Kingdom Hearts: A New Journey

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  1. DiZ34
     
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    Sora a morte.
    Sora a morte
    Sora a morte
     
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  2. frankus20
     
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    ottimo come sempre air!! grande
    SPOILER (click to view)
    scommetto tutto quello che ho che il ******** sta preparando qualche colpo di scena
     
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    CITAZIONE (DiZ34 @ 27/8/2007, 20:24)
    Sora a morte.
    Sora a morte
    Sora a morte

    DiZ34 a morte!
    DiZ34 a morte!
    DiZ34 a morte!
    *tiene una torcia e un forcone in mano
     
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  4. frankus20
     
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    e basta con i Sora a morte ed ecc. a morte
    SPOILER (click to view)
    se li volete far stare zitti mandiamoli semplicemente in coma xDxD
     
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    CITAZIONE (frankus20 @ 27/8/2007, 20:42)
    e basta con i Sora a morte ed ecc. a morte
    SPOILER (click to view)
    se li volete far stare zitti mandiamoli semplicemente in coma xDxD

    mi piace l'idea del coma......
    *prende enorme martello da dare in testa a DiZ34
     
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    Capitolo 3: L'incontro con Yen Sid



    Il sole spuntò alto nel cielo e la mattina si fece attendere, fresca e chiara. Sora era finalmente arrivato là ove Axander gli aveva suggerito di recarsi: la foresta. I primi alberi spuntavano dalla sabbia come funghi nel sottobosco, per lasciare, man mano, più spazio alle radure e all'erba soffice e umida.
    Sora smontò e si avventurò immediatamente oltre il limitare della zona boscosa, accompagnato dal Chocobo. In mano reggeva la piccola cartina. "Vediamo che cosa c'è scritto..." mormorò, osservando le scritte. Dopo aver letto brevemente, agrottò la fronte. "Raggiungi il sentiero principale e dirigiti alla radura con il grande tronco appoggiato nel mezzo. Ma non faceva prima a dirmi torna indietro dove eravamo stati l'altro giorno?"
    Poi girò il foglietto, dove apparivano altre scritte. "PS: non ti ho detto di tornare indietro al posto di qualche giorno fa perchè come minimo te ne saresti scordato, talmente sei zuccone. La sua fiducia nei miei confronti mi commuove"
    Seguì, quindi, altre indicazioni recanti i punti cardinali per sapersi orientare meglio e raggiunse il largo sentiero principale, che tagliava a metà la foresta.
    "E' tutto dritto, non ci dovrebbero essere problemi" pensò.
    Entrambi si misero in marcia, ognuno con le proprie forze, dato che Sora non voleva far stancare ancor di più il povero Chocobo. Uno dietro l'altro, camminarono per circa un'ora raggiungendo, poi, la tanto agoniata meta.
    "Finalmente!" esclamò Sora, correndo verso il centro dello spiazzo erboso. Il Chocobo lo seguì silenziosamente. "Peccato che non ci sia nessuno" notò osservando gli alberi tutt'attorno.
    Sbuffò, sedendosi sul tronco, e l'animale si accoccolò all'ombra di questo, intento a scrutare la folta vegetazione.
    "Sora, da quanto tempo"
    Il custode del keyblade saltò giù con un balzo, sguainando la Catena Regale e mantenendo la posizione di guardia. Ma fu tutto inutile, dato che si accorse ben presto di colui che era arrivato. "E voi...?"
    "Yen Sid. Speravo ti ricordassi il mio nome" avanzò, uscendo dalla penombra. Era un uomo alquanto imponente e maestoso, con una folta barba grigia e occhi che ipnotizzavano. Indossava una tunica turchese ed un cappello blu con stelle gialle.
    "Scusatemi, maestro Yen Sid" disse Sora, abbassando il keyblade. "Pensavo che si stesse avvicinando qualcun altro di più pericoloso"
    "Non temere, credo che la foresta sia ormai deserta da un bel po' di tempo" lo rassicurò. "Piuttosto, noto con piacere che sei giunto. Ti stavo aspettando da qualche ora e stavo iniziando a pensare che ti fossi perso"
    "Voi... Mi stavate aspettando? Quindi... E' lei che..."
    "Sì, sono proprio io quello che dovevi incontrare. Immagino che il buon Axander ti abbia già redarguito su alcune cose..."
    "A dir la verità, non molto. Non mi ha voluto neanche dire chi era la persona che avrei dovuto incontrare. Disse che era una sorpresa e, in effetti, sono sorpreso di vederla qui"
    "Mai quanto lo sono io" disse Yen Sid, avvicinandosi e sedendosi su di un masso spuntato dal nulla. Aveva la forma di una sedia ed era situato di fronte a Sora. "Ho impiegato un po’ per poter venir sin qui. La mia torre è lontana da questo mondo. Axander mi ha contattato l'altro giorno, spiegandomi tutto per filo e per segno. Ma preferisco accertarmi di ciò che mi ha detto. Vediamo..." disse fissando il ragazzo.
    "Una tua preziosa amica è finita vittima di un qualche oscuro sortilegio, te la sei ritrovata contro e, inconsapevolmente, l'hai eliminata"
    Sora annuì debolmente, stringendo i pugni. Il ricordo di quell'accaduto lo tormentava di continuo, anche se non lo dava a vedere. "Sì... E' stato lui... E' colpa sua..."
    "Potrei provare ad indovinare di chi tu stia parlando, ma lo so già. Ilfrien, si chiama. Sì, uno dei più grandi servitori del Caos che siano mai venuti al mondo; nato dalla Luce, dall'Ordine, e caduto vittima dell'Ombra, del Caos, per l'appunto" spiegò brevemente Yen Sid. "La sua mente plagiata dall'oscurità ha pensato bene di commettere un gesto così atroce da trasformare un essere umano in un suo simile"
    "I-in che cosa...?" domandò Sora.
    Il maestro scosse la testa. "Non so con precisione cosa sia diventata. Non ho ancora capito che cosa sono, loro. Non sono Heartless poichè il loro cuore è riuscito a rimanere in parte intatto e ancora sotto l'influenza del bene, anche se questa parte è tenuta nascosta. Non sono Nessuno, perchè hanno un cuore" e sospirò. "Tuttavia, non siamo qui per parlare di questo" ed un sorriso speranzoso si riaccese sulle sue labbra.
    Sora drizzò le orecchie e, più attento che mai, iniziò a prestare ascolto alle parole del vecchio.
    "La tua amica ha seguito il medesimo destino che è toccato agli altri quattro" disse muovendo una mano. Tra lui e Sora, ora, era apparso un grosso buco nero, che iniziò a rischiararsi sempre più. Era una sorta di visuale complessiva di tutti i mondi. "E' giunta qui, nel Nulla"
    Il suo dito si mosse verso un'estremità della mappa, che sembrò ingrandirsi a quel gesto, evidenziando un particolare. Accanto all'ultima stella, appariva una macchia nera piuttosto vasta. Ed era anche parecchio distante da dove si trovavano ora, dall'altra parte della mappa.
    "Il Nulla è chiamato anche in un altro modo, a te più conosciuto. I Confini del Mondo. Ricordi?"
    "Sì, me lo ricordo ancora. E' stato lì che io, Paperino e Pippo abbiamo sconfitto l'Heartless di Xehanort"
    "Esattamente. Ora quel luogo è il regno inaccessibile del Caos. E qui è terminata la spiegazione teorica" concluse Yen Sid.
    "Ma non capisco... Più o meno sono le stesse cose che mi ha detto Axander. Lei mi ha solo mostrato dove è situato il Nulla. Come lo raggiungo io?"
    “E’ questa la domanda che attendevo… Come lo raggiungo… Ed è qui che io ti darò una mano” sorrise l’anziano maestro.
    Con un altro gesto l’immagine scomparve. In cielo tornò a brillare il sole e gli alberi iniziarono a frusciare delicatamente, gli uni contro gli altri.
    “La seguo” disse Sora.
    “C’è una persona che conosce la strada. Credo sia l’unica che la conosca alla perfezione. Persino io non ho memoria di quel luogo. Dovrai trovarla e chiederle aiuto”
    Yen Sid si alzò, portandosi le mani dietro la schiena. “Adesso mi chiederai: Dove la troverò, questa persona? e Come farò a riconoscerla?. Ebbene alla prima posso risponderti tranquillamente. C’è una città, a nord di qui. Evenheim”
    Ancora quel nome. Possibile che fosse già tutto studiato? Ultimamente aveva sentito solo parlare di quella città e non erano voci rassicuranti. Forse era il destino…
    “La troverai lì. Io non la conosco e non posso dirti chi sia o se la conosci. Ti posso solo dare questo” e con un ennesimo gesto della mano, fece apparire un fogliettino rigido rettangolare. “Questo è il suo nome” concluse.
    Sora prese quello che sembrava un biglietto da visita e lo lesse. Poi alzò il capo, verso Yen Sid, ma era già troppo tardi. Se n’era andato. Il ragazzo tornò con lo sguardo sul nome che era scritto sopra e lo ripeté più volte, per tenerlo bene a mente.
    Edvard Rain

    Sora si risedette sul tronco, sospirando e con il biglietto in mano.
    “Che cosa faccio ora? Vado ad Evenheim così, chiedendo ad ogni abitante chi sia questo Edvard?” si disse. “No, sarebbe da stupidi...”
    Si mise a pensare e a pensare, guardando prima il cielo e poi gli alberi che lo circondavano. Il Chocobo, intanto, sonnecchiava beato all’ombra di un grosso ceppo.
    Sora, osservando meglio il nome, notò che era scritto con lettere in rilievo. Ma solo alcune di esse lo erano veramente. Tutt'a un tratto, il biglietto gli scivolò di mano. Sora scese, tentando di riafferrarlo per aria, ma questi arrivò sino a terra, a faccia in giù, con le lettere rivolte verso il basso. Il giovane lo prese delicatamente. La terra, in quel punto, era soffice e facilmente modellabile. Quasi sabbia, spuntata da chissà dove, con tutta quell'erba.
    "Ci è mancato poco..." pensò, alzandolo e soffiandoci via i granelli attaccati alla carta. Poi, il suo sguardo ricadde nel punto in cui aveva sollevato la carta. Le lettere in rilievo avevano lasciato una scritta.

    E. Rain

    "E. Rain? Che significa?" si chiese, perplesso. Si grattò il capo e improvvisamente, nella sua testa, le lettere iniziarono a staccarsi, ruotando in circolo, sino a fermarsi. Il suo viso si illuminò. "Non può essere..." balbettò. "L'ho visto io stesso alla Fortezza Oscura... Se n'era andato..."
    Con la mano, cancellò frettolosamente la scritta e tenendo a mente le cinque lettere tentò di anagrammare il nome. Il risultato fu sorprendente.
    "Einar..." mormorò, controllando attentamente di aver letto giusto. "Se mi è stato dato questo biglietto, allora significa che non è stato eliminato... E' ancora vivo"
    E subito si mise la mano in tasca per cercare quella specie di telefonino che gli fu dato poco prima di partire. Intento a frugare nella tasca, Sora non si accorse che il Chocobo si era alzato e si era avvicinato di soppiatto, reggendo qualcosa nel becco.
    "E questo, invece?" disse voltandosi e prendendo quello che era in tutto e per tutto un foglio di carta. "Comincio a non poterne più di questi messaggi scritti"
    Srotolò il foglio e lesse quello che vi era scritto sopra:

    Dopo aver localizzato la persona che ti ho raccomandato, dovrai cercare anche un secondo compagno per il tuo viaggio. Egli, infatti, sa solo come raggiungere il Nulla, ma hai bisogno di qualcuno che, giunto lì, ti sappia guidare.
    In tre, d'altronde, si è meglio che in due e tu, Sora, dovresti saperlo meglio di chiunque altro.
    Il tuo secondo compagno mi è sconosciuto, ma non temere, qualcuno sarà in grado di darti una mano.



    Il messaggio terminava così, senza una firma né una presentazione. Quasi sicuramente, era stata opera di Yen Sid.
    "Questa seconda persona sarà ancora più difficile da trovare... Ma ci penserò poi. Prima devo rintracciare Einar, a Evenheim, e poi penserò al resto. Chissà, magari mi può dare una mano lui" si disse dirigendosi verso il sentiero, fuori dalla radura, e dimenticandosi del telefonino.
    Accompagnò il Chocobo, a piedi, sino all’uscita della foresta e ci impiegarono un bel po’ per tornare all’aperto, in pieno deserto. E dire che se la ricordavano più corta la strada. Sora balzò in groppa all’animale e partirono immediatamente verso nord. Ma non si accorsero che qualcuno li stava osservando.

    Un falco nero roteò sopra le loro teste a parecchi metri d'altezza. La sua vista aguzza perforava la nubi che si stavano ammassando e teneva costantemente sott'occhio il detentore del keyblade e la sua cavalcatura. Scese poi in picchiata, senza puntare su di loro, ma sua una duna poco distante.
    Un uomo alzò il braccio e il volatile si fermò, planando dolcemente sul suo avambraccio. "Direzione nord. Evenheim. Dunque la gemma non sbagliava e funziona. Ottimo" disse, mentre con la mano libera si aggiustava il cappuccio sul capo. "Andiamo a fermarlo!"
    E così dicendo, scomparve in un vortice nero.

    Era passata qualche ora e il Chocobo sfrecciava tranquillamente sulla sabbia. Il sole splendeva ancora alto in cielo e nulla lasciava presagire che cosa sarebbe accaduto pochi attimi dopo.
    Sora, concentrato nel guidare l’animale, fissava dritto davanti a sé. Non che l’uccello avesse bisogno di essere condotto, anzi, sembrava conoscere alla perfezione la strada che dovevano percorrere.
    Come attratto da un forte desiderio, la mano del ragazzo si posò sopra la sua tasca, involontariamente. Subito, sentì che la mano iniziava a scaldarsi e rischiò di scottarsi se non l’avesse levata immediatamente. Con cautela, frugò nella tasca ed estrasse l’oggetto che vi era all’interno: la gemma rossa. La fissò attentamente ed essa splendeva, illuminando il suo volto. Ed era calda. Bollente, addirittura, e Sora dovette essere rapido a rimetterla a posto.
    “Che strana luce…” pensò. “Chissà perché proprio ora si è messa a brillare in quel modo. E scottava pure…”
    Presto detto. Il Chocobo, istintivamente, virò verso destra, sempre puntando a nord, come se volesse evitare qualcosa. Sora riuscì a rimanere in equilibrio per pura fortuna e vide, alla sua sinistra, che la sabbia si stava muovendo e che andava ad incanalarsi in un grande vortice. Dall’interno spuntò un essere mostruoso: un drago verde a righe gialle, senza ali. Sulla fronte aveva due corna e un corno più piccolo spuntava sul naso. Gli occhi piccoli, gialli e crudeli. Era molto lungo e snello, simile ad un serpente, ma qualche metro sotto la testa spuntavano due lunghe zampe sottili dotate di lucenti artigli. E sulla testa, un uomo, con un falco nero. Sorrideva.
     
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  7. frankus20
     
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    lo sapevo che preparava qualcosa il grande air. Fatti perdonare, devo ancora pulirmi la bocca di tutte le imprecazioni che ho lanciato quando hai fatto morire kairi.
     
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    Un paio di spiccioli potrebbero farmelo ricordare 8D

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    bravo Air,d'ora in poi suggerisciceli tu i complimenti ,perchè non so più
    che dire
     
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    CITAZIONE (frankus20 @ 27/8/2007, 23:15)
    lo sapevo che preparava qualcosa il grande air. Fatti perdonare, devo ancora pulirmi la bocca di tutte le imprecazioni che ho lanciato quando hai fatto morire kairi.

    quoto :sisi:

    CITAZIONE
    bravo Air,d'ora in poi suggerisciceli tu i complimenti ,perchè non so più
    che dire

    quoto pure questo

    e aggiungo:

























    W EINAR!!!
     
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    Capitolo 4: Arrivo a Evenheim



    "Avanti! Avanti!"
    Sora cercava di incoraggiare il Chocobo ad aumentare l'andatura. "Coraggio! Non dovrebbe mancare molto ormai!"
    Distolse lo sguardo, per volgere la sua attenzione verso il dragone, dietro di lui. Era immobile e scrutava i due esserini allontanarsi velocemente. Ma ciò che più colpì Sora fu ciò che l'essere portava in petto: il marchio degli Heartless.
    "Un'altra volta?"
    L'uomo sulla testa era quasi irriconoscibile da quella distanza, tanto da sembrare solo una statuetta nera. Nel mentre, l'Heartless attendeva un ordine, il quale arrivò ben presto. Il misterioso individuo distese un braccio in direzione di Sora. Fu a quel punto che la creatura emise un potente ruggito, che costrinse il ragazzo a tapparsi le orecchie. Era un rumore insopportabile, che perforava i timpani e ci mancò poco che il custode della chiave perdesse anche i sensi, venendo così sbalzato via di sella dal Chocobo. Fortunatamente, il tutto cessò. E il drago si gettò all'inseguimento.
    Nonostante la mole, era straordinariamente veloce ed agile. Si muoveva con estrema destrezza tra le dune sabbiose, con passo da lucertola. Ogni volta che i potenti arti urtavano il suolo, spostavano enormi quantità di sabbia che si riversavano tutt'intorno.
    Sora, per quanto potesse essere rapido, si stava accorgendo che il Chocobo non riusciva a mantenere un'andatura adeguata e che gli inseguitori stava guadagnando terreno. Per un'istante, il giovane temette di essere spacciato, ma poi si dovette ricredere.
    "Tu devi essere Sora"
    Si voltò verso la sua sinistra e, con grande stupore, vide che l'essere si era accostato a loro e che l'uomo si stava rivolgendo a lui con tono tranquillo e piuttosto alto, per farsi sentire sopra tutto quel fracasso.
    "Già, devi proprio essere lui. Ma non vedo la tua chiave"
    "E questo chi è?" si domandò Sora. Un altro nemico, forse. Cavalcava un Heartless e sembrava cercare la chiave, il keyblade. Dunque qualcun altro si stava già mettendo all'opera subito dopo Ilfrien. Mai un attimo di pace.
    "Non la vedi perchè non voglio mostrartela, tutto qui!" urlò di rimando.
    "E io invece voglio vederla, che tu lo voglia oppure no. So che ce l'hai, ma voglio esserne sicuro. Non mi piace uccidere innocenti, per cui dimostrami che sei tu il prescelto detentore del keyblade. Avanti! Almeno se Alames ci ha ingannati lo sapremo..."
    "Che cosa?"
    "Tira fuori il keyblade!"
    "Mai!"
    "Allora non mi lasci altra scelta!" tuonò e agitando le braccia, fece segno alla sua cavalcatura di virare subito a destra e di attaccare "Il pennuto e il moccioso!"
    L'Heartless ruggì e, muovendo di lato le zampe anteriori, si spostò bruscamente, cercando di caricare i due. Ma il Chocobo fu tutt'altro che preso alla sprovvista e balzò in alto, passando sopra il lungo corpo del mostro. E Sora ne approfittò, allungando la mano e afferrando la Catena Regale, apparsa dal nulla. Sporgendosi di lato cercò di colpire il nemico, ancora in piedi, con le braccia incrociate. Ma questi rise e si abbassò, evitando il colpo. Riatterrarono dall'altra parte, riprendendo la corsa.
    "Sei furbo, ragazzo, ma non abbastanza" si disse lo sconosciuto, riportando in pista l'Heartless e indicandogli la via per riprendere l'inseguimento. "Ora sono sicuro che sei tu quello che cerco"

    Il Chocobo sembrava aver messo le ali ai piedi. I due nemici erano ormai parecchio distanti.
    "Ottimo lavoro" si congratulò Sora, accarezzando il morbido piumaggio dell'uccello. Colto da un'improvvisa stanchezza, socchiuse gli occhi, appoggiando la testa sul collo del compagno di viaggio. Non voleva addormentarsi, eppure aveva lasciato indietro parecchie ore di sonno. Alla fine, dovette arrendersi; crollò e si addormentò, mentre continuavano la loro corsa.
    Non seppe quanto aveva riposato, forse pochi minuti o forse qualche ora. Fatto sta che non sognò né ebbe incubi di alcun genere. Si svegliò, disturbato da qualcosa. Ben presto, si accorse che in tasca la gemma bruciava di nuovo. Scottava, più di prima, e per un istante gli balenò l'idea di disfarsene e di gettarla lontano, ignaro che ciò che avrebbe voluto fare sarebbe stato un bene e un male al tempo stesso. Cercò, allora, di sopportare il dolore e, stringendo i denti, si limitò a mantenere la concentrazione sulla strada che stavano percorrendo.
    Erano infatti giunti su un piccolo sentiero che serpenteggiava tra le dune. Molto poco visibile, in alcuni tratti completamente inesistente, costituiva l'unica speranza per raggiungere con certezza Evenheim.
    Un cartello spuntò a lato della strada e Sora si fermò, cercando di leggerlo:
    "Per Evenheim - 12 miglia, sempre dritti"
    Tirò un sospiro di sollievo e ritornò in groppa all'animale, giusto in tempo per evitare un raggio color tenebra, che distrusse il cartello, polverizzandolo. Si girò di scatto. Erano di nuovo loro.
    "Scusaci per il ritardo" ghignò l'uomo "Ma non è divertente giocare col topo se esso non ha almeno un pò di vantaggio"
    "Giocare col topo?" esclamò Sora furibondo. Non gli piaceva essere trattato così. Non gli piaceva essere sottovalutato. Non dopo tutto quello che aveva passato. "Ti faccio vedere io"
    Impugnò il keyblade ancora una volta e, spronato il Chocobo, si gettò in un attacco avventato. L'avversario era parecchie volte più grosso di lui e, quasi sicuramente, disponeva di attacchi molto potenti, come quello che lo aveva mancato qualche secondo prima.
    "Coraggio o semplicemente follia?"
    L'uomo schioccò le dita e l'Heartless si piegò in avanti, scendendo verso le due prede, a fauci spalancate. Ma la creatura era impacciata e lenta. Sora si sentì pronto ad osare una mossa. Tenendosi al Chocobo con la mancina e alzando l'arma con la diritta, urlò forte, con tutto il fiato che aveva in gola. La testa del dragone, con il suo possente tricorno, era a pochi metri.
    "Ora!"
    A quel comando, l'uccello spiccò un salto altissimo, evitando l'enorme muso che si infranse sulla sabbia. Piombò sul dorso dell'oscuro essere e si volse verso l'uomo. Iniziò la carica, in discesa.
    "Ho detto furbo? Che errore" disse il tale, fissando i due, immobile come se non stesse accadendo niente.
    Il Chocobo era vicinissimo e Sora riprovò e colpire col keyblade. Neanche stavolta andò a segno e il nemico, con una capriola per aria, si tolse dalla loro traiettoria. Quindi, ritornati nei pressi della testa, i due viaggiatori spiccarono un nuovo balzo, tornando a terra e allontanandosi.
    L'Heartless si eresse in posizione d'attacco, furente per la beffa ricevuta, ma il padrone lo bloccò.
    "No, c'è tempo. Questo non è più affare nostro. Ci penserà il caro signor Rufus" spiegò, scrutando l'orizzonte. "Ci siamo divertiti a giocare con te, Sora. Sei un asso"

    “Li abbiamo seminati, questa volta”
    Sora tirò un sospiro di sollievo, sorridendo. Sotto di lui, sentiva i respiri affannati del Chocobo, che dopo tante fatiche, stava iniziando, anche lui, a sentire una buona dose di stanchezza.
    “Coraggio, riposiamoci un po’” propose Sora, dandogli una leggera pacca sul collo.
    L’animale, senza obbiettare , lasciò la strada principale, che da qualche miglio si era fatta più chiara e visibile, con evidenti segni di pneumatici; qualcuno ci passava ancora. Il ragazzo smontò e si sedette all’ombra del compagno, accucciato, noncurante del sole. Rimasero lì, uno accanto all’altro. Sora che osservava il cielo, intento a contare alcune nuvolette bianche spinte dal vento, e il Chocobo che sonnecchiava allegramente, senza emettere alcun rumore.
    Era tutto tranquillo. Per il giovane custode del keyblade, quello parve di più un sogno: la tanto agognata pace, quella per cui aveva combattuto e per la quale stava ancora combattendo. Sarebbe rimasto lì per molto, molto tempo. Nessun rumore, nessun grido, nessun lamento. Ma neanche le voci dei suoi amici e il suono delle onde che si infrangevano sui piccoli scogli della sua amata isola.
    Tuttavia non gli importava, si sentiva bene e non voleva più alzarsi; tanto che sorrise e chiuse gli occhi, lasciando che il venticello gli scompigliasse i capelli sulla fronte. Un venticello caldo, il cui arrivo fu accompagnato da un rumore sordo.
    Sora riaprì gli occhi, sobbalzando e guardandosi intorno. “Cos’è stato?”
    Era palese, nonostante la domanda. Era un rumore di motore. Un camioncino che si stava avvicinando a tutta velocità e che sollevava un tremendo polverone. Rallentò, dato che il conducente aveva notato i due viaggiatori sull’orlo della strada. Si accostò, fermandosi.
    “Buondì, signore, posso esservi d’aiuto?” domandò cordialmente il tale, abbassando il fazzoletto che teneva legato al collo e che gli copriva bocca e naso.
    “Salve anche a lei” rispose Sora, alzandosi. “A dir la verità, sì. Stiamo viaggiando dalla scorsa notte, io e il mio compagno, e non abbiamo ancora avuto modo di riposare come si deve. Sa, è fino adesso che corre…” continuò, mostrando il pennuto color canarino.
    “Oh, ma quello è un Chocobo... Già, davvero un ottimo Chocobo se ti ha trasportato per tutto questo tempo senza una sosta. Ma da dove venite?”
    “Dalla città di Linahar, a sud di qui”
    “Linahar, eh? Sì, vengo anche io da lì, ma stranamente non ho notato nessuno davanti a me che percorreva la medesima strada. E, di grazia, dove state andando?”
    “A Evenheim. Sono in cerca di un tale”
    L’uomo sembrò sussultare a quel nome. Strabuzzò gli occhi e si sporse dal finestrino. “Se volete vi do un passaggio io. C’è posto anche per il Chocobo, sul retro. E, se non sono troppo indiscreto, chi è il tale che cercate? Evenheim è molto vasta, circa dieci volte Linahar, ed è facile non trovare ciò che si cerca”
    Riluttante, Sora estrasse da una delle tasche il foglietto con il nome di colui che doveva incontrare. Lo porse all’uomo che gli diede una rapida occhiata. La sua faccia, alla vista di quelle lettere, mutò espressione: il sorriso scomparve, gli occhi si sgranarono e la bocca si spalancò.
    “E. R-Rain?” chiese terrorizzato.
    “Sì, esatto. Non vede, c’è scritto lì” indicò Sora.
    “T-Tu stai c-cercando E-Edvard R-Rain…? Quell’Edvard R-Rain?”
    “Proprio lui”
    “Mi dispiace ragazzo, ma non sono più tanto sicuro di volerti accompagnare…”
    “Come? Perché? Aspetti, io…”
    “Perché?” urlò il tipo. “Perché tu mi stai chiedendo di portarti da Edvard Rain, ecco perché! E’ pura follia! Stai chiedendo ad un topo di entrare nella gabbia della tigre! E se è uno scherzo, sappi che non è divertente!”
    Ingranò la marcia, riportandosi il fazzoletto sul volto. “Buona fortuna, ma non posso aiutarti. Se vuoi un consiglio, sta alla larga da Evenheim e soprattutto da Edvard Rain”
    E detto ciò, fece gas e partì di volata, come se qualcuno lo stesse inseguendo per tagliargli la gola.
    Sora rimase immobile, ammutolito. Non si aspettava una reazione simile. Si chinò e prese il biglietto, spolverandolo e rimettendoselo in tasca. Possibile che fosse vero quello che aveva udito? Questo Edvard Rain era davvero così pericoloso? Einar era diventato davvero così pericoloso? Già quando lo aveva incontrato alla Fortezza Oscura sembrava un tipo poco raccomandabile. Gli aveva puntato una pistola alla tempia, anche se sembrava non avercela particolarmente con lui e stava salvando Elen. Ma soprattutto, perché Yen Sid stava mandando, come gli era stato detto, lui, un topolino, nella gabbia di un feroce felino?
    “E’ l’unico che conosce la via… Ma che senso ha cercare qualcuno che probabilmente non avrà neanche voglia di aiutarmi? Sono in un bel guaio…”
    Ritornò dal Chocobo, che nel frattempo si era svegliato ed era già in piedi, pronto a ripartire.
    “Coraggio, ci aspettano ancora un po’ di miglia”
    Si allontanarono, più freschi e riposati di prima, pronti a percorrere l’ultima tappa per la città.

    Giunsero finalmente, dopo neanche mezz'ora, ad un precipizio. Sotto di esso, l'enorme metropoli di Evenheim.
    "Eccoci qua... Aveva proprio ragione, è davvero grande!"
    La città si estendeva ai loro piedi per molte miglia. Alla destra di Sora, il bordo del burrone curvava ancora verso nord, formando un altipiano che si congiungeva ad una catena montuosa. Le montagne svoltavano poi ad ovest, stringendo così molti quartieri in una grande conca, per poi tornare a dirigersi verso nord. Alla sinistra, invece, sembrava che ci fosse una gigantesca rampa che scendeva sino alla pianura sottostante; la discesa era stata scavata lungo il fianco di una parete rocciosa. Molto probabilmente, in quel punto si era interrotto lo strapiombo per poi ricominciare più in là, lasciando un'unica entrata sud per la città. E anche lì iniziava una serie di vette verso nord, parallela all'altra. La lunghissima ed estesa valle che formavano era interamente occupata dalla grigia e moderna Evenheim, sede di molti palazzi importanti e di industrie, situate in periferia.
    Da dove si trovava Sora, era inoltre possibile scorgere un edificio, particolarmente alto e robusto. Svettava su tutti gli altri e avrà avuto almeno un centinaio di piani. La base era massiccia e ogni tot di metri, la struttura si assottigliava sempre di più sino a raggiungere la punta, decorata da poche vetrate. Sull'estrema sommità, una luce rossa si accendeva e spegneva ad intermittenza.
    Doveva essere neanche passato da molto mezzogiorno.
    “Propongo di scendere e di andare a cercare un buon posto per mangiare. Poi potrei avvertire gli altri che sono arrivato”
    Scesero giù, seguendo la strada larga.
     
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  11. DiZ34
     
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    Grande come sempre Air....
     
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    Un paio di spiccioli potrebbero farmelo ricordare 8D

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    bellerrrimerrimo.
    Quell'Heartless rullava... :sisi:
     
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  13. frankus20
     
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    lOllOl
    quoto con Raphael!!
    SPOILER (click to view)
    Ma i Chocobo che mangiano?@_@
     
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    non vedo l'ora leggere il prossimo
     
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    Capitolo 5: Edvard Rain



    Buongiorno, sono le 10:00 di questo splendido...

    La sveglia rotolò giù dal comodino. "Devo ricordarmi di sostituirla. Comincia a darmi fastidio"
    Si alzò, rimboccando alla meglio le coperte del letto. Si infilò la sua maglietta rossa, senza maniche. Infine, si mise in testa un cappellino blu, con visiera, aggiustandosela in modo che fosse dritta e non tutta storta da farlo sembrare uno scappato di casa.
    Sbadigliò, chiudendo la porta dietro di sé e avviandosi giù per le scale. Imboccato il corridoio principale, raggiunse il portone d'entrata e appoggiò la mano sulla maniglia, quando vide un post-it attaccato alla bacheca.

    Se mi cerchi sono andato al locale all'angolo della 5°



    "All'angolo della 5°... Se, tanto per cambiare" bofonchiò.
    Con la mano destra appoggiata sul pomello, allungò la sinistra per afferrare un oggetto sul mobiletto vicino all'entrata. Un paio di occhiali, che si sistemò immediatamente, prima di allontanarsi.
    Era una giornata stranamente tranquilla. In giro non c'era quasi nessuna auto e il cielo era coperto da nuvoloni minacciosi.
    "Giuro che se piove combino un casino" commentò il tale, passeggiando lungo il marciapiede.
    Dopo qualche minuto si fermò davanti ad un chiosco, tirando fuori il portafoglio.
    "Oh, buongiorno!" esordì il negoziante. "Posso esserti utile per qualcosa, vecchio mio?"
    "Sì, mi servirebbe il giornale di oggi. Ti è rimasta qualche copia, vero?"
    "Certamente!" esclamò l'uomo, trafficando per un ripiano superiore. "Ecco. Tengo sempre un numero per te. Lo sai, eppure sembra che ti diverti a minacciarmi!"
    Il ragazzo sorrise. "Probabile. Sai, l'abitudine... Capisci... Comunque ecco a te" disse porgendogli cinque munny.
    "Grazie mille e buona giornata"
    "Buona giornata anche a te" salutò di rimando, tornando sui suoi passi. Volse lo sguardo verso il cielo, tenendo il giornale in mano. "Ma dubito che sarà una buona giornata"

    La panchina del parco era vuota. Perfetto. Un'ottima postazione per sedersi e leggere in pace le ultime notizie che giravano per Evenheim.
    Il ragazzo aprì il quotidiano e si immerse in una lettura piuttosto superficiale; leggeva più che altro i titoli in grassetto, giusto per capire di cosa trattavano i vari articoli e, qualora fossero risultati interessanti, avrebbe potuto permettersi di perdere tempo a rimuginarci su.
    "Vediamo... Cronaca... Al sud la situazione degenera - Un'altra diavoleria del re?... Na, dubito che quel vecchio rimbambito di Alames, col cervello che si ritrova, stia cercando di architettare un piano per attaccar rissa con noi... Uhm... Strani esserini neri avvistati alla periferia nord della città - Testimoni affermano di aver assistito a vari rapimenti e sparizioni... Tsk, Heartless"
    Da come si poteva intuire, non vi era una vera e propria amicizia tra le due città, Linahar ed Evenheim. Soprattutto perché il re, da parte di coloro che abitavano a nord, era visto come un vecchio pazzo con qualche rotella fuori posto. Si pensava così, dato che gli Heartless ancora non si erano spinti a quella latitudine, fino a quel momento. La minaccia dov'era? Non c'era, ma il re aveva mobilitato le truppe. Lecito per gli abitanti di Evenheim supporre che, data l'assenza di un nemico che in realtà loro non conoscevano, il vecchio sovrano stesse preparando un esercito per invaderli. Anche se non si era mai sfociati in una vera e propria inimicizia tra le capitali. Quindi, erano solo voci a cui pochi creduloni davano retta.
    "Sport. Ecco! Oh, no! Di nuovo! Blitzball: i Tigers perdono l'occasione. Trofeo ai Gendarms! Ma come diamine è possibile! Bastava un pareggio, un pareggio dico io e avremmo vinto il trofeo! Maledizione!"
    "Un pareggio? Inutile, i Tigers si sono montati troppo la testa"
    Il giovane abbassò il giornale. Accanto a lui, ora sedeva un vecchietto incappucciato.
    "Ancora tu?"
    "Sì, ancora io" sghignazzò il vecchio.
    "Allora avevo visto giusto. Eri tu che ti divertivi a prendere il posto di Xemnas…"
    Il vecchietto rise di gusto, annuendo. "Già, mi sono divertito tanto! A te ho fatto prendere un bello spavento! Volevo vedere che faccia avresti fatto se avessi scoperto che Xemnas era ancora vivo e avresti potuto vendicarti. Ma sei stato troppo lento! Quell'Ilfrien me le ha suonate di santa ragione!"
    "Certo che potevi anche evitare" sospirò l'altro. "E puoi anche evitare di fingerti ancora un vecchietto"
    Calò il silenzio e il ragazzo tornò nuovamente a leggere.
    "Non te la sarai mica presa?" intervenne una nuova voce. Una voce di donna.
    "Sì, invece. Già la situazione era complicata di suo, in più arrivi prima alla Fortezza Oscura e poi ti fai pestare da Ilfrien. Non sai quanto ho provato rancore..."
    La donna rise. Il suono di quella risata era armonioso e piacevole. "Allora ti chiedo scusa"
    "Scuse accettate"
    Si girò e ora accanto a lui non c'era più il vecchietto appassito di prima, bensì una bellissima donna dai lunghi capelli dorati, che indossava vestiti bianchissimi, che abbagliavano. Non mostrava forse più di una ventina d'anni.
    "Dimmi la verità. L'hai sentito anche tu?" domandò ella.
    "Sì"
    "Si sta spostando in fretta. E' molto veloce"
    "Chocobo in piena età, ben nutrito e adatto alle corse su lunga distanza. Bagaglio leggero. Un biglietto, una gemma rossa e... Un keyblade"
    "Bravo, vedo che hai imparato" sorrise la donna.
    "Arriverà verso il primo pomeriggio. Ma è seguito, quindi potrebbe ritardare. Più di questo non so dirti"
    Abbassò le pagine, ma la donna era svanita. Così, tutt'a un tratto.
    "Se non fosse così... Così... Mh... Antipatica..." scosse il capo, riprendendo la lettura. "Non mi piace quando va e viene per i fatti suoi"
    "A me invece non piace che parli da solo. I tuoi ritardi, poi, mi fanno ancora più innervosire"
    "Per favore, Wedge. Già è passata la pazza un attimo fa, non ti ci mettere pure tu"
    Wedge si sedette là dove prima c'era la donna. Un uomo alto, muscoloso. Portava delle scarpe nere e dei pantaloni verde militare; una maglietta rossa, con le maniche che si fermavano all'altezza dei bicipiti. E un leggero gilet nero, sopra la maglietta. In testa portava una bandana, sotto la quale spuntavano capelli di un giallo acceso. Sulla fronte, un paio di occhiali.
    "Hai visto Vincent in giro?" chiese Wedge.
    "No. Non lo vedo da due giorni"
    "Ah, dannazione! Fa sempre e solo quello che vuole lui... Ieri sera ci ho dovuto pensare io a quei balordi al locale. Lui non s'è fatto vedere"
    "Ti rendi conto che i Tigers hanno perso?" disse il giovane, scocciato, abbassando le pagine.
    "Non cambiare disc... Oh, maledizione! No, non può essere! Tu mi stai prendendo in giro" esclamò Wedge. "Ho scommesso 600 munny sulla loro vittoria!"
    "Tu... Cosa? Razza di idiota, come hai potuto?"
    "Ma dai, erano i favoriti! E gli sgherri di Rufus erano così sicuri di sé... Volevo levargli quel ghigno dalle loro brutte facce"
    "Gli sgherri di Rufus?"
    "Ieri, al locale"
    "Questo non va bene" disse l’altro, alzandosi. "Andiamo"

    Wedge e il ragazzo entrarono nel famoso locale all'angolo con la 5°. Tutto deserto, non vi era anima viva. Solo il barista, silenzioso, troppo intento a pulire un boccale per dare loro il benvenuto.
    “Dimmi, gli hai già mandati via tu?”
    Wedge scosse il capo. “Certo che no. Dovrebbero arrivare tra un po’. Nel frattempo, prendiamo qualcosa da bere, che ne dici?”
    “Dico che è un’ottima idea” acconsentì l’altro, avviandosi al bancone. “Due birre, una media e una grande”
    Il barista alzò lo sguardo e per poco non lasciò andare in frantumi il boccale che stava pulendo. Con un’acrobazia riuscì ad afferrarlo al volo. Impacciato come non mai, provò a sorridere, sotto i folti baffi.
    “Oh, è lei… Eh… Eh, scusi non mi ero accorto del vostro arrivo…”
    “Non fa nulla” scrollò le spalle il cliente. “Comunque ha capito? Due birre…”
    “… Una media e una grande, arrivano subito signor Rain”
    L’oste si mise all’opera, riempiendo due boccali in pochi attimi e appoggiandoli sonoramente sul bancone. “Ecco a voi”
    “Quanto fa?” chiese Rain, mettendo mano al portafoglio.
    “No, non mi dovete nulla! Offre… Offre la casa, sì!”
    “Ma no, permettimi di pagarti” insistette.
    Proprio in quel preciso momento, la porta del bar si aprì ed entrarono quattro loschi figuri vestiti di nero. Wedge si allontanò, prendendo posto affianco dell’amico.
    “Eccoli. Sono loro” sussurrò. “Che si fa?”
    “Aspettiamo e vediamo. Se vengono a chiedere soldi, ci penso io” lo rassicurò, guardando al tavolo dove si erano seduti. “Tu coprimi solo, finché non mi vedono possono alzare la cresta quanto gli pare…”
    Detto fatto. Wedge, seduto accanto a Edvard, riusciva a coprire, data l’imponente mole, il ragazzo, il quale non fu notato dai quattro. Dal loro tavolo, uno di essi si alzò e si avvicinò con passo ansante e un ghigno dipinto sul volto.
    “Ehi, barista! Vogliamo da mangiare!” battendo un pugno sul bancone. “E muoviti!”
    “Sì, sì, subito!” annuì il commesso, e sparì in cucina.
    Wedge cercò di rimanere calmo, sorseggiando la sua birra con estrema noncuranza. Ma l’avventore lo notò subito e il suo ghigno si allargò di più. Fece cenno agli altri di alzarsi e di venire lì, ed essi obbedirono.
    “Guarda, guarda… ‘Mister scommessa vincente’” iniziò il tale. “Come va Wedge? Visto che bella partita, quella dei Tigers? Eh? Eh?”
    “Non mi istigare, Koz. Non è giornata” rispose con tono lugubre Wedge. “Ti conviene tornartene al tuo posto con i tuoi amichetti e fare il bravo, intesi?”
    “Ohohoh… Hai voglia di scherzare?” continuò l’istigatore, dandogli una pacca sulla spalla.
    Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. L’uomo si alzò di scatto, sovrastando con i suoi due metri abbondanti colui che aveva di fronte.
    “Taci” ringhiò, mettendo mano all’elsa della daga che si portava appresso.
    “Non sei nella posizione di controbattere” schioccò le dita Koz e il gruppetto si fece più compatto. “Siamo in quattro contro uno”
    “Già, quattro pivelli della peggior sottospecie. Il capo neanche li nota e loro si danno alla risse e all’alcol” intervenne Edvard, senza mostrarsi.
    “Ma come ti permetti, tu? Io ti…”
    “Tu cosa?” domandò, alzandosi e palesandosi agli astanti, incrociando le braccia sul petto.
    I quattro indietreggiarono a vedere quel volto. Dalla voce non l’avevano riconosciuto, ma ora erano terrorizzati e non osavano fare un passo di più.
    “Ah… Ah… Io…” balbettò Koz.
    “Un babbeo che pretende soldi dal mio migliore amico e che se ne va a spasso accompagnato dalla sua scorta di Heartless, comodamente camuffati, non è il benvenuto da queste parti”
    Edvard Rain estrasse uno dei suoi revolver e lo puntò rapidamente alla fronte di Koz.
    “Conterò fino a cinque… Uno… Due…”
    “Presto, filiamocela!” urlò Koz, dandosela a gambe, seguito a ruota dagli Heartless.
    “… Cinque”
    Sparò all’ultimo della fila, che si dissolse in una nube di fumo nero, lasciando agli altri tre il tempo di dileguarsi.
    “Perché hai sparato? Vabbè che era un Heartless, però…” commentò Wedge.
    “Che ci vuoi fare? I Nessuno non sono mai andati d’accordo con gli Heartless” spiegò Edvard, rinfoderando l’arma dopo averla fatta ruotare per aria.
    Si rimisero a bere tranquillamente, chiacchierando sulla finale di blitzball del giorno prima. Alla domanda del barista “Adesso cosa me ne faccio del cibo preparato?”, i due si offrirono volontari per pranzare.
    “E ti consiglio di tenere un piatto al caldo. Avremo visite, fra non molto”

    Finito di mangiare, Edvard Rain e Wedge si dedicarono ad una breve siesta, sempre lì alla locanda. Ormai erano quasi le tre in punto e nessuno si faceva vivo.
    "Chi dovrebbe venire?" chiese impaziente Wedge.
    "Non lo conosci. Io l'ho visto una volta e non ricordo bene il nome. Quindi si può dire che stiamo attendendo un tizio misterioso con una grossa chiave in mano, in grado di fare molto male agli Heartless"
    "E perché lo stiamo attendendo?"
    "Perché ci può tornare utile"
    "Vorresti farlo lavorare per noi? Non è che magari lui si rifiuta e sta cercando qualcos'altro?"
    "Lui sta cercando me. Sì, lo farò lavorare per noi e credo che ne approfitterò, dato che lui vuole qualcosa da me"
    "E che cosa vorrebbe?"
    "Che ne so, non leggo nella mente delle persone!" sbottò Edvard.
    “Stai calmo, però…”
    “No, non sto calmo. Se credi che Koz abbia rinunciato alla sua rissa pomeridiana ti sbagli. Arriverà con nuovi briganti al suo seguito. Ma noi non saremo più in due, ma in tre, ad aspettarlo”
     
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