- dissi senza oppormi alla decisione.
    Aspettai ancora qualche secondo, poi ripresi a raccontare.
    -Cenerentola andò al ballo alla faccia di quelle tre racchie che aveva per parenti grazie alla fata madrina. Entrò nel palazzo, che era la cosa più grande che avesse mai visto, era bianco, elegante, aveva i tetti e il ponte levatoio d'oro. Ma lei era più bella di quel castello. Il suo vestito era ancora più bianco, tanto che abbagliava tutti, sopra c'aveva disegnati tantissimo fiori in oro e argento, e i suoi guanti erano ricoperti di pietre preziose. La collana era sempre d'oro e lunghissima, e aveva una coroncina argentata e con tanti rubini incastonati sopra. Ovviamente aveva le sue scarpe da ginnastica di cristallo ai piedi, alla faccia di tutte le altre che avevano quelle scomodissime scarpe coi tacchi che le facevano sempre perdere l'equilibrio-
    Angelica a quel punto mi interruppe, e se fosse stata in piena salute avrebbe gridato, ma tutto quello che uscì dalla sua bocca adesso fu un sibilo.
    -Ma non è così la storia!-
    -Sì, invece-
    -No! Le scarpe da ginnastica non ci sono!-
    -Ma così la storia è più interessante! E poi sono comode, che c'hanno che non va?-
    -Non sono scarpe da principessa, che domande!- fu interrotta da un colpo di tosse improvviso, poi riprese:- Dai, vai avanti normalmente-
    -Va bene, va bene-
    Non mi dilungai sulla questione perchè leggevo negli occhi di quella bambina che aveva fretta.
    -Riprendo... Allora, puoi immaginare come ci siano rimaste le sue sorellastre, a vederla così. Invece il principe rimase a bocca aperta, sbavando tanto era figa. La invitò subito a ballare-
    -E com'era il ballo?-
    -Beh, bellissimo per Cenerentola, una schifezza per quelle sceme delle sorellastre. La sala da ballo era gigantesca, ovviamente era tutto di gran lusso e soprattutto d'oro, i candelabri erano tutti di cristallo e il pavimento era di smeraldo. L'atmosfera era magica, il principe era cotto, e pure Cenerentola...!-
    Guardai la mia amica. Era in uno stato quasi catatonico, con un'espressione sognante e beata stampata sul viso. Le piaceva sempre quando le descrivevamo i luoghi e le cose con tanti particolari, la aiutavano a fantasticare e dimenticare i vicoli puzzolenti e sporchi in cui giravamo di solito, e questo valeva per tutti quelli piccoli come lei.
    -...E vissero tutti felici e contenti in quella sala da ballo- conlusi.
    -Non... Non è così la storia...- protestò con un debole sussurro lei.
    -Lo so- mi limitai a dire.
    Lei non protestò, rimase immobile a fissare il vuoto. Una lacrima le rigò il viso.
    -Anch'io voglio diventare una principessa come Cenerentola...- disse.
    Io mi avvicinai a lei e le strinsi una mano, che era sporca e freddissima.
    -Presto lo diventerai. Sarai tutto quello che vuoi-
    Angelica sorrise.
    -...E rivedrò anche la mia mamma e il mio papà?-
    Le lacrime mi salirono agli occhi, mi faceva una grande pena quella bambina, avrei voluto spararle un colpo in testa e porre fine a quell'agonia.
    -Certo, ti stanno aspettando-
    Mi sorrise, improvvisamente con lo sguardo disteso e in pace.
    -Ma allora vado! Saranno in pensiero!-
    Mi cominciarono a scorrere le lacrime sulle guancie, mi passai velocemente la manica della giacca di jeans sugli occhi per asciugarmele e non farle vedere alla mia amica.
    -Che merda che è 'sta vita...-
    Ormai non respirava quasi più. Tentò di stringermi la mano, ma non ne aveva le energie.
    -Sono stanca, adesso riposo un po'. Poi quando mi sveglio mi racconti un'altra storia, così quando creperò ne avrò sentite due di storie... Due è sempre meglio di una-
    -Va bene...-
    La bambina mi sorrise, stranamente serena.
    -Ciao- mi disse.
    -Ciao...-
    Chiuse gli occhi. Il respiro rallentò fino a quasi diventare nullo nel giro di un paio di minuti, mentre si assopiva. Accennò un sorriso, pensando a chissà cosa. Poi smise completamente di respirare, e io quasi ci rimasi male.
    Angelica era morta.
    L'inverno l'aveva portata via, la morsa di quel freddo non l'aveva risparmiata.
    Rimasi minuti interminabili a fissare il suo corpo privo di vita. Poi arrivò quel fottuto guastafeste di Ian, che rimase a fissare per qualche secondo il corpo della bambina stesa davanti a me, quasi schifato.
    -E' la terza in un mese- commentò.
    -Già-
    -L'ultima ad arrivare e già è schioppata. Non è durata molto-
    Mi alzai in piedi, pulendomi velocemente i jeans dalla polvere e dal sudiciume che stavano per terra.
    -Sei un merdoso insensibile- commentai con voce sterile.
    -Sì, lo so- ammise con indifferenza -Adesso sei di nuovo tu la più piccola del gruppo- aggiunse poi.
    -A quanto pare... Che facciamo del corpo?-
    -Qui non lo possiamo lasciare. Sbrigati, portiamolo via prima che arrivino gli altri bambinetti, altrimenti ne verrà fuori una scenata-
    -Anch'io sono piccola, perchè però io devo fare la becchina assieme a te?-
    -Questa è la tua amica sì o no? Lo devi fare tu! E poi sei quella che si impressiona meno-
    Detto questo, il ragazzo si tirò su le maniche e tirò fuori dalla tasca i guanti, poi avvolse meglio il corpo e il viso di Angelica nella coperta.
    -Portiamola dentro la casa, su. Stanotte ce ne sbarazzeremo come si deve-
    Gli lanciai un'occhiata incazzata, ma lui non fece una piega. Decisi che era meglio rimboccarsi le maniche.
    Guardai poi verso la strada poco più avanti, la gente era così occupata di fare le sue compere per il Natale che nessuno si era accorto di nulla. La mia migliore amica era morta, e non fregava a nessuno.
    La gente non si era accorta di quello che era accaduto a pochi metri da lei; erano troppo occupati a spendere i loro soldi, per farlo.
    Fuori dal vicolo c'era un gran frastuono, un vociare e uno strombazzare di clacson continuo, non si capiva niente e a nessuno importava della vita degli altri, solo la propria era importante, la cosa con la più assoluta priorità era trovare abbastanza polpettone da mangiare per la vigilia di Natale.
    In quel caos e in tutto quel fastidioso rumore, Angelica se n'era andata, silenziosa. Come la neve quando cade.
     
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