In the spider's web

la mia prima one shot ^^

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  1. Naminè94
     
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    Buonasera a tutti!
    Sto pubblicando la mia prima one shot, scritta di getto ieri pomeriggio. Non credo sia uno dei miei migliori lavori, ma secondo Lady Yaoi (che ha gentilmente accettato di controllarla) non è male. Colgo l'occasione per ringraziarla di cuore per l'aiuto che mi ha sempre dato con le mie fiction! Grazie amola!
    Il rating oscilla tra l'arancione e il rosso.
    Aspetto una vostra critica.
    Ci tengo a precisare che NON è assolutamente autobiografica.
    Buona lettura ^^

    In the spider's web - Nella tela del ragno

    Teneva il libro aperto sulle sue gambe, e con la matita disegnava mille cuoricini anziché studiare per l'interrogazione del giorno dopo. Quella materia era troppo difficile per lei! Magari aveva troppi pensieri per la testa, o magari non ne era davvero capace. Si alzò di scatto dalla sedia sulla quale era seduta e richiuse in fretta il testo, producendo un tonfo sordo. Prese frettolosamente una felpa dall'armadio in noce, e se la infilò. Recuperò l'MP3 dal cassetto del comodino e se lo mise in tasca.
    “Io esco un po'!”
    Non diede neanche il tempo a sua madre di rispondere che già era fuori, pronta a lasciarsi alle spalle quell'amara realtà che ormai aveva messo radici a casa sua. Si mise le cuffie e, finalmente, si abbandonò alla tranquillità del suo mondo, fatto della musica che le piaceva e dei dolci desideri nei quali si cullava in ogni momento libero. Sua madre non voleva che ascoltasse la musica mentre camminava per strada, ma lei non riusciva proprio a farne a meno.
    Osservò la distesa celeste aprirsi sopra di lei, macchiata dalle leggere sfumature del crepuscolo in via di formazione, che tingevano di rosso quell'omogeneità di colori chiari e tranquilli che, in un certo qual modo, le mettevano una grande malinconia... Teneva lo sguardo fisso sul sole che pian piano calava, mentre, con un sorriso appena accennato, ignorava completamente i passanti che la guardavano distrattamente. Sapeva perchè la fissavano. Era per il tremendo pallore che si portava dietro dall'età di tredici anni, dopo aver combattuto contro l'anoressia. Da quel momento, il trucco non fu più utile a donare colorito al suo volto. La pelle bianca e costantemente chiara non spariva, persistendo anche sotto spessi strati di cosmetici. Ma le stava bene così. Non le importava se la gente la fissava, ci aveva fatto l'abitudine ormai.
    Camminava a passo svelto, ma senza accelerare troppo, in modo da arrivare il prima possibile a destinazione. Era impaziente di passare qualche attimo da sola, poiché in casa sua non riusciva mai ad avere un minuto di pace. Dopo l'ennesima rottura con un ragazzo, si era stancata di sentire sua madre blaterare le solite cazzate che, quando sei ferita, non vorresti mai e poi mai ascoltare. In fin dei conti, lei non era ferita. Non le importava niente di quel ragazzo. Erano stati insieme solo poche settimane, poi aveva scoperto che si stava sentendo con un'altra ragazza. Lo mollò su due piedi, senza farsi troppi problemi.
    Si vive una volta sola, no? Perchè sprecarla a pensare a cose che detesti?
    Aveva sedici anni, l'età migliore per divertirsi. Non aveva intenzione di farsela rovinare da sua madre, né da un ragazzo qualunque per il quale non provava nulla di così forte.
    Svoltò l'angolo, ed entrò in una tabaccheria piccola e isolata dal centro della città. L'aria, lì dentro, era parecchio afosa, e quasi mancava il respiro. La luce era di un giallo tenue e spento, che donava alle pareti un colore tendente al marrone. Il bancone era a dir poco minuscolo, infatti vi era spazio sufficiente solo per il registratore di cassa. A servirla, un anziano signore dall'aria stanca e spossata. Sembrava triste. Gli porse distrattamente il pacchetto di sigarette che aveva chiesto, poi la guardò uscire dal negozietto con noncuranza.
    Non le andava di fumare davanti a tutti, così si ritirò in un posto più isolato e tranquillo. Poggiò la schiena contro il muretto bianco un po' polveroso, scrutando l'ambiente che si apriva intorno a lei. Un praticello tranquillo che affacciava su una strada a dir poco desolata, abitato da qualche panchina rovinata dal vandalismo dei ragazzi e un'altalena cigolante che giaceva proprio al centro. Estrasse dalla tasca il pacchetto di sigarette e velocemente se ne accese una, aspirando con forza. Cacciò una grande quantità di fumo, chiudendo gli occhi per ripararsi dal forte vento che aveva cominciato a soffiare nella sua direzione.
    “Non sei un po' troppo piccola per fumare?”
    Aprì gli occhi di scatto, mostrando le iridi tendenti al verde fredde e distaccate. Davanti a lei, un ragazzo sui venti anni la fissava con un ghigno perverso stampato sul volto. Teneva i capelli neri tirati su da un po' di gel, donandogli una forma appuntita e strana. Gli occhi blu erano così penetranti che riuscì ad avvertire un fremito percorrergli la colonna vertebrale. Sorrise, quando si rese conto di averla colta di sorpresa.
    “Non ti riguarda” affermò lei con impertinenza, continuando ad ignorarlo e a guardare da tutt'altra parte. Aspirò nuovamente, alzando lievemente il capo per poi emettere il fumo sopra di lei.
    “Tutto bene?” chiese l'estraneo.
    La ragazza inarcò un sopracciglio, infastidita da quella strana invadenza.
    “Si” rispose svogliata, continuando ad evitare il suo sguardo.
    “Ti senti bene?” asserì il ragazzo, fissandola con attenzione. Lei sapeva a cosa si stava riferendo, ma non se ne curò più di tanto.
    “Mai stata meglio...” affermò sicura, aspirando altro fumo. Non gli piaceva quel tipo; era così invadente... Alzò lo sguardo al cielo, scurito dall'atmosfera serale che si stava via via formando, striandolo di un bel viola scuro, mentre il sole quasi non si vedeva più.
    “Posso rubartene una?” chiese il ragazzo.
    La ragazza allungò distrattamente il pacchetto aperto verso di lui, e con un cenno del capo gli ordinò di favorire. Lui non se lo fece ripetere, ed estrasse in fretta la sigaretta bianca. Cacciò dalla tasca un accendino nero e racchiuse tra le sue labbra il filtro arancione. Poi aspirò con forza.
    “Da quant'è che fumi?” chiese.
    “Non me lo ricordo” sbottò la ragazza “E tu?”
    “Non molto” rispose quello, un po' sorpreso della domanda appena ricevuta “Un paio d'anni. I tuoi lo sanno?”
    La ragazza stette in silenzio, consumando gli ultimi due tiri della sua sigaretta. Poi scrollò le spalle, cacciando il fumo dalle labbra fin troppo rosse.
    “Come ti chiami?”
    “Chiamami come ti pare”
    Era fredda. Distaccata. Come se gli infastidisse chiacchierare come una persona civile. Ma era comprensibile... Era stata ferita. Spezzata. Aveva rinunciato ad ogni residuo della sua falsa felicità per sapere. Sapere quello che stava succedendo a casa sua, sapere ciò che stava succedendo a lei... Evitava il suo sguardo, come se stesse conversando con qualcuno che non esistesse, e distrattamente guardava le automobili che passavano sulla strada asfaltata di fronte a loro, seguendone il tragitto con gli occhi.
    “Sei sempre così diffidente con gli estranei?”
    “Non solo con gli estranei”
    “Rilassati”
    “Perchè dovrei?”
    La ragazza si voltò verso di lui, guardandolo fisso negli occhi color notte e sentendo un brivido attraversarle la schiena. Distolse lo sguardo quasi subito, gettando la sigaretta ai suoi piedi e calpestandola con il piede destro. Si staccò dal muretto senza degnarlo di un'occhiata, né di un “ciao”, e fece per andarsene finchè lui non la bloccò per un polso.
    “Dove vai?” chiese.
    “Non credo che ti riguardi” rispose lei, frettolosa di andare via. Forse perchè quegli occhi gli incutevano timore, o forse perchè sapeva di volerlo conoscere meglio. Ma non doveva. No. Lei con i ragazzi aveva chiuso. Si ricordò dell'ultimo, quello stronzo. L'aveva sentito parlare al telefono con un'altra ragazza, chiamandola “quell'anoressica”. Quello che venne dopo era accaduto troppo in fretta per avere importanza.
    “Ti va di fare un giro?” chiese lui, strattonandola con più forza e opponendosi a quella resistenza involontaria che la ragazzina continuava ad opporre. Non rispose, abbassando lo sguardo e sperando che lui la lasciasse andare. Lui era come gli altri. Non avrebbe capito. Non avrebbe portato pazienza. Le avrebbe solo rigettato addosso i suoi problemi, come facevano tutti, accentuando sempre di più la sua voglia di scappare.
    “Posso offrirti qualcosa da bere, se ti va” disse, tentando di incontrare il suo sguardo timido. Lei non potè far altro che annuire distrattamente, sussurrando un “grazie” appena percepibile, e avviandosi al suo fianco verso una stradina più illuminata.
    Cominciò a fare scuro, e il cielo s'annerì di nuvoloni grigi e minacciosi, che ricoprivano anche la luna, rendendo la sua luce fioca e debole. Scoprì che si chiamava Aaron e che era arrivato da poco in città.
    “Ora me lo dici il tuo nome?” sbottò Aaron, spontaneamente. In fondo lui le aveva rivelato il suo nome. Perchè lei non avrebbe dovuto?
    “Katee” disse timidamente, sorseggiando distrattamente la Sprite.
    “E' un bel nome”
    Katee sorrise, arrossendo un poco. Sentì una stretta allo stomaco. Lo sapeva. Stava succedendo di nuovo. Le piaceva quel ragazzo e più parlava con lui, più si rendeva conto di quanto fosse attraente e simpatico. Ma lei non si sarebbe fatta attrarre nella ragnatela; non si sarebbe fatta imprigionare come una mosca ingenua e pentita di aver volato alla cieca. Dopo quella sera non l'avrebbe più rivisto, e lo sapeva.
    Aveva bevuto un paio di birre, ma pareva lucido e tranquillo quando le propose di riaccompagnarla a casa.
    “Ho il motorino lì dietro” disse, indicando un vicoletto un po' più scuro degli altri “Si è fatto tardi e in giro ci sono troppi imbecilli”
    Era protettivo. Perchè lo era?
    Katee lo seguì, pentendosi un po' di aver accettato l'invito. Ma, era vero, il tempo era volato e la spaventava l'idea di ritornare a casa da sola, percorrendo quella strada deserta e silenziosa. La scortò fino alla fine di quel vicoletto, dove un muro impediva il passaggio dall'altro lato. Solo una piccola spaccatura si apriva su quella parete grigia e un po' malridotta.
    “Dov'è?” chiese la ragazza, non notando nemmeno una traccia del mezzo. Aaron la sbatté contro il muro all'improvviso, rischiando di spezzarle la schiena esile e fragile; proprio come lei... Nell'oscurità di quel posto, Katee riuscì ad intravedere un ghigno perverso dipingersi sulla faccia di quel farabutto, mentre la paura saliva a mille e le mani cominciavano a tremare, pentite. Lo sguardo pieno di timore fissava ogni sua mossa. Lui ansimava, continuando a premere con forza sulle minute spalle della ragazza.
    “Mi fai male!” gridò lei, mentre una lacrima le rigò il viso. Aaron le portò una mano sulla bocca, costringendola a stare in silenzio. Poi, con l'altra, prese ad esplorare il corpo di lei, ancora puro e innocente. Si fermò sulle sue parti intime, provando a provocarla in qualche modo, ma lei era troppo spaventata per lasciarsi andare. Immobile e bloccata dalla forte stretta di lui, non potè far altro che stare tranquilla, sperando che il ragazzo tornasse a ragionare e la lasciasse andare, mentre le lacrime sgorgavano invadenti, bagnando la mano di lui che ancora giaceva sulla sua bocca.
    La scostò solo per un attimo; giusto il tempo di strapparle un bacio fugace e desideroso di qualcosa di più, per poi riprendere la stessa posizione e baciarle il collo nudo e bianco. Lei piangeva più forte, come una bambina che non trova più sua madre, gemendo di tanto in tanto per il dolore provocato dalla stretta di Aaron.
    “Non ti farò del male se collabori” disse lui, accarezzandole una guancia con la mano che fino a quel momento l'aveva zittita.
    “Me ne stai già facendo...” sussurrò Katee, trattenendo i singhiozzi. Il cuore pompava così tanto ossigeno che sarebbe potuta svenire lì, in balia di quel pericolo devastante, e la voglia di evadere da quella situazione si faceva così forte ma così lontana che non riuscì a non rimpiangere il fatto di essere uscita di casa quel giorno. Lui continuava nel suo intento, penetrando con la mano libera nei jeans della ragazza, per poi sbottonare i suoi, pronto a dare sfogo a tutti i suoi istinti. Le fece aprire le gambe, spingendola con sempre più forza contro il muro. Sentì la pelle del collo cozzare con la pietra ruvida, graffiandole la cute delicata e sensibile. Chiuse gli occhi, sperando che quell'incubo finisse; sperando che da un momento all'altro sua madre sarebbe venuta a svegliarla, ordinandole di andare a scuola. Ma niente. Quella era la realtà e lei non era altro che la mosca ingenua preda di quel ragno avido e perverso.
    La penetrò con brutalità, continuando a tenerla ferma e a spingerla contro la parete con sempre più forza. Avrebbe potuto spezzarla. Quel corpicino minuto e debole non avrebbe resistito ad un altro urto del genere. E ne arrivò subito un secondo, forse più debole del primo, ma ugualmente distruttivo.
    Katee gemette di dolore, per quel che poteva, mentre le lacrime le avevano ormai inumidito le guance arrossata dal freddo e dalla paura. Aprì gli occhi di scatto quando Aaron la penetrò una terza volta, e sentì il sangue scorrerle lungo le gambe nude e, forse, macchiarle i jeans che sua madre le aveva appena comprato. Cercò disperatamente una via d'uscita, provando in tutti i modi a tentare di distrarsi da quel dolore lancinante che ormai l'aveva invasa.
    Il ragazzo si spingeva contro di lei ininterrottamente, passandole la mano ovunque la sua mente perversa gli suggerisse, noncurante del fatto che le stava imprimendo un segno. Un segno che inevitabilmente si sarebbe portata dietro per tutta la vita. E ad ogni forte contrasto con la parete e la schiena di Katee, un po' di quel muro si sgretolava, lasciando cadere piccoli sassolini grigiastri che non producevano alcun rumore. E ancora... Ancora... Ancora.
    Faceva male. Troppo. E lei, per quanto strafottente e cinica, rimpiangeva di aver sprecato quell'occasione così e di non aver avuto un minimo di responsabilità nei propri confronti.
    “Sei brava” disse lui, senza smettere di entrare dentro di lei “Stai tranquilla, finirà presto” sbottò, con una nota di ironia nella voce. Katee scosse il capo tremante, irrigidita dal dolore lancinante che si stava calmando a poco a poco. Aaron ansimava forte, riempito dall'eccitazione che non accennava ad appiattirsi.
    Katee cominciò a divincolarsi piano, sentendo che la presa del ragazzo era allentata, di poco, ma forse abbastanza per fare in modo che riuscisse ad evadere dalla ragnatela del peccato. Lui non si accorse di nulla, mentre la baciava tra i respiri profondi e la toccava con avarizia.
    “Ferma” disse, tra i gemiti di piacere. Alleggerì ancora di più la presa, quando l'eccitazione lo sovrastò del tutto. Katee approfittò, un po' stordita dal forte dolore, e gli tirò uno schiaffo con tutte le forze che aveva, sentendo la mano bruciarle come non mai. Aaron ruggì qualcosa, indietreggiando di un piccolo passo, ancora con il sesso eretto in vista, e in quel misero secondo Katee scivolò di lato, penetrando con qualche sforzo in quella stretta fessura nella quale solo un bambino di sei anni sarebbe potuto entrare. E, per la prima volta, ringraziò il cielo per essere stata avvantaggiata dal suo fisico fin troppo esile.
    Cominciò a correre impedita, alzandosi i pantaloni e sentendo Aaron gridare di rabbia dall'altro lato del muro. Lui non sarebbe mai passato in quell'apertura. Coprì di corsa qualche centinaio di metri, mentre una grande piazza illuminata le si apriva davanti agli occhi. Qualche passante la fissava impietrito. Gli occhi ricolmi di lacrime; il viso pallido e un po' arrossato nel punto in cui Aaron premeva con la mano; i jeans ancora aperti e sporchi di sangue e di sperma.
    Due anziani, un uomo e una donna, le si avvicinarono, provando in qualche modo a tranquillizzarla. Ma niente, niente in quel momento avrebbe potuto farla calmare. Era una stupida. Una stupida mosca caduta nella tela del ragno. S'inginocchiò a terra stremata, urtando con le ginocchia contro l'asfalto duro come marmo. Si portò le mani alla testa, e cominciò a piangere e a gridare, in preda ad un'agonia impossibile da capire, o da immaginare.
    Tutto ciò che riuscì a ricordare dopo, era la sirena dell'ambulanza che si avvicinava sempre più a lei, facendo compagnia agli ansimi di Aaron che ancora risuonavano nella sua mente...



    Grazie per aver letto.
    Spero che vi sia piaciuta e che non abbiate trovato deludente il finale (o anche tutta la one shot). Saluti da Nami^^

    Edited by Naminè94 - 7/4/2009, 15:54
     
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  2. Barone94
     
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    MOlto reale come one shot, tratta un tema molto diffuso. Che dire, un povero piccolo ragazzo non può giudicare, so solo che mi è piaciuta ed è stata come se l'avessi vissuta...un esperienza traumatizzante...
    Distinti saluti, Barone
     
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    ~Bridges Burned

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    ommiodddio nami!!!!!!!!!!!!!!
     
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  4. Naminè94
     
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    Grazie Barone ^^
    King, significa che non ti è piaciuta? xD
     
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  5. Dark Roxas 90
     
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    ommioddio :goh: fortuna che hai specificato che non è autobiografica...
    purtroppo, come già detto da barone, è una situazione che accade molto di frequente in questi tempi, e quando accade non c'è molto da fare purtroppo... c'è da dire che per la gente che fa certe cose io applicherei la punizione peggiore tra quelle possibili...
    ma non divaghiamo, la storia mi è piaciuta per come è scritta, ma non per il tema trattato... non mi sembra una cosa che una ragazza della tua età debba scrivere... mi sembra... non so, prematuro trattare questi argomenti...
    comunque è ben scritta ^^
     
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  6. §iegmund
     
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    la prossima volta la scritta con ilr ating mettila grande, por favo...
    almeno mi rendo conto prima di ciò che sto leggendo perchè come ben sapete le 5 del mattino per me equivalgono ad una sbronza coi fiocchi :sese:
     
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  7. hoshyko
     
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    Mi è piaciuta questa one-shot, davvero... 2 temi molto attuali in un' unica storia, scritta davvero bene... Non sono d' accordo con Dark Roxas, però, in quanto credo che questo tema deve cominciare ad essere trattato già dalla nostra età... E il fatto che tu l' abbia fatto dimostra una grande maturità...
    Complimentoni! ^ ^
     
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    L'uomo deve poter scegliere tra bene e male, anche se sceglie il male. Se gli viene tolta questa scelta egli non è più un uomo, ma un'arancia meccanica.

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    Whoa!!! Naminè credo verramente che sia la cosa migliore che tu abbia mai scritto... mi piace da morire ed è una cosa giusta che, davanti ai numerosi problemi di oggi, qualcuno li affronti con presa di coscienza. good job!
     
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  9. Naminè94
     
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    Grazie a tutti!
    Credevo di aver fatto un errore a pubblicarla, e invece vi è piaciuta!
    Beh, Dark Roxas, come ho già detto a Lady, questa storia doveva essere tutta un'altra cosa. Poi, però, ho cominciato a scrivere e non ho voluto cambiarla. Chi lo dice che una ragazza della mia età non possa scrivere certe cose?
    Grazie ancora a tutti ! ^^

    Edited by Naminè94 - 7/4/2009, 15:10
     
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  10. Dark Roxas 90
     
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    non volevo sembrare offensivo, so benissimo che ci sono alcune persone che sono abbastanza mature da capire a fondo certi problemi, quello che volevo dire è che secondo una mia opinione è troppo presto per certi argomenti... ma è solo una mia opinione ovviamente, poi ognuno è libero di leggere e scrivere quello che vuole...
     
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  11. Naminè94
     
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    Non preoccuparti, non mi sono di certo offesa ^^
     
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  12. Barone94
     
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    Questa non si offende neanche se la prendi a parole :Asdolf:
     
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  13. Naminè94
     
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    :asd: probabile xD
     
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  14. §iegmund
     
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    CITAZIONE (Dark Roxas 90 @ 7/4/2009, 15:36)
    non volevo sembrare offensivo, so benissimo che ci sono alcune persone che sono abbastanza mature da capire a fondo certi problemi, quello che volevo dire è che secondo una mia opinione è troppo presto per certi argomenti... ma è solo una mia opinione ovviamente, poi ognuno è libero di leggere e scrivere quello che vuole...

    in classe abbiamo parlato di questi argomenti due anni fa
     
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  15. (¯`•. Prin¢ess Dreamer .•´¯)
     
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    ehi Nami!
    complimenti! ^^
    davvero una bellisima one- shote! concordo con gli altri che è un tema strano da essere trattato da una ragazza della tua età ma non che non dovevi scriverlo anche perchè hai dimostrato una grande maturità!
    complimenti sotto tutti i punti di vista!
     
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28 replies since 6/4/2009, 20:57   274 views
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