Sangue del mio Sangue

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  1. CieL°
     
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    One shot horror (per modo di dire) che ho scritto per un contest.
    Essendo questo il mio primo approccio con l'horror, vi prego di essere clementi (non ridete, abbiate un pò di contegno =ç= ).
    Vabbuò, vi lascio all'obrobrio XD

    Sangue del mio Sangue



    Alla fine aveva scoperto che sono quello sporco assassino che aveva ucciso sua madre.
    E adesso m’avrebbe ucciso, eccome se lo avrebbe fatto.
    Riuscì a scappare nel salone appena un attimo prima che riuscì a prendere il coltello più grosso che c’era in cucina... ma come ho fatto a farmi scoprire?
    Dannazione, sentivo i suoi passi che avanzavano verso me.
    Avrei potuto scappare più lontano, ma non so perché non avevo il coraggio di scappare più lontano.
    O forse non ne avevo la voglia, dopotutto era lui ad aver ragione.
    E poi eccolo, mentre usciva dalla cucina con quel coltellaccio in mano.
    Non dimenticherò mai quel suo sguardo assatanato, che voleva vedere il mio sangue scivolare sul terreno, i miei organi interni aperti e rimescolati.
    Dio, in che guaio mi sono cacciato. Non l’avessi mai uccisa quella troia.
    E invece eccomi qui, a scappare da un piccoletto del genere.
    Ma me lo meritavo, che io sia dannato.
    Mi aveva quasi raggiunto. E non so perché, ma in quel momento mi tornò in mente una cosa.
    Senza volerlo quel fetente aveva anche ucciso la mia nuova ragazza.
    E io non volevo fare la sua fine.
    Quindi mi alzai in piedi e scappai in bagno, dove mi barricai. Cazzo, non ce l’avrei fatta.
    “Michele, Che ne dici di provare a parlarne?” chiesi io dall’altra parte della porta.
    All’inizio non ricevetti risposte. Poi quel fetentissimo cominciò a dare calci alla porta del cesso, come se volesse sfondarla. Non ce l’avrebbe fatta però, il suo corpo era troppo minuto.
    “Dai Michele, parliamone” dissi io sperando che si fosse arreso.
    Me e la mia dannatissima bocca, non l’avessi mai detto. Lo feci incazzare ancor di più.
    “Ma tu non hai voluto far parlare mia madre!” esordì lui con quella sua nocetta squillante.
    “Michele, io…”
    “ZITTOOO! IO TI AMMAZZO! QUELLE BUDELLA TE LE STRAPPO DALLO STOMACO E POI TI CI IMPICCO! QUELLA TESTA TE LA STRINGO FINO A FARTELA SCOPPIARE! QUELLA SCHIENA TE LA PIEGO FINO A ROMPERTI IN DUE! LE OSSA DELLE DITA TE LE FRANTUMO! E POI TI FICCO DENTRO IL CULO IL CORPO DELLA TUA PUTTANA!”
    Non l’avevo mai sentito così incazzato! Potevo sentire il suo respiro affannoso dalla porta.
    Provai a scrutare dallo spioncino… lo stava facendo anche lui!
    I suoi occhi iniettati di sangue, quello sguardo perso di chi non ha più nulla.
    Non lo riconoscevo più Michele… non sembrava più mio figlio.
    Eppure era sangue del mio sangue!
    Se quella puttana non c’avesse mai provato con me, ora non saremmo qui. Mia moglie non ci avrebbe mai scoperto e quella troia non l’avrebbe mai ammazzata. E io non mi sarei mai preso la briga di difenderla di fronte a mio figlio. E lui non le sarebbe saltato con le mani al collo dalla rabbia… e ora non mi troverei qui!
    Poi sentì un secondo Michele allontanarsi per tornare alla carica contro la porta.
    Doveva aver preso qualcosa di pesante. Si scagliava ripetutamente contro la porta cercando di sfondarla. Ad ogni botta i cardini si indebolivano. Ad ogni botta ero sempre più vicino alla morte.
    Ogni colpo il rumore sembrava ingigantirsi, l’eco cominciava ad assordarmi.
    Stavolta mi ci vedevo, steso per terra e Michele che cercava di cavarmi il cuore con le sue mani.
    Ormai era finita, i cardini cedettero. Si alzò un po’ di polvere che mi permise un’ultima azione sconsiderata: per la disperazione afferrai lo spazzolone del water.
    Ma lui per sfondare la porta aveva preso uno di quei badili di legno pesanti e dure. Me la tirò in testa, ferendomi gravemente alla tempia. Gli erano rimasti pochi passi, e più si avvicinava più rideva come un pazzo. Quella sua risatina stridula era insopportabile e, in questo caso, caricava chiunque fosse d’ansia. Poi mi prese l’orecchio dalla parte della ferita alla tempia e mi tirò giù la testa. Alzò l’altra mano, dove ancora teneva il coltello. Ancora rideva quando terminò il lavoro.

    Edited by CieL° - 14/4/2009, 22:42
     
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