*BitterSweet Moment*

Oneshot

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    There might be nothing left, but I won't forget. Not your dream, not your words... or this sound.
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    Questa oneshot l'ho scritta per il contest "Waiting for the dawn" sul fandom di FullMetal Alchemist indetto da un sito di FanFiction.
    Spero possa essere una piacevole lettura. ^.^

    Fandom: FullMetal Alchemist
    Pairing : RoyXEd
    Genere: Malinconico ; Drammatico ; One-shot
    Rating: Arancione (Forse)


    FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All Rights Reserved.

    BITTERSWEET MOMENT


    L’amore è la più saggia delle follie,
    un’amarezza capace di soffocare,
    una dolcezza capace di guarire.
    [William Shakespeare]


    Sapevo bene che, prima o poi, ciò che temevamo sarebbe successo.
    Eravamo giunti ad un bivio pericoloso della nostra vita, un bivio a cui non saremmo mai voluti arrivare, ma che purtroppo, nella società di oggi, era impossibile da eludere.
    Ciò che noi avevamo plasmato con cotanta raffinatezza, come fosse argilla grezza divenuta arte nelle mani di artigiani esperti, per la nostra giurisdizione, per il nostro governo, non era altro che una macchia d’olio da rimuovere sul grande disegno di una Nazione perfetta.
    Ma non potevo permettere che fosse lui, a finire nei guai per quelle che erano state anche le mie sconsiderate azioni.
    Per quanto mi permettessero le mie misere forze, dovevo metterlo al sicuro anche se avesse sofferto.
    A questo pensavo, mentre guardavo con distratta svogliatezza ogni angolo del mio ufficio, soffermandomi sul divano, sulla scrivania -spoglia come non lo era mai stata- mentre seduto dietro di essa non smettevo di ricordare le ultime ore che avevamo passato insieme prima di raggiungere quel baratro.
    Mi rigirai tra le dita la stilografica, con il volto poggiato come al solito sul dorso della mano, come se quella fittizia calma e tranquillità potessero quanto meno farmi credere che fosse tutto normale.
    Ma mi riportò alla realtà dei fatti il lieve ed esitante bussare alla porta, che si aprì debolmente subito dopo.
    «Ce ne avete messo, per arrivare.» mormorai pacato, sorridendo quasi con amarezza, rivolto all'indirizzo dei due uomini che erano appena entrati.
    Gettando un rapido sguardo all'ufficio, trassi un lungo sospiro, alzandomi in piedi e aggirando la scrivania per avvicinarmi a loro a passo cadenzato.
    Consapevole o meno di quel che sarebbe successo adesso, gli mostrai i polsi, senza abbandonare il falso sorriso che mi increspava le labbra.
    «Sappia che avremo evitato volentieri questa situazione, Colonnello.» mi disse uno dei due.
    Il suo tono mi parve rammaricato, e quando alzai lo sguardo per incrociare i suoi occhi, scorsi nelle loro profondità l'arduo compito che erano costretti a svolgere per ordini superiori.
    «Non importa Armstrong, fate il vostro lavoro...» il mio era poco più di un sussurro, mentre sentivo lo scatto delle manette e i loro mesti sospiri confondersi con il mio mormorio.
    Chi era ancora rimasto in silenzio mi afferrò i polsi, portandoli dietro la schiena, e potei distintamente sentire le manette chiudersi intorno ad essi, prima che la mano di colui che me le aveva messe si posasse sulla spalla.
    «Colonnello, non può fare sul serio...» mi bisbigliò lui all'orecchio, concitato. «...pensi ad Edward...»
    Mi ritrovai a sorridere maggiormente, alle sue parole.
    Voltai appena la testa, per incrociare i suoi occhi cerulei che mi osservavano, quasi velati di lacrime.
    «Qualsiasi cosa faccia adesso, non cambierebbe nulla, Havoc...» gli risposi, la mia voce risultò appena incrinata. «...otterrei solo di far condannare Edward insieme a me...»
    Sospirando, indicai con un cenno del capo la porta.
    Era meglio togliersi il pensiero.
    E alla svelta, anche.
    «Andiamo, aye?»
    Li vidi gettarsi appena un fuggevole sguardo, prima che ritornassero a guardare me.
    I loro sospiri riempirono il silenzio rotto e scandito solo dal battito inudibile del mio cuore.
    «Andiamo...» mormorò Havoc, prima di accostarsi a me e spingermi un pò più avanti, verso la porta.
    Uscimmo dal mio ufficio sotto gli sguardi incuriositi e quasi disgustati degli altri militari, di cui riuscivo a sentire i borbottii sommessi che si lasciavano sfuggire parlottando sottovoce tra loro.
    Ma non vi badai.
    Non mi importava nulla, di ciò che pensavano di me.
    Ciò che contava, era che Edward non sarebbe stato vittima delle ingiurie della gente, non sarebbe stato sottoposto alle loro accuse o alle umiliazioni.
    Io potevo anche sopportarlo, se fossi stato condannato alla prigione e poi ne fossi uscito dopo chissà quanto.
    Ma lui non ce l'avrebbe fatta.
    Non dopo il destino avverso che gli aveva amaramente donato la sua intera vita.
    E, prima che mi portassero incontro al mio destino, davanti al Tribunale Militare, mi sentii chiamare ancora una volta dalla sua voce.
    Mi voltai lentamente, senza arrestare il mio passo, e vidi i suoi occhi color whisky che mi osservavano, con tristezza e amarezza, come a chiedermi perchè, perché l'avevo fatto e non avevo smentito tutto, coinvolgendo anche lui.
    La risposta per me era più che semplice, in realtà.
    Dovevo essere io l'unico a portare il peso di quel peccato.
    Lui ne aveva soppesati abbastanza, nel suo cuore.
    Non sapevo esattamente cosa mi sarebbe successo una volta davanti ad un Corte, non sapevo come si sarebbe svolto il mio processo né tanto meno quale sarebbe stata la mia condanna, in quanto soldato accusato di sodomia.
    Ma, qualunque fosse stata, avrei tenuto Edward al sicuro, lontano da tutto questo.
    Gli rivolsi quindi un sorriso, come ad indicargli che andava tutto bene, prima di tornare a guardare avanti.
    Ma con quel sorriso, forse, volevo intendere esattamente il contrario.
    Però, mentre camminavo lento affiancato da quei due soldati che con gli occhi mi donavano il loro appoggio -per quanto sapessero loro stessi che era inutile- , a testa alta e lo sguardo fiero, dignitoso nonostante i polsi legati dalle manette dietro alla schiena, non potevo fare a meno di continuare a sorridere.
    Ero tranquillo.
    Maledettamente tranquillo.
    E, qualsiasi cosa avessero deciso per me, me ne sarei andato senza chinare il capo, più che orgoglioso delle mie scelte, della mia vita, ma soprattutto, seppur potesse sembrar a molti folle o depravato, del mio modo d'amare.
    Del mio amare l'unica persona che davvero contava.
    Edward Elric.
    Il mio cuore.
    Avrei semplicemente detto questo, a chi avrebbe deciso della mia sorte.
    L'amore non ha barriere né sbarre.
    E io non mi pento.


    ~ END ~





     
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    Fuoco crepuscolare che mai si estinguerà

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    *asciuga le lacrime* Le tue fic sono le uniche che mi fanno commuovere così! Complimentissimi! La decisione, la sicurezza e la tranquillità di Roy sono descritte benissimo! Un altro capolavoro!!!!
     
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    ~ Shamballa

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    Ti ringrazio moltissimo! ^^^
    In realtà la storia non mi convinceva, se devo essere sincera XD
     
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