Dirge of Keyblade

L'Ultimo Atto della Trilogia!

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  1. _Holy
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    Poi, avevo letto una parte del combattimento e avevo eaiculato, devo dire che a parte finita mi sono sporcato le mutande (scherzo)

    Ah... scherzi :omg:
     
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    ZITTO TU!
     
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  3. Taiki Koizumi
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    Yiazmat* -w-

    Il capitolo è davvero bello corposo come hai detto tu! costituito da due momenti principali, uno statico e uno dinamico.
    Cominciamo da quello statico: Clodette sta finalmente ritrovando la virilità che è in lui e si sta rendendo conto che potrebbe esserci l'1% di possibilità che non sia una donna u.u Aveva bisogno di spulciare nel suo cuore per scoprirlo.
    E la ricaduta è quando ha visto i petali di stelle di Sailor Moon, allora lì c'è voluta la mano di Pain che EEEEEEEEEEEHI!*__* Nagato-chan! *spintona via Clodette e coccola Pain <3 * sei vivo tesorino! *_* Ma cosa ci fai lì dentro!? Ha qualcosa a che fare con le abilità di Pain? Infestare il cuore di chi l'ha ammazzato? Sai che affare allora che non t'abbia ammazzato Zemnash ò.ò
    Il fatto che la Buster Sword l'avesse rotta Pain l'avevo completamente rimossa comunque sai Nyx?°-° Meh, bene che è risorto quest'interrogativo nei lettori!
    Quindi adesso per la biondina è il momento della verità delle verità. E Pain fece: Cloud, sono io tuo padre * è in vena di cazzeggio*

    Passiamo alla parte dinamica!
    Duuuuunque ok, l'ammantato di rosso non era il maggiordomo di Jessica Fletcher Ansem/DiZ, ma c'eravamo vicini u.u Un Ansem alto un metro e un ca**o ( e, come diresti tu: 'e ghiotto soprattutto di questi ultimi' xDDD), PERCIò AVEVO RAGIONE IN QUALCHE MODO, NH V.V!
    Denzel Washington ( che tocco di figo quell'attore =ç=) è stato davvero una piaga, Neah ha fatto un bel lavoro con lui à_à l'ho quasi odiato.
    Yiazmat era un pazzo scatenato XD! Ricorda un cane che difende a tutti i costi i propri padroni * si immagina Allen che tiene al guinzaglio Yiazmat e gli fa fare i bisogni addosso a un albero °_°*
    Roxas è rimasto così bello buonino fino alla fine, vede Denzel subire letteralmente pugni e calci dell'altro mondo da Yiazmat, Allen sta per fargli le terga da martire tuss e ZAK, Roxas si mette in mezzo...pGmB6pGmB6pGmB6

    Semplicemente ti odio ù.ù

    E... Aaaaaaaaallen *-* E' stato bravo e io continuo ad amarlo sempre di più ^O^
    Nella sua versione Crown Clown è semplicemente strapotente =ç= Ed è bello questo potente significato della lancia e della Memoria del Conte in sé, mi chiedo se la Hoshino metterà mai una genialata simile...
    Coooooomunque, bel capitolo!^^ Non ho trovato errori e lo stile è sobrio e buono. E' strano a dirsi però... Ma mi ha entusiasmato stilisticamente e per effetti più l'incontro con Nythera nel capitolo precedente che la battaglia °_°
    Buh XD Lì eri stato veramente bravo però *_*
    Al prossimo cap <3


    CITAZIONE
    Okay, hai detto "senpai" e possiedi una katana...
    Sei sempre più simile ad un otaku frustrato che ad una persona
    ù_ù

    Invidioso <3
     
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  4. _Holy
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    Invidioso <3

    Dopo la visione de "I Sette Samurai", mi vedo costretto a darti ragione.

    ç_ç
     
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  5. Nyxenhaal89
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    Nh, vi voglio bene. ç_ç
    Grazie per i vostri commenti :3
    Vedo che in generale nessuno si aspettava Pain!
    Ottimo, ottimo.
    La distruzione della Buster Sword era stata accennata nel capitolo 28 di Trascinati tra Luce e Ombra e probabilmente in qualche altro capitolo, ma era sempre una cosa detta tra le righe e non mi aspettavo certo che ve la ricordaste a menadito XD
    Dirge of Keyblade sta per entrare nel vivo, dopo 22 capitoli. Ovviamente non vuol dire che finirà prima degli altri (LUNGI DA ME! XD), ma semplicemente che dopo che Zexion eseguirà il suo compito si entrerà in un climax di eventi. Ho già molto chiara la linea da seguire nel corso dei prossimi capitoli, spero solo che continuerà ad appassionarvi come ora :3
    Adesso, credo mi prenderò del tempo per mandare avanti le altre due fanfiction che sto scrivendo: sono brevi e di semplice scrittura, e staccare da questo mastodontico progetto mi aiuta a organizzarlo meglio.

    Era tanto che non scrivevo un combattimento come si deve: mi ero promesso di reinserire le acrobazie, dato che in Specular i combattimenti erano piuttosto "statici". Dopotutto, il fulcro di Specular erano le battaglie campali, specialmente i quattro capitoli su Minas Tirith... E sono comunque contento che vi sia piaciuto. Conto di descrivere i prossimi scontri ancora meglio, e state tranquilli che le battaglie campali non mancheranno (sono pur sempre io, no? :guru: )

    Ora, non so bene perché ho scritto questo papiro, forse volevo solo parlare un po' con i miei cari lettori qui sul forum XD
     
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  6. Taiki Koizumi
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    Dirge of Keyblade sta per entrare nel vivo, dopo 22 capitoli. Ovviamente non vuol dire che finirà prima degli altri (LUNGI DA ME! XD), ma semplicemente che dopo che Zexion eseguirà il suo compito si entrerà in un climax di eventi.

    ENNON DIRE NIENTE SU ZEXION O CHICCHESSIA, RAPA! Fammi godere in santa pace questi ultimi eventi prima di essere travolto e calciorato a destra e manca nella dinamica del racconto eWe

    Checcaruccio che sei stato a voler un po' conferire con noi <3
    Nysh? Mi duole il culo, parliamo di questo *____*!


    CITAZIONE
    Dopo la visione de "I Sette Samurai", mi vedo costretto a darti ragione.

    ç_ç

    Devo vederlo °A°


     
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  7. Nyxenhaal89
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    CITAZIONE
    ENNON DIRE NIENTE SU ZEXION O CHICCHESSIA, RAPA!

    Ma se lo sanno tutti che Zexion deve andare all'Enclave à_à
    Ecco, quello è un punto di cui ancora non so niente. Anche perché ci saranno altri tre o quattro capitoli prima. XD

    Se il culo ti duole, siediti su una stalattite <3
     
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  8. _Holy
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    CITAZIONE
    Devo vederlo °A°

    Agli otaku frustrati non piacciono i film in bianco e nero! >.<

    CITAZIONE
    Se il culo ti duole, siediti su una stalattite <3

    Le stallatiti sono sul soffitto.



     
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    Si sà dal 15/18 che Xezion farà una Overkill.
     
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  10. Taiki Koizumi
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    Se il culo ti duole, siediti su una stalattite <3

    Le stallatiti sono sul soffitto.

    Appunto, mi hai preso per l'uomo ragno? e_e

    Che paaaaalle è davvero in bianco e nero? D: prendetemi per superficiale, ma io li reggo poco i film in bianco e nero -w- così come odio entrare in autostrada nelle gallerie con luci bianche. E' tutto così... Triste ç.ç A stento leggo i manga e fumetti in bianco e nero -w- Ma proprio a stento.

    *brandisce katana davanti a Holy* se vuoi puoi essere l'anima della mia katana, ti farò divenire una sola cosa con essa v.v
     
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  11. _Holy
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    *brandisce katana davanti a Holy* se vuoi puoi essere l'anima della mia katana, ti farò divenire una sola cosa con essa v.v

    Non facciamo spoiler accidentali sulla mia fiction :look:
     
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  12. Kratos9
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    No. La risposta è no. Non credo a Pain nel cuore di Rixfern, non credo alla parentela tra Denzel e Allen e non credo che tu faccia leggere a tutti gli altri i capitoli in anteprima meno che a me. Io per questo soffro ABBESTIA! Ti odio U_U. Facendo i seri, Pain nel cuore di Cloud m'ha fatto incuriosire troppo, e mi aspetto che tu dica come è andato a finire con Vanitas e Nythera nel prossimo capitolo. O ti gambizzo e poi me ne vado. No, sto scherzando, FORZA NYX!!! ( a postare il 23, che pensavi ).
     
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  13. Nyxenhaal89
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    Ed eccoci col capitolo 23, dopo appena due settimane di attesa! Tempi brevissimi! XD
    D'ora in poi, solo un capitolo ogni 2 mesi.
    AHEM.
    Questo capitolo è una pagina più lungo dei precedenti, ma non rispetterò la mia regola secondo cui ogni capitolo deve essere lungo uguale o più del precedente.
    Comunque: nuovi personaggi e corpose rivelazioni!
    Innanzitutto, dedico questo capitolo a _Holy, la cui splendida storia mi ha ispirato le prime quattro pagine: ho cercato di scimmiottare il carisma dei tuoi personaggi, spero tanto di esserci riuscito >.<
    Quindi, ringrazio Taiki Koizumi per aver contribuito a renderizzare e decorare l'immagine che comparirà a metà capitolo: se posso presentare una cosa decente, lo devo per buona parte a te. XD
    Ringrazio ovviamente _Holy, Nemesis, Taiki e Kratos per i commenti e per l'interessamento alla storia! Sono felice di sentire domande e richieste di anticipazioni, ma sapete che non posso dirvi nulla X°
    Ringrazio tutti i lettori!
    Buona lettura!

    23: Il Custode della Memoria

    Un cielo limpido e terso, privo di nubi, ospitava al suo centro il fiammeggiante astro solare, fulgido come un diamante, rilucendo a sua volta dei suoi caldi raggi. L'immensa distesa azzurra e immacolata era ben visibile da tutto il Papato, e il calore del sole era mitigato da una fresca brezza che faceva sventolare pigramente gli stendardi della Santa Sede, ancora neri come la pece. Le sue piramidali pareti bianche, disposte a "scaloni" in ordine decrescente, scintillavano alla luce del Creatore; le grandi finestre in esse incastonate su tutti e tre i piani lasciavano che le ariose stanze al suo interno facessero sfoggio della propria sontuosa bellezza, prestandosi ad essa. Il fossato naturale, un lago con al centro l'isolotto che ospitava la Santa Sede, quel giorno offriva ottima pesca a coloro che tentavano di procacciarsi un po' di cibo gratuitamente. Tuttavia tali sforzi erano inutili: la Guardia Papale impediva ai pescatori di esercitare la loro abilità nel Lago Pontificio, costringendo i malcapitati ad andarsene e se reiteravano nella loro opera mandandoli nelle segrete per tempi variabili.
    La sorveglianza della Santa Sede, che ospitava gli Archivi del Papato, la Libreria Pontificia e i Santi Misteri, era strettissima e nessuno a parte i Cardinali di alto rango era autorizzato ad entrarvi. Le stanze del Patriarca erano vietate a chiunque e i servi che la pulivano venivano severamente guardati e puniti se osavano guardare o toccare più del dovuto. Molti servi non lasciavano vivi la Santa Sede.
    Ecclesia la Pura era ancora un giorno divorata dal lutto. I suoi edifici bianchi presentavano bandiere nere sulle balconate; le sue strade pulite erano affollate di gente silenziosa, che teneva una fascia nera alla fronte come tradizione richiedeva: i soldati e le guardie cittadine avevano una croce nera dipinta sul pettorale dell'armatura. I mercati erano colmi di persone, ma poche parole venivano emesse. Le risate dei bambini più piccoli, unico suono udibile a distanza nella movimentata desolazione, venivano guardate con amarezza e quasi con pena. La loro purezza, la loro innocenza, impedivano a quelle creature di comprendere il dolore che dilaniava il Diamante Divino.
    Quel mattino di Marzo vedeva due giovani uomini camminare in silenzio al centro della strada, coperti da una sferragliante armatura bianca scintillante. Dalla corazza pettorale, all'altezza del collo, partiva un paramento largo poco più di una ventina di centimetri, nero, con una croce bianca al centro: il paramento scendeva sotto la cintola, pendendo fino in mezzo alle caviglie davanti e dietro. La croce era ricamata solo sulla parte anteriore: la parte posteriore era spoglia. L'armatura che ricopriva i due uomini era pesante, ma non eccessivamente. Potevano muoversi con discreta agilità e abbastanza liberamente. Li proteggeva totalmente, fatta eccezione per la testa, che tenevano scoperta. Entrambi avevano sullo spallaccio, in rilievo, uno stemma: due spade incrociate, sotto una mitra papale, la quale era fiancheggiata da due piume, una per lato. Sulla mitra erano incise quattro piccole croci dai bracci uguali, ospitate negli incavi di una croce latina. Sotto quella del paramento, era ricamata a caratteri sottili un'iscrizione, in hoc signo vinces.
    I due uomini fecero per attraversare il ponte che dava sulla Santa Sede, ma prima di esso cambiarono direzione andando a sinistra, costeggiando il Lago e raggiungendo, dopo alcune case, una grande struttura avvolta in una minacciosa cinta muraria bianca e grigia. Soldati in armatura come la loro percorrevano la sommità di quelle mura alte quasi quindici metri, armati di balestra e attenti al minimo movimento. Le mura ospitavano un secondo corridoio, coperto, dove altri uomini di ronda sorvegliavano la strada. All'interno di quella cinta si trovava il centro nervoso della Santissima Armata, l'esercito del Papato di Ecclesia. Un grande portone di legno e ferro sbarrava loro l'ingresso, ma una porticina secondaria fu aperta su una delle ante, permettendo loro di entrare. Le guardie chinarono leggermente il capo al loro cospetto: loro ricambiarono e si diressero all'interno di un edificio piatto e dalla forma compatta, con poche ampie finestre sui suoi quattro piani a scaloni. Anche lì, stendardi neri sventolavano dai quattro pennoni appesi all'ultimo piano. Una grande croce d'oro troneggiava sulla sommità dell'edificio.
    Uno dei due uomini fissò ammirato l'edificio, suscitando un commento divertito dell'altro.
    - Non sei mai venuto qui? - disse bussando al tondo batacchio che stazionava sulla porta robusta dell'edificio, alta mezzo metro più di loro.
    - No - rispose l'altro cercando invano di scuotere i capelli castani. Sudava, nell'armatura: c'era abituato, ma odiava la primavera di Ecclesia, che alternava freddo pungente e caldo insopportabile con sorprendente irregolarità. - Sono stato addestrato a Jungsburg, lo sai -
    L'altro sorrise, facendo increspare le cicatrici che deturpavano la sua guancia destra. La sua risposta fu inghiottita dall'apertura della porta: un soldato con in mano una pergamena li guardò in volto e ostacolò loro il passaggio.
    - Dite i vostri nomi, soldati - disse con scarsa autorità, ma fermo.
    - Sergente Lithos della Terza Divisione, Alta Croce - si presentò quello con le cicatrici, scostandosi dagli occhi una ciocca di capelli albini.
    - Caposquadra Coris, Decimo Squadrone della Terza Divisione, Alta Croce - si presentò il castano, fissando il soldato coi suoi occhi rossastri.
    - Sorprendentemente giovani per il vostro ruolo... soprattutto voi, Sergente - disse come se pensasse tra sé e sé. - Il Generale vi attendeva un'ora fa -
    - Siamo stati trattenuti da eventi spiacevoli - disse Coris guardando da un'altra parte, imbarazzato.
    - Il paggio gli ha stretto male le cinghie dell'armatura - sospirò Lithos con un mezzo sorriso, che si estese come sempre agli occhi grigi. - Appena uscito dalla sua tenda, è caduto a pezzi come una corazza da esposizione... -
    - Lithos - lo gelò Coris con una smorfia alterata.
    - Secondo piano, la terza stanza a destra - disse il soldato per tagliare corto, ordinando di chiudere la porta al sottoposto seduto alla guardiola.
    I due salirono le scale di marmo grigio fino al secondo piano, seguendo le istruzioni: arrivarono in mezzo ad un corridoio lungo e profondo, e andarono verso destra. Trovarono la stanza che cercavano, dietro una spessa porta di legno dall'aria spoglia.
    Al suo interno, trovarono nient'altro che uno scrittoio di quercia, una libreria, sul lato destro, un mappamondo sullo stesso lato, alto quanto un uomo adulto, e due seggi davanti allo scrittoio. Sul muro confinante col corridoio erano appese diverse spade, tutte dentellate e rovinate dal tempo e dalle battaglie: alla loro sinistra, una vecchia armatura faceva bella mostra di sé.
    Seduto allo scrittoio, intento a redigere un rapporto con una rozza penna d'oca, stava un uomo in armatura nera, anch'egli col paramento, ma gli spallacci erano più voluminosi e il metallo più decorato di intarsi e piume d'angelo sugli spallacci e sui gambali. Sul petto faceva ampia mostra di sé lo stemma Ecclesiano, coperto dal paramento, che però era bianco con la croce nera. L'elmo, dalla celata piatta e con delle ali di colomba a decorarne i lati, era poggiato accanto alla pergamena. L'uomo era coronato da una folta chioma di capelli simile a una criniera leonina, dallo stesso colore: una folta barba circondava le labbra sottili, il volto squadrato era segnato da battaglie, intemperie e dolori, donandogli un'espressione perennemente cupa. L'uomo alzò lo sguardo su di loro, torvo. Il naso largo accompagnò un'espressione di falso sdegno.
    - Vi aspettavo un'ora fa - disse con voce cavernosa.
    - Chiediamo scusa, Generale Ambrus - salutò Lithos inchinandosi profondamente assieme a Coris.
    - Su, su, alzatevi - disse il Generale alzandosi e andando a chiudere la porta. - E' ora di parlare d'affari -
    Lithos alzò un sopracciglio a quella parola. Il Generale era famoso per le sue idee spesso bislacche, e nonostante esse risultassero più volte efficaci, era spesso guardato con sospetto e quasi commiserazione, come se fosse un vecchio pazzo buono solo per il manicomio. Ma non era affatto vecchio: aveva quarant'anni, venti in meno rispetto all'età media dei benestanti di Ecclesia, come lui. Da militare di alto rango, difficilmente lasciava la capitale e quando lo faceva era con almeno quindicimila uomini esperti al seguito. Osservò i due coi suoi occhi verdi, indagatore. Lithos aveva circa vent'anni, incredibilmente giovane per il rango che portava: l'età media di un Sergente era di venticinque-ventisei anni. Coris era un Caposquadra, un ruolo molto instabile e ingrato. Aveva circa diciotto anni, un uomo ormai, e il suo rango stabiliva che guidasse un piccolo squadrone nelle incursioni sul campo. L'Alta Croce era divisa in dodici Divisioni, ognuna delle quali affidata ad un Capitano e con circa tremila uomini in arme al suo comando. Il Capitano impartiva ordini ai Sergenti, solitamente quattro, che si occupavano di fare sì che i suoi ordini arrivassero ai soldati e che comandavano le truppe nel caos della battaglia. Spesso stavano in seconda linea, servendosi di corridori e galoppatori per comunicare col Capitano o suggerirsi strategie da utilizzare. I Capisquadra solitamente erano eletti a breve termine, dal momento che la loro prospettiva di vita era piuttosto breve: il loro compito era comandare uno "Squadrone" composto da un centinaio di uomini e guidarlo nel bel mezzo della battaglia sotto gli ordini del Sergente. Stando in testa allo Squadrone, difficilmente un Caposquadra sopravviveva per più di una o al massimo due battaglie, per questo venivano cambiati continuamente, scelti tra i più abili e giovani. Coris aveva sempre brillato per la sua innata bravura con la spada e per la sua improvvisazione tattica sul campo di battaglia, ma doveva controllare le sue soverchianti emozioni, che tendevano spesso a tradirlo nel bel mezzo dell'azione: paura, o dubbio, o eccessivo ardimento, tutti sentimenti che andavano ammansiti, se voleva continuare a combattere e in ruoli più sicuri e gratificanti.
    - Ma guardatemi - disse Ambrus dopo quel lungo silenzio, tornando a sedersi dietro il suo ampio scrittoio. - Mi perdo a pensare e ripensare. Sto proprio invecchiando - ridacchiò, rauco. I due ragazzi fecero un sorriso educato e pieno di gratitudine. Dopotutto, era merito di Ambrus se erano riusciti a entrare nell'Alta Croce, uno degli eserciti più prestigiosi di Ecclesia. La Pura era una nazione piccola, ma estremamente bellicosa: il Papa Alessandro VI fu l'ultimo a combattere aspramente contro Hironeiden, e alla sua morte Dimitri I firmò un trattato di pace che obbligava le due nazioni a non impegnarsi in guerra l'una con l'altra per mezzo millennio. Ma nonostante la pace con Hironeiden, Ecclesia era in guerra con Vellond, a nord, lo stato avvolto nelle nevi e nelle foreste, governato dal Vampiro Valdemar: e a sud, oltre il confine di Hironeiden, eserciti Crociati combattevano gli eretici di Hexter, l'immenso deserto che occupava quasi un terzo del continente di Bersia, abitato da una civiltà primitiva, ma estremamente potente. Ed era a Hexter che l'Alta Croce combatteva, vanto delle Cinque Armate di Ecclesia. Le altre quattro erano impegnate su vari fronti. La Mano del Creatore seguiva l'Alta Croce, mentre la Lux Sanctissima combatteva a Nord, contro Vellond; lo Scutum Pontificii sorvegliava il regno al suo interno, mentre una quarta "armata", la Guardia Papale, veniva definita tale solo per convenzione, giacché aveva al suo interno appena mille uomini, scelti dopo durissimi addestramenti e almeno dieci anni di battaglie vittoriose, una condotta zelante e ubbidiente, e ovviamente profonda devozione al Creatore e al Suo Emissario in Terra, il Papa. Ma di tutte quelle armate, che comunque contavano circa trentamila uomini ciascuna, la più in vista era l'Alta Croce, comandata da Ambrus e da un altro Generale, Owen, che attualmente risiedeva altrove.
    - Non importa - disse Lithos sedendosi e invitando Coris a fare altrettanto, come consuetudine. Un subordinato non poteva mai sedersi prima del suo superiore e Coris era estremamente rigoroso al riguardo. - Diteci pure perché ci avete mandato a chiamare -
    Ambrus si avvicinò a loro col capo, gli occhi verdi che scintillavano di una luce pericolosa.
    - Il Conclave - disse in un mormorio. - A breve, se ne terrà uno -
    - Un Conclave? - ripeté Coris. - Volete dire che Sua Santità non ha lasciato eredi? -
    - Nemmeno uno - disse Ambrus con diniego. - Evidentemente - appuntò con ironia - progettava di regnare ancora a lungo -
    - Ma è strano che nella sua malattia non abbia avuto tempo di pensare a un erede - disse Lithos turbato dalla successiva alzata di sopracciglia del generale. - Dopotutto... ha avuto almeno un mese, no? -
    Ambrus scoppiò a ridere, una risata simile al ruggito stanco di un leone anziano, ma ancora carico di vitalità.
    - E così vi siete bevuti le frottole di Owen - sospirò incrociando le braccia sullo scrittoio. - No, miei cari ragazzi. Sua Santità è stato assassinato -
    - GLI ASSASSINI?! - scattò Coris in piedi, infervorandosi. La feccia incappucciata aveva più volte osato calcare il suolo di Ecclesia e di ucciderne i capi: lo stesso Ambrus era scampato a quattro attentati. Che fossero riusciti a penetrare nella Santa Sede?
    - Abbassa la voce! - ordinò Ambrus mozzando la propria. - No, comunque - disse subito per calmare il ragazzo. - Qualcosa che non conosciamo. Dei demoni, o così ha detto il Capitano Walter -
    - Uno dei due Capitani della Guardia Papale? - chiese Lithos, concentrandosi. La discussione stava prendendo una strana piega.
    - Sì. La sua divisione si trovava nella Cattedrale per la Veglia Notturna, come ogni venerdì. Sua Santità presenziava l'evento, come ogni primo venerdì del mese - raccontò il Generale. - Walter era accorso fuori dalla Cattedrale perché richiamato da una guardia: suo figlio Thomas aveva visto un Assassino vicino casa loro, ed era subito corso a cercare il padre. Il Creatore sia lodato per averlo allontanato da lì... non sono mai stato spaventato dal sangue, ma lo spettacolo della Cattedrale mi ha spinto sull'orlo del vomito -
    - Cosa accadde? - domandò Coris.
    - Uccisi - disse secco Ambrus. - Tutti. Dal primo all'ultimo. Cinquecento Paladini fatti a brandelli, e del Papa abbiamo ritrovato solo la mitra e il Bastone -
    Coris, che era ancora in piedi, si afflosciò sulla sedia, avvilito.
    - Erano... ci avevano detto che erano in missione... i migliori guerrieri di Ecclesia... a Mordor... - boccheggiò scompostamente, guardando il vuoto.
    - Walter sta già reclutando altri cinquecento - proseguì Ambrus, chiedendo con lo sguardo a Lithos di stare attento alla psiche di Coris. - Ma non vi ho chiamati per questo. Il Papa è stato portato via e non è stata avanzata alcuna richiesta di riscatto. Qualunque forza oscura abbia preso Sua Santità, non è mio dovere saperlo. Ma, pace all'anima sua, il Papa aveva ormai dimenticato Ecclesia e il suo popolo. Siamo stremati dalla guerra. Hironeiden non ci aiuta - il tono di voce del generale era fermo, ma carico di sentimento. - Siamo soli, e la Lux Sanctissima chiede costanti rinforzi. Vellond si sta stancando delle nostre schermaglie, ed è il doppio di Ecclesia in quanto a dimensioni e numero di uomini -
    - E in tutto ciò, noi cosa c'entriamo? - chiese Lithos confuso. Ma in qualche modo, sapeva dove Ambrus volesse andare a parare.
    Alto Tradimento.
    - Non possiamo permettere che proseliti di Dimitri Terzo prendano il Bastone e siedano sul Trono Papale - disse l'uomo più in fretta, come se fosse animato da un furore improvviso. - Ecclesia verrà devastata, se non facciamo al più presto qualcosa per frenare questa serie di Crociate senza senso -
    - E che cosa potremmo fare? - intervenne Coris. - Al massimo, sperare che venga eletto un Papa migliore... -
    - A volte, la speranza ha bisogno di una spintarella - rispose Ambrus eloquente.
    - Parli chiaro, Generale - disse Lithos non tradendo il disagio che lo pervadeva.
    - Due Cardinali di Hironeiden sono in viaggio verso la Capitale. Gli unici interessati alla condotta di Dimitri sono già alla Santa Sede, cercando di avvinghiarsi a qualcosa, senza guadagnarsi il rispetto e il favore del popolo - spiegò il Generale, serio. - Partiranno già favoriti, perché erano nelle grazie del Papa. Non devono arrivare al Conclave -
    - Ci avete chiamato per... per... - Coris strinse i pugni. - Per vendere Ecclesia?! - si alzò ancora, inorridito. - Voi! Un Generale dell'armata più importante della Nazione, volete vendere la nostra patria? -
    - E non ti chiedi perché? - fu la risposta di Ambrus. Si alzò a sua volta, andando verso il mappamondo. - Allora risponderò per te. Il Re di Hironeiden, Theoden, ha promesso che la sovranità del Papa sulle terre di Ecclesia sarà inviolata. I privilegi della sua casta militare non saranno toccati. Nessuna tassa in più toccherà ai cittadini. Ma il Re e il Papa collaboreranno e Ecclesia sarà riconosciuta come parte di Hironeiden, così da formare una forza nuova e temibile. Vellond smetterà di attaccarci e i nostri confini saranno sicuri - concluse facendo roteare il globo, avanzando verso i due. - Questo sogno di pace ci servirà, dal momento che a Mordor si ammassa un male mai conosciuto prima, qualcosa di devastante che supera bellamente la Prole Oscura, e che occorrerà una potenza unita per distruggere -
    - Io sono con lei, Generale - intervenne Lithos, alzandosi e mettendosi al fianco di Coris. - Dica solo ciò che dobbiamo fare -
    - Parlerò con Walter e Kendal affinché la Guardia Papale non vi disturbi. Tutti vogliamo la pace, in questo regno - disse Ambrus. - Voi v'introdurrete nella Santa Sede e farete strege dei Cardinali nelle stanze degli ospiti. Siate silenziosi, e la Guardia non interverrà - Coris era ancora silenzioso, il bel viso adombrato dall'incertezza. - Suvvia, Coris! - lo richiamò Ambrus. - Cosa vuoi che siano una ventina di teste corrotte, contro centinaia di migliaia di persone che desiderano la pace? -
    - Non sarebbe pericoloso, con un funerale di mezzo? Domani ci sarà la cerimonia... - si preoccupò Lithos, riferendosi al funerale di Dimitri Terzo, che si sarebbe tenuto l'indomani.
    - Infatti voi opererete domani notte, dopo la cerimonia. Daremo la colpa agli Assassini - aggiunse con una risata. - Una volta all'interno del palazzo, troverete una mia sentinella. Una donna Hexteriana, che vi dirà una frase a cui dovrete rispondere "Così ordina il Creatore" -
    - E quale sarebbe questa frase? - chiese Coris, ripresosi dal suo torpore. Non era affatto convinto, ma Ambrus era come un padre per loro: non avrebbe mai "ordinato" di tradire Ecclesia senza un buon motivo.
    - "Anima violenta e Cuore iracondo, affogherai nel sangue l'intero mondo" - disse Ambrus.



    Era notte, nella Foresta di Essex. Le scure chiome di alberi alti e robusti si stagliavano alte come un soffitto verde cupo, lasciando intravedere la volta stellata da spiragli tra le loro fronde. Una splendida distesa di stelle, tipica del pulitissimo cielo medievale, vegliava sul loro sonno.
    Dalla piccola pipa saracena usciva una sinuosa voluta di fumo, che si addensava appena sopra la testa del suo fumatore, un attimo prima di disperdersi nel vento. Il suo volto incappucciato nascondeva uno sguardo adombrato e meditabondo, che andava più volte a fissare una fotografia retta dalla mano libera. Era rovinata dalle intemperie e dalle battaglie, ingiallita e dai contorni sbocconcellati, ma i tre soggetti in essa presenti erano ancora definiti.
    La sua mente era ottenebrata da mille dubbi e incertezze, ma ce n'era uno in particolare che era riuscito a tacere ai Custodi e agli Assassini più inesperti... e contemporaneamente era quello che più lo sconfortava. Trasse una profonda boccata dalla pipa, gli occhi neri che contemplavano il vuoto alla ricerca di una risposta. Ma la sua mente sembrava sopita, dispersa. Era ormai vecchio, il Patto era rotto e la sua età avanzava rapidamente da quando era entrato in quel mondo. Erano passati sette o otto mesi, e lui aveva preso cinquant'anni di vita. Il suo corpo era ancora vigoroso, ma non più come prima. Si stancava facilmente, doveva spesso ritirarsi dagli scontri, e usare l'Alchimia era ormai fatale, quando prima era "soltanto" estremamente rischioso.
    - Dormono tutti saporitamente -
    La voce di Maliq interruppe il suo pensare. Altair si voltò verso di lui, reclinando leggermente la pipa mentre lo guardava in tralice. Si rimise a fissare avanti a sé poco dopo, lasciando che l'amico gli si sedesse accanto.
    - Anche tu dovresti - fu la risposta dell'anziano Assassino.
    - Lo so - disse Maliq. - Ma pensi così rumorosamente, che non riuscivo a dormire - lo prese in giro, sdrammatizzando. Vedendo il compagno di battaglia sempre più assorto, sospirò paziente. - Ancora Nagato, dunque? -
    Altair sospirò a sua volta, ma per la stanchezza: i troppi pensieri lo infiacchivano tremendamente.
    - E' totalmente assurdo - disse Altair, fissando ancora la fotografia. - Era un colpo così prevedibile. Uno come lui l'avrebbe evitato facilmente -
    - Pensi ci sia qualcosa che non sappiamo? - chiese dunque l'altro, guardando a sua volta il logoro ricordo.
    - Indubbiamente - rispose Altair. Si alzò dalla roccia dov'era seduto, dando una fugace occhiata ai Custodi che dormivano tranquilli. - Pain tramava qualcosa. Avrebbe potuto uccidere quel Rixfern, o Cloud o come diavolo si chiama; dopo avergli distrutto la spada, era nelle sue mani. Ma non l'ha fatto... - aggiunse alla fine in un mormorio, fissando ancora il vuoto. - Se solo potessi chiederglielo -
    - Magari teneva un diario - suggerì Maliq.
    - Ci ho pensato - ammise il più anziano. - Ma come potrei andarmene per accertarlo? Non posso lasciare questi ragazzi da soli. Sono forti adesso, ma... -
    - Ma Riku va tenuto d'occhio - completò il compagno, serioso. Estrasse anche lui una pipa dalla tasca della cappa nera: Altair si prodigò subito per accendergliela, dal momento che il compagno era monco. Maliq gli sorrise grato. - Naminè sa -
    - E' arguta, quella ragazza - sorrise a sua volta Altair, tra sé e sé. - Ha capito subito che Roxas era travestito da Ezio, e che nascondevamo qualcosa su Riku. Potrà essere stata poco utile in battaglia per via di quel sigillo finalmente scomparso, ma non le si può nascondere nulla -
    - Riku non mostra sintomi -
    L'espressione di Altair si aggravò da sotto il cappuccio.
    - Non posso lasciarli ora - disse secco. - C'è il rischio che impazzisca. Non può aver assorbito tanta oscurità senza subirne le conseguenze, nemmeno un ragazzo forte come lui -
    - Manda Ezio, allora - propose Maliq. - Ultimamente si lamenta che oltre a sorvegliare i Custodi non gli vengano affidati altri incarichi -
    L'anziano Maestro Assassino soppesò a lungo il suggerimento dell'amico: Ezio era ormai un abile adepto, il migliore che avesse mai avuto. Sarebbe stato comodo mandarlo in missione lì, anche se da solo. Anche se il luogo in questione era il profano regno di Valdemar, Vellond.
    - E sia - disse Altair.

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    Le piume bianche in cui la luce si era scomposta continuarono a vorticare per alcuni istanti, svanendo presto nel nulla: ma il luogo da cui erano partite continuava a brillare vividamente, illuminando ancora lo spazio circostante. Tuttavia, fuori dai bordi di quella piattaforma non c'era traccia di qualunque cosa, solo un prosieguo di quel mare nero e infinito. Curioso che il suo Cuore fosse così desolato...
    - Non è desolazione - gli fece eco Pain, come se potesse leggere i suoi pensieri. E magari lo faceva davvero, chi poteva dirlo? - Se ti tuffassi dentro quel buio, probabilmente continueresti a scavare nei tuoi ricordi. Ma se il tuo Cuore ti ha attratto qui, è perché qui dovevi giungere - mosse una mano pallida verso il basso, indicando il freddo suolo ai loro piedi.
    Cloud abbassò lo sguardo istintivamente, incontrando con improvviso stupore il proprio viso dormiente, capovolto rispetto a lui: fu allora che vide che la piattaforma sembrava mosaico simile al rosone di una chiesa. Era fredda come il vetro, con due spessi cerchi concentrici grigi a fare da contorno: su uno erano raffigurate delle "foglie" o "piume" unite a formare una V molto allargata. Ognuna delle "V" era separata da una linea, facendo sì che tali decorazioni fossero disposte a raggiera lungo tutto il contorno. Il cerchio successivo era invece decorato a sua volta da altri cerchi più piccoli, anch'essi disposti a raggiera, e in ognuno di essi era situata l'icona di Fenrir, della stessa foggia con cui era rappresentata sul suo spallaccio: un lupo dallo sguardo feroce con in bocca un anello, come il batacchio di una porta. Ma la vera meraviglia era nella parte interna di quella strana piattaforma: sullo sfondo di uno strano disegno grigiastro e arzigogolato, quasi un simbolo del suo essere il Custode del Caos, vedeva la sua figura dormiente, a mezzobusto, abbandonata in una caduta apparente, com'era lui qualche minuto prima. Il suo viso troneggiava al centro esatto, le braccia molli galleggiavano fino a toccare i contorni della piattaforma. La parte inferiore dello strano disegno era costituita da sei cerchi, entro i quali stavano dei ritratti di persone che in teoria avrebbe dovuto conoscere, ma due di esse non le aveva mai viste. Alla destra del sé dormiente stava un ritratto di Vanitas, su uno sfondo porpora: sotto di lui, Pain con dietro un cielo notturno. Immediatamente sotto il capo del suo alter ego raffigurato, c'era invece un'immagine di Roxas, su cui attualmente il vero se stesso poggiava i piedi, e dietro la sua effige un cielo tramontano. Sotto Roxas, una sagoma nera dagli occhi lampeggianti di una luce viola brillante, e tutt'intorno ad essa, altro viola, minaccioso e plumbeo come nubi di tempesta. Sulla sinistra, infine, stava Theresa, anch'ella su un cielo notturno e immediatamente sopra di lei, accanto all'orecchio del Cloud dormiente, una ragazza dai capelli rosa con un fermaglio a forma di croce gialla tra i capelli, con dietro di sé uno sfondo color ferro.
    - Immagino tu ti stia chiedendo cosa rappresenti - disse Pain mentre inziava a camminare sulla fronte del Cloud raffigurato. Cloud lo guardò, confermando la sua domanda con lo sguardo. - Questa è una delle parti più intime del tuo Cuore. In essa, viene raffigurato in forma di icone tutto ciò che, nell'immediato, esso considera importanti -
    Quindi, era la parte del suo Cuore che custodiva gli affetti. Immaginava dunque che le effigi di Fenrir fossero il segno dell'importanza che tale nomignolo aveva avuto e aveva ancora per lui. E poi c'era Roxas, che ricordandogli il suo vero padre, non sentiva riuscire ad uccidere; e Pain, che l'aveva guidato fin lì, Vanitas che l'aveva salvato, quella strega di Theresa, che negli ultimi spasmi di lucidità aveva intravista sul sentiero per Weisshaupt... E quelle donne? Non conosceva la scura sagoma femminile e la ragazza dai capelli rosa.
    - Non sempre quello che la mente non vede resta celato al Cuore - intervenne Pain nei suoi pensieri. - Esso conosce ciò che non hanno mai visto i tuoi occhi, e sa molto più di quanto si ostinino a immaginare i tuoi pensieri -
    Cloud rimase un attimo perplesso al dire dell'ex-Leader dell'Akatsuki; cosa poteva esserci di insaputo, fatta eccezione per quelle due donne? Non sentiva che mancasse qualcosa. Tutte le persone per cui provava rispetto o affetto erano lì... anche se non le conosceva.
    Poi, in un'improvvisa illuminazione, si rese conto di ciò che mancava.
    Non c'era Rinoa.
    - Non ti vedo particolarmente sorpreso - disse Pain con un mezzo sorriso. - Il tuo Cuore si è liberato presto di lei, quando si è reso conto di non avere più motivo di combattere per averla -
    - Quindi, per quanto tempo mi sono illuso di amarla ancora? - chiese Cloud a voce bassa, fissando i volti nei ritratti.
    - Circa due anni - rispose l'uomo. - Anche se, quando vi siete incontrati a Minas Tirith, si era acceso un barlume di speranza... -
    - Capisco - disse il Custode con lo sguardo vuoto, fissando per un momento davanti a sé senza un punto preciso. Aveva combattuto dieci anni, per riavere la sua vita con Rinoa indietro: aveva rischiato di essere ucciso dall'Organizzazione, aveva affrontato ogni avversità con quell'unica speranza, solo per scoprire che lei non avrebbe mai accettato ciò che era diventato, ma solo il ricordo di un eroe che lui non era mai stato. Strinse i pugni e gli occhi, incerto. Subito dopo però fu pronto a fronteggiare Pain un'altra volta, fissandolo severo. Non aveva dimenticato di volere delle risposte, e non sarebbe bastato scoprire di non amare più Rinoa, sebbene ciò fosse doloroso, a fermarlo dalla sua intenzione. Del resto, ora che ci pensava, non capiva bene se fosse stata la delusione per aver fatto il diavolo a quattro per dieci anni a ridurlo in quello stato o il rifiuto di Rinoa. - Ma non ho dimenticato la mia domanda -
    - Hai ragione - disse Pain sorridendo, con le mani dietro la schiena. - Tutta la verità, nient'altro che la verità. Da dove comincio, dunque? -
    - Perché non mi hai ucciso, dopo aver distrutto la mia spada? - fu la prima domanda, quella che più premeva nella sua mente: subito dopo averlo disarmato, infatti, Pain era tornato a combattere contro Xaldin e Luxord.
    - E' stato otto anni fa, circa - ricordò riprendendo a passeggiare per la piattaforma. - Eravamo in una Wutai molto medievale, e stavamo combattendo in un villaggio ormai distrutto. Tu eri ancora piuttosto novello nell'Organizzazione, e non ci avevi mai affrontato direttamente, ma ti sapevi difendere - complimentò, causando un lieve sorriso sulle labbra di Cloud. - Però, scegliesti me come avversario. Percepii subito che fossi un Custode... E sentivo in te qualcosa di molto diverso da quelli che eravamo soliti proteggere. Così ti resi inoffensivo quanto bastava per farti fuggire -
    - Hai fatto con me ciò che facevate con tutti i Custodi, insomma? - Pain annuì. - Mi hai guidato, a modo tuo, in modo che diventassi più forte. Ma perché proprio sette parti? -
    - Sarebbero state sufficienti, per farti allenare come si doveva e per farti comprendere l'entità del potere che possedevi. Una forza primordiale come il Caos è letale, in mani inesperte -
    - Ma perché non dirmi nulla? - fu la domanda successiva. - Perché limitarsi a dirmi di continuare nella mia intenzione di tradire Xemnas? -
    - Avresti accettato di essere protetto da quelli che combattevi? - rispose Pain. - Sapevo bene che non eri abbastanza forte per uccidere Xemnas in questi anni, per questo sono rimasto tranquillo a vederti crescere. A Saint Bevelle, però, sapevo che era giunto il momento del test definitivo -
    - Ma non ci sono riuscito - ribatté Cloud abbattuto. - Xemnas è stato solo ferito, e tu sei morto -
    - Non fartene un cruccio - lo tranquillizzò il Ninja. - Ero stanco di questa guerra. Mi sarei gettato sulle spade di Xemnas, se fosse servito a liberarmene -
    - Non ci credo minimamente -
    Le parole di Cloud parvero spezzare la calma. Pain bloccò il suo flusso di rivelazioni, guardando il Custode nei suoi occhi azzurri, senza scomporsi e attendendo altre sue parole. Forse sapeva cosa affiorasse nella sua mente, e per questo stava assumendo un'espressione di pacata soddisfazione.
    - Suicidio? Stanchezza per la guerra? - ripeté Cloud per nulla convinto, anzi, innervosendosi. - Non ti ho chiesto di mentirmi, Pain! Tu volevi che vi uccidessi entrambi! - esclamò sicuro di ciò che stava dicendo. E il suo interlocutore non parve sorprendersi.
    - Se Altair ti avesse preso come allievo, non ci sarebbe stato un Assassino migliore di te - disse Pain ridendo sommessamente. - Il tuo livello di comprensione è quasi pari a quello della Custode di Gea. Ebbene, allora adesso dirò davvero cosa mi ha spinto a chiederti di togliere di mezzo i due Re contemporaneamente dalla scacchiera -
    Cloud si mise in ascolto.
    - C'è un terzo Re -
    Silenzio. La quiete di quel posto si fece improvvisamente pesante, come a fare da eco all'inquietudine improvvisa che afferrò il Cuore di Cloud. Strinse con forza il pugno destro, fissando Pain negli occhi con malcelata incredulità.
    - Vuoi dire che qualcun altro... -
    - E' Ansem -
    L'aria del Cuore di Cloud si fece opprimente.
    - A...Ansem? Ansem Ichihara? Il Saggio? - realizzò basito. - Credevo fosse morto quella notte, o durante questi cento anni! -
    - In effetti non avevamo mai molte notizie di lui - annuì Pain. - Ma ultimamente avevamo sentito di attività insolite nel Cratere del Nord... andammo io e Konan a controllare. E lì aveva una base. Non ci addentrammo, preferendo attendere novità: nonostante avesse eretto una cittadella nel cratere, non sembrava intenzionato a muoversi e non volevamo fargli pensare di averci contro -
    - Perché mai? -
    - Ansem viene da un tempo molto più avanzato di qualunque nazione di questo mondo - spiegò grave. - Avrebbe potuto fare una strage inimmaginabile, per combatterci - Comprese di poter continuare. - Sappiamo per certo che vuole il Frutto dell'Eden, tanto per cambiare. Ma le modalità con cui intenda prenderlo, ora che la mia Akatsuki non c'è più, temo di non poterle scoprire -
    - Il Frutto ce l'ha Xemnas - disse Cloud. - Magari si ammazzeranno a vicenda -
    - Non credo proprio, purtroppo. Ma soprattutto, il vincitore acquisirebbe un potere enorme. Se Xemnas uccidesse Ansem, verrebbe a conoscenza degli studi fatti in questi cento anni e potrebbe usare il Frutto dell'Eden come finora non avrebbe mai immaginato - lo contraddisse l'altro.
    - Mentre se Ansem uccidesse Xemnas... - sospirò Cloud.
    - Hai capito - annuì Pain. - Ma non ho ancora risposto alla tua domanda, ora che ci penso. Questa è una sorta di conseguenza, dell'averti ordinato di uccidermi con Xemnas: il vero motivo è ben diverso -
    - E posso sapere qual è? - chiese il Custode, mentre l'aria si rasserenava. Ma la sua tensione era ben percettibile.
    - Io e Xemnas siamo gli unici in grado di aprire il Kingdom Hearts - disse Pain, apparendo tutto d'un tratto imponente e autoritario: si avvicinò a Cloud, guardandolo con severità.
    - Voi? Che storia è questa? La Profezia... - farfugliò Cloud incapace di dare una spiegazione logica a tutto quanto.
    - "Due consanguinei apriranno il Kingdom Hearts" - recitò l'uomo, serio. - Non parla di te e Roxas. Non siete voi, i consanguinei. La Profezia si riferisce a due fratelli, ma non è questo il nocciolo della questione - impedì a Cloud di parlare ancora, prendendo subito la parola. - Fatta eccezione per Altair, che violando il Patto non può più aprirne le Porte, il Kingdom Hearts accetterà solo i nostri poteri, il nostro sangue, per aprirle -
    - Cosa impossibile presumo, data la vostra inimicizia - provò a indovinare il Custode, cercando di raccapezzarsi. E così, la Profezia era tutta una bufala?
    La Porta, che stava ancora al centro della piattaforma, ebbe un tremito improvviso.
    - C'è poco tempo - disse Pain, che dopo essersi girato a guardarla tornò su Cloud. - Hai ragione. Xemnas non avrebbe mai voluto condividere l'apertura delle Porte con me e sperava di usare te e Roxas, per aprirle -
    - Ma come? Io non ne ho idea, e nemmeno Roxas! -
    - Probabilmente avrebbe trovato un modo, dato che ho lasciato in voi un'impronta di me. Quello che non sa, però, è che il Kingdom Hearts ha bisogno di Armonia. Ha bisogno di Equilibrio e Caos, per aprirsi. Ha bisogno di te e Roxas -
    - Aspetta... - lo interruppe Cloud: che avesse bisogno di lui e Roxas, già lo sapeva. Sapeva a memoria quella parte della Profezia. - Un'impronta, hai detto? -
    - Un residuo, attraverso il mio sangue. Prima a Roxas, poi a te. Vi ho donato il mio potere - sorrise. - A Saint Bevelle, hai imbevuto il tuo Keyblade del mio sangue e di quello di Xemnas. E i nostri poteri, in esso contenuti, ti hanno reso più forte - disse mettendogli una mano sulla spalla, con determinazione. - Ma soprattutto, essendo dotato del potere del Caos e del nostro sangue, adesso hai tutte le carte in regola per aprire le Porte -
    - E Roxas? -
    - A tempo debito, ha ricevuto il mio potere. Adesso, deve solo prendere quello di Xemnas. A quel punto, potrete aprire il Kingdom Hearts - la sua espressione calma si infervorò. - Voi due insieme siete indispensabili. L'Armonia stessa scenderebbe in battaglia attraverso voi, se uniste le forze -
    - Io non sarei così entusiasta - lo fermò Cloud. - Se Ansem è in grado di rivaleggiare con Xemnas, non sarà una passeggiata... e cosa dovremmo fare nel Kingdom Hearts? -
    Pain sospirò, tornando calmo e pacato come prima. Gli fece cenno di seguirlo, camminando verso la porta logora. Sempre avvolto in quella sorta di lenzuolo bianco, mosse con leggerezza un braccio verso la porta, sorridendogli.
    - Questo lo capirete a tempo debito - gli assicurò. - Ma adesso, è giunta l'ora di adempiere alla tua parte del patto. - Indicò la maniglia. - Devi varcare questa soglia -
    Cloud lo guardò quasi cercando compassione: il suo volto parve intristirsi enormemente, e l'aria divenne gelida e fremente. Aveva paura, di cosa ci fosse dietro quella porta?
    - Dietro c'è... lui, vero? - disse quasi in un bisbiglio.
    - E' ora di mettere da parte Fenrir - lo incitò Pain, incrociando le braccia. - Non sei più il soldato perfetto di Xemnas. Sei Cloud Strife, il Custode del Caos. Diventa ciò che sei nato per essere -
    Un po' tremante, Cloud annuì, poggiando la mano sulla maniglia e facendo per aprirla.
    - Grazie di tutto, Pain - disse mentre la chiusura scattava, e la porta iniziava ad aprirsi.
    - Addio, Cloud - si congedò Pain. La sua sagoma iniziò a sbiadire, come una soffiata di fumo, sempre più trasparente e svolazzante. - Possa il tuo destino sorriderti -
    Non si sarebbero mai più rivisti.

    Una luce intensa, abbacinante, persino più forte di quella emanata dalla piattaforma prima che vi atterrasse, iniziò a filtrare dai bordi della porta: Cloud strinse istintivamente gli occhi, mentre quella luce iniziava ad espandersi verso l'interno, lasciando intravedere sempre meno legno. Il suo calore era quasi insopportabile. La luce lo inglobava con inesorabile lentezza, si sentiva avvolto da essa, mentre ormai aveva invaso tutta la porta e i suoi raggi si propagavano tutti sul suo corpo. Inizialmente teso, capì.
    Doveva attraversarla.
    Prese un profondo respiro e si rilassò, lasciandosi afferrare, ignaro che Pain fosse già sparito: presto non sentì più la piattaforma sotto i piedi.
    Poi, bianco assoluto.

    Riaprì debolmente gli occhi, ancora dolenti per la forza con cui erano stati abbagliati pochi istanti prima.
    Era ancora sulla piattaforma...
    Ma c'era qualcosa di diverso.
    L'aria era pesante lì, secca, fredda: era sempre immerso in quel mare nero e bluastro, ma la superficie era più malandata, come un giardino a lungo trascurato. Cloud si toccò il petto sulla zona del cuore, guardando davanti a sé.
    - Papà? -
    L'espressione di Cloud si fece contrita nel sentire la propria voce infantile chiamare il padre. Deglutendo, si voltò verso la voce. Vide un bambino, se stesso da bambino, impegnato a impilare dei mattoncini di legno. Non poteva avere più di tre anni. Un uomo biondo e alto attraversò il corpo del Cloud adulto, andando ad abbracciare il piccolo. Lo sollevò facilmente da terra, stringendolo a sé.
    - La tua barba mi punge, papà! - rise il bambino: il padre disse qualcosa di inudito, ma che lo fece ridere.
    - Papà... - mormorò Cloud con gli occhi lucidi. - Mamma... -
    - Mamma, tu dai le case alle persone? - chiese il piccolo Cloud a cinque anni, seduto sul tavolo della cucina, mentre la bella Aerith gli tagliava pazientemente i capelli. Ancora una risposta inudita. - Sei proprio una mamma bravissima - commentò il bambino.
    E altri, troppi ricordi, troppe voci, i ricordi di una vita iniziavano a tormentarlo: pose le mani sulle tempie, mentre lacrime di nostalgia e commozione fluivano rapidamente dai suoi occhi, e pianti e risate risuonavano tutt'intorno e nella sua testa. Il suo cuore batteva all'impazzata.
    Cadde in ginocchio, stringendo una mano sul vetro della piattaforma, disperandosi per la mancanza di tutto ciò che aveva caro, rendendosi conto per la prima volta di essere solo.
    Completamente solo.
    Aveva sempre schivato il pensiero soffocandolo nelle battaglie, ma era così. Per tutti quei dieci anni era rimasto da solo, da solo aveva combattuto, e da solo avrebbe affrontato il ricordo di tutte le persone che aveva ucciso, in nome di un futuro che non sarebbe mai arrivato e di una donna che non l'avrebbe amato mai più.
    Gridò, gridò con tutte le sue forze, facendo tremare l'atmosfera tutt'intorno, e le voci giocose si spensero.
    E le urla le sostituirono.
    Urla di dolore, di terrore, di angoscia: nomi gridati, affetti perduti, rabbie che si spegnevano con l'orribile rumore dell'acciaio nella carne. Riaprendo gli occhi, vide rosso.
    Tutto rosso.
    Sotto di lui, era rosso: le sue mani grondavano di rosso. I suoi capelli grondavano di rosso. La sua faccia era macchiata di rosso.
    Sangue.
    Fiumi di sangue uscivano dal suo corpo, sangue non suo, sangue che in decine di rivoli si spandeva sulla piattaforma, ramificandosi in più direzioni, mentre l'aria diventava opprimente come un'incudine. Si accasciò, annaspando, reggendosi il petto con una mano e stringendo la giacca nera cercando di respirare. Il sangue intanto gorgogliava tutt'intorno a lui, ribolliva, sollevandosi come se decine di stalagmiti si formassero rapidamente ai bordi della piattaforma. Si voltò spaventato da tutte le parti, cercando una via di fuga, ma la porta non c'era e il sangue lo aveva completamente circondato.
    Era dunque l'ora dei sensi di colpa?
    Le "stalagmiti" presero sempre più la forma di persone, o meglio, delle loro ribollenti e ondeggianti sagome. Alle mani, reggevano delle armi dall'aspetto insolito e delle fogge più svariate. I loro volti piatti presentavano tutti delle aperture sulla zona degli occhi.
    - Sono arrivati i fantasmi... - disse Cloud respirando a fatica. Non aveva nemmeno la sua spada.
    Era disarmato e solo, contro se stesso.
    Le figure restavano lì impassibili, a fissarlo con i loro inesistenti occhi, con angosciante immobilità come se attendessero di vederlo morire.
    E lui continuava ad ansimare e annaspare sul vetro, mentre il sangue fluiva incessantemente andando a ingigantire quelle grottesche figure, che adombravano sempre di più la piattaforma, rendendo Cloud sempre più spaventato e nervoso.
    Erano Custodi.
    E persone che avevano incontrato la sua lama.
    Tutti lì, una folla numerosa, sempre più numerosa, a restituirgli il dolore che aveva causato loro in quei dieci anni di permanenza nell'Organizzazione.
    Tutti si misero in guardia, come pronti a colpirlo: Cloud si alzò, a fatica, reggendosi a malapena sulle gambe.
    - Vi chiederei perdono... - disse sollevando la testa più che poteva - Ma immagino non basti... - lame scattarono da ogni parte del cerchio. - Venite a prendermi, allora... - concesse esausto, seppur non avendo fatto nulla.
    Un dolore terribile lo percorse continuamente: le sagome iniziarono a scattare su di lui infrangendosi sul suo corpo, sporcandolo ancor più di rosso, da ogni direzione. Cloud si trovò sospeso a mezz'aria, oggetto della furia delle sue colpe, che lo martoriavano del tutto indifferenti alla sua sofferenza, proprio come lui lo era stato alla loro.
    Dopo attimi di dolore interminabili, ricadde a terra supino, di peso, fissando sopra di sé. l sangue prese a vorticare grottescamente sopra di lui, come se stesse prendendo una nuova forma.
    E infatti, delle zampe uscirono dal grumo, e una coda. In breve, sulla piattaforma ricadde la sagoma di un enorme lupo dalle fauci possenti, che fece tremare l'aria circostante.
    Agitò la coda con un ringhio minaccioso, feroce, che riempì il giovane di paura. Non poteva combatterlo, non riuscendo neppure a muoversi.
    - Sei tu... vero? - farfugliò ansante, calmando il respiro più che poteva. Il lupo iniziò a raspare per terra, pronto quasi ad una carica, nonostante avesse Cloud sotto di sé. - Fenrir... non vuoi essere messo da parte, vero? -
    Un ululato pervase l'aria: la piattaforma parve incrinarsi, sotto il peso del lupo. Cloud emise un gemito di dolore. Quell'essere... no, lui stesso, la parte di lui che aveva spadroneggiato dieci anni, si rifiutava di ritirarsi. L'avrebbe distrutto, avrebbe disintegrato il suo cuore condannandolo ad un coma eterno, piuttosto che farsi mettere da parte.
    Latrando, il lupo spalancò le fauci sanguinanti, e calò su Cloud, inesorabilmente pronto ad eliminarlo, mentre il vetro si riempiva di crepe.
    Avrebbe accolto la sua degna fine, dunque.
    Cloud Strife sarebbe morto nel giro di un paio di secondi.
    Poi, una luce violacea piovve dall'alto, dalla superficie di quel mare infinito: essa si irradiò ovunque, sostituendo in tonalità il bianco, e irrorando la piattaforma. Fulgida e potente, pervase persino il corpo di Cloud, che si trovò a galleggiare a mezz'aria, con una forza mai conosciuta prima che sentiva scorrergli nelle vene: il lupo fu sollevato dalla stessa forza e prese a guaire di dolore, mentre il viola, il Caos, lo attanagliava da ogni parte.
    - Mi dispiace... - disse Cloud sentendosi forte come non mai. Alla sua mano comparve la Buster Sword, con una catena appesa all'impugnatura, che terminava col suo batacchio a testa di lupo. - Ma non posso continuare a rovinarmi la vita! - esclamò, brandendo l'arma: si diede una spinta dal nulla, saettando sul lupo con velocità incredibile, la lama che lampeggiava di fiamme violacee; ruggì per lo sforzo e la determinazione, mentre il lupo apriva ancora le fauci nel tentativo di difendersi.
    La lama lo incontrò, tagliandolo parte a parte, permettendo alle fiamme di consumarlo rapidamente in un ululato soffocato.
    Cloud ricadde in piedi, barcollante, sulla piattaforma, osservando la luce del Caos riparare ciò che era stato distrutto in dieci anni.

    Poi, tutto tornò normale.

    Un bambino gli comparve dinanzi. Era lui, a sei anni.
    Aveva indosso un paio di comodi jeans e una felpa arancione, e scarpe da corsa.
    Cloud incontrò il suo sguardo con un sorriso, mentre il Keyblade svaniva dalla sua mano.
    - E' tutto a posto adesso - lo rassicurò. Il bambino gli sorrise a sua volta, avvicinandoglisi dapprima lentamente, e poi correndogli incontro, abbracciandolo alla vita.
    - Sei stato bravo - disse il piccolo con voce infantile. - Ci ha salvati -
    - ...Chi? - domandò Cloud, sollevandogli lo sguardo con l'ausilio di una mano, posta sulla sua nuca.
    Improvvisamente, preoccupato, vide un lembo del suo braccio staccarsi, come se fosse un brandello di carta. E sotto non c'era nulla! Le gambe si dispersero rapidamente, come coriandoli, e si trovò presto all'altezza del bambino, che gli pose una mano sul viso.
    - Sappiamo chi, non è vero? - disse Cloud bambino, con un tenero sorriso.

    Aprì gli occhi di scatto: le iridi baluginarono di una brillante luce viola, ma lui non poteva certo saperlo.
    Il suo sguardo incontrò due occhi dorati.
    Il suo cuore saltò un battito.
    Era sveglio. Era vivo.
    - Bentornato - disse Vanitas, abbracciandolo.


    jpg

    Edited by Nyxenhaal89 - 9/10/2011, 12:54
     
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    Bellissimo capitolo. *___*
    Coris? Lithos? Ambrus? WTF? OMGPOLLYPOCKETHELLOKITTYPUSSYOMGLMAOROTFL!!
    La frase.. anche qui.. :Q__

    Allora.. Cloud si ritrova nel suo "Tuffo del Cuore" e parla con Pain che gli rivela tutto -o quasi-, e anche che Vasco Rossi è un coglione. >(ora chiuderanno questo forum per questa parola).
    Alla fine si sveglia e c'è quel pupazzo di Vanitas.. io lo ucciderei, s'accolla.

    Per il resto è sempre scritto benissimo, complimenti davvero. Scusa il commento scarno ma non so che altro dire. :3
     
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  15. _Holy
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    PER CHI LO CHIEDESSE: L'AGGIUNTA DI CORIS, LITHOS E COMPAGNIA BELLA NON E' STATA RICHIESTA DA ME, MA E' STATA LIBERAMENTE PARTORITA DALLA MENTE DI QUESTO AUTORE, QUINDI NON ACCUSATEMI DI AVERLO PLAGIATO PER FINI ULTIMI! :orrid:



    Avendolo seguito passo per passo, posso commentare direttamente (con una lettura veloce ai pezzi più importanti)

    Innanzitutto, la descrizione di Ecclesia mi è piaciuta moltissimo, così come la tua gestione del suo esercito, e il dispiegamento delle varie campagne che ha in ballo.
    Coris e Lithos rispettano abbastanza fedelmente i miei personaggi, anche se il vero Coris è meno pimpante.
    Lithos è venuto bene, anche perché il suo carattere non è ancora stato definito perfettamente in Babilonia.
    Ambrus è invece molto fedele, in lui rivedo l'aria da mentore talvolta severo, talvolta sanguinario e talvolta scherzoso ^^
    Grazie per averli inseriti ^_^
    Un chiaro richiamo all'omicidio compiuto da Vanitas al papa ecclesiano... ma ora che accadrà ad Ecclesia?
    E sopratutto, Coris e Lithos riusciranno nell'incarico assegnatogli?

    "Anima violenta bla bla bla" *w*


    Il discorso tra Altair e Maliq mi ha lasciato bene intendere che Riku potrà venir corrotto dall'oscurità, e trasformarsi in una nuova macchina ribalta autostrade simile a Denzeglio Altovento...



    E ora, la parte clue... qui c'è così tanto da dire...
    Le spiegazioni di Pain, le visioni di Cloud...

    Dunque, lasciami indovinare: quel sangue era per caso un effetto collaterale del Sangue di Dragone di cui Vanitas aveva bisogno per risvegliarlo?
    Mi è piaciuta un sacco quella scena: macabra e rappresentativa, come piace a me ^_^

    Toccante la visione del piccolo Cloud con genitori, mi ha straziato il fatto che ora il custode del caos si senta solo...
    Credo proprio che cercherà conforto in Vanitas, comparso sul finale...
    Vanitas: SI!!! NEL PROSSIMO CAPITOLO SI TROMBA!!!! OçO


    Ehm...

    Ah già: bella l'immagine ^^
    Peccato per la scarsa qualità, per il cloud un po' sovraesposto e...
    e per nient'altro, mi pare: per il resto è stata montata molto bene.
    Bravo
    E bravo anche Mizu.

    Devo per forza dirti che scrivi benissimo? -ç-


    ;)

     
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