Kingdom Hearts: A New Journey

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    Eroe in vendita ; Cattivo Esempio

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    :riot: :riot: :riot: BEEEELLLOO!!!Ormai non so che dire ç_ç
     
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    Grazie, siete troppo gentili ;)
     
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    Capitolo 6: L'incontro



    Sora era finalmente giunto ad Evenheim. Ma non c'era motivo per gioire. La grigia metropoli era un luogo tetro, costantemente avvolto dal solito clima che circonda le grandi città; depressione, forse, era quella la parola giusta per descrivere un luogo simile. Il cielo era oscurato da nubi perenni che offrivano al sole pochi spiazzi attraverso i quali far filtrare i raggi e la luce del giorno.
    "Ecco cosa intendevano dire Marcus e Basch" si disse Sora, camminando per il viale principale, con a fianco il Chocobo. Inutile dire che lui era più meravigliato del compagno e osservava i grandi edifici degli uomini con perplessità. Gli piaceva poco quel posto e si sentiva a disagio. Infatti alcuni passanti lo osservavano stupiti, come se non avessero mai visto un Chocobo in vita loro.
    Dopo un centinaio di metri svoltarono a destra, infilandosi in una via secondaria che portava ad un negozio d'accessori. Un simpatico negozietto, che sorgeva tra due grosse abitazioni grige e molto elevate. Era buffo a vedersi, uno schizzo di allegria in mezzo a quell'oceano scuro. Sora non esitò ad entrare, con un sorrisetto stampato sul volto e lasciando fuori il Chocobo, sicuro che non si sarebbe allontanato.
    Una campanella trillò, non appena ebbe spalancato la porta e varcato la soglia. Si diresse verso il bancone, esaminando l'ambiente: molti scaffali pieni di strani oggetti, alcuni accatastati in modo disordinato, altri disposti secondo un ordine ben preciso.
    "Arrivo subito!" urlò una voce dal retro, e subito un ometto grassotto spuntò da dietro il bancone. "Buongiorno signore! In cosa posso esserle utile?"
    "Buongiorno. Ecco, io volevo un'informazione..."
    "Allora scusa un attimo che finisco un lavoro! Sono subito da te!" e scomparve di nuovo.
    Sora aspettò, continuando a guardare le pareti e gli scaffali. Il suo sguardo venne subito attratto da una sorta di bacheca, appesa al muro alla sua sinistra. Decise di dare un'occhiata, magari c'era qualcosa che poteva tornargli utile... Infatti, qualcosa trovò. Un piccolo manifesto era appeso al centro del riquadro in sughero. Ritraeva il volto di un giovane che portava un paio di occhiali e un cappellino blu. I suoi occhi perforanti incutevano timore in chiunque osasse ricambiare il suo sguardo. Occhi freddi, spenti e spietati; ma allo stesso tempo il giovane aveva un'aria calma. Sopra vi era una scritta Wanted, e sotto la foto una scritta 1 milione di gil (2 milioni di munny). E in piccolo un marchio. Evenheim Corporation.
    "E' lui... Edvard Rain... Einar" pensò Sora.
    In quel preciso istante, il padrone della bottega rifece il suo ingresso, tutto sorridente. "Rieccomi!"
    "Ah, scusi... Volevo sapere..."
    "Sì?"
    "Quel tale" Sora indicò la fotografia. "Mi può dire dove posso trovarlo?"
    L'uomo rimase a fissare Sora per un pò. Scoppiò a ridere. "Ma mi stai prendendo in giro?" domandò in preda alle lacrime.
    "Non capisco, perchè dovrei prenderla in giro?" chiese Sora.
    "Perchè..." cercò di farsi serio l'ometto "Quello è Edvard Rain! Non puoi venirmi a chiedere dove lo puoi trovare. E' lui che trova te!"
    "Come sarebbe a dire...?"
    "Sarebbe a dire che costui è il più famoso mercenario, assassino, sicario e tutti gli altri mestieri loschi che conosco, del pianeta! Non vedi? E' ricercato. Di sicuro non si fa trovare, a meno che non lo voglia lui..."
    "Si spieghi meglio" lo pregò Sora.
    "E' un fuorilegge, non c'è nulla da spiegare. E' noto per la freddezza con la quale uccide i malcapitati che gli vanno contro. Lo chiamano il Senzacuore. Si dice che non provi emozioni, non provi pietà verso le sue vittime! Le uccide come se fossero inutili oggetti da sfasciare!" esclamò l'altro. "Da un po' di tempo il signor Rufus ha messo una taglia sulla sua testa. Un milione di gil. Diamine, un milione di gil! Ti rendi conto? Con quella somma potrei vivere di rendita per tutta la vita!"
    "Il signor Rufus?"
    "Sì, Rufus Shinra. E' il presidente della Evenheim Corporation. Pare che prima fosse il proprietario di un'altra multinazionale, la Shinra, per l'appunto. Ma questa è andata in fallimento anni addietro e si è trasferito qui in città. Pare che Rain e i suoi compagni gli creino dei disagi" bisbigliò l'ultima frase.
    "Chi sarebbero questi suoi compagni?" continuò ad interrogarlo Sora.
    "Gente molto meno pericolosa. Ecco" fece estraendo da sotto il bancone altri due manifesti, contenenti solo due foto.
    Nella prima era ritratto un uomo con una bandana in testa ed un paio di occhiali da sole, con capelli biondi. Nell'altra, un tale che aveva lunghi capelli neri e il volto era in parte coperto da un manto rosso.
    "Wedge Nostral e Vincent Valentine"
    Sora cercò di memorizzare nomi e volti. Era davvero molto strano; ancora non riusciva ad identificare quel Nessuno con il delinquente appena descrittogli dal commesso. Tuttavia, lui era il suo obiettivo. Non c'era nulla da fare.
    "Voglio sapere dove abita Edvard Rain" disse deciso.
    "Ti ho appena detto che..."
    "Lo so, ma non importa. Avrà una casa, no? Mi dia l'indirizzo, la prego"
    L'uomo lo fissò a lungo, silenziosamente. Poi prese un foglio, carta e penna e iniziò a scrivere. Alla fine, richiuse la penna e consegnò il foglio a Sora. "Mai nessuno fino ad ora mi aveva pregato... Sì, pregato di dargli questo indirizzo. I casi sono due, a questo punto: o sei estremamente coraggioso, o sei un pazzo senza speranza di salvezza"
    Nonostante quelle poco confortevoli parole, Sora sorrise e lo ringraziò, uscendo dal negozio. Tornò dal Chocobo, il quale non si era mosso di un millimetro dalla vetrina del negozio. Insieme si incamminarono per la strada successiva, che puntava dritta dritta verso la conca, ossia la periferia est.
    "5° Strada, 76" lesse Sora, tenendo lo sguardo fisso sull'ennesimo foglietto che gli era stato consegnato. "Certo però che è stran..."
    Si interruppe. Qualcuno lo urtò e lo gettò a terra, facendolo capitombolare di schiena sul freddo marciapiede.
    "Sta attento moccioso e guarda dove vai!" gridò un tizio, correndo come un pazzo e sparendo dietro a degli edifici.
    "Ehi, che maniere..." bofonchiò Sora, rialzandosi a fatica. Si spolverò i vestiti, sospirando. Riprese a camminare.
    Andarono avanti così per un quarto d'ora, passeggiando e guardando i vari numeri delle abitazioni. Ma nessuna corrispondeva al numero presente sull'indirizzo. Arrivarono, così, ad un incrocio.
    "Guarda, un locale. Forse è la volta buona che riusciamo a mettere sotto i denti qualcosa" si rallegrò.
    Attraversò la strada, seguito a ruota dal compagno pennuto.

    L'ingresso del bar era costituito da due ante in legno, stile saloon del far west. Al ragazzo bastò una leggera spinta per varcare la soglia. Il Chocobo cercò di entrare subito dopo, ma giunse un ammonimento.
    "Niente animali nel mio locale! Chiaro?" tuonò il barista.
    "Ok, ok..." borbottò Sora, volgendosi verso l'uccello. "Mi dispiace, ma anche stavolta dovrai attendere fuori"
    Con aria rassegnata, il Chocobo rimase fuori, buono come al solito, seguendo il consiglio del giovane.
    L'interno non era dei migliori. Tutto oscurato, l'unica luce era quella di una debole lampada dietro il bancone e quella emanata dai fievoli raggi del sole che sgusciavano attraverso l'entrata. Sora cercò un posto a sedere al bancone. Il suo sguardo si posò subito su due figure, sedute nella penombra, intente a dialogare. Non vi fece caso e si sedette alla loro sinistra, senza prestare loro ascolto.
    "C'è qualcosa da mangiare?" chiese all'oste, il quale, intento ancora a pulire con un panno uno dei suoi boccali più preziosi, lanciò un'occhiata verso gli altri due presenti.
    "Certamente" disse, ritornando a fissare Sora. "Mi era stato giusto detto di tenerti un pasto al caldo"
    Com'era possibile? Sora sgranò gli occhi. Qualcuno sapeva che sarebbe venuto lì e gli ha fatto preparare il pranzo? Incredibile... Chi poteva essere stato? Si voltò, verso i tizi nella penombra.
    "Che siano loro? Na, lo escludo..." pensò.
    Il padrone tornò, con in mano un piatto pieno di varie e squisite pietanze. "Buon appetito"
    Sora iniziò a mangiare, senza obbiettare. Aveva una fame da lupi ed era dal giorno prima che non toccava cibo. In più, l'inseguimento gli aveva fatto venire un certo appetito.
    "Ah, dimenticavo..." fece l'uomo. Appoggiò un boccale pieno di acqua sul bancone e lo fece scivolare, convinto che il ragazzo avesse i riflessi pronti per afferrarlo. Ma non fu così. Sora cercò di allungare velocemente la mano; tuttavia, non fu abbastanza svelto e il contenitore di vetro passò oltre. Certo, ormai, che il liquido si sarebbe rovesciato per terra, si strinse nelle spalle, pronto all'urto con il suolo. Invece, non avvenne nulla.
    "Ti consiglio di fare più attenzione la prossima volta"
    Uno degli avventori si era alzato e gli stava porgendo il boccale, ancora integro e pieno. Sora si alzò a sua volta, sorridendo e ringraziandolo.
    “Grazie infinite, signor…”
    “… Rain. Edvard Rain. Ma se preferisci puoi chiamarmi Einar, caro Sora”
    Il custode del keyblade rimase interdetto a quelle parole. Davanti a lui c’era il Nessuno che stava cercando. Era vestito diversamente dall’ultima volta che lo aveva incontrato: maglietta rossa senza maniche, pantaloncini di jeans che arrivavano qualche centimetro sotto il ginocchio ed un berretto blu. I soliti occhiali e le scarpe grigie e nere.
    “Tu? Ma… Ma… E’ incredibile!” esclamò Sora.
    “Incredibile?” ripeté Einar, posando il boccale e inarcando un sopracciglio. “Perché incredibile?”
    “Perché credevamo tutti che fossi morto. Sai, dopo quell’episodio alla Fortezza Oscura… Axander ed Elen…”
    “Oh, quello. Vedi, se pazienterai un po’ ti spiegherò tutto con calma, perché…”
    “Edvard!” lo chiamò Wedge, alzatosi a sua volta ed avvicinatosi ad una finestra socchiusa. “Sta tornando. Con i rinforzi questa volta!”
    “Non cambierà mai. Stupido Koz!”
    Einar estrasse i due revolver, tenendoli puntati verso il soffitto.
    “Ehi, voi due!” tuonò il padrone del locale. “Se avete intenzione di disfarmi tutto una seconda volta, beh… Scordatevelo!”
    “Non ti preoccupare, ripago io i danni” lo rassicurò Einar, accostandosi a Wedge. L’uomo estrasse la sua daga, impugnandola saldamente e posizionandola dietro la schiena.
    “Si può sapere che cosa state facendo?” domandò Sora.
    “Hai presente quando vecchi amici vengono a farti visita? Ecco. E fai conto che questi vecchi amici sono incavolati neri... E vogliono pure dei soldi, sono armati e con cattive intenzioni”
    “Ora che ci penso, non hanno proprio nulla di amichevole” interloquì Wedge.
    “Concordo, amico mio, concordo in pieno” fece Einar, caricando le armi e stando nascosto, spostandosi verso l’entrata. “Ci farebbe comodo il tuo aiuto, Sora”
    “Perché…”
    “Perché dovresti aiutarci? Perché sennò io non aiuto te. Basta con le domande, stanno arrivando”

    Un fischio acuto. Poi un altro. Una piccola ombra ridiscese verso il padrone.
    "Da bravo... Bravo..."
    Alzò il braccio e il falco si posò sull'avambraccio, spostandosi lateralmente sino alla spalla e accovacciandosi. L'uomo lo osservò, scostando la testa di lato, e sorrise. Al suo fianco apparve qualcuno, proprio in quel preciso istante.
    "Ohilà!" esclamò.
    "Buongiorno Mav. Dormito bene?"
    "Ah, non mi prendere in giro, Res! Lo sai benissimo anche tu che non ho dormito affatto!" sbottò Mav, incollerito.
    Era lo stesso che aveva accompagnato Res a Linahar; Mav era il tipo basso e con la voce sibillina, e che era stato incaricato di tenere sotto controllo la situazione in città.
    "Sono dovuto andare da Lui e dirgli che Alames ha eseguito i suoi ordini" continuò. "E tu sai anche che Lui vede tutto e sa tutto. E mi manda a porgerti questa domanda..."
    "Sentiamo..." disse Res, con voce annoiata. Il falco sonnecchiava tranquillamente.
    "Eh, ma aspetta! Lasciami parlare e non interompermi! Dunque... Ti chiede Perchè non hai seguito il detentore della chiave sino ad Evenheim? Ecco!"
    Res scosse il capo, all'udire le parole di Mav. "Mi pare palese. Chi controlla Evenheim?"
    "Il signor Rufus, ma..."
    "Quindi è lui che ci pensa. Questo non è il mio territorio di caccia. E in più c'è anche quell'imbranato di Koz"
    "Senti, senti... Non importa se Shinra è sotto gli ordini del Capo! Tu devi agire e basta, il compito è stato affidato a te! E per quanto riguarda Koz, non gli do molto, è proprio imbranato..." annuì Mav.
    "Me ne frego. Io non vado lì"
    "E perchè?"
    "Sai chi vive in quella città?" domandò Res. "Il Senzacuore!"
    "Oh, andiamo! Anche tu con questa storia!" si lagnò Mav, camminando avanti e indietro. "Basta che ti tieni lontano da lui!"
    "Idiota, il custode sta cercando proprio lui e se va bene lo ha già trovato! Come pretendi che possa seguirlo con un alleato del genere al suo fianco?"
    "Visto? Dovevi solo seguirlo e lui non lo avrebbe trovato"
    Res, in un raptus di rabbia, afferrò Mav per il colletto, sollevando a qualche piede da terra.
    "Facciamo così: ora tu vai dal Capo e gli dici che io ho seguito Sora e che ho perso le sue tracce e che quindi sarà Shinra ad assumersi la responsabilità. Chiaro? Sennò sai cosa ti succederà"
    "Ah sì, e cosa vorresti farmi?" fece Mav, ghignando con noncuranza.
    "Nhiun ha fame. Molta fame" spiegò, cennando al falco. "Non mi ci vuole niente a trasformarti in un topolino piccino piccino..."
    "Grrr, antipatico!" gurugnì Mav, schioccando le dita e svanendo.
    Res sorrise compiaciuto. "Con i giusti mezzi, si ottiene qualsiasi cosa"

     
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    che bel capitolo!
     
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    Rufus,quel dannato non si arrende :sisi:
     
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    Va, va... Rufus Shinra è sempre stato un dei miei pg preferiti :sisi:
     
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    bravo bravo bravo
     
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    Capitolo 7: La storia segreta



    Fuori non si udiva nulla, se non il vociare della gente. Nel bar aleggiava un silenzio terribile. Einar lo interruppe, caricando i revolver, tenendosi con la schiena appoggiata alla parete e guardando alla sua destra, in direzione dell'entrata. Wedge era accucciato, con un ginocchio a terra, intento a scrutare fuori dalla finestra bloccata dalle persiane. Sora, invece, era ancora al bancone, in piedi, con gli occhi fissi sulle due ante dell'ingresso. Deglutì.
    "Sta giù, maledizione!" gli disse a bassa voce Einar.
    Il vociare delle persone cessò. Nella via non ci fu più nessuno. Ora, solo rumore di passi. Regolari e felpati. Molti passi. Almeno una decina. Wedge ghignò. "Stanno arrivando..."
    Presto detto. Un uomo alto e vestito di un giaccone nero entrò, senza troppi preamboli. Aveva capelli poco corti e neri e occhi scuri. Con le mani ai fianchi si guardò intorno. Sorrise.
    "I vigliacchi se ne sono andati. Avranno capito con chi avevano a che fare! Ahahahah!" rise sonoramente Koz, cennando ai suoi di entrare. Un gruppetto di strani tipi, vestiti come lui, solo che in più avevano un cappello che gli oscurava il volto, si fece avanti, e uno dopo l'altro si disposero in semi cerchio attorno a Sora. Al centro c'era Koz.
    "Ma guarda, un ragazzino tutto solo... Capelli appuntiti... Sì, l'abbigliamento corrisponde. Tu sei Sora" ghignò, fissandolo negli occhi.
    "Che cosa vuoi da me?" fece Sora, stringendo i pugni e divaricando le gambe. "Dimmelo, se non vuoi che mi arrabbi"
    "Avete sentito? Il moccioso si arrabbia" muovendo il capo verso destra e poi verso sinistra, osservando i suoi, che non fecero una mossa. Poi tornò su Sora. "E cosa vuoi farci?"
    Sora fece apparire il keyblade, nella mano destra, tenendolo leggermente più indietro rispetto al resto del corpo. La mano sinistra davanti a sé, per dargli equilibrio, pronta a ritrarsi con tutto il braccio nel caso avesse attaccato.
    "Anche se hai il keyblade sei in netta inferiorità numerica. Noi siamo in dieci..." allargando le mani e mostrando la sua truppa di loschi ceffi. "Tu sei in..."
    "... In tre" intervenne Einar, uscendo dalla penombra e arrivando alle spalle di Koz e dei suoi. Teneva le armi puntate contro due di loro, pronto a fare fuoco al minimo cenno di fuga o di aggressione. Dall'altra parte, giunse Wedge, tenendo il piatto della lama della daga appoggiato alla spalla. Sorrideva con strafottenza.
    "Ancora voi due!" Il tono di Koz mutò. Da spavaldo divenne timoroso. "Questa volta non la passerete liscia, però!"
    "Tu dici? Vediamo, Wedge aveva scommesso 600 munny sulla vittoria dei Tigers. Se ci sbarazziamo di voi, la scommessa è annullata che ne dici?" propose Einar, senza accennare il minimo segno di distrazione, e parlando con tono autoritario.
    Koz digrignò i denti, stendendo il braccio in avanti. "Prendeteli!" urlò.
    I misteriosi individui scattarono in direzioni opposte. Tre si avventarono su Sora, tre su Wedge e tre su Einar, mentre Koz rimase in disparte, osservando il tutto. I primi si trovarono a fronteggiare l'arma più potente, il keyblade. Indugiando, inizialmente, estrassero delle spade nere come la pece. Ma Sora fu più veloce. La Catena Regale si abbatté sul primo, che ancora doveva estrarre l'arma. Andò poi a parare un colpo laterale da parte di uno dei due rimasti, lanciandogli via la spada e distruggendolo. Solo allora, Sora si accorse che non erano persone vere, bensì Heartless abilmente camuffati. Il terzo non rimase con le mani in mano e, sollevata la spada sopra la testa, tentò un fendente che andò a vuoto, grazie all'agilità del giovane che prontamente affondo la chiave nel ventre dell'Heartless, che svanì in una nuvola di fumo, come gli altri.
    Intanto, Wedge se la stava cavando discretamente. Schivava colpi, per lo più, ma alla fine iniziò a menare rovesci a destra e a manca, riducendo letteralmente in briciole i suoi avversari, con poche e alquanto precise mosse.
    Einar, però, era stato il più rapido. Non appena i tre avversari si furono girati nella sua direzione, aprì il fuoco, centrando la fronte dei primi due, che teneva già sotto tiro. L'ultimo rimase immobile e indietreggiò, iniziando a scappare per i tavoli; ma il ragazzo mise davanti a sé il braccio sinistro, orizzontalmente, appoggiandoci sopra la mano destra che reggeva una pistola. Impassibile, prese la mira, seguendo il tragitto del malcapitato e lo colpì alla schiena, stendendolo. Ora rimaneva solo Koz.
    "Caro, vecchio Koz. Sei rimasto solo tu" esordì Wedge, avvicinandosi con aria minacciosa. "Credo che Edvard abbia ancora una pallottola per te, sai?"
    "Oh, non solo una, anche due, cinque, sette, quante ne vuole..." sogghignò Einar.
    Sora assistette in silenzio, facendo scomparire la Catena.
    "No, ragazzi, su ragioniamo..." balbettò Koz, un passo dopo l'altro, dirigendosi verso l'uscita, camminando all'indietro. "Lo sapete... Shinra mi punisce se non vengo a cercarvi... Su, dai..."
    "Ma sì, in fondo ti capiamo..." disse Wedge.
    Einar continuò a ghignare, affiancandosi all'amico. "... Ma anche no" affermò puntando un revolver verso Koz. Al che, il tale, colto da un'improvviso terrore, si girò di scatto, correndo verso l'uscita e incespicando in una sedia. Si rialzò e riprese a correre, accompagnato dalle risate di Wedge ed Einar.
    "Troppo forte, direi che se non ci fosse lui questa città sarebbe una noia mortale..." disse Wedge, asciugandosi gli occhi dalle lacrime.
    "Già..." mormorò Einar, osservando la porta per un po', per poi dedicarsi a Sora. "Bene, Sora. Scusa l'interruzione, ma come vedi siamo gente indaffarata, noi di città e..."
    "Sono andati via?" chiese l'oste, spuntando da sotto il bancone.
    "Sì, e non abbiamo fatto danni..." sbuffò Einar, per essere stato interrotto ancora. "Come dicevo" riprese "Vorrei che ci seguisti sino a casa mia, per parlare lontano da orecchie indiscrete. Capisci cosa voglio dire, vero?"
    Sora annuì. "Certo"
    "Ottimo. Andiamo, allora!"
    Così, dopo aver pagato i pasti, i tre si avviarono verso l'uscita, allontanandosi verso casa di Einar.

    "Ehi, bello quell'arnese che ti porti dietro"
    Sora osservò Wedge, con un sopracciglio inarcato. "Intendi il keyblade?"
    "Sì, quella cosa lì, enorme, a forma di chiave"
    Sora allungò la mano e fece apparire la Catena Regale, che si materializzò nella sua mano, avvolta da un fascio di luce intenso. Wedge rimase sbigottito.
    "Stupendo, puoi farla apparire quando vuoi tu!" esclamò, guardando Einar, che camminava in testa al trio. "Hai visto il ragazzo? E' un vero portento!"
    Si stavano dirigendo su per la strada, leggermente in pendenza, che portava alla casa di Einar.
    "Mah, a me non pare poi così stupefacente" borbottò, con le mani in tasca.
    "Dì la verità, sei invidioso" lo punzecchiò Wedge.
    "Per carità. Stai attento a ciò che dici, però"
    "Ok..."
    Svoltarono a destra, oltrepassando un cancello e arrivando davanti alla porta dell'abitazione del Nessuno. Questi tirò fuori le chiavi e iniziò a cercare quella giusta, infilandola, poi, nella serratura, facendola scattare. Entrarono, uno dopo l'altro. Vista così, era una casa ampia a confortevole. Uno stretto corridoio sfociava in un'ampio atrio, dove spuntavano le entrate del salotto e della cucina. Poi vi erano le scale, che portavano al piano di sopra, alle camere da letto, e al piano inferiore. Einar imboccò subito la via che portava di sotto, facendo segno ai due di seguirlo. Scesero i gradini, trovandosi, infine, in una grande sala. Alla parete sinistra vari computer, al centro un tavolo da biliardo e nell'angolo a destra un televisore, circondato da un divano rosso.
    "Whoa! Bellissimo" si complimentò Sora.
    Wedge corse subito verso il divano, sdraiandosi al volo. "Mio!"
    "Io vado un attimo a fare un giro, per vedere dove si trova Vincent. Ci vediamo dopo" disse pacatamente Einar, risalendo e scomparendo alla vista dei due.
    Sora si era completamente dimenticato che era in casa di due ricercati e che, molto probabilmente, questo implicava non pochi problemi. Osservò di sfuggita il biliardo, andandosi a sedere su una poltroncina.
    "Non ci siamo ancora presentati" disse Wedge. "Wedge Nostral"
    "Piacere, io sono Sora"
    "Che nome buffo..." commentò l'altro, tirandosi giù la bandana sugli occhi e mettendosi le mani dietro la testa, come a voler dormire. "Che cosa ti porta a Evenheim?"
    "Dovevo cercare Einar per chiedergli una cosa..."
    "Intendi Edvard? Beh, sai, in molti lo cercano chiedendogli qualcosa, ma pochi riescono a trovare ciò che cercano da lui. Devi conoscerlo bene per agire così inconsciamente..."
    "Non lo conosco bene... Però ci siamo già incontrati. Conosco anche i suoi amici"
    "Che intendi dire?" domandò interessato Wedge.
    "Axander ed Elen, due suoi amici"
    "Sì, forse ho capito di chi parli... Me ne parlava Ed, qualche tempo fa, prima che succedesse tutto il casino...Sembra che sia molto affezionato a sti due, anche se non so come faccia"
    Già, Einar non aveva un cuore e non provava emozioni. Come poteva voler bene a qualcuno... "Casino?"
    "Sì, se hai un po' di tempo ti racconterò quello che so"
    Sora annuì. "Sono tutto orecchi"
    "Bene, ma mi raccomando, io non ti ho mai detto nulla" disse sedendosi. "Ho conosciuto Ed un bel po' di tempo fa. Era un tipo solitario e... Strano. Non era di queste parti. Ci siamo incontrati un giorno al locale che abbiamo appena lasciato e ci siamo presentati. Lui ha detto di venire da un posto chiamato Radiant Garden e che era un aiutante di un famoso ricercatore; mi pare si chiamasse Ansem il Saggio"
    Sora sussultò. Che cosa stava dicendo? Un allievo di Ansem il Saggio? La cosa iniziava a farsi interessante.
    "Di questo Ansem, però, ha aggiunto che era scomparso a causa di alcuni suoi discepoli, che erano diventati dei Nessuno e che avevano formato una strana Organizzazione. Mi disse che si riteneva uno dei responsabili di ciò che era successo e che si era pentito di ciò che aveva fatto. Era stato cacciato da questa specie di Organizzazione, guidata da un tale Xemnas, con il quale aveva avuto uno scontro verbale"
    Al nome di Xemnas, Sora sussultò nuovamente. Era da tanto che non lo sentiva nominare e, udendolo nel racconto, gli sembrava che fosse ancora vivo. Quindi, Einar era un allievo di Ansem scartato dall'Organizzazione, perchè si era pentito del tradimento di Xemnas.
    "Continuò, dicendomi che era giunto in città per cercare un tizio, di cui non so il nome. Ho visto solo cosa è successo a quel tale. L'ha distrutto. Era il suo Heartless. Lo stava cercando per scoprire dov'era Kingdom Hearts. Pare che dopo il fallimento di questo Xemnas, sia passato un anno. Di quel periodo, però , non so un granché e..."
    "Se vuoi posso continuare io"
    Einar era dietro di loro, che li guardava. Wedge si mise a fischiettare, stendendosi e fingendo di dormire.
    "Scusaci, non dovevo chiedergli..."
    "E' tutto a posto, Sora. Ti ho detto che continuo io. Tu, invece" indicando Wedge. "Fila sopra a controllare cosa sta facendo Vincent"
    "Oh, finalmente! Aspetta che gliene dico quattro!" scattò in piedi l'uomo, correndo di sopra.
    "Come ti stava dicendo Wedge, non gli ho mai raccontato nulla dell'anno passato tra la sconfitta di Xemnas, per opera tua, e l'arrivo di Ilfrien. A volte pentirsi di qualcosa porta a commettere azioni che neanche ti immagini... Io andavo d'accordo con Ansem, era un buon amico, così come lo è Axander. Non sopportai l'affronto di Xehanort. Inoltre, decisi di vendicarmi anche perchè mi aveva negato l'accesso a quella sua futile Organizzazione XIII. Ci tenevo. Purtroppo, ci pensasti tu e io non ebbi più nulla con cui passare il tempo. Sei mesi dopo feci il più grande errore della mia vita" e si rabbuiò.
    Sora non disse nulla, attendendo paziente il proseguimento della sua storia.
    "Arrivò Lui. Mi promise molto. Mi disse che se mi fossi schierato dalla sua parte, avrei ottenuto ciò che volevo e cercavo. Mi disse di aspettare l'arrivo di altri suoi emissari, che mi avrebbero rinnovato l'offerta. Così avvenne. Giunse Ilfrien, assieme ai suoi tre fratelli. Venne a sapere che, per pura coincidenza, io conoscevo uno dei due cuori puri per aprire più facilmente Kingdom Hearts. Fai due calcoli e ottieni il risultato... Accecato dal desiderio di un'esistenza completa, posi il cuore di tutti cuori come obiettivo primario e tradii Axander ed Elen, consegnando lei nelle mani di Ilfrien. Trovata anche Kairi, avrebbe aperto Kingdom Hearts in poco tempo, invece di raccimolare cuori 'più deboli', e lo avrebbe utilizzato per i suoi scopi. Lui si sarebbe impadronito di tutto e io avrei ottenuto un cuore. Tutto sembrava andare secondo i piani, ma invece non fu così. Mi pentii una seconda volta di ciò che commisi e mi ribellai, rifiutando un cuore pur di aiutare un'amica. E il resto dovresti saperlo..."
    "Riguardo al tuo Heartless?"
    "Lo cercai per sapere qualcosa che non lui non sapeva. Lo uccisi per puro divertimento, senza ricavare alcunché... Comunque, se vuoi ti posso dire una cosa che ti parrà interessante..."
    "Che cosa?"
    "Tu pensi che Ilfrien sia stato sconfitto, vero? Forse è così... Ma qualcuno ha preso il suo posto, ora" aggiunse mesto. "Lui, lo chiamiamo, perchè nessuno sa il suo vero nome"
    "Lui... chi?"
    "Il Caos. Colui che comanda tutti i suoi emissari dai tempi più remoti. Xehanort, i suoi Heartless e Nessuno, Ilfrien... Tutti suoi servitori. Anche io lo fui, per un pò, essendo alleato di Ilfrien. Ma tradendolo, mi sono opposto alla sua volontà suprema e ha pensato bene di mettere enormi taglie sulla mia testa”
    Si alzò, stiracchiandosi e sbadigliando. “Ma tu, Sora, non mi hai mai raccontato la tua. Io ti ho parlato di me, tu parlami della tua Isola e dei tuoi amici”
    “Va bene” accettò Sora. Gli sembrava giusto. Si mise, dunque, a raccontare ciò che era successo dalla sconfitta di Xemnas. Al parlare di Kairi, anche Einar si rattristò, spiegandogli che l’aveva conosciuta e che avrebbe voluto salvare anche lei.
    Sora si dovette ricredere, a questo punto, su di lui. Era un Nessuno particolare e, a differenza di quelli che aveva conosciuto, sembrava una persona di cui ci si potesse fidare.
     
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    mi è sempre piaciuto Einar (ma Sora rimane il mio preferito :sisi: )
     
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    ecco chi era il tizio del prologo della prima fiction
     
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    Mi sembra che Air lo avesse detto anche in quella precedente che quello era il suo Heartles
     
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    Capitolo 8: La Tempesta non è finita



    "E così, lui ha il keyblade"
    "Sì, signor Shinra, proprio così" annuì Koz.
    L'uomo si trovava in piedi, a fianco di una poltrona dall'alto schienale, sulla quale era seduto un secondo uomo, dai capelli biondi, appoggiato ad una grande scrivania e mezzaluna. Osservava le tre porte degli ascensori davanti a sé, immerso nei suoi pensieri.
    "E te lo sei lasciato scappare? Lui non sarà contento di ciò" disse annoiato.
    "Ma... Signore, lei non glielo dirà, vero?"
    "Tu sei sotto la Sua responsabilità, non la mia" continuò, alzandosi e dirigendosi verso l'ampia vetrata dietro di lui. Era vestito quasi interamente di bianco; una giacca bianca con sotto una camicia bianca, pantaloni bianchi e scarpe nere. Con le mani dietro la schiena, scrutò a lungo il paesaggio che si estendeva ai suoi piedi. Evenheim.
    "Quindi, potrei anche non dirgli nulla. Ma se scopre che gli nascondo qualcosa se la prenderà con me e questo non è bello..."
    "Capisco, signore" chinò il capo Koz. "Ma vede, Rain era con lui e..."
    "Il ricercato? Dunque ti sei lasciato scappare anche lui" chiuse gli occhi Rufus. "Avevi sotto il tuo naso due soggetti la cui cattura è stata espressamente richiesta da me, nonché da Lui, e tu te la sei data a gambe?" Fece un attimo di pausa. "D'altronde, ti capisco. Non sei alla loro altezza"
    Koz non rispose e, mortificato, chinò il capo ancora una volta, in segno di scuse. Poi, la porta centrale si aprì ed entrò un altro uomo, avvolto da un mantello nero e vestito di abiti scuri. Si fermò davanti alla scrivania, con aria corrucciata. Era alto e severo; aveva lunghi capelli neri e occhi grigi. Res aveva un portamento da vero nobiluomo, e Shinra si accorse ben presto di lui.
    "A cosa devo questa visita?"
    "Il custode del keyblade è entrato in città" esordì Res.
    "Sì, lo sapevamo"
    "Bene, volevo solo accertarmi che svolgeste il vostro compito"
    "Non so lei, Res, ma a me dà tremendamente fastidio il semplice fatto che sia entrato senza avvisare e che ora pretenda di dettare legge qui, nel mio ufficio. Nel mio palazzo" Si voltò verso il nuovo giunto. "Nella mia città"
    "Sinceramente, poco importa di ciò che le dà fastidio, signor Shinra. Lei non è che una semplice pedina nella grande scacchiera del Padrone"
    "Mentre lei cosa crede di essere?"
    "Io? Se lei è un pedone, io sono un semplice alfiere. E come tale, resterò per le retrovie finché la situazione non si sarà sbloccata e un po' di pedoni si saranno levati dai piedi" rispose con acidità.
    "Alcuni pedoni riescono, tuttavia, se si attende il momento propizio, a giungere alla fine della scacchiera. E lì si rivelano per la loro vera utilità" Tornò al suo posto, sedendosi. "Ma non siamo qui per parlare di scacchi o cose simili, dico bene?"
    Res lanciò una rapida occhiata a Koz. Lo guardava con disprezzo.
    "Sappiamo che questo..." cominciò, prendendo un foglio e una foto che aveva sul tavolo. "... Questo Sora reca con sé un'arma straordinariamente potente e che ora si trova in compagnia del ricercato Rain"
    "Del Nessuno?" chiese stupito Res. "Niente va come previsto. Sarà un fastidio in più"
    "Sicuramente. Intanto ho già programmato una piccola sortita, guidata dal qui presente Koz, per domani mattina" spostando lo sguardo verso il tale rimasto in silenzio. "Dopo numerosi fallimenti, saremo costretti a prenderli alla sprovvista, quando meno se lo aspettano"
    Koz deglutì. Al solo pensiero di dover rincontrare Sora e Einar, rabbrividì.
    "Koz non è in grado di eseguire un tale ordine"
    Calò il silenzio. "Come, prego?" domandò accigliato Rufus Shinra.
    "Voi volete catturare quei due. Benissimo, più che d'accordo. Ma il piano mi pare piuttosto semplice e destinato al fallimento. Verrò anche io" disse Res.
    Rufus sorrise compiaciuto. "Quindi l'alfiere è diventato un cavallo, pronto a scavalcare i pedoni e ad entrare in azione sin da subito"
    "Le consiglio di smetterla con questi giochi di parola, Shinra" lo avvertì Res. "Domani voglio una pattuglia pronta"
    E così dicendo, tornò sui suoi passi, scomparendo dietro le porte dell'ascensore dal quale era uscito. Koz era piuttosto irritato.
    "Anche lui? Non lo sopporto..." ringhiò.
    "Neanche io lo sopporto. Ma di questi tempi abbiamo bisogno di gente come lui. E' odioso, ma almeno sa svolgere bene il suo lavoro"

    Sora si era fermato, prima di tornare al piano di sopra, ad osservare qualcosa a lui molto familiare. Nel garage attiguo, dove ora si stava anche riposando il Chocobo, c’era un mezzo di trasporto. Una moto, metallizzata. Era, senza ombra di dubbio, quella che aveva visto il giorno prima al capannone e che poi ha rivisto nel deserto, mentre sfrecciava a folle velocità. Non si osò di domandare se fosse realmente loro, anche se la risposta era palese.
    “Vieni, Sora, ti presento un altro mio amico. Sora, questo è Vincent. Vincent, questo è Sora”
    Il tale strinse la mano al ragazzo. Era preciso identico a quello che aveva visto sul manifesto: capelli scuri, aria misteriosa, lungo mantello rosso e viso in parte coperto.
    “Piacere” disse Sora.
    “Il piacere è mio, prescelto del keyblade” rispose l’altro, stringendogli la mano.
    “Il buon vecchio Vincent è un tipo sempre impegnato” spiegò Einar. “Mi dispiace che non possiate conoscervi un po’ meglio”
    “Tranquillo, Ed” lo rassicurò Vincent. “Avremo modo di incontrarci nuovamente. Salutami Wedge, appena lo trovi”
    “Senz’altro. Alla prossima”

    “Questa notte potrai dormire qua, Sora. Non sei di disturbo e ti cedo volentieri una delle camere di sopra”
    “Grazie infinite, mi ci voleva proprio una bella dormita” lo ringraziò il giovane.
    "Di nulla. Io e Wedge staremo fuori tutta la notte. Quando torneremo domattina parleremo con calma, ok?"
    Sora annuì e si diresse ad una delle stanze del piano di sopra. Aprì la porta ed entrò, andandosi a sedere sul letto, sospirando. Si sentiva strano. Strano e solo. Guardando il pavimento, pensava a Paperino e Pippo. Che squadra avevano formato per tutto quel tempo… Ora, invece, loro non erano con lui.
    “Tu non sarai mai solo…” sussurrò Sora, a se stesso.
    Era vero. Ma lui provava una certa nostalgia. Le parole di conforto di Axander difficilmente servirono a tirarlo su di morale. Tutt’a un tratto, però, si ricordo del cellulare. Lo tirò fuori, aprendolo ed esaminandolo per brevi secondi.
    “Posso contattarli. Volevo farlo prima, ma non ho avuto tempo”
    Digitò il numero che gli avevano dato. Attraverso quel codice sarebbe dovuto riuscire a mettersi in contatto con il computer di Cid. Ci provò. Nulla. Non rispondeva nessuno. Sconsolato, appoggiò l’apparecchio sul piccolo comodino che aveva a lato del letto e si distese, con lo sguardo rivolto verso il soffitto. Rimase così per un po’, sino a quando gli occhi cominciarono a chiudersi e le palpebre a non reggere più. Prese, così, sonno, che fuori era già buio. E fece un sogno.
    Si trovava nuovamente in cima al rosone circolare, nello stesso luogo dove aveva battuto Ilfrien. Camminò con passo incerto, voltandosi di tanto in tanto, aspettandosi qualcosa o qualcuno che sarebbe sbucato fuori all’improvviso. Tutto, invece, era calmo e il silenzio regnava sovrano. Solo il rumore dei suoi passi che riecheggiava nelle tenebre. Arrivò al bordo e guardò giù. Il vuoto.
    “Perché mi trovo qui?” si chiese.
    Si voltò di scatto. Aveva udito qualcosa muoversi. Ma si rese ben presto conto che non vi era nessuno oltre a lui sulla piattaforma. Non era giunto nessun altro e non era cambiato niente. No, forse, qualcosa era cambiato. Per terra, un mosaico. La stessa figura che aveva veduto tempo prima.
    Lui stesso, con in mano il keyblade. Accanto a lui, in due tondi più piccoli, i due volti misteriosi. Stavolta, tuttavia, solo uno era oscurato. Nel cerchio più in alto era apparso Einar, che con la solita rigidità dei suoi occhi, osservava dritto innanzi a sé.
    “Che cosa significa…?” si chiese ancora, avvicinandosi al disegno.
    “Bentrovato” disse una voce.
    Sora si voltò. Dietro di lui era apparsa una figura vestita di nero. La fissò meglio. No, no nera possibile. Non poteva essere lui.
    “Ci vediamo di nuovo, custode del keyblade”
    “Ilfrien…?”
    Ilfrien fece qualche passo in avanti, con un sorriso malevolo dipinto sul volto. Si piantò a pochi passi da Sora, chinando leggermente il capo per fissarlo al di sopra degli occhiali scuri.
    Il ragazzo sentì la rabbia invaderlo. Divaricò le gambe, slanciando il braccio destro verso l’esterno, il quale fu subito avvolto da un fascio di luce. La Catena Regale gli comparve in mano.
    “Tu, brutto…”
    Si gettò sul nemico, tenendo alta la guardia, e cercò di colpirlo. Inaspettatamente, il colpo trapassò il corpo e Sora si ritrovò alle spalle di Ilfrien, che non si era mosso. Questi tornò su Sora, cercandolo con lo sguardo.
    “Sei patetico” disse, senza più sorridere. “Così patetico che non riesco neanche a ridere”
    “Che cosa ci fai, tu, qui?” sbottò Sora.
    “Che accoglienza, moccioso. Mi verrebbe voglia di regolare il conticino che abbiamo in sospeso. Purtroppo, però, prima bisogna pensare alle cose serie”
    Sora continuava a fissarlo senza fiatare, tenendo in mano il keyblade, per precauzione.
    “Sai, temo che tu ti stia cacciando in un grosso pasticcio… Già, proprio grosso” continuò incrociando le braccia. “Ora il Padrone ti cerca”
    “Il Padrone… Mi cerca?”
    “Sì, Caos. Lui ti vuole, vuole vederti. E’ per questo che sei spacciato”
    “No, aspetta un momento, che diamine…”
    Non riuscì a terminare la frase che Ilfrien scomparve e il mosaico cominciò ad oscurarsi. Sotto i piedi di Sora iniziò a mancare un appoggio. Quando tutto fu immerso nell’ombra, cadde di colpo, precipitando nel vuoto. Urlò, ma la sua voce non emetteva alcun suono.
    “Vedi? Lo stesso volo che ho fatto anche io”
    Ilfrien era tornato, e ora si trovava accanto a Sora e scendeva a gran velocità, per stargli dietro.
    “Ma ti insegno un trucchetto. A volte ci si può salvare anche nelle situazioni più disperate”
    Appoggiò una mano sulla spalla di Sora e tese un braccio, aprendo un portale a lato del custode della chiave. Lo gettò all’interno immediatamente, ghignando.

    Il respiro affannoso e la fronte sudata.
    “Quel sogno… Sembrava reale”
    Sora guardò fuori dalla finestra alla sua sinistra. Era già mattino.
    “Buongiorno, marmocchio!”
    Qualcuno colpì con forza la nuca del ragazzo, facendogli perdere i sensi. Ricadde sul letto.
    “E’ stato più facile del previsto” sogghignò Koz. “E ora portiamolo via”
    “Tu non dai ordini a me, intesi?” borbottò Res.
    Koz non ribatté, limitandosi a prendere in spalla il giovane, svenuto. “Stai calmo, amico”
    Res aprì un varco su una parete della camera e Koz lo oltrepassò.
    Ottimo. Gli Heartless se ne sono già andati e non lasceremo traccia del nostro arrivo” pensò, lanciando una fugace occhiata nei dintorni. “Ehi, un momento!”
    Si chinò sulle lenzuola, prendendo un oggetto che aveva attirato la sua attenzione. “Ma guarda un po’” si disse Res. “Stavamo per lasciare qui il nostro strumento più utile”
    Si infilò la gemma rossa, perduta da Sora, evidentemente durante il sonno, e si incamminò verso l’uscita.
    “E’ stato tutto sin troppo facile. Qualcosa mi dice che non tornerò da Shinra senza aver combattuto” pensò ad alta voce.
    “E quel qualcosa ha pienamente ragione”
    Einar uscì da dietro un angolo, poco prima che Res lasciasse definitivamente la casa. Si trovavano nel giardinetto di ingresso. Assieme al Nessuno, c’era anche Wedge.
    “Chi si rivede… Einar”
    “Res” mormorò il ragazzo, mentre teneva puntata verso il tale una delle sue due armi. “Ancora a fare il lecchino con il ‘tuo padrone’? Oppure hai deciso di cambiare aria e ora sei agli ordini di Shinra?”
    Res rise. “Tieni a bada quella tua lingua biforcuta, Senzacuore. Shinra è l’ultimo che verrà a darmi degli ordini”
    “Dov’è il portatore?”
    “E’ al sicuro”
    “Al sicuro? Nelle vostre mani? Se cerchi di farmi fuori con delle battute scadenti, hai sbagliato strategia” ribatté seccamente Einar.
    “Ti consiglio di non immischiarti in faccende che non ti riguardano, Nessuno” ghignò Res.
    “Ehi, Ed! Che ne dici, gli facciamo vedere di che pasta siamo fatti?” domandò sprezzante Wedge, estraendo la daga.
    “Volentieri. Se non ti dispiace, però, vorrei essere solo io a occuparmi di lui”

     
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