Cristal Heart

Un cuore di cristallo può provare sentimenti?

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  1. Nemeryal
     
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    Bhè, allora se piace...

    Capitolo 1
    La luce nel buio
    Era passato un anno. Già un anno e non aveva ancora fatto nulla. Le ombre davano l’impressione di essersi dimenticate di esistere, rintanandosi nel buio della paura, la paura della luce.
    Malefica non si era dimenticata della sua esistenza, tutt’altro. Un piano ben congeniato ha bisogno di tempo per essere messo a punto. Il problema di fondo era che lei non aveva nessun piano. Un anno e non aveva ancora trovato un modo per sconfiggere definitivamente i Custodi del Keyblade e impadronirsi di tutti i mondi, oscurandoli, gettandoli nel buio più profondo. Ripensando a Sora, si immaginò il ragazzo seduto tranquillo sulla sua isola, un sorriso ben stampato in faccia e l’assurda convinzione che lei, Malefica, la Regina dell’Oscurità, Signora degli Heartless, non lo avrebbe più attaccato, avendolo aiutato nello scontro i Nessuno. Sciocco! Non l’aveva certo aiutato perché aveva buon cuore! Ah! Lo aveva fatto per i suoi interessi personali, solamente per i suoi interessi personali.
    Certo, non aveva dimenticato che la sconfitta di Xemnas, o Xehanort o Ansem, comunque lo si volesse chiamare, era avvenuta grazie all’intervento di Sora e del suo amichetto, Riku. Ucciderli sarebbe stato come dimenticare il suo aiuto e non sia mai detto che la Regina dell’Oscurità non ringrazi dovutamente chi l’ha aiutata. Avrebbe dato loro una scelta: unirsi a lei nella conquista dei mondi o morire. Sapeva bene che I due ragazzi non avrebbero mai scelto la prima opzione e quindi sarebbe costretta ad agire di conseguenza. Li avrebbe uccisi, è vero, ma dopo aver dato loro una scelta.
    Avvertì dei passi pesanti dietro di lei e la porta si aprì con un tonfo.
    -Che cosa c’è, Pietro?- chiese Malefica senza neanche voltarsi. Aveva già vissuto scene come quella, ma mai aveva davvero potuto gioirne. Pietro arrivava, ansimava per lo sforzo dovuto alla sua mole, sorrideva in modo beota ed esclamava “Ho trovato finalmente ciò che ci occorre!”. Pietro non era certo un pozzo di scienza, questo Malefica lo sapeva da tempo, ma non aveva pensato che la sua stoltezza arrivasse a tali livelli. Ogni volta proponeva un nuovo piano, ognuno più irrimediabilmente inattuabile dell’altro. Oramai Malefica non dava più peso a quelle bizzarre e, soprattutto, inutili idee.
    Quella volta, però, avrebbe dovuto ricredersi.
    -Allora, cosa c’è Pietro?- ripeté, leggermente seccata
    -L’ho trovato!-
    -Cosa?-
    -Ho trovato finalmente ciò che ci occorre!-
    Malefica sorrise mestamente. Esattamente come tutte le altre volte. Eppure avvertiva uno strano brivido lungo la schiena…si voltò verso Pietro e lo vide tenere in mano un volume impolverato, dalla copertina sbiadita e le pagine ingiallite.
    -Cos’è?-
    Pietro si schiarì la gola, assunse un’irritante aria di importanza, aprì il volume e cominciò a leggere:
    -La Luce nel Buio, di Ansem il Saggio-, voltò pagina e tossicchiò nuovamente – A seguito di lunghe ricerche io, Ansem, sono giunto infine alla certezza che ciò raccontato nella leggenda del Cristallo di Luce possa trovare un suo riscontro nella realtà. Mi accingo dunque…-
    -Il Cristallo di Luce?- esclamò incredula Malefica -Ma è una vecchia STORIA, solo questo! Una STORIA!-
    -Non secondo quello che afferma Ansem- disse Pietro
    -Ah!- Malefica si voltò di nuovo -Era solo un vecchio pazzo! Questa ne è la prova!-
    Non dando alcun segno di averla ascoltata, Pietro sfogliò altre pagine ingiallite e ricominciò a leggere:
    -Da ciò ne segue che la nascita del Keyblade, l’unica arma in grado di sconfiggere l’oscurità nel cuore degli uomini, e persino la sua distruzione…- a queste parole Malefica fremette -…siano INDISSOLUBILMENTE legate al Cristallo. In un momento di estremo pericolo il Cristallo avrebbe creato i Keyblade facendone dono ai suoi Custodi e solamente la distruzione del Cristallo stesso potrebbe privarli dei suddetti Keyblade.-
    La distruzione del Keyblade…la distruzione dei suoi Custodi…
    Poteva vederla, poteva sentirla, ne provava l’ebbrezza in tutto il corpo. Riusciva a scorgere l’oscurità sommergere lentamente la luce, soffocarla tra le sue nere spire. Riusciva a sentire il rantolo di Sora mentre affogava nelle ombre, poteva avvertire il cuore di Riku fremere a contatto con quelle tenebre che già una volta lo avevano sopraffatto.
    Cominciò a ridere, ridere, ridere. Non riusciva a smettere. Finalmente avrebbe saputo come fare, finalmente avrebbe governato il regno perfetto! Il Regno dell'Oscurità Eterna! Mancava solo un piccolo particolare...

    Myle aveva venticinque anni, a venti si era sposata e a ventuno era stata benedetta con l'arrivo di un figlio. Non poteva chiedere di meglio dalla vita, perché non riusciva a pensare ad altro che potesse renderla più felice. Camminando lentamente sotto i raggi del sole, il cestino con la biancheria fra le mani e i capelli chiari che danzavano al vento, Myle sorrise. La felicità non aveva abbandonato la sua casa, anzi la benediceva
    e si faceva sentire vicina a lei con l'arrivo di un altro figlio. "O figlia!" pensò sorridendo. Arrivata al fiume, si inginocchiò, prese dalla cesta un lenzuolo e lo immerse nell'acqua limpida e fresca.
    Cantando allegramente, finì di fare il suo bucato, aspettò che si asciugasse e fece per tornare a casa. D'un tratto avvertì un soffio di vento gelido afferrarla e farle venire la pelle d'oca. Si voltò di scatto, gli occhi limpidi solcati da lampi di preoccupazione.
    -Chi è là?- chiese tremante. Un altro soffio di aria gelida. Eppure erano in piena estate...Alzò lo sguardo verso il cielo e rabbrividì: Enormi, lividi nembi si avvicinavano pericolosamente; il rombo dei tuoni faceva fremere l'aria e l'odore della pioggia impregnava l'aria. Myle arretrò, spaventata. La tempesta in arrivo non somigliava assolutamente a tutte le altre, le tenebre erano molto più fitte, i lampi meno luminosi, la pioggia tagliente...
    La ragazza voleva correre via, ma non ci riusciva. Aveva troppa paura. Rimaneva lì, in mezzo al prato,a ll'erba scossa dal vento, tra i petali dei fiori strappati con prepotenza dagli steli e gli animali che correvano a rifugiarsi nelle loro tane sicure.
    Chiudendo gli occhi e respirando, si impose di calmarsi. Era solo una tempesta! In piena estate? Scosse la testa e cercò di sorridere. Le tempeste poteva avvenire persino in estate, non era mica loro proibito! Si voltò e fece per tornare a casa. Avvertì una presenza dietro di lei. Si girò
    -E tu chi sei?- chiese chinandosi e poggiando il cesto con la biancheria sulle ginocchia. Davanti a lei stava un essere strano, a memoria d'uomo mai visto da quelle parti. Più scuro delle tenebre della notte, due occhi come un sole offuscato, quell'essere somigliava ad una formica troppo cresciuta; muoveva la testa in modo convulso, così come le zampe anteriori.
    Myle si alzò e si allontanò di un passo. La creatura balzò. Con un grido, la ragazza cadde in ginocchio. La biancheria, pulita e profumata, si sparse sull'erba smeraldo. Myle provò a rialzarsi, un profondo graffio alla gamba sinistra. Accanto, davanti, dietro di lei apparvero dal nulla altri esseri, neri, oscuri, pericolosi.
    -State lontani!- urlò. Si avvicinarono, inesorabilmente. Provò a proteggersi con le braccia. Tutto inutile. L'ultima cosa che vide prima di essere completamente sommersa, prima di affogare nelle tenebre, fu un mare di oscurità avanzare mefitico e mortale, oscurando, distruggendo, soffocando tra le sue nere onde ogni cosa trovasse sul suo cammino.

    -Yanu! Yanu!- gridò con quanto fiato avesse. Dalle finestre del palazzo aveva visto uno spettacolo orrendo: tenebre più oscure della morte che si avvicinavano. La morte e l'oblio che stavano arrivando.
    Una guardia le passò accanto.
    -Fermo!- ordinò -Dov'è Yanu?-
    -Mia signora?-
    -Vai a chiamare Yanu, svelto!-
    -Mia signora, i miei ordini...-
    -Non mi importa nulla dei tuoi ordini! Non capisci? Se non ci sbrighiamo presto finirà tutto! Vai!-
    La guardia corse lungo le scale, l'armatura sferragliante e la spada che urtava i gambali.
    Si appoggiò alla balaustra, le nocche bianche, lo sguardo scuro e il viso pallido. No. Non poteva finire così. L'oscurità avanzava, lenta, inesorabile, sicura della sua forza. Alzò lo sguardo verso il cielo. Il suo sangue divenne ghiaccio. Senza aspettare l'arrivo di Yanu scese le scale in tutta fretta, il rumore dei tacchi simile ai rintocchi di una campana a morto, il frusciare del suo strascico smeraldo come il lento avanzare delle tenebre. Superò il salone, il corridoio degli arazzi e giunse infine davanti al portone principale. Alcune guardie erano state poste alla sua difesa, ma lei imperiosa
    -Lasciatemi passare!- ordinò
    -Mia signora...- provò a replicare la guardia di destra
    -Abbiamo ordine...- continuò quella di sinistra.
    Chiuse gli occhi. Si concentrò.
    Il portone esplose.
    Le guardie si salvarono per un soffio.
    -Mia signora!- esclamarono in coro.
    Lei non li ascoltò, ma superò il giardino senza guardarlo e superò il candido cancello che dava sull'esterno.
    Nera, putrida, immonda l'oscurità avanzava. Adesso poteva vedere ciò che la formava. Milioni di creature di tenebra dagli occhi di fuoco opaco.
    Respirò a fondo e si tolse lo zaffiro che portava al collo. Lo strinse tra le mani, lo portò all'altezza del cuore, poi alle labbra, che lo sfiorarono dolcemente. Chiuse gli occhi e alzò le braccia al cielo.
    -Tu che sei il signore delle montagne...- lo zaffiro cominciò a brillare -...tu che sei il signore delle foreste...- la pietra iniziò a sollevarsi -...tu che sei il figlio delle stelle...- la gemma raggiunse il culmine -...e l'amante della luna...- la luce divenne ancora più intensa -...io imploro il tuo aiuto, Fenrir, Lupo delle Montagne!-
    La terra tremò. Lo zaffiro cominciò la sua discesa, più splendente della luna; la sua luce cominciò a curvarsi, stirarsi fino a che non prese dei contorni ben precisi. Un enorme lupo dal pelo argentato e gli occhi di splendente zaffiro sfidò il mare di oscurità. Il suo ululato fece vibrare il vento, rabbrividire le stelle e impallidire la luna...

    Correva. Correva. Correva. Non aveva più fiato, ma non si fermò. Continuò a correre. L'aria divenne fuoco nei suoi polmoni. Il dolore saettò tra i suoi muscoli. Si costrinse a non pensarci. Continuò a correre. Le mancò l'aria, incespicò e cadde. Avvertì il sangue scivolare sulla sua pelle, sentì il suo sapore metallico tra le labbra. Lo sputò e tossì. Guardò la macchia purpurea sull'erba. Per un istante vide il sangue non come suo, ma come quello di tutta la sua gente. Chiuse gli occhi e impedì alle lacrime di cadere. Si rialzò a fatica e il suo sguardo si posò sul cielo. Urlò e cadde nuovamente a terra. Questa volta le lacrime caddero sul suo viso senza che nessuno potesse impedire loro di farlo.
    Una crepa luminosa correva lungo tutta la volta celeste; le tenebre vi penetravano, avendo così libero accesso a quel mondo di luce.
    Non era possibile! Non era possibile! Avevano vissuto millenni in quel paradiso, dove tenebre e ombre non erano altro che pallidi riflessi della luce, dove alcun male potesse infettarli. Avevano compiuto un errore fatale. Col tempo avevano dimenticato la presenza dell'oscurità, quasi fosse solo una fiaba per i bambini. Fino a quel momento avevano solo vissuto un sogno. Avevano scordato cosa volesse dire veramente vivere.
    Non c'era altra soluzione. Doveva trovarlo, ad ogni costo. Non avrebbe voluto abbandonare la sua casa, ma non vedeva altra via di uscita. Si alzò e respirò a fondo. Un passo dopo l'altro, aumentando costantemente velocità, riprese a correre. Correva. Correva. Correva. Avvertì qualcosa dietro la schiena. Aumentò la velocità. Un essere oscuro cominciò a correre al suo fianco; voltò lo sguardo dalla parte opposta. Eccone un altro che correva al suo fianco. Puntò lo sguardo davanti a sé e si fermò.
    Ne era apparso un altro. Era comparso all'improvviso, senza che avesse il tempo di fermarsi. Bloccava la strada, enorme, nero e terribile.
    Allungò il braccio destro e aprì la mano: in uno scintillio di stelle apparve tra le sue dita una spada. L'elsa gemmata, la lama luminosa, l'arma saettò con precisione contro gli sgherri di tenebra più piccoli, facendoli svanire in una nube nera.
    Si mise in posizione di guardia e sfidò con lo sguardo il suo avversario. Le ombre cominciavano ad addensarsi attorno a loro. La luce periva lentamente, soffocata dal buio. Solo il chiarore della lama brillava in mezzo alle tenebre, solitaria come la luna nella volta celeste.
    -Non ho paura- disse -Il mio viaggio comincia al crepuscolo-. Si lanciò contro l'essere e lo colpì al braccio due, tre volte. Il nemico non sembrò provare alcun dolore. Aprì le braccia e gonfiò il petto. Dardi lividi saettarono nell'oscurità, senza illuminarla.
    Li parò tutti e si lanciò nuovamente all'attacco. Il nemico respinse lo slancio con un colpo.
    Cadde schiena a terra. La spada svanì. Alzò lo sguardo. Tenebre. Solo tenebre. Spire oscure cominciarono ad avvolgersi attorno al suo corpo.
    Le sue labbra si mossero, ma la sua voce si perse nelle ombre. Si sentì affondare in quel nero mare. Questa volta urlò e la sua voce sembrò scalfire il buio sempre più fitto
    -In fondo all'oscurità giace sempre la luce!-
    Cadde inesorabilmente nelle tenebre...
     
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