Note #000

Incipit di un abbozzo di romanzo

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  1. Dante90g
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    Note #000: In Memoriam / Londra, 24 Gennaio

    Il tempo fugge e con esso la nostra esistenza; mi chiedo se possa essere vero che dolce è la parola, ma ancora più dolce lo è quella non scritta. Al tempo questa non era la mia verità. Al tempo, potevo ancora considerarmi uomo comune.

    Lo scroscio sordo del Tamigi lo riscosse dai suoi pensieri, le palpebre a inumidirgli l'iride. L'occhio chiaro si fissò su Londra in tutta la sua grandezza; dal Charing Cross Bridge, per quanto in alto potesse stare, la prospettiva non gli permetteva di coglierla in tutta la sua interezza. Doveva essere ben diversa da quando la osservava con suo nonno. Ma di quei tempi restava solo una vaga immagine sfocata, non molto dissimile dal quadro di Monet che raffigurava quello stesso posto in cui si trovava ora. Certo, l'artista non era in alto come lui, ma sicuramente la sensazione provata doveva essere la stessa. Smarrimento? Malinconia? O forse entrambe?
    In un gesto secco chiuse il taccuino degli appunti con uno scatto, lasciando che il sole ovattato delle sere invernali si abbattesse sui ricami in oro agli spigoli della copertina. Nonostante stesse seduto su un pennacchio in ferro, o qualche altro metallo super-resistente, il completo nuovo e firmato che vestiva non sembrava per nulla sgualcito, quasi fosse arrivato a quell'altezza volando. Il cappotto di panno, lungo fino alla cintura, si lasciò trasportare dalla brezza fluviale, mentre ciocche di capelli opachi ondeggiavano allo stesso venticello. Sotto di lui, il traffico londinese si faceva sentire in modo preponderante, come una strana bestia che si contorcesse di dolore in strani gemiti strombazzanti. Il paragone gli strappò un sorriso, la mano destra a posarsi sulla testa per evitare che la coppola costosa di matrice italiana gli scappasse. Non avrebbe avuto problemi a recuperarla al volo, ma per gli autisti vedersi piombare un uomo sul cofano della macchina non sarebbe stato un bello spettacolo. Soprattutto se l'uomo, precipitando, sarebbe atterrato in piedi e senza un graffio. Un guizzo di luce gli attraversò lo sguardo, mentre le scarpe si staccavano dal pennacchio dandogli lo slancio per saltare.
    -Bagnato fradicio... E dire che questo completo ti era costato una fortuna!- Un uomo sulla quarantina lo accolse sulla porta dello studio, scuotendo la testa con fare sconfortato. – Dove volevi cercarla l’informazione, in fondo al Tamigi?- Il giovane scoppiò in una risata nel constatare quanto il suo collega fosse andato vicino alla verità. Con passo sereno, si diresse verso il bagno dell’ufficio, mentre un ronzio sordo lo avvisava che i vetri fotocromatici dell’attico si stavano disattivando per l’arrivo della sera. La voce del compagno lo raggiunse in modo roboante, forse per la stazza che la stava producendo. – Cazzo, Dorian, sei finito su tutti i telegiornali! Se solo non avessi il nome che hai, non te ne farebbero passare così tante, davvero. – Gli occhi chiari del giovane, uscendo dal bagno, lo scrutarono con aria divertita. Di corporatura robusta, James Richards, di carnagione olivastra, lo aspettava con fare tutt’altro che conciliante. I muscoli definiti da wrestler si piegarono sotto la camicia di seta, mentre le mani chiuse si appoggiavano ai fianchi. – Dimmi almeno che hai ottenuto quello che cercavi…- concluse, in un sospiro. La voce del giovane si fece spazio nell’ambiente con fare carismatico, un asciugamano sui capelli bluastri per asciugare le ultime gocce d’acqua. – Ovvio James, sai che trovo sempre quello che voglio.- cantilenò Dorian, quasi con fare presuntuoso. – Ottimo ragazzo, davvero eccellente- tagliò corto il compagno, battendo le mani in segno di soddisfazione. –E ora, se vuoi scusarmi, ho una moglie e una figlia che mi aspettano; e sono entrambe abbastanza incazzate- -Potevi anche non aspettarmi -. Prima ancora che la frase fosse conclusa, la porta scorrevole si chiuse, nell’esatto istante in cui sulle labbra dell’amico di colore si stava formando il principio di uno scherzoso insulto.
    La notte era come sempre fredda. Forse più di sempre. Forse perché era QUEL giorno. Già, l’anniversario della morte del padre. Era ormai passato del tempo da quando aveva dato l’ultimo saluto al genitore; o almeno quello che sembrava esserlo. Aveva organizzato il funerale al preciso scopo di non dare nell’occhio, ma tutti sapevano che non c’era nessuna salma in quella bara. Effettivamente, per quanto esperto un becchino potesse essere, difficilmente sarebbe riuscito a ritrasformare un demone deforme in quello che poteva essere stato nell’arco di tutta la propria esistenza. I Bookman sapevano che a giocare col fuoco prima o poi ci si scotta, ma sicuramente nessuno di loro poteva immaginare che per giocare con una piccola fiammella si sarebbe dovuti finire nell’inferno. Eppure era ciò che Maximilian aveva dovuto subire. O almeno la sua parte fisica. Davanti alle navate della St.Paul’s Cathedral riflesse su quale fosse la motivazione dei Bookman di essere osservatori; forse pensavano di poter trarre qualche vantaggio per l’umanità a lungo andare. Ma, nonostante i secoli di duro lavoro della sua famiglia, Dorian non riusciva ancora a scorgere il minimo beneficio. Eppure quella sete di conoscenza era intrinseca nel suo Io, qualcosa da cui non poteva prescindere. Per questo entrò nel cimitero della cattedrale; di lì a poco, come ogni notte del 25 Gennaio, qualcuno avrebbe sentito le solite grida.
     
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