A friendship tale

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  1. §iegmund
     
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    Questa è la mia fic per il contest di scrittura del KHF.
    Lo so, non è il massimo, anzi è anche un po' bruttina, ma ci sono stato più o meno tre settimane a correggerla e ricorreggerla.
    So che la storia è piuttosto banale, ma non ho avuto il tempo di scriverne un'altra.

    Guardo la televisione mentre mangio dei salatini, anche se non c’è nessun programma che mi attira.
    Ormai sto facendo zapping da più di venti minuti, quando leggo il titolo di un film di qualche autore di cui non conosco il nome: “Storia di un’amicizia finita”. Ecco che partono i ricordi, come in un’opera cinematografica.

    Sono più giovane di dieci anni; ne ho ventuno, mese più, mese meno, e sto camminando per la strada, piena di gente che ride, beve, mangia o fa quattro chiacchiere con i propri amici. Nessuno s’interessa di me e mi chiede perché io stia girando da solo in un sabato sera. Mi sento inutile, un rifiuto della società.
    Com’è mio solito, entro in un locale, dove scambio le solite chiacchiere con il barista che si chiama Carlo, e affondo nell’alcool. Bevo uno, due, tre bicchieri di qualcosa di cui non so neanche il nome e non accenno a smettere.
    La musica, il fracasso e le urla delle persone non mi sfiorano minimamente: sembra che io non li senta.
    Un paio d’ore sono passate e ormai me ne sto per andare, quando lui, un ragazzo dall’aspetto curato, dai capelli castani e dalle iridi di smeraldo, mi rivolge la parola.
    “Ciao!” esclama.
    “’Sera.” Rispondo con il tono di una persona che ha subito una tragedia.
    “Bella serata, eh?” afferma.
    “Non mi sto divertendo. Del resto non ci riesco mai.” Continuo con lo stesso tono.
    “Come mai?”
    “Sono solo, nessuno mi è amico.”
    “Non è vero, lo sono io!” esclama d’improvviso.
    Quest’ultima esclamazione mi lascia sorpreso. Come fa un ragazzo che conosco da appena pochi secondi, poter affermare di essere mio amico? Come può dire di esserlo? Come può avere la sfacciataggine di dirlo?
    Mi sento strano. Sono abituato ad essere solo, nonostante la mia perenne tristezza, ma ora sento il bisogno di avere una persona vicino a me, che mi consoli nel momento del bisogno, che mi aiuti nei momenti difficili, a cui io possa riferire tutti i miei segreti, i miei stati d’animo, i miei sentimenti e le mie emozioni. Mai qualcuno si è interessato di me. Neanche ai miei genitori sono stato a cuore. Mi hanno sempre lasciato andare. Non mi hanno educato, non mi hanno mai punito quando me lo sono meritato e non hanno mai pensato di rendere la mia vita felice. Hanno solo pensato a sfamarmi e a comprarmi il necessario per la scuola. Non hanno mai fatto altro per me. Solo lo stretto indispensabile.
    È la prima volta in tutta la mia breve vita.
    “Cavolo, che maleducato che sono! Io mi chiamo Giovanni!” dice, facendo rinascere la conversazione e interrompendo lo scorrere impetuoso dei miei pensieri.
    “Piacere, Marco.”
    Stringo la sua calda mano e il bisogno di avere un amico cresce in me.
    Continuiamo a chiacchierare. Scopriamo di avere gli stessi hobby, le stesse passioni e di frequentare perfino la stessa università, ma diversi particolari ci differenziano: lui ha successo, è popolare ed è particolarmente brillante a scuola; io sono solo, deriso dai miei coetanei e di certo non posso essere considerato un esempio per gli altri in ambito scolastico. Detto in poche parole, siamo uno l’opposto dell’altro. Tuttavia, quando ormai è notte fonda, prima di separare le nostre strade, ci scambiamo i numeri di telefono, per incontrarci in un futuro non molto lontano.
    La settimana dopo lui mi chiama e decidiamo di incontrarci nello stesso locale.
    Mi lavo, mi vesto e mi avvio.
    La mia felicità da tempo addormentata pare ridestarsi lentamente.
    Sembra che più io incontri quel ragazzo della mia età, più io divento felice e mi apro alle altre persone.
    Entro nel locale, più allegro che mai.
    Eccolo al bancone ad aspettarmi.
    “Ciao!” dico vivacemente. Lui mi risponde con lo stesso tono, piacevolmente sorpreso dal mio cambiamento d’umore.
    Un silenzio di pochi secondi fa si che la conversazione non inizi, facendomi imbarazzare.
    È lui a decidere di porne la fine.
    “Come va a scuola?”
    “Bah, la solita palla. Studio, ma già so che i risultati saranno come al solito: scarsi.”
    “Non dire così. Molto spesso i professori si sbagliano!” esclama, tentando di consolarmi, ottenendo, però, scarsi risultati.
    “Al diavolo la scuola, voglio divertirmi per la prima volta nella mia vita!” dichiaro con foga, cambiando discorso, dopo qualche secondo di silenzio, sprigionando tutte le energie che ho in corpo.
    “Bravo! Così si fa!”
    Anche se i nostri dialoghi sono molto brevi, in essi riesco a ritrovare le energie per vivere abbandonate molto tempo fa.
    Inizio a ballare a ritmo con la musica, nonostante io non sia affatto bravo.
    La serata scorre veloce, tra ballo, birra e risate e io finalmente non mi sento più solo, poichè il mio più grande e segreto sogno si è finalmente realizzato.
    I miei genitori, che hanno sempre tentato di isolarmi dal mondo, hanno finalmente perso. Li ho finalmente sconfitti.

    Il film prosegue.
    La pubblicità che separa il primo dal secondo tempo è finita e l’opera sta per iniziare nuovamente.
    Ecco la scena in cui il protagonista si pone le solite domande idiote, come: “Perché è nata la nostra amicizia? E come ha fatto a durare così tanto tempo?”
    Sorrido al sentire queste due domande. Sorrido perché anche io le ho poste a me stesso, tempo fa, e ne ricordo i momenti.

    Sono balzato indietro di cinque anni.
    Questa volta, però, il mondo mi sorride. La gente mi saluta cordialmente e mostrandomi sorrisi a trentadue denti, bianchissimi o ingialliti dal fumo. Finalmente mi rendo conto che il caldo abbraccio del sole colpisce anche me.
    Perfino le strade, che prima di conoscere Giovanni ho visto sempre buie, ora mi sembrano più belle e pulite e, soprattutto, ricche di luce.
    Non sono più un uomo privo di emozioni, che vive solo perché il suo cuore continua a battere, solo perché è ancora in grado di pensare: sembro rinato. Tutto è cambiato da quando l’ho conosciuto.
    “Ma come ha fatto a diventare mio amico?” mi domando improvvisamente mentalmente, mentre aspetto l’autobus, che, nella migliore dell’ipotesi, dovrebbe arrivare tra un quarto d’ora.
    “Forse perché in quella sera lui ha provato compassione per me.” Mi rispondo. “Comunque sia, meglio così. Dopo vent’anni di sofferenza e solitudine finalmente nessuno mi insulta più per i miei occhiali da secchione, per i miei capelli perennemente in disordine e per i miei brufoli che spuntano ovunque.”
    Sembro essere convinto della risposta che ho dato a me stesso, ma spontaneamente ne nasce un’altra: “Perchè ha continuato ad essermi amico?”
    “Beh, mi sembra ovvio. Una volta che abbiamo scoperto di avere gli stessi interessi, le stesse passioni, non vedo perché dovrebbe abbandonarmi. Qualcuno potrebbe dire che farsi vedere in giro con me danneggerebbe l’immagine, ma Giovanni non si è mai interessato di queste cose.” Mi faccio notare. “Inoltre ora non sono più quello di un tempo.”
    Ma perché sto qui a farmi domande inutili e molto stupide? L’importante è averlo incontrato.” Penso, convinto delle risposte che ho dato a me stesso, mentre entro nell’autobus, che è arrivato stranamente in anticipo.


    Ed è ripercorrendo le esperienze passate, che il film giunge alla sua parte finale.
    Il personaggio ricorda la fine dell’amicizia, che l’ha portato ad una depressione e al conseguente suicidio; una scena struggente, ma anche piuttosto stupida. Non si può sprecare l’unica vita che abbiamo a disposizione. Anche se ci sembra che il mondo sia contro di noi, anche se
    Ecco che, con una lacrima che mi cola dall’occhio sinistro, la ricordo anche io.

    Pochi mesi fa.
    La vita continua a sorridermi e a farmi vedere il suo lato migliore, quello dove tutto ti va per il verso giusto.
    Ho trovato perfino una fidanzata. Ci amiamo e abbiamo già programmato le nozze, previste per l’anno prossimo, con l’avvento della stagione calda.
    Sto andando a casa, dopo una lunga e faticosa giornata di lavoro, assaporando l’affetto che la mia amata mi offre ogni volta, perché ormai conviviamo. Sono finalmente arrivato ed ecco che mi appresto ad aprire la porta.
    Uno strano silenzio avvolge l’abitazione; non sento niente, neanche le voci del telegiornale che la mia fidanzata ascolta in cucina. Lentamente, come è mio solito, mi avvio verso la camera da letto per gettare la giacca sul materasso.
    La porta è chiusa.
    Mi fermo per pochi secondi ad ascoltare un sottilissimo rumore che s’insinua nel silenzio.
    Un cigolio.
    Una grande paura cresce in me.
    Prendo forza e coraggio e spalanco la porta. Il mio timore è fondato, ma non me lo sarei mai aspettato da lui. Tutte le mie tristi esperienze passate, i momenti in cui vengo deriso e sbeffeggiato dai miei amici, le sere passate ad ubriacarmi da solo, appaiono come fotografie nella mia mente. Fino ad’ora ho creduto di averle dimenticate, ma ora ho capito che ho semplicemente mentito a me stesso.
    Il mio migliore amico e la mia fidanzata stanno facendo sesso.
    I miei occhi si riempiono di delusione, a causa del doppio tradimento.
    Lui, che mi ha fatto risalire quel profondo baratro in cui sono sprofondato molti anni prima, lui, che mi ha fatto conoscere per la prima volta cosa significa felicità, lui, che mi ha fatto conoscere il significato della parola vivere, mi tradisce con la mia ragazza.
    Non verso alcuna lacrima e non ne voglio spendere nessuna. Non ne meritano. Mi allontano velocemente, accompagnato dal mio silenzio che vale più di mille parole.
    Non so neanche se hanno cercato di parlarmi, ma non mi interessa.
    Ormai sono fuori dalla casa e percorro lo stretto marciapiede.
    Le mie lacrime si uniscono alla pioggia che sta esasperando la città da diverso tempo.
    Corro, senza mai fermarmi e dopo un po’ di tempo cado esausto in una pozzanghera perché le mie gambe hanno ceduto.
    Rimango a terra e non ho intenzione di alzarmi.
    Le persone mi chiedono cosa mi sia successo, mi offrono il loro aiuto, ma mi limito a singhiozzare e ad affogare nel mio dolore.

    È passato un mese da quando quei due bastardi mi hanno tradito e ho finalmente trovato un monolocale perfetto per me. Le loro chiamate continuano a tartassarmi, forse tentano di darmi spiegazioni, ma non ho intenzione di rispondere e mai lo farò.
    “Sono stato uno stupido.” Penso. “Ho creduto di aver dimenticato questo lato della vita, ma mi sono illuso.”
    Ho comprato un cane, un cucciolo di labrador, giusto per non affondare nuovamente nella solitudine.

    I titoli di coda appaiono sullo schermo della televisione; il film è finito con le lacrime del protagonista che si uniscono dal sangue che cola, a causa di un colpo di pistola dritto al cuore che ha sparato a se stesso.
    D’improvviso, mi rendo conto che la mia vita, fino ad ora, è stata come quella descritta nell’opera cinematografica prima del suicidio del personaggio principale.
    “Certe volte penso che la mia vita sia come quella di un film.” Sussurro a me stesso, prima di abbandonarmi alle coccole del mio cane, appena svegliato, che ormai è diventato grande.
    “È vero, il migliore amico dell’uomo è il cane.”
     
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