Morire Sorridendo

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  1. CieL°
     
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    Questa è la fic che ho scritto per il contest di scrittura. E' una one shot triste e l'ispirazione mi è venuta dopo una gita con la scuola dove nell'itinerario era anche presente una visita al campo di concentramento di Mauthausen; sono stato il più realista e fedele possibile nel trascrivere le "punizioni", ed essendo la cosa molto cruda il rating della storia lo classificherei come giallo.

    Morire Sorridendo



    Il gruppo di prigionieri avanzava inesorabile, passo dopo passo, verso quella che sarebbe potuta diventare la loro ultima tappa: la scalinata della morte.
    Il sole batteva forte e nemmeno quel flebile filo di vento che tirava riusciva a sollevare un poco quei poveri uomini che ogni giorno lottavano per la loro libertà, per la loro vita… oggi forse per l’ultima volta: in molti l’avrebbero persa.
    Normalissime persone imprigionate solo per la colpa di essere diversi: c’erano dissidenti politici, zingari, persone di colore, omosessuali, e, soprattutto, ebrei. Questi non avevano il privilegio di appartenere alla razza ariana, definita pura e perfetta.
    Il campo di concentramento di Mauthausen era definito, dal Terzo Reich, un Lagerstufe III, ovvero un campo di concentramento di terzo grado, il peggiore di tutti.
    Già da giorni nessuno dei tanti mangiava un pasto decente… anzi, non mangiavano affatto. Lavoravano e basta, fino a quando non avrebbero ceduto per lo sfinimento. Ogni tanto qualcuno crollava al suolo e noi tutti sapevamo che per lui era già finita: i militari arrivavano, lo costringevano a rialzarsi e poi lo portavano via; alcuni venivano uccisi con dei colpi di fucile, altri sarebbero stati mandati dal medico e questo li avrebbe sottoposti ad esperimenti assieme ai bambini. I vecchi li mandavano direttamente a farsi la doccia
    Quando i prigionieri arrivarono alla tanto temuta scalinata della morte; i soldati tedeschi caricarono sulle loro schiene dei grossi massi, pesanti almeno cinquanta chili.
    Poi, mentre i soldati avrebbero assistito allo “spettacolo” ai lati della scalinata, i prigionieri cominciarono a scendere per quelle scale piccole, storte e ripide. Bastava una distrazione, anche solo un alluce fori posto e cadevi già per quelle scalette spigolose e all’apparenza infinite.
    Cadendo si poteva travolgere anche altre persone, finendo di rotolare giù assieme ai massi.
    E i soldati ridevano.
    Se cadevi ma ti rialzavi, i tedeschi venivano a controllarti le ferite: bastava anche solo un piccolo graffio e ti mettevano in disparte; tutti i feriti irrimediabili sarebbero poi stati riportati in cima alla scalinata, e poi costretti a spingersi l’un l’altro su l’orlo di un precipizio.

    Quanto ancora sarebbero durate queste barbarie? Quanto ancora avremmo dovuto soffrire?
    Il mio nome era Gaspard. Dico era perché qui, in questo posto, non sono sicuro di conservare ancora la mia identità… è questo lo scopo di nazisti: privarti della tua dignità.
    Ancora pochi passi e sarei finalmente giunto alla fine della scalinata, per la seconda volta. Sembra un miracolo.
    Non appena scendo anche l’ultimo gradino e con i piedi scalzi tocco l’erba fresca, i nazisti mi guardano passare come se fossi un lebbroso; tuttavia non possono uccidermi, ho ancora le gambe.
    Un ragazzo di fianco a me cade, ma i soldati si erano già girati e non se ne accorgono.
    Sbrigandomi, mi piego su di lui e gli porgo la mano per aiutarlo a rialzarsi.
    Questo afferra la mia mano, incredulo, e una volta in piedi, ci squadriamo per pochi, interminabili, istanti: eravamo ancora esseri umani?
    Il viso era provato dal dolore e dalla solitudine, le labbra sembravano creparsi al sole per quanta voglia di bere avevano. I bracci erano scheletrici e le mani sembravano essiccate al tatto, mentre le gambe tremavano per lo sforzo.
    Solo in quel momento ci rendemmo conto di come quel campo ci abbia ridotti tutti quanti: talmente preoccupati, ognuno per la propria vita, da non accorgersi che in fondo eravamo ancora vivi, tutti quanti, ma tutti quanti bisognosi d’aiuto, di sostegno reciproco.
    Poi, mentre ci allontaniamo dai nazisti per tornare al campo, lui mi chiede “Perché mi hai aiutato?”
    “Non lo so… perché non avrei dovuto?”
    “Io non lo avrei fatto: se i tedeschi se ne fossero accorti, ci avrebbero ammazzato entrambi”
    “Avrei dovuto lasciarti morire lì, in quel modo?”
    Il ragazzo tentenna, io fondo sono riuscito a salvarlo.
    “Come ti chiami?” mi chiede poi lui.
    “Gaspard” rispondo io con perplessità: non credevo che qualcuno me lo avesse mai più chiesto.
    “Tu?”
    “Ioel” rispose lui fermandosi un secondo a riprender fiato. Le rare volte che qualcuno riusciva a tornare dalla scalinata poteva percorrere un piccolo sentiero recintato da filo spinato elettrico dove però non c’erano soldati a controllarti, quindi potevamo prendercela comoda.
    Mi siedo su una grossa pietra e riprendo fiato anche io.
    Mentre ci riposavamo, abbasso lo sguardo e scruto la sua divisa a righe, trovando il simbolo che cercavo: una stella a sei punte.
    “Sei ebreo?”
    Ioel annuisce con la testa, come se lo affaticasse ancor di più parlare, poi abbassa lo sguardo verso il mio simbolo, un triangolo verde, simbolo dei criminali comuni.
    “Ho nascosto in casa alcuni zingari… ma li hanno trovati” spiego io.
    “E sei finito qui pure tu. Potevi risparmiartela” commenta lui come se avessi fatto l’errore dell’anno.
    “Perché avrei dovuto? Li ho aiutati come ho aiutato te poco fa”
    “Non ti ho chiesto io di farlo!”
    “Allora la prossima volta ti lascerò crepare”
    “Creperò come tutti gli altri”
    “Tanto siamo uguali noi uomini. Tu, io, prima o poi dovremo morire tutti… che io ti aiuti o meno non cambierà nulla”
    “Tutti uguali?” chiese Ioel aggrottando le sopracciglia “Vorrei farti notare che ci hanno differenziati per classi: ebrei, criminali, asociali... donne, uomini, bimbi e vecchi, nessuno qui è uguale, basta che non facciamo parte della razza ariana e siamo tutti gentaglia da eliminare, ecco cosa ci accomuna tutti… ma non siamo uguali!”
    “Sono le persone come te a fare il loro gioco, vogliono proprio questo: farci credere d’essere diversi, d’avere ognuno un motivo buono per continuare a vivere ma senza trovarlo e farci mettere l’uno contro l’altro pensando solo a noi stessi. La razza ariana sono loro, ma cosa cambia? Perché invece non siete voi ebrei la razza ariana, o gli omosessuali? Perché non tutti?”
    Ioel non sa come rispondere, la verità era quella; dopo qualche secondo di silenzio mi chiede “Secondo te perché lo fanno?”
    “Non lo so…” rispondo io guardando le lontane colline in fiore oltre la rete elettrificata “Però sono sicuro che ogni azione che l’uomo fa, anche la più disgustosa e raccapricciante, un giorno potrebbe portare del bene agli altri”
    “Del bene? Persone in grado di fare cose del genere pensi che possano fare del bene?” mi chiede nuovamente Ioel, stavolta però indicandomi la parte opposta delle colline: un prigioniero era scivolati giù per le scale trascinandosene altri poco prima che i militari li prendessero in disparte per fucilarli, e dopo avermi lanciato un’occhiataccia Ioel se ne và.

    Dopo la cena (se c’era) le guardie naziste passavano sempre a ispezionare le camerate. Quella sera pioveva e, per non sporcarsi gli stivali, i nazisti ci obbligarono a sdraiarci per terra come se fossero una passerella… Il destino volle che di fianco a me si sdraiò proprio Ioel.
    “Ma chi si rivede…” mi saluta lui con un tono quasi di disprezzo, come se ce l’avesse ancora come me per il nostro dialogo di quel pomeriggio.
    Prima che potessi rispondergli però uno dei soldati nazisti gli pesta il viso facendolo quasi affogare nel fango, mentre gli gridava qualcosa in tedesco, immagino sul fatto che non dovremmo parlarci.
    Poi lo fanno alzare in piedi e lo conducono verso un muro, girandolo di spalle; i militari avevano già caricato le loro armi ma prima che potessero far fuoco, mi alzo istintivamente.
    Il sottoufficiale mi si avvicina e mi lancia uno sguardo interrogativo; senza che mi avesse fatto domando capisco al volo e rispondo “Sono stato io parlare.”
    Il sottoufficiale sorride, fa cenno ai suoi soldati di lasciare libero Ioel e poi indica me.
    Mi mettono a sedere a terra, poi mi bloccano quasi tutto il corpo meno che il braccio sinistro; mi prendono la mano libera e posizionano fra le dita alcune piccole aste di ferro. Poi mi chiudono la mano con tutta la forza che avevano: i piccoli pezzi di ferro facevano forza sulle falangi delle dita, che si spezzarono.
    Cerco di resistere, ma al terzo crack mi esce un urlo assordante che spaventa anche i nazisti.
    Mi prendono per il colletto della camicia e mi trascinano dentro la clinica; prima di entrare intravedo Ioel che, a bocca aperta, cerca di spiegarsi il motivo di quel gesto azzardato.
    Gli sorrido.
    Poi chiudono la porta della clinica e mi fanno sdraiare su un lettino di pietra; mentre mi massaggio la mano li vedo prendere alcune cinte e mi legano al tavolo quasi fino a rompermi lo sterno e spappolarmi i polmoni; infine arriva il medico che con scrupolosità mi guarda dentro la bocca nel caso tenessi denti d’oro, ma non trova nulla.
    Insoddisfatto si girà verso una piccola credenza e prende una siringa che riempie con della benzina.
    Si incammina verso di me e cerca le vene sul braccio, e dopo averla trovata mi guarda come se fosse impaziente di vedermi contorcere dal dolore fino a morire.
    Ne approfitto e sorrido anche a lui: sarebbe stata l’ultima volta che potevo farlo.

    Si dice che una volta Hitler, infuriato con dei partigiani che erano riusciti a scampare alle SS, abbia preso una cartina e, a occhi chiusi, avesse scelto puntando con il dito una piccola cittadina (assolutamente innocente) che il suo esercito doveva razziare e distruggere.
    Ma anche i suoi soldati semplici non erano da meno: una volta a settimana i militari prendevano una manciata di dadi e li tiravano, il numero che usciva avrebbe condannato un intera camerata.
    Casualmente la camerata a cui toccò quella settimana era proprio quella di Ioel.
    La loro pena era lenta e dolorosa: li facevano uscire tutti dalla camerata, malati e non, li baganavano da capo a piedi con dei tubi dell’acqua e poi li lasciavano fuori tutta la notte, completamente nudi, a morire congelati.
    Ioel stava seduto su una roccia mentre ancora pensava allo stupido gesto di Gaspard di poco prima.
    Si guardava intorno mentre i suoi compagni di camerata cercavano dei panni con cui coprirsi e asciugarsi; poche ore e tutto sarebbe finito anche per loro.
    Come potevano i militari, pur essendo ariani, non preoccuparsi di almeno venti persone lasciate lì al loro destino? Dopotutto erano anche loro esseri umani.
    “Oh, buon Dio…” si lasciò scappare a bassa voce: adesso condivideva il pensiero di Gaspard, e dopo una più attenta riflessione anche la sua idea sul bene di ogni azione dell’uomo.
    Per questo Gaspard si era sacrificato, affinché anche Ioe potesse capire cosa intendeva quando diceva che ogni uomo, anziché pensare a sé stesso, per uscire da situazioni del genere dovessero avere fiducia l’uni negli altri.
    “Ascoltatemi tutti” disse a voce alta Ioel “C’è una cosa che possiamo fare!”
    Un uomo gli si buttò ai suoi piedi, con gli occhi colmi di speranza “Sai come possiamo salvarci?”
    “Forse… ma so come non dare la soddisfazione a quei sporchi nazisti”
    L’uomo se ne andò rassegnato al destino, commentando mentre i denti gli battevano per il freddo “A che serve collaborare per non dar loro soddisfazione se stiamo per morire tutti?”
    “Ma è proprio questo che vogliono loro, vogliono inculcarci in testa che siamo tutti diversi e quindi non vale la pena pensare anche agli altri ma solo a noi stessi. Ma io non voglio farmi fregare”
    “E che vuoi fare?” chiese l’uomo osservando con interesse il ragazzo.
    “Fate tutti come vi dico… che sopravvivremo o moriremo, lo faremo insieme!”

    Quando la mattina dopo i soldati andarono a recuperare i cadaveri, si trovarono di fronte una scena assurda: tutti i prigionieri erano morti congelato, ma abbracciati l’un l’altro formando un grande cerchio, come per simboleggiare la loro voglia di andare avanti convivendo con gli altri, seppur diversi, e di non arrendersi mai da soli di fronte a simili avversità.
    Era questo il bene tramandatoci dai nazisti di cui gli parlava Gaspard, della voglia di sopravvivere che i militari donavano loro inconsciamente.
    Della voglia di combattere per gli uomini per creare un mondo migliore, un mondo unito, dove tutte le persone avrebbero potuto possedere l’umiltà di dire “Siamo tutti esseri umani”, un umiltà derivata da quelle persone che, pur morendo, hanno dato a noi questa possibilità di morire sorridendo, proprio come hanno fatto Ioel e Gaspard donandoci la loro umanità.
    Proprio perché l’aveva capito e lo condivideva, Ioel, nella sua posizione ghiacciata, sorrideva approfittando di quell’ultima occasione.
     
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  2. §iegmund
     
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    *Piange di nuovo.*

    Ok basta piangere e commentiamo.
    Mi sembra un ottimo scritto e non ho trovato alcun errore (e ci credo, dopo tre settimane a scriverla è_é, inoltre sono stanco è_é). Dal punto di vista della forma non ho trovato niente che ne possa intaccare la scorrevolezza e il contenuto...
     
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  3. CieL°
     
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    CITAZIONE (§iegmund @ 12/5/2009, 19:11)
    *Piange di nuovo.*

    Ok basta piangere e commentiamo.
    Mi sembra un ottimo scritto e non ho trovato alcun errore (e ci credo, dopo tre settimane a scriverla è_é, inoltre sono stanco è_é). Dal punto di vista della forma non ho trovato niente che ne possa intaccare la scorrevolezza e il contenuto...

    *asciuga le lacrime
    Non ci sono stato tre settimane è_é solo due e mezza :look:
    Comunque, ancora grazie =D
     
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  4. kusanagi_no_tsurugi
     
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    sei proprio bravo a scrivere...mi sembrava di essere la, ad assistere alla fine dei prigionieri nei campi di concentramento!!

    errori non ne ho trovati, ne di scrittura, ne di grammatica:bravo!!!
     
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  5. CieL°
     
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    CITAZIONE (kusanagi_no_tsurugi @ 17/5/2009, 22:48)
    sei proprio bravo a scrivere...mi sembrava di essere la, ad assistere alla fine dei prigionieri nei campi di concentramento!!

    errori non ne ho trovati, ne di scrittura, ne di grammatica:bravo!!!

    Grazie mille ^^
     
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  6. Lux¸
     
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    Bravissimo Dani, mi è piaciuto davvero tanto, complimenti. =)
     
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  7. Hante
     
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    Mi è piaciuta davvero, in bocca al lupo per il contest. ;)
     
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  8. CieL°
     
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    CITAZIONE
    Bravissimo Dani, mi è piaciuto davvero tanto, complimenti. =)

    Grazie mille, Lux ^^

    CITAZIONE
    Mi è piaciuta davvero, in bocca al lupo per il contest.

    Grazie, e in bocca al lupo anche a te =D
     
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7 replies since 12/5/2009, 17:56   94 views
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