Dirge of Keyblade

L'Ultimo Atto della Trilogia!

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  1. Nyxenhaal89
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    Wew, stavo per finire a pagina 2!
    Troppo, troppo tempo D:
    Allora: ci troviamo di fronte ad un altro capitolozzo di transizione che preannuncia tempesta!
    Grazie per i commenti a Holy, Taiki e Nemesisio (:3), e un sincero grazie a tutti i pazienti lettori che hanno atteso finora.
    Non prometterò più di fare prima perché finisce che faccio con maggiore ritardo. :UPirate:
    Buona lettura!

    18: Aiuto Inaspettato

    - Se ne sono andati, Superiore -
    La voce atona di Saix echeggiava per l'hangar carica di un doloroso senso di sconfitta che l'apatia del suo falso cuore riusciva malamente a celare. Macchiato di sangue e ferito, il Luna Diviner si stagliava sull'ingresso dell'enorme salone, dove Xemnas fissava il cielo oscuro di Mordor in mistico silenzio, gli occhi d'oro persi nell'infinità del cosmo senza davvero poter godere della sua magnificenza. Lo sguardo del Superiore era assente, quasi immobile. Come se non l'avesse neppure sentito. Saix fece per avvicinarglisi, ma una mano decisa, seppur gentile, si pose sul suo petto bloccandolo. Incrociò gli occhi azzurri e severi del misterioso Ike, trovandosi squadrato quasi con disgusto. Fece per controbattere, ma in quel momento il Superiore emise un verso di assenso a labbra chiuse, facendo ritirare l'Unversed. Gli altri membri dell'Organizzazione entrarono nell'Hangar in un unico gruppo, silenziosi come se facessero la loro entrata in una chiesa. Tutt'intorno aleggiava un'aura pericolosa e tesa che mise quello che restava dei loro cuori avvizziti in agitazione.
    - Superiore...? - ripeté Saix in tono interrogativo, avvicinandosi di qualche metro: gli altri Nessuno si fecero avanti a loro volta, circondando Xemnas a semicerchio e guardandolo con attenzione. Larxene, accanto ad Axel, alzava dubbiosa le sopracciglia; Zexion, ombroso, aveva l'aria affaticata, ma Vexen era terreo, proprio come Xaldin e Xigbar, che si era "procurato" delle braccia nuove. Le eruzioni di Monte Fato illuminavano la scena, il sangue di Cloud ancora sotto i piedi del Numero I, che ne aveva preso un po' per tenerlo tra le dita, incuriosito. Aveva un'espressione contrita eppure in fondo ai suoi occhi sembrava essersi formato un baratro vorticoso che impediva a chiunque di guardarvi dentro, per paura di essere risucchiati.
    - Saix, mio fedele Guardiano... - esordì, la sua voce improvvisamente cavernosa e fremente di sentimenti contrastanti. Il Luna Diviner s'inginocchiò immediatamente, le ciocche di capelli davanti alle spalle che ondeggiavano pigramente ai lati del viso.
    - La ascolto, Superiore... - disse reverente.
    - Vi ho mai... deluso, Saix? Vi ho mai dato adito di dubitare del Disegno? - chiese Xemnas continuando a fissare il cielo rossastro, le braccia a ridosso dei fianchi, senza guardare i suoi sottoposti.
    I Nessuno lo guardarono preoccupati: quell'atteggiamento da vittima sacrificale, da innocente eroe tradito da coloro che reputava amici, sembrava impensabile associarlo a una figura importante come il loro Superiore. Ma al tempo stesso, il residuo delle loro coscienze tremava di fronte all'impercettibile collera che ammantava la voce possente e baritona del loro Leader.
    - No, Superiore - rispose prontamente Saix. Nessun altro osò fiatare: sapevano bene quanto fosse importante che ognuno rispondesse solo se interpellato, alle domande di Xemnas. Vexen notò con piacere che anche Ike restava inginocchiato e silenzioso attendendo ordini. Finalmente un progetto che non scadeva nel fallimento.
    - E allora... - proseguì Xemnas, ancora voltando loro le spalle. - Perché i miei figli sembrano intenzionati unicamente a tradirmi? -
    La frase finale parve un fulmine a ciel sereno: i Nessuno si guardarono confusi, chiedendosi mentalmente chi avesse potuto fare una cosa simile, chi avesse potuto tradire il Superiore al di là di Rixfern e Vanitas. Sembravano quasi ridicoli, agli occhi di Ike, tutti così intenti a leccare gli stivali di quell'uomo, che era nauseato come e più di lui dalla loro reverenza. Ma a differenza di Ike, Xemnas l'apprezzava comunque, la loro venerazione. Si crogiolava nei loro complimenti, nel loro rispetto, nella paura (o presunta tale) che li attanagliava quando era in collera.
    - Chi ha osato tradirvi? - chiese dunque Saix alzando lo sguardo. Il Superiore si voltò lentamente. Il suo lungo manto nero seguì elegantemente il movimento, i pendagli del cappuccio tintinnarono flebilmente mentre si fermava in modo da guardarli tutti negli occhi, severo.
    - Numero X - chiamò autoritario, facendo alzare Luxord con un cenno. - Avvicinati -
    Lo Sfidante del Destino si avvicinò cautamente al superiore, pur mantenendo il suo consueto passo fiero. La tensione nell'aria parve aumentare a livelli palpabili, tanto che Larxene, che con un seducente dito sulle labbra giocherellava per sedurre Axel, si concentrò completamente su di loro. L'alta figura di Luxord non era sufficiente a sovrastare il Superiore, che stazionava sulla bassa scalinata che portava all'immensa vetrata traslucida.
    - Superiore - disse Luxord ossequioso: la mano di Xemnas scattò.
    Un violento schiocco risuonò per l'Hangar veloce come una frustata: l'espressione altera del Superiore trapassò parte a parte colui che fu marchiato come "traditore", e nonostante ciò riportato alla vita perché potesse servire ancora una volta, forse l'ultima, il suo signore.
    - Tu mi hai tradito, Luxord - sillabò lentamente il Numero I, immobile in viso come una statua di marmo. Aveva schiaffeggiato Luxord con la mano inguantata, sporca del sangue di Cloud, che macchiò lo zigomo e la guancia del Giocatore come inchiostro. Il Nessuno non si curò di ripulirsi il viso, fissando il suo signore negli occhi.
    - Perché avrei dovuto, Superiore? - chiese Luxord vago, mostrandosi indifferente. - Ho sempre lavorato fedelmente per voi, vi ho difeso fino all'ultimo, e se mi aveste dato retta il tradimento di Rixfern... -
    - Il tradimento di Rixfern era una questione già da tempo nota, Luxord - lo troncò Xemnas alzando una mano. - Se non fossi stato così accecato dalla tua smania di autoeleggerti a paladino dell'Organizzazione, te ne saresti accorto anche tu -
    - Ma non potete certo accusarmi di tradimento per non essermene accorto... - completò pacatamente il numero X.
    - Allen Walker, Luxord! - esclamò Xemnas avvicinandosi al viso del sottoposto, arcigno. - Hai fatto uccidere il Quattordicesimo, Walker è scappato, e tu sei morto. A cos'è servito il tuo brillante piano? -
    Luxord tacque, colpito nel vivo. Non sapeva bene come avesse fatto a tornare (ma in fondo, si parlava di Vexen: tutto era possibile sotto il suo controllo), ma evidentemente il Superiore voleva testare la sua fedeltà. Doveva ricorrere alla sua dialettica, cercare di convincerlo, dipanare la matassa dei suoi dubbi e tranquillizzarlo sull'effettiva situazione. Aveva apprezzato molto combattere al fianco del giovane Walker, così simile a lui, ma non si pentiva affatto del gesto compiuto, era orgoglioso di aver distrutto una creatura abietta come il Quattordicesimo, Neah: e di aver conosciuto un valido combattente come Allen. Ma ovviamente Xemnas avrebbe dovuto sapere altro.
    - E' solo un grave fraintendimento, mio signore - disse lo Sfidante del Destino misurando le parole. - Neah era un pericoloso alleato, data la sua propensione ad aiutare Rixfern. Se non fossi stato messo alle strette, mi sarei occupato a tempo debito anche di Vanitas -
    - Ma davvero - commentò il Superiore. - Avresti quindi eliminato non una, ma ben due delle nostre armi migliori? - lo schernì iniziando a girargli attorno. - Luxord, amico mio, sei stato il mio leale compagno in decine di battaglie, ma quello che mi stai dicendo adesso ti scredita in modo... - si fermò un attimo, vicino alla sua spalla. - ...imbarazzante -
    - Sembrate intenzionato a non ascoltare la mia versione, Superiore. Come posso difendermi? - replicò Luxord voltandosi verso di lui con lo sguardo che cercava risposte.
    - Esigo la tua sincerità, Numero X - rispose Xemnas ergendosi a pari altezza con lui, ora che era sceso dalla scalinata. - Perché hai fatto fuggire Allen Walker? -
    La domanda era ovvia. Avrebbe potuto benissimo uccidere il Quattordicesimo senza troppe storie, anche a costo di far collassare la Jail Clock con Allen dentro. Avrebbe comunque seguito il suo piano... A cosa gli poteva servire Allen? Sarebbe stato ucciso comunque... o tramutato in Nessuno, perdendo la propria utilità effettiva. Forse non voleva ucciderlo per il semplice motivo che era divertente combattere con lui. Si somigliavano molto, in tantissimi aspetti. Avrebbe certo eseguito il suo dovere, magari dopo un altro scontro, uno come si doveva. Esatto. Non aveva permesso ad Allen di morire perché voleva affrontarlo in una vera battaglia, da soli, carte alla mano. Il giovane Esorcista era un Asso, apparentemente piccolo e insignificante, ma che poteva improvvisamente avere più valore di un Re se si metteva d'impegno.
    E non c'era nient'altro da dire. Trovare uno spirito così affine al suo gli fece riaffiorare vecchi sentimenti di rivalsa creduti dimenticati. Lo avrebbe terminato con rispetto, come si addiceva ad un vero combattente... come ad un vero gentiluomo. Inoltre, Allen gli occorreva per ostacolare Rixfern con le informazioni che avevano ottenuto, e senza il Quattordicesimo sarebbe stato più libero di muoversi.
    - Credevo sarebbe stato più utile contro Rixfern da libero - si giustificò.
    - Un errore simile non è da te, Luxord... - disse il Superiore, improvvisamente alle sue spalle, con un dito insanguinato sulle labbra.
    In un impressionante sprazzo di sangue, il cadavere dello Sfidante del Destino toccò il freddo pavimento.

    Una fredda brezza di montagna penetrava dalle finestre di legno solido, ma non abbastanza spesso e imponente da impedire all'aria di entrare nella stanza rinfrescandola e lottando con il calore del fuoco acceso nel camino. Morbide lenzuola di seta bianca, su un soffice materasso di piume sormontato da altrettanto soffici cuscini, formavano un letto sostenuto da un robusto scheletro di legno: la figuretta rannicchiata in esso si appallottolò con un'espressione beata, i capelli nerissimi rilassati sul viso, i bei lineamenti fanciulleschi distesi e sereni. Un delicato incenso si propagava nell'aria favorendo il suo sonno e calmando le sue ansie, permettendogli di riposare tranquillo. Al lato del letto stava un tavolino con alcune bende e un piccolo bacile d'acqua, al momento vuoto. Nella stanza regnava il silenzio, inframmezzato dal respiro tenue del suo ospite e dal fruscio delle tende agli spifferi d'aria. Pochi larghi tappeti ne ricoprivano il pavimento in pietra, ben lontani dalle scintille del caminetto annerito.
    La porta in legno massiccio della cameretta si aprì, rivelando una ragazza dai lunghi e lisci capelli rosati dalle punte incurvate leggermente come se cercassero di arricciarsi, coperta da una lunga veste verde chiaro in seta dagli intarsi in oro agli orli, senza maniche, ma due antibracci dello stesso tessuto dal gomito al polso. Ai piedi portava dei sandali col tacco basso. La sua pelle era chiara, e aveva gli occhi arancio. Guardò la figuretta sul letto, rannicchiata e infantile con un sorriso dolce, e si avvicinò al giaciglio recando con sé una brocca d'acqua calda e delle vivande in un vassoio.
    Gli passò una mano tra i capelli, lentamente e attendendo che si svegliasse con quel semplice tocco.
    Non passarono molti secondi che Vanitas si svegliò, insonnolito e intorpidito, come se avesse dormito decenni. Notò che al petto aveva delle bende bianche, sporche di macchie rosee. Probabilmente il sangue delle ferite aveva smesso di scorrere e le avevano cambiate spesso. Aprì gli occhi dorati con un mugolio, mettendo difficoltosamente a fuoco la figura che gli si parava davanti...
    - Ah! - sussultò alzandosi di scatto a sedere, facendo scivolare le bende sul torso nudo, guardandola con gli occhi spalancati. - Chi... chi sei? - chiese cercando il Keyblade. - Dove... -
    - Stai calmo! - esclamò la ragazza portando le belle mani avanti, facendogli cenno di placarsi. - Non sono una minaccia. Lady Theresa ti ha trovato sul sentiero -
    - Theresa... - ripeté. Quel nome non gli diceva nulla.
    - Sei nell'Enclave delle Streghe - disse lei rassicurante. - Mi chiamo Kururu -
    Vanitas le sorrise timido, e anche un po' spaventato. Se era finito nell'Enclave, come mai era ancora vivo? Non erano forse contro l'Organizzazione?
    Ma anche lui lo era, ormai... ricordava solo di stare percorrendo il sentiero che portava a Weisshaupt, spinto lì da non capiva bene quale desiderio, lasciandosi dietro un rivolo di sangue che sembrava affamare molto i Lupi delle montagne. Era così stremato che non riusciva nemmeno a estrarre il Keyblade e ucciderli, limitandosi ad arrancare sempre più in alto, frustato da una massiccia bufera. E aveva poi scorto una donna ammantata, che camminava in mezzo alla neve senza subire la violenza del vento, avvicinarsi a lui. Il suo primo istinto fu di chiederle aiuto, ma più perché portava sulle spalle...
    - Cloud! - esclamò alzandosi di scatto e poggiando i piedi sul tappeto di pelliccia, afferrando le spalle della ragazza. - Dov'è Cloud? -
    - Mh... - gemette Kururu arrossendo e voltandosi da un'altra parte.
    Vanitas la guardò stranito, quando realizzò degli spifferi che gli toccavano le gambe e i glutei nudi.
    - M-Maledizione! - farfugliò afferrando le bende pulite dal comodino e sostenendole con le mani davanti alle vergogne, paonazzo in volto.
    - Tranquillo, ti... ho già visto altre volte - biascicò lei. - Ero io ad occuparmi di te - aggiunse, continuando a non guardarlo. Vanitas in compenso divenne ancora più violentemente rosso.
    - Dov'è Cloud? - ripeté lui ancora imbarazzato, ma deciso a sapere dove fosse. Kururu sospirò, camminando verso una seggiola, con la veste che ondeggiava dolcemente al suo passo: afferrò l'oggetto e lo portò davanti al letto di Vanitas, invitandolo a sedersi. L'Unversed accolse l'invito, ancora coprendosi con le bende, guardando il proprio riflesso alla finestra. Aveva l'aria distesa, anche se un po' stanca. E aveva anche un po' fame, e l'odore del cibo nel vassoio era parecchio invitante.
    - Lascia che ti guardi le bende prima - disse lei comprensiva, snodando abilmente i nodi e svolgendo le strie di tessuto che coprivano le ferite di Vanitas, avvolgendo il suo esile torace. - Oh? - esalò un attimo stordita: le bende erano pulite e quasi immacolate, solo piccole macchie rosee, ma niente che accennasse alla copiosa perdita di sangue della notte prima. Gli aveva cambiato le bende due volte, in quel paio di giorni che era passato da allora.
    Kururu si spostò davanti, tastando il petto e l'addome di Vanitas, dove solo una notte prima troneggiava un affondo vistoso e quasi letale. E adesso era scomparso... Forse era questo il potere degli Unversed?
    - Le tue ferite sono scomparse - disse lei colpita. - Non capisco come sia possibile... ma forse dipende da... -
    - Da come sono stato creato - completò Vanitas rassegnato. Lui era, e sarebbe sempre stato, un pupazzo di carne. Si era convinto che Vexen fosse suo "padre", ma in realtà era il suo "costruttore", non aveva ingravidato una donna per metterlo al mondo, lo aveva assemblato con carne di cadaveri e sentimenti non suoi. Kururu però gli sorrise, scompigliandogli i capelli.
    - Tutti noi siamo stati creati - spiegò mettendogli le mani sulle spalle. - Anche io, anche Lady Theresa, persino la Divina Andraste. Siamo tutti stati... creati, dal Creatore - lo guardò negli occhi. - Anche questo mondo è stato creato - concluse indicando con un gesto eloquente il paesaggio oltre la finestra.
    - Ma io sono stato creato dal Freddo Accademico... non dal Creatore - rispose Vanitas con lo sguardo basso.
    - E' stata comunque la Volontà Divina a decidere della tua nascita - disse Kururu con convinzione, mentre riempiva il bacile sul comodino d'acqua. - Se c'è una cosa che ho imparato da quando sono una Ninfa... è che ognuno di noi viene al mondo per un motivo preciso - prese una spugna, strizzandola. L'acqua emanava un dolce odore, che si propagò sul corpo di Vanitas una volta che Kururu vi passò la spugna sulla schiena.
    - Il Grande Disegno? - proprio come quello di Xemnas...
    - Se così vuoi definirlo - fece spallucce lei. - Ma non parlo di chissà quale grande piano. Parlo del significato della tua vita come persona, di quella che può essere definita "la tua funzione", per quanto brutto possa suonare - l'acqua scivolò sul petto di Vanitas, che rifletteva sulle sue parole. - Se davvero tu fossi soltanto un pupazzo, che motivo avresti di esistere? -
    - Gli oggetti hanno la loro funzione, come motivo di esistere - disse Vanitas. - Il mio compito è uccidere i Custodi e permettere l'apertura del Kingdom Hearts -
    - Eppure non l'hai fatto - sorrise Kururu sporgendosi dalla sua spalla. - Non hai ucciso i Custodi... -
    - Ma ho fatto del male a Sora! - protestò Vanitas voltandosi su di lei.
    - E non credo fosse tuo compito salvare il Custode del Caos... - aggiunse con maliziosa innocenza. Vanitas s'irrigidì. - In quel momento ti sei ribellato ai tuoi ordini, hai scelto di seguire la tua vera "funzione", non quella di burattino, ma quella di una persona... hai scelto di seguire il cuore -
    - Voi... come... - balbettò Vanitas incredulo. Come potevano sapere?
    - Abbiamo molti bravi Legilimens nell'Enclave - si giustificò lei. - E alcuni sono un po'... pettegoli -
    Vanitas si afflosciò sconfortato sulla sedia, mentre Kururu gli passava la spugna per lavarsi davanti.
    - Vuoi dire che avendo operato una scelta, sono una persona? Ma questa cosa della "funzione", non cozza con il libero arbitrio? -
    - Lo fa? - disse lei. - Cos'è davvero il libero arbitrio, Vanitas? -
    Lui rimuginò un attimo, poi parlò.
    - La libertà di scelta... -
    - Ma scegliere cosa? - incalzò lei. - Un tipo di verdura al posto di un altro? Be' sì, ma principalmente, la libertà di scegliere il sentiero da percorrere, di trovare la nostra "funzione" -
    - Xemnas vorrebbe forzare tutti a seguire un sentiero scelto da lui... - ricordò Vanitas a bassa voce.
    - Già - annuì lei amaramente. - Per questo va fermato. Ma tu, Vanitas, tu che hai compreso questo, adesso non sei più un semplice oggetto, lo capisci? E' come se la spugna con cui ti ho lavato si fosse rifiutata di farlo. In questo momento, tu non sei un pupazzo - lo guardò intensamente, contenta. - Tu sei una persona -
    Il giovane Unversed la fissò imbambolato per un tempo lunghissimo, incredulo, incapace di parlare, di reagire, di dire una qualsivoglia cosa. Il ragionamento della Ninfa Kururu era perfetto, collimava con tutto quello che sperava, e aveva una logica innegabile. Ora che aveva operato una scelta, che si era ribellato alla gabbia che lo teneva prigioniero, non era uno strumento ma una persona a tutti gli effetti. Era un essere senziente, spinto dai sentimenti e dalla ragione in egual modo.
    - Io una persona... - ripeté. Tutto quello che aveva passato fino a quel momento era dunque una preparazione a questo? Sorrise come un bambino, con la felicità che gli inondava il cuore. Non voleva piangere, ma le labbra gli tremavano, ardivano di spalancarsi più di quanto avessero mai fatto prima, e lo fece. Uno splendido, largo sorriso si dipinse sul volto di Vanitas, l'Unversed anomalo, la marionetta diventata ragazzo.
    Sapeva bene che il suo potere esisteva ancora, sapeva bene di essere un Unversed sempre e comunque, ma in quel momento aveva raggiunto la consapevolezza di essere unico. Kururu, quando finì di asciugarsi, gli porse i vestiti, rammendati e lavati, e li indossò senza nemmeno accorgersene.
    - Grazie, Kururu - disse sincero, guardandola negli occhi arancio. Si diresse verso la finestra, respirando profondamente l'aria fredda. La bufera era passata, e un manto innevato ricopriva le montagne di Nowart come un morbido lenzuolo, totalmente uniforme. - Non mi conosci nemmeno, eppure mi hai aiutato così tanto -
    - Sono una Ninfa - disse lei. - Siamo Entità votate al bene del mondo. L'Enclave non è una forza militare, siamo soltanto protettori dell'Equilibrio... e del Kingdom Hearts -
    - Però non mi hai ancora risposto - le ricordò Vanitas, fissando una coppia di gufi delle nevi che volavano distrattamente attorno al castello. - Dov'è Cloud? -
    Kururu sospirò, sorridendogli rassicurante. In quel momento, un'altra persona entrò, coperta da un manto bicolore, e gli occhi ciechi baluginanti che risaltavano sulla pelle scura. Theresa, la nipote di Andraste e momentaneo capo dell'Enclave in attesa che la sua Signora tornasse, avanzò verso la finestra, "guardando" Vanitas con dolcezza.
    - Cloud Strife si trova nella camera di fianco - disse, la sua voce eterea che sembrava provenire dalle loro menti. - Puoi andare, Kururu, il tuo compito qui è terminato per il momento -
    - ...ma a volte bisogna comunque ricordarsi di chi è che comanda - concluse Kururu con una risatina, allontanandosi. - A presto Vanitas - salutò chiudendosi la porta dietro.
    Rimasero soli. Theresa si mise alla finestra, accanto all'Unversed, entrambi senza dirsi nulla per un certo periodo di tempo, continuando a fissare lo splendido paesaggio davanti a loro. Nubi lucenti di bianco popolavano il cielo, e il silenzio dominava ogni cosa. Weisshaupt dominava le montagne di Nowart e i confini di tre stati: Mordor, di cui vedevano i rostri aguzzi delle montagne che la circondavano, Vellond ed Ecclesia. Era una fortezza non invincibile, ma facilmente difendibile.
    Vanitas si voltò su Theresa, che fissava ancora lontano nonostante gli occhi ciechi, ma tutto ciò che l'Unversed riusciva a vedere era il suo naso adunco che sporgeva dal cappuccio.
    - Sono contenta che tu stia bene - disse lei senza voltarsi, ma dal tono sollevato. - Non abbiamo usato i nostri incantesimi di guarigione su di te, non sapevamo che reazione avrebbe avuto il tuo corpo alla nostra Magia - spiegò come a giustificarsi. - A quanto pare, le tue cellule si rigenerano rapidamente. Ne sono sollevata -
    - Grazie per averci ospitati qui - disse Vanitas. - Ma per favore... mi dica di Cloud -
    Theresa sospirò e si voltò appena su di lui.
    - Non ti mentirò, Vanitas - assicurò Theresa. - E' in coma -
    Spalancò gli occhi dorati, un brivido lungo la schiena. Cloud...
    - In... coma? - boccheggiò.
    - L'abbiamo capito proprio stamane, prima di controllare te - Theresa si allontanò dalla finestra, il fruscio dei suoi calzari che risuonava impercettibile verso altri punti della stanza. - Sta bene. Le sue ferite sono guarite tutte, ancora più rapidamente delle tue -
    - E allora perché non si è svegliato da questo coma? - incalzò Vanitas spazientito. - La prego... non nascondetemi nulla -
    - E'... vuoto - cercò di spiegare la Profetessa. - Respira, il suo battito è regolare, ma è come se gli mancasse l'anima. O forse... -
    - Il Caos... - realizzò Vanitas con lo sguardo perso.
    - Esatto - puntualizzò Theresa. - Cloud è il Custode del Caos, e finora è sembrato invincibile... ma qualunque cosa gli abbia fatto Zexion, ha risucchiato il suo potere e gli ha impedito di "ricaricarlo". Il Caos fluisce nelle sue vene, è come se gli avesse risucchiato il sangue -
    Vanitas annuì, stringendo i pugni.
    Non aveva fatto quella strada...
    Non aveva rischiato di farsi uccidere...
    Per vederlo morire adesso. No, avrebbe fatto di tutto per permettere a Cloud di rialzarsi in piedi e continuare a combattere, qualunque cosa in suo potere e anche oltre. Era questo il suo sentiero...
    La sua "funzione".
    Aiutare Cloud, seguire il Cuore.
    - Ha bisogno di Energia Caotica, vero? - chiese. Theresa annuì. - Mi dica solo dove trovarla - disse deciso.
    - Il problema è questo - sospirò lei guardandolo negli occhi. - L'unica fonte sufficiente sarebbe una fiala di sangue di Drago... un Drago del Caos - ricordò. - Ma sono rarissimi, non so nemmeno se ce ne siano in questa dimensione... -
    - Peeeeerò - intervenne una vocina dal nulla: Vanitas si voltò e vide una bambina dall'aria vivace, scalza con solo dei collant a strisce rosa e nere alle gambe, una camicia bianca e una gonnellina alla marinara nera, capelli violacei e la pelle scura, con occhi dorati e sette croci sulla fronte, spuntargli davanti, atterrando sul letto. - Roxy è andato con Allen-kun e quella zitella di Morrigan ad Esthar, giusto? E lì c'è Yiazmat... -
    - E allora? - chiese Theresa, spazientita. - E ti avevo detto di non entrare, Road - Road Kamelot sbuffò contrariata.
    - Sì, così sareste rimasti a rimuginare ancora - la schernì. - L'Equilibrio, Theresa! - squittì.
    - Dannazione, come ho potuto essere così sciocca! - si rimproverò l'anziana Profetessa. - Secondo la regola dell'Armonia, se c'è un Drago dell'Equilibrio nel mondo deve necessariamente esserci anche un Drago del Caos! -
    - Gli darò la caccia! - assicurò Vanitas. - Ditemi solo dove trovarlo! -
    - Trovarla, vorrai dire - disse Theresa. - Road, tu e Kururu andrete con lui. E' importante ridare potere al Custode del Caos, o il piano di Yuuko resterà una mera illusione -
    - Sì, che bello! - disse Road battendo le mani tutta contenta.
    Theresa schioccò le dita e in un attimo Kururu comparve sull'uscio, aprendo la porta e accorrendo dentro la stanza, dove Vanitas assisteva confuso.
    - Perché mi occorre un seguito? - protestò Vanitas. - Non vorrei metterle in pericolo! -
    - Tu a noi? - lo prese in giro Road. - Kururu, prepara le tue cianfrusaglie mediche, stiamo partendo - ordinò agitando il suo ombrello rosa.
    - E dove... dove andiamo? - farfugliò Kururu confusa, cercando risposte da qualcuno.
    - A Bikanel - disse Theresa porgendo il Keyblade a Vanitas. Non lo stava realmente toccando: levitava sul suo palmo. - Da Nythera -

    Xemnas si alzò dal suo trono, fissando il nulla davanti a sé. I Dragoni di Xaldin sorvegliavano il colonnato con le loro lance, ma i suoi adorati membri non c'erano: erano in giro per il castello, pensando ai loro affari, festeggiando la loro rinnovata vita. Il Frutto dell'Eden era adesso nel laboratorio di Vexen ad accelerare la creazione dei Dremora, la loro nuova, vera e unica forza da battaglia... presto non ci sarebbe stata più traccia di Nessuno senza iniziativa ed Heartless privi di senno. Soldati perfetti che avrebbero annientato ogni resistenza e gli avrebbero finalmente dato la possibilità di aprire l'agognato Kingdom Hearts.
    E dopo, il mondo perfetto sarebbe giunto. Tutti gli sforzi che aveva fatto per proteggere e proseguire il suo ideale sarebbero finalmente arrivati a buon fine. Doveva solo procurarsi i due Custodi.
    - Superiore, state partendo? - la voce di Zexion lo raggiunse mentre si avviava all'uscita del Castello.
    - Oh, Zexion - disse voltandosi lentamente. - Sì, sto andando al funerale di Dimitri Terzo -
    - Gli Ecclesiani sono ferventi fanatici del Creatore, e Vanitas... - avvisò Zexion.
    - La Replica ha commesso una strage, infangando il nome del nostro sacro ordine monastico - si limitò a dire il Superiore, giungendo le mani nel manto e avviandosi con un sorriso enigmatico. - Tornerò fra tre giorni - disse ormai fuori dall'immenso portone. - Per allora, voglio che tu ti sia occupato dell'Enclave una volta per tutte, Zexion -
    Il Burattinaio Mascherato s'inchinò con un elegante gesto, alzando appena lo sguardo.
    - Sarà fatto, mio Superiore - disse con reverenza.
    Era ora di occuparsi della Terza Fazione.


    Note: Questa è Kururu!

    SPOILER (click to view)
    image


    Edited by Nyxenhaal89 - 16/4/2011, 00:54
     
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  2. _Holy
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    Interessante own da parte dell'effemminato canterino ai danni del "povero" Luxord... son curioso di sentire la reazione di Mizu a riguardo... XD
    Come ti ho però detto, un po' mi dispiace çoç

    Il capitolo è quasi del tutto dialogato, intermediario (come hai detto tu) di qualche avvenimento di fattura elevata... sono curioso ^^
    Gag a sfondo yaoista a parte, il discorso di Vanitas e Kururu è stato... interessante... anche se, a parer mio, sfuggire alla propria natura, alla propria REALE natura, è cosa impossibile... non basta rendersi conto di essersi tolti un'etichetta, ognuno di noi ha legami e radici impossibili da estirpare... ma immagino che Vanitas ciò non lo voglia affatto sentire, dopo il faticoso metodo di convinzione di Kururururu ^^
    E Cloud... in coma... guarda, direi un "tiè", ma negli ultimi tempi mi sono scrollato di dosso la mia opinione nettamente negativa su di lui, sperando che al suo risveglio possa finalmente sdebitarsi in modo da far felice il "povero" Vanitasio.
    (perché si sveglierà, vero? :omg:)

    Stile di scrittura arcaicizzante inizialmente e ben più modesto in seguito, come al solito mosso benissimo, sono stanco di dirtelo! ùWù

    ;)
     
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    CAPITOLO MANGIATO!
    Veramente carino, anche se si incentra solo su Vanitas, che mi sta cominciando a piacere già da qualche capitolo!
    Non ho trovato particolari errori, quelli non ci sono mai! *ç*
    XD, Luxord è già morto, muahauhha!

    Vanitas, Road e Kururu partono e Zexion attacca l'Enclave delle Streghe.. no?
    <3

    Bel capitolo!
    EDIT: MI HAI COPIATO L'IDEA DEL COMA EH NO SEI UNA LADRA ORA TI DENUNCIO111111111 :omg:
     
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  4. _Holy
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    CITAZIONE (Nemesis; @ 16/4/2011, 00:33) 
    CAPITOLO MANGIATO!
    Veramente carino, anche se si incentra solo su Vanitas, che mi sta cominciando a piacere già da qualche capitolo!
    Non ho trovato particolari errori, quelli non ci sono mai! *ç*
    XD, Luxord è già morto, muahauhha!

    Vanitas, Road e Kururu partono e Zexion attacca l'Enclave delle Streghe.. no?
    <3

    Bel capitolo!
    EDIT: MI HAI COPIATO L'IDEA DEL COMA EH NO SEI UNA LADRA ORA TI DENUNCIO111111111 :omg:

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    CITAZIONE (_Holy @ 16/4/2011, 00:41) 
    CITAZIONE (Nemesis; @ 16/4/2011, 00:33) 
    CAPITOLO MANGIATO!
    Veramente carino, anche se si incentra solo su Vanitas, che mi sta cominciando a piacere già da qualche capitolo!
    Non ho trovato particolari errori, quelli non ci sono mai! *ç*
    XD, Luxord è già morto, muahauhha!

    Vanitas, Road e Kururu partono e Zexion attacca l'Enclave delle Streghe.. no?
    <3

    Bel capitolo!
    EDIT: MI HAI COPIATO L'IDEA DEL COMA EH NO SEI UNA LADRA ORA TI DENUNCIO111111111 :omg:

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  6. _Holy
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    CITAZIONE (Nemesis; @ 16/4/2011, 00:42) 
    CITAZIONE (_Holy @ 16/4/2011, 00:41) 
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  7. Nyxenhaal89
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    Nemesis, come hai fatto a scoprire della mia quarta di reggiseno?
     
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  8. Taiki Koizumi
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    A parte la morte di Luxord che speravo di non dovermi di nuovo sorbire, ottimo lavoro.
    Mi è piaciuta molto la parte filosofica, ti riescono bene e sai metterci entusiasmo quando sono filoni logici creati esclusivamente da te ^^
    Kururu mi sta simpatica e non vedo l'ora di vedere la cara Nythera <3
    Al prossimo capitolo ^^
     
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  9. Nyxenhaal89
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    Ed eccoci qua, alle tre e cinque di notte col capitolo 19!
    Ebbene sì, ho voglia di riprendere a fare folliiiiiie! :UPirate:
    Un capitolo di transizione, in attesa di altre truculente faide sanguinarie, e finalmente un po' di sano etero! >8D (non gasatevi, è solo un bacio. XD)
    Grazie a tutti! Holy, Nemesis e Mizu, e saluto Xander, King, Dreamer, Orfeo e tutti quelli che seguirono, seguono e seguiranno questa fanfiction, sperando che non cada nel dimenticatoio troppo presto
    Che altro dire, vi voglio bene. u.u
    Buona lettura!

    19: Il Segreto di Esthar

    Giunse l'alba a Minas Tirith, e come attente formiche i muratori avevano ripreso le riparazioni della prima cinta muraria. Erano stati rapidi: ormai buona parte delle ferite aperte dal crudele attacco di Vanitas erano state sanate... o almeno, quelle architettoniche. Ci sarebbe voluto molto tempo perché anche le ferite del cuore si fossero rimarginate. Molte persone avevano perduto, in quei crudeli giorni di battaglie, padri, figli, madri, nonni e parenti d'ogni sorta. Nabradia era salva: ma il costo era stato elevato, e non sarebbe stato certo un monumento al centro della piazza cittadina a ripagarlo.
    Questo, Rasler lo sapeva bene. Guardando il mondo sotto di sé dall'alto del promontorio di Minas Tirith, si rendeva sì conto della vittoria di Nabradia, ma al tempo stesso anche della fortuna che avevano avuto in quella vittoria. Un Custode abile come il suo discendente Roxas a difendere la Città, l'aiuto degli Assassini, l'arrivo provvidenziale del suo esercito che se avesse ritardato di poche ore avrebbe trovato solo un cumulo di macerie. E lui stesso, senza il sacrificio della Custode Aqua, sarebbe morto.
    Sospirò mestamente: erano passati sì e no cinque o sei giorni da allora, un tempo davvero esiguo paragonato all'angoscia che provava ogni giorno da quando Xion se n'era andata, un sentimento opprimente che rendeva ogni minuto lungo un secolo. Non faceva che mirare, in lontananza, verso Osgiliath: quando un gigantesco pilastro nero si erse sulla cittadina fu tentato di muovere i suoi uomini all'attacco, ma Gandalf gli aveva intimato di lasciar fare ai Custodi. Il pensiero che la sua Xion fosse lì nel mezzo della battaglia, e senza di lui per giunta, gli faceva rodere il fegato dall'ansia.
    - Mio signore - disse Vaan, arginando il flusso dei suoi pensieri. Aveva ormai abbandonato i suoi abiti poveri e logorati dall'usura: indossava una casacca nera lunga fino a metà delle cosce, pantaloni dello stesso colore e resistenti stivali di cuoio. Alle spalle portava un manto di lana scuro e alle mani guanti da spada comodi e robusti; sulla casacca, in bella mostra, risaltava il ricamo dell'Albero Bianco di Gondor, coronato da sette stelle e con una spada che divideva a metà il tronco. Una cintura stringeva la casacca alla vita, e ad essa era appesa una spada lunga. Rasler si voltò su di lui, le mani dietro la schiena, con un sorriso accomodante in volto. - Ehm... - cercò di ricordare. Stava ancora ricevendo lezioni da Kaythlin e Bevin, gli scudieri dell'ormai defunta Anora e Cailan, e a tratti risultava ancora piuttosto rozzo e impacciato. - Sono arrivati i Cust.. -
    - Xion? Sta bene? - chiese Rasler allarmandosi.
    - Mio signore, sono solo il gruppo dei Custodi di Andraste - rispose Vaan. - Gli altri, a causa di un malore di un loro compagno, sono rimasti all'accampamento. Verranno quando si sarà rimesso -
    - Capisco... - disse il Principe con lo sguardo basso.
    - Inoltre, chiedono di mostrarvi una documentazione importante - aggiunse il novello scudiero.
    - No - pronunciò secco Rasler. - Non voglio vedere nessuno -
    Quella reazione lasciò Vaan di stucco per qualche secondo: in quei giorni Rasler aveva costantemente ricevuto ospiti e delegazioni da tutte le parti del regno, aveva sempre risposto con garbo e gentilezza a richieste e preoccupazioni... e adesso, invece, sembrava aver completamente cambiato idea. Non pareva arrabbiato e annoiato, ma preoccupato. Talmente preoccupato da non poter nemmeno gestire gli affari del regno come sempre.
    - Mio signore... - esordì Vaan, avvicinandosi. Egli non diede risposta. - ...Rasler? - azzardò con un sorriso colpevole, posandogli una mano sulla spalla. Rasler sobbalzò al sentirsi chiamare per nome, e non riuscì nemmeno a sorridergli come sempre.
    - Non voglio vedere nessuno, Vaan... - ripeté debolmente. - Prima voglio Xion, davanti a me, in carne ed ossa... -
    L'ultima frase, detta quasi in un mugolio, fece comprendere al giovane la gravità della cosa. Rasler stava provando ciò che provava chiunque avesse moglie o marito in armi: la paura di perdere la persona amata in battaglia. Anche se era il futuro Re di Nabradia, era comunque un essere umano. Rideva, gioiva, soffriva.
    Amava...



    - Woa! - esclamò Yiazmat mettendosi un braccio davanti al viso. - E'... è questo il cielo? -
    Erano usciti dalla caverna, finalmente: il grande menhir con le rune azzurre in esso intagliate tornò una roccia solitaria, mentre come un miraggio la grande montagna simile ad un'arena cilindrica svaniva in un'immagine tremolante, preclusa a chi non fosse Scelto per entrarvi. Morrigan, col bastone ben puntato sul terreno, diede un ultimo sguardo ad essa con nostalgia, inspirando l'aria pura del nord del Tevinter. Le montagne che circondavano Minrathous e la foresta ai loro piedi si stagliavano minacciose come zanne sul cielo argenteo e perlaceo, dal quale il sole brillava come un freddo diamante.
    - Un ultimo saluto alla tua casa, Yiazmat? - disse Morrigan prima di iniziare a incamminarsi.
    Yiazmat restò un momento a fissare il Menhir con un'espressione indecifrabile: tutto quel tempo non aveva fatto che sognare di uscire da quella maledetta grotta, di sottrarsi alla protezione dei suoi genitori, di vedere il mondo esterno, e ora come prevedibile avvertiva la nostalgia di casa. La saggezza e i consigli di suo padre, i combattimenti per gioco che facevano quando era solo un cucciolo, e la dolcezza di sua madre che lo teneva sotto le sue zampe quando aveva freddo. Ora che non avrebbe mai più provato nulla del genere, ora che quelle cose non sarebbero mai più tornate, ne sentiva la mancanza, in modo terribile. Invulnerabile e immortale, ma il suo cuore era avvolto in un cupo manto di tristezza che difficilmente riusciva a sollevare.
    La sua espressione contrita contò le rune sul menhir un'ultima volta, con mille pensieri per la testa.
    - No... - si limitò a dire. - Non possiamo perdere altro tempo -
    - Guarda che possiamo restare un altro minuto - lo tranquillizzò Roxas sorridente. - Posso capire se hai nostalgia di casa - e ci sarebbe mancato altro, dopo tutto quello che avevano passato. Yiazmat si voltò verso di lui con un sorriso dolce, uno sguardo di profonda malinconia che si irradiava dagli occhi grigi.
    - Ma dai, ti sembro così sentimentale? - disse spaccone, tirandogli una manata sulla schiena e ridendo forzatamente. - Andiamo, forz... - si tenne la testa, strizzando un occhio per il dolore. - ah... - gemette.
    - Che accade, Yiazmat? - chiese Morrigan avvicinandosi.
    - C'è... qualcosa - disse il Drago sovrastando il dolore alla tempia. - Un'anomalia... qualcosa che non dovrebbe essere in questo mondo! -
    - Dobbiamo allontanarcene? - chiese Allen, stringendosi nel cappotto da Esorcista.
    - No, devo scoprire cos'è - ribatté Yiazmat. - E' compito dei Draghi vegliare sulle anomalie... e se ne sento una, continuerò a percepirla finché non la trovo -
    Roxas fu abbastanza interessato da questa caratteristica di Yiazmat. I Draghi avevano un senso del dovere tale da sentirsi male se non eseguivano il proprio compito, dunque?
    - Allora non ci resta altra scelta che trovarla, giusto? - disse Roxas.
    - Posso anche fare da solo, mi basta vedere il problema - disse Yiazmat. - Non sono cose che possono essere sistemate da noi -
    - E allora per quale motivo devi vedere l'anomalia, se sistemarla non è nei tuoi poteri? - intervenne Allen.
    - Perché noi Draghi siamo gli occhi e le orecchie del Kingdom Hearts - spiegò Yiazmat improvvisamente solenne. - Quindi, quando avvistiamo un'anomalia esso ci dona la forza e il potere di risolverla. Ma in questa situazione, tutto quello che possiamo fare e guardare -
    - Questo è parecchio triste - disse Allen. - Praticamente, è come se il vostro potere vi ricordasse di essere inutili -
    - Certo che hai un dono innato per sollevare il morale alle persone, Allen... - lo interruppe Roxas a sopracciglia alzate.
    - Non è per questo che mi hai portato con te? - ribatté l'Esorcista.
    - L'avevo quasi dimenticato - rise Roxas: ma la sua risata fu troncata dagli occhi di Yiazmat.
    - Io una persona - disse quasi tra sé. - Interessante... -
    Un attimo dopo il giovane Drago scattò e corse nel fitto della foresta, superando rapidamente alberi e sterpaglie gelate come un segugio dopo aver fiutato una preda: i tre decisero di seguirlo prima che andasse troppo lontano rispetto a loro, velocissimo e quasi imprendibile. Morrigan, un po' meno abituata a simili corse, era più lenta, ma Allen e Roxas riuscivano agilmente a tenere il passo, specialmente il Custode, che con gli addestramenti di Altair riusciva a correre veloce come il vento e per tempi notevoli.
    - Sta andando... - ansimò Morrigan. - Verso il Cratere! -
    - Ma non era la sua casa, il Cratere? - chiese Roxas voltandosi.
    - Roxas guarda dritto, accidenti a te! - lo rimproverò Allen, permettendogli di evitare per un pelo il classico ramo che avrebbe rischiato di finirgli in faccia.
    - No... il Cratere vero e proprio... - rispose Morrigan - quello "geografico"... è appena oltre la foresta -
    Roxas memorizzò l'informazione e proseguì l'inseguimento di Yiazmat evitando qualche radice, che ogni tanto sporgeva dal terreno. Riuscivano a vederlo a malapena, come una macchiolina nerastra tra gli alberi, dimentico di avere tre persone dietro e interessato soltanto, a quanto pareva, a trovare la fonte di quell'anomalia che tanto lo aveva spaventato.
    Erano abbastanza rifocillati e riposati da poter continuare a seguirlo per lungo tempo, ma non sarebbero durati in eterno. Vedevano la sagoma scura del Grande Cratere di Esthar sorgere proprio di fronte a loro, sempre più vicina, mentre gli alberi andavano diradandosi a causa dell'aridità crescente del terreno, troppo gelido per dare nutrimento. Certo in quel momento i tre non sentivano minimamente il freddo che gli frustava le guance arrossate e le fronti sudate, accaldati com'erano.
    Gli alberi si diradarono quasi al punto di sparire: rimaneva, tra le scure pendici e la foresta, qualche metro di ghiaccio che andava a lambire la base rocciosa del Cratere. Allen si guardò intorno, preoccupato.
    Yiazmat sembrava sparito.
    - Dove si è cacciato, quel lucertolone buono a nulla? - ringhiò alterato, voltandosi sempre più freneticamente da una parte e dall'altra.
    - E' là sopra - disse Morrigan indicando con la bella mano esile il costone del Cratere, dove distinguevano visibilmente una forma umana arrampicarsi con la velocità di una lince sulla parete.
    - Bene, seguiamolo - disse semplicemente il Custode saltando su un appiglio. - Muovetevi, prima che si convinca di dover fare qualcosa e scompaia! -aggiunse preoccupato.
    Yiazmat era sicuramente indistruttibile e invincibile, ma era comunque un Drago giovane e inesperto del mondo: e il suo appena scoperto senso di giustizia poteva fargli credere di dover fare qualcosa per le anomalie, nonostante il Kingdom Hearts stesso gli avrebbe fatto capire che non c'era nulla che potesse fare.
    Roxas sfruttò appieno le capacità donategli dall'Animus, e iniziò a cercare gli appigli migliori per arrampicarsi sulla roccia. Allen e Morrigan gli fecero da seguito, un po' più stentati, ma ugualmente decisi a non lasciare da soli lui o Yiazmat. E poi, il fatto che i Draghi fossero invincibili non voleva certo dire che non potessero essere semplicemente catturati... e quel Drago era troppo importante per subire quest'ultima opzione.
    Una mano dietro l'altra, Roxas guadagnava terreno: il cratere non era molto alto, quindi sarebbero riusciti a scalarlo in una buona mezz'ora, a voler essere ottimisti. Yiazmat sembrava rallentare, forse era stato colpito da qualche creatura a lui sconosciuta. Già appena usciti dalla caverna era rimasto qualche secondo a fissare un lupacchiotto smarrito, che fu subito soccorso dalla madre. E il modo in cui aveva fissato il cielo, fece capire a Roxas quale disperato bisogno di libertà avesse quella creatura millenaria.
    - Si è fermato? - chiese Allen, un po' ansante per gli sforzi. Era decisamente ardua da risalire, quella parete. Gli appigli erano pochi, ma quello che più infastidiva l'Esorcista era che anche stavolta il Custode sembrava di gran lunga migliore di lui. Strinse gli occhi e decise di proseguire imperterrito verso il Drago, cercando di non pensare a quel momento di gelosia. Poi, finalmente, Yiazmat parve fermarsi: probabilmente erano arrivati in cima. Roxas lo seguì più rapidamente che poteva con degli ultimi sforzi, più di convinzione che d'altro: nonostante l'Animus anche lui stava accusando segni di stanchezza che gli facevano scivolare le dita.
    Ed eccolo, finalmente: il giovane Drago, alto ed eretto, a fissare il centro del Cratere con aria assorta e, incredibilmente, spaventata. Il gruppetto si affrettò ad arrivare alla cima accanto a lui, e in poche mosse furono alla sua altezza, mettendosi in piedi accanto a lui. Morrigan fu l'ultima a salire, paonazza e leggermente provata.
    - Allora, Yiazmat? - annaspò, stanca. - Il motivo di questa gita quale sarebbe? -
    Yiazmat non parlò, né si mosse. Sembrava sconvolto dal contenuto del Cratere. Roxas pensò che alla fine ci sarebbe potuta essere lava, o qualche foresta interna che magari Yiazmat non aveva mai visto, ma di fronte alla sua espressione di spavento una simile ipotesi non reggeva. Il Drago era immobile, teso, pronto ad un'eventuale azione se qualcuno gliel'avesse chiesto. Allora il Custode decise di seguire il suo sguardo.
    E anche lui, spalancò gli occhi con orrore e meraviglia.



    L'acqua, nera come la pece, del suo dolore.
    L'aria fredda, gelida come la paura, che lambiva il suo corpo.
    Il fuoco della sua speranza, spento e ormai incapace di alimentarla.
    Il letto terroso del fiume dove si sarebbe adagiato, una volta che l'Entità avesse finito di divorarlo.
    Chi sei tu?
    Una voce riecheggiò nella sordità dell'acqua dove giaceva, immobile, guardando il soffitto nero sopra di sé.
    Io sono Denzel Highwind...
    Sicuro?
    Certo!
    Perché gli faceva una simile domanda? E soprattutto chi era quella persona che gli faceva domande?
    Sono io Denzel Highwind.
    Che cosa? No, non è vero! Io sono...
    Tu non esisti.
    Certo che esisto! Io sono Denzel, Denzel Highwind!
    Ma lo sono anche io.
    Non è vero! E' una bugia! Tu sei... sei quella persona cattiva! Quella che ha fatto tanto male a tutti!
    Errato. Tu hai fatto del male a tutte quelle persone. Se dici di essere Denzel Highwind, allora sei tu quell'assassino che ha ucciso ogni cosa che si trovava sulla sua strada.
    NO! Tu li hai uccisi! Tu hai preso il controllo del mio corpo! Tu hai...
    Esattamente. Io ho presto il controllo del tuo corpo. Quindi tu non esisti, non più.
    Ma cosa andava a dire adesso? Certo che esisteva... certo che lui era lui!
    Ora il tuo corpo e la mia anima sono fusi. La tua anima è ormai un ricordo sbiadito... Ora sono io Denzel Highwind.
    SMETTILA!
    E poi, Highwind non è neanche il tuo vero cognome, no?
    Spalancò gli occhi... sempre che li avesse ancora.
    Chi sei realmente tu?
    Io...
    No, non risuciva a ribattere.
    Hai dei ricordi... di quella notte?
    Quale... quale notte?
    Quella notte...
    I miei genitori morirono...
    Perché sei stato tu, a ucciderli.
    NO! NON E' VERO!
    Paura. Paura. E il dubbio, che in un affondo silenzioso dilaniava lo scorrere dei suoi pensieri.
    Li hai uccisi... perché era il tuo compito.



    Rasler rimase praticamente irremovibile per tutto il giorno. Si rifiutò categoricamente di sentire qualunque notizia i Custodi di Andraste portassero con sé, dicendo che fino all'arrivo dei Custodi del loro mondo non avrebbe visto nessuno. Tutto ciò che fece quel pomeriggio fu rigirarsi nel letto di piume in preda all'ansia, continuando a guardare ora la porta ora la finestra. Aveva disperatamente bisogno di vedere Xion e non gl'interessava niente di null'altro: il mondo poteva anche finire quello stesso momento per lui, non gliene sarebbe importato nulla. Possibile che il vero amore fosse quello? Quell'ansia, quell'angoscia che lo accompagnavano ogni volta che Xion si separava da lui, quella sensazione che gli attanagliava lo stomaco ogniqualvolta pensava a lei e la vedeva in pericolo, era dunque questo l'amore?
    Se era davvero questa la sensazione che si provava, di certo non era una brutta cosa, ma gli impediva di pensare lucidamente, di essere sereno, di dormire tranquillo la notte se non aveva lei accanto. Come poteva sopportare a lungo questo sentimento? Aveva bisogno di lei, era la sua linfa vitale, era tutto ciò di cui aveva bisogno per vivere!
    E questi pensieri di certo non gli davano conforto, ma infine riuscì ad addormentarsi, accucciandosi in posizione fetale mentre sprofondava in un sonno tormentato.
    Viaggiò per i propri pensieri, così contorti e indecifrabili, quasi incubi causati dal malessere che permeava silenzioso il suo cuore, impedendogli di trovare pace persino nei sogni. Rivide quella creatura, quel pilastro d'ombra che si ergeva nel mezzo di Osgiliath, e che poi era misteriosamente scomparsa. E vedeva Xion, la sua bella, trascinata nell'ombra con quell'orrido mostro. Rasler era lì, davanti a lei, a correre tendendole la mano, ma l'armatura era troppo pesante e gli rallentava la corsa; allora sguainò la spada, ma in quel momento ricordò di averla data a Roxas, e lui era disarmato... si lanciò su Xion nel folle tentativo di afferrarla al volo, e riuscì appena a sfiorare la sua mano, prima di vederla definitivamente risucchiata da quell'immonda creatura. E Xion gridava, piangendo mentre svanivano nel nulla assoluto. Rasler urlò, urlò con tutte le sue forze, il dolore che gli spezzava l'anima a metà.
    E poi, qualcosa di incredibile accadde.
    Nel ventre del mostro comparve una luce di un bianco accecante, intensa e stupenda, che divenne una croce luminosa, e poi si allargò sempre di più fino a diventare un varco abbacinante che dilaniava la creatura, riempendola di crepe che saltarono via quando poi, in una possente luce perlacea, essa esplose frantumandosi in migliaia di frammenti che si dissolvevano inesorabilmente. E in mezzo alla luce apparve Xion, stupenda come una Dea, che atterrava dolcemente sul terreno di fronte a lui, il quale la guardò con reverenza, correndole incontro e abbracciandola, sussurrando inudibili parole di conforto. Le carezzò i capelli e la guardò negli occhi, quando la sua mente gli ricordò di aver a che fare con un sogno, e che ciò che aveva visto non era reale... già, non era reale la sua Xion, era solo il prodotto onirico dei suoi desideri...
    E con quella certezza il senso d'impotente rassegnazione tornò inevitabilmente a farsi strada nel suo sogno, costringendolo a svegliarsi e aprire gli assonnati occhi azzurri.
    - Mi era mancato vedervi dormire - disse una voce a lui conosciuta... e soprattutto, tremendamente agognata.
    Non gli occorse neppure aprire gli occhi: sapeva benissimo dove fosse, e tese le braccia trovando la sua donna al bordo del letto. La tirò dolcemente a sé dalla nuca e la baciò, ringraziando il Creatore che fosse ancora viva e tornata sana e salva da lui. Senza nemmeno farla parlare la trascinò sopra di sé, e avvertì distintamente la Lancia dei Santi, mezzo della loro riunione alla fine della battaglia nel Pelennor, cadere con fragore sul pavimento.
    - Ma... state piangendo? - gli chiese lei subito dopo.
    Rasler aprì immediatamente gli occhi, trovando il suo amore dai capelli corvini a guardarlo con un tenero sorriso e l'espressione catturata. I loro occhi acquamarina s'incontrarono in una magnetica danza ipnotica, mentre le mani del Principe carezzavano il fine viso della giovane Xion inoltrandosi sotto i suoi capelli, mentre la mano esile di lei carezzava con dolcezza i suoi occhi.
    Xion aveva sentito più volte la mancanza di Rasler in quei due giorni in cui gli era stata lontana: dopo che Riku si era rimesso avevano atteso che la ShinRa levasse le tende prima di tornare a Minas Tirith con Altair e i suoi due Assassini. Escluso il momento del Trapasso, che era riuscita ad eseguire senza troppi problemi (nonostante fossero passati solo tre giorni da quando eseguì il Rito nel Pelennor), fu piuttosto marginale la sua utilità nel corso della battaglia per la presa di Osgiliath. Si era limitata a combattere e assicurarsi che i suoi amici stessero bene, ed era stata la prima ad accorgersi che i Nessuno non combattevano solo contro di loro, ma anche contro quel misterioso sosia di Xemnas, il cui "dono" attendeva di essere aperto in presenza di Rasler.
    Adesso il Principe di Nabradia era definitivamente pronto per scoprire di cosa si trattasse, e la presenza di Xion parve riportare tutto al proprio posto.
    - No, sarà... il sonno... - farfugliò Rasler facendo per alzarsi , tenendola ben stretta con un braccio.
    - Vi sono mancata? - chiese Xion a tradimento, poggiando la punta del naso sul suo.
    - Siete sfacciata come sempre... - la rimproverò lui con un sorriso ampio e radioso. Affondò lentamente le labbra in quelle della giovane, stringendola tra le proprie braccia possenti, inspirando profondamente e sentendo i muscoli gonfiarsi in preparazione a qualcosa di gran lunga superiore a quei semplici baci d'estatica riconciliazione.
    Purtroppo, il dovere chiamò sotto forma di un familiare scudiero.
    - Mio signore... - li interruppe Vaan facendo capolino dalla porta. - Ah, è bello vedervi qui, Xion - aggiunse sollevato. - Il Principe era... - ma un principesco stivale di cuoio, volato con mira perfetta a un soffio dall'orecchio del giovane servitore, gli fece capire di aver parlato troppo...
    E di essere decisamente fuori posto.
    - Che succede, Vaan? - disse Rasler con un tono di voce che pareva uscito dai recessi di Paramina.
    - Lady Andraste e il signor Rufus Shinra chiedono urgentemente di voi! - esclamò tutto d'un fiato, raggelando alla sola vista del suo signore così malmesso con l'umore. Rasler sospirò rassegnato.
    - Presumo di non poter più scappare - disse guardando Xion con un'espressione dimessa, ma entusiasta.
    - Non esiste la fuga - disse la Custode saltando giù dal letto, e raccogliendo la Lancia. La stanza era grande, di un colore tra l'avorio e il grigio, con un focolare, sontuosi tappeti e un salottino privato, uno scrittoio ingombro di carteggi e un'imponente finestra che dava sul Pelennor. Il letto di Rasler era sormontato da uno spartano baldacchino in legno nero e veli di finissima seta bianca. - Ma solo una ritirata strategica. I problemi, di fatto, vanno comunque affrontati prima o poi -
    Rasler alzò le sopracciglia a quella curiosa affermzione, sorridendole e infilando gi stivali. Avrebbe evitato volentieri di mettere l'armatura, ma Xion e Vaan furono irremovibili, e suo malgrado dovette farsi armare. Vaan era veloce a imparare e ormai riusciva ad allacciare la maggior parte dei pezzi in poco tempo, ma Xion l'aveva praticato molto di più ed era ormai esperta. Maneggiava i lacci con delicatezza e maestria, assicurandosi che le cinghie fossero ben salde e che le giunture garantissero mobilità. Senza la corazza Rasler era piuttosto muscoloso, con un torace robusto e solido, gambe scattanti, braccia forti. Un uomo decisamente possente, ma l'armatura aumentava considerevolmente la sua imponenza, e anche la sua altezza già notevole. Non andava oltre il metro e ottanta senza: con essa, raggiungeva quasi il metro e novanta.
    - Questa spada è stata fatta forgiare da sire Cailan - disse Vaan porgendogli una spada di lignaggio sicuramente meno elevato di Narsil, ma ugualmente di buona fattura. - Ha detto che è il giusto regalo per un grande Re come voi -
    - Re, Re, Re, io non sono il Re... - disse nervosamente il Principe stringendo la cintura e facendo capire che potevano tranquillamente muoversi verso la sala del trono.

    Non ci misero molto ad arrivare: dovettero solo scendere una scalinata, attraversare alcuni corridoi e furono nella grande sala, dove su alcuni sedili stavano tutti gli altri Custodi. Rasler non si rese conto di aver portato Xion lì mano nella mano, cosa che ovviamente risaltò subito agli occhi dei suoi compagni, in particolare Kairi che emise quasi un ululato di approvazione.
    - Vedo che i Nabradiani sono proprio personcine interessanti! - apprezzò avvicinandosi. - Congratulazioni Xion, bella mossa! - rise dandole una pacca sulla spalla.
    - Ma Kairi, cosa vai a pensare! - rise Xion a sua volta, spintonandola come fece lei.
    - Magari mi potessi prendere un Nabradiano anch'io... - sospirò la rossa fintamente contrita. - Devo accontentarmi di questo idiota -
    - Stanotte non mi chiamavi così... - ghignò Riku sfacciatamente, con un'espressione arrogante in viso.
    - Illuditi pure, coglione - lo schernì lei, lanciandogli però uno sguardo amorevole che lui ricambiò con un'insolita dolcezza.
    - Xion... - Sora si avvicinò un po' a tentoni. Aveva usato molto l'Occhio dell'Aquila con grande dispendio di energie, ed era stato costretto a "disattivarlo" su consiglio di Altair. Fu un peccato: aveva avuto la possibilità di vedere di nuovo, ma a quanto pareva ciò era comunque limitato ai frangenti giusti. Xion afferrò subito la sua mano e Sora le sorrise, una volta indovinata la traiettoria dell'arto. - Sono tanto felice per te -
    - M-ma che vi prende a tutti? - balbettò Xion, ma avvertì una stretta alla mano che, si rese conto, teneva quella di Rasler. - N-no! E' tutto un... - ma non poté finire la frase.
    Rasler decise di parlare.

    - Io... amo Xion -

    Le sue parole ebbero l'effetto di ammutolire tutti i presenti, compresi Cailan e Loghain, che fino ad allora si scambiavano battutine di ogni tipo. E mentre pronunciava quelle parole guardava Naminè, che stava parlando con Tyki e i Custodi di Andraste, come se la sfidasse.
    - Principe Rasler! - lo richiamò Loghain. - Non starete... -
    - Loghain, se osate dire una sola parola sul suo sangue, sono pronto a degradarvi a sergente... - ribatté Rasler gelido. - Amo questa donna -
    Xion, dal canto suo, lo fissava attonita. Fino a quel momento si erano mai detti davvero simili parole? No, mai! Ma ovviamente per lei non era un gioco. Giacevano assieme sempre più spesso, non sapeva nemmeno se il Principe avesse continuato ad usare l'accortezza di usare il coito interrotto per evitare di ingravidarla. E non le interessava nemmeno. I mesi trascorsi con lui furono i più belli fino a quel momento affrontati dalla distruzione di Twilight Town, e nonostante non lo ammettesse apertamente anche lei ne era innamorata, anche lei provava forti sentimenti per quel Principe di Nabradia.
    E Naminè?
    Forse le avrebbe comunque confessato ciò che provava, ma più per liberarsi di un peso che per amore vero.
    - Fratello, hai intenzione di sposarla? - irruppe Cailan, più sconcertato che furioso, al contrario di Loghain. La Custode corvina taceva, rossa in viso.
    - Se lei lo vorrà... - replicò Rasler a mezza voce, fissandola negli occhi. - Ma solo alla fine di tutto questo. Adesso... - sospirò. - Adesso, Xion deve pensare unicamente al suo dovere di Custode, e non voglio gravarla di un fardello che non le occorre con i miei sentimentalismi - troppo tardi, pensò Xion col cuore che le scalpitava furiosamente in petto.
    Un principe... che aveva detto pubblicamente di amarla?
    Meglio di una fiaba...
    - Allora - disse Andraste sorridendo, e incontrando lo sguardo d'intesa di Artix - credo che al momento sia meglio occuparsi delle nostre faccende, giusto? - prese il dischetto dalle mani di Tyki, tenendolo tra le proprie. - Probabilmente non siete abituati a questa tecnologia - disse la Signora dell'Enclave, sorridendo. - Vi prego di stare tranquilli: non è nulla di pericoloso -
    - E' una tecnologia sconosciuta persino a me - disse Rufus, che aveva visto la scenetta di prima con scarso entusiasmo. - Mi auguro che abbiate ragione -
    Andraste lanciò ai presenti uno sguardo rassicurante, quindi premette un pulsante sul dischetto: esso emise un bip appena accennato, quindi in un lampo di luce bluastra materializzò alcuni filamenti di codice binario, che andarono a comporre la forma azzurrina di una persona, dai piedi in su, finché i Custodi non la riconobbero come il sosia di Xemnas. Rasler aveva già messo mano all'arma, ma Xion mise un braccio avanti a lui, indicandogli di ascoltare.
    - Principe Rasler Heios di Nabradia - esordì il sosia di Xemnas, con le mani dietro la schiena. Era immobile, ma l'ologramma riusciva comunque a parlare muovendo le labbra. Il Principe sussultò a sentirsi chiamare per nome. - Vengo in pace - assicurò. - Ciò che sono venuto a dirvi, è di vincere la vostra preoccupazione. Immagino che dopo l'assedio di Minas Tirith non abbiate intenzione di abbandonare Nabradia per partire verso Bersia, la meta finale del viaggio dei Custodi - Rasler abbassò lo sguardo, pensieroso. La misteriosa immagine aveva ragione. - Ebbene, rassicuratevi. Mentre dico queste parole, i Custodi sono entrati a Osgiliath, l'ultima roccaforte dell'Organizzazione XIII a Nabradia. Landis è stata liberata, così come Orlais e la Vecchia Nabradia. Non un singolo Nessuno o Heartless, se non qualche banda isolata e allo sbaraglio, è rimasto -
    - Sembra volerci incitare a seguire i vostri uomini, Andraste... - disse Loghain sospettoso.
    - Vi giuro sulla mia vita e sul mio Enclave di saperne quanto voi, Loghain - rispose lei decisa.
    Rasler guardava l'uomo trasparente parlare, senza emettere un fiato.
    - Quindi abbandonate ogni paura e mandate i vostri uomini migliori a Bersia. Lì vi aspetta l'ultima battaglia, quella che porterà alla liberazione di questo mondo ed ogni altro. Abbiate fiducia nelle Chiavi, Principe Rasler - disse in tono conclusivo, mentre l'immagine sbiadiva. - Che il Padre della Comprensione vi guidi -
    A quelle parole, Altair rizzò lo sguardo dal cappuccio, così come Maliq e Ezio, ma non poterono parlare, perché Rasler aveva preso di nuovo la parola e sembrava dover dire qualcosa di estremamente importante.
    - Che impressione vi ha dato quell'uomo? - chiese ai Custodi.
    - Un poco di buono - disse Riku cercando di adeguarsi. - Ma non ci ha uccisi nonostante avrebbe potuto, perciò credo sia affidabile -
    - Custode - disse Rasler trapassandolo con lo sguardo. Riku rabbrividì. - La mia Nazione si muoverà su queste tue parole. Se tu dovessi aver giudicato quest'uomo superficialmente, mi assicurerò di mandarti all'inferno di mia mano -
    Il corno dell'adunata risuonò nella Città Bianca.



    Morrigan raggiunse i tre ragazzi sulla cima del cratere, e vide Allen chiedere ai due ragazzi perché fossero tanto orripilati. Yiazmat lo era perché sapeva realmente ciò che quel Cratere ospitava: Roxas era puramente sconvolto dall'esistenza di una cosa simile così a nord.
    Il Cratere ospitava una città, moderna, ipertecnologica, piena di luci e fumi, metallo e rumori.
    - Non è possibile... - biascicò Morrigan inorridita, indietreggiando lentamente. - Lui... lui è qui... -
    - Lui chi, Morrigan? - chiese Roxas voltandosi di scatto e prendendola dalle spalle. - Che sta succedendo qui?! Da dove spunta questa città?! -
    - Ansem! - disse la Strega rabbrividendo. - Ansem è qui! -
     
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  10. _Holy
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    Finalmente... -çççç-
    Okay, là dove i precedenti capitoli erano un po' poveri di eventi, qui ti rifai. Il capitolo mi è parso ben più lungo del solito, sarà la varietà dell'azione...
    Da dove comincio?
    Coro: Dall'inizio!
    Ah, già... allora... prima parliamo di Roxy, Yazmat e compagnia bella.
    Il Drago è decisamente irruento, il suo carattere si sta definendo come frenetico e spavaldo/imprudente (vabbé che è immortale) e la sua corsa a perdifiato verso il Cratere lo ha lasciato bene intuire.
    Piuttosto, ho da muovere una leggera critica riferita alla fase della corsa... a volta mi è sembrato che i personaggi venissero trasportati automaticamente da una qualche sorta di nastro scorrevole, non so se mi spiego... ma comunque, non credo proprio che avrei fatto di meglio.
    ZIO ANSELMO! ^O^ CURIOSITA' STUZZICATA DALLA RIVELAZIONE FINALE... giusto prima mi chiedevo che diamine avessero visto di così sconvolgente.
    Riguardo al così detto "mindfuck" di Denzel, te l'ho già detto cosa penso a riguardo, ovvero che si tratta sostanzialmente di scene in cui i personaggi diventano... patetici, volendo usare un termine dispregiativo... un po' come Light Yagami nel finale di Death Note, siccome messi di fronte alle proprie paure e debolezze; è stato reso piuttosto bene anche questo, comunque, e ti ho già detto anche che confido molto in questo Denzel Shima ùWù (prepara una fanArt)
    La fase di Rasler è stata indicibilmente toccante nel momento del ricongiungimento con Xion, hai descritto bene la sua voglia di starle accanto, e sembravano ben pronti al fuoco e alle fiamme... e... ECCO CHE ARRIVA IL FOTTUTO BADASS PROTAGONIST A ROMPERE LE PALLE! PERCHE' LO STIVALE NON LO HA CENTRATO IN PIENO VOLTO METTENDO FINE ALLA SUA INUTILE ESISTENZA?!? PERCHE'?!? SPIEGAMELO!!! >O<

    A-ehm...

    Svelato il contenuto del dischetto, con Xemnaso in stile Palpatine, ci sarà da fidarsi... ?

    CITAZIONE
    Stanotte non mi chiamavi così... -

    SPOILER (click to view)
    ... quando te l'ho messo nella vagina! [cit.]


    (scusa Nemesisio X°°)


    Ah, si, Kairi mi sta ulteriormente sui cosidetti, non sopporto la sua aria da prostituta piratesca! >ò<

    E... ottimo capitolo, braFo ^_^
     
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  11. Taiki Koizumi
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    Vuoi la parte cattiva o quella buona del mio commento prima? v.v
    *lancia monetina*
    Testa, la buona XD
    Mi piace *___* Yiazmat mi sta piacendo tanto tanto ^o^ Il suo senso di 'giustizia' me lo fa quasi accomunare a un cane o qualche altro animaletto domestico antropomorfo come Pluto di Kuroshitsuji x°°
    ... Sperando che Yiazmat non si lecchi i tu-sai-cosa e__e
    Piccola parentesi ( YIAZMAT X ALLEN! ò.ò)
    Tornando alla fascia etero, Xion e Rasler sono tenerissimi, sono una coppia vera e l'hai ritratta molto bene ** Nella riunione però potevi assolutamente accentuare di più le emozioni di Naminé: e cazzo, quella più importante in quella scena e non esprime nulla!? XD
    Kairi la adoro XD Holy dai, Kairi è fatta così: lei è quella che vede nomi porno nei nomi più impensabili! è la mia reincarnazione!
    X°°°
    Oddio grande Nemesis ovunque tu abbia fatto detto quella cosa nello spoiler di Holy! XD
    Ah! Denzel, dimenticavo il piccolo Denzel!°°
    Neah è un bastardo *ç*... Torturare psicologicamente un bambino innocente e__e ci manca solo la pedofilia eWe
    Ottimo l'inizio di quella scena, aperto con la degradazione degli elementi. Ho fiutato una certa accomunanza con la maledizione di Morgause sul grembo di Ginevra nel film de Le Nebbie di Avalon XD
    E così Ansem era nel Cratere di Eshwar come protagonista di tale film porno, Pene Pene Pene ù.ù
    Passiamo alla parte cattiva del commento -w-
    CITAZIONE
    tutto quello che possiamo fare e guardare

    Nyx modifica o ti taglio il piripillo che ti trovi tra le gambe >__< La gente mi ferma per strada e mi fa: ah scusa ma sei tu il beta reader di quella capra ignorante che scrive 'e' anziché 'è'!?e_e
    IO CHE DEVO RISPONDERE!?çAç
    Ok basta cazzate XD
    ( modifica ò.ò *occhio di lince*)
    Poi, a un certo punto scrivi che Allen stava cercando di distogliersi da quel moto di gelosia di Roxas: invidia, non gelosia anche se sono sentimenti molto vicini tra loro, ma provati per cause differenti ^^'
    Per il resto: bravo battone!\**/ I'm proud of you <3

    Edited by Taiki Koizumi - 16/5/2011, 17:51
     
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    Freeze.

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    Ma che bel capitolo...
     
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  13. Nyxenhaal89
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    Zeran, ehi! XD
    Stavo per pubblicarlo anche da voi, non ho avuto tempo... XD
    Contento che ti sia piaciuto XD

    Holy, Taiki, a voi ho risposto su msn ùwù
     
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  14. Kratos9
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    Veramente un bel capitolo. Per me il sosia di Xemnas è Ansem.

    Edited by Kratos9 - 26/6/2011, 20:21
     
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  15. Nyxenhaal89
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    Innanzitutto, SCUSATEMI.
    Sono stato operato di distacco della retina e non ho potuto scrivere per diversi giorni, ma alla fine eccomi di nuovo qui a voi, con un nuovo capitolo, e anche qualche nuovo colpo di scena!
    Ma prima di tutto, vorrei invitarvi a unirvi a me nel festeggiare quelli che sono i due anni di vita di questa lunga e impegnativa saga, che mai come nessun'altra fanfiction mi ha preso e spinto a continuare.
    Sono passati due anni. Due anni lunghi e costellati di impegno variabile, ma ho sempre cercato di impegnarmi al massimo per presentarvi qualcosa di cui andare fiero. Ne sono successe di tutti i colori in questi anni, ci sono stati tanti cambiamenti nella mia vita, ho conosciuto tante persone che sono felice di aver incontrato, grazie a questa saga ne ho trovata una particolarmente speciale (<3)... E be', se l'ho portata avanti, il merito è per grandissima parte vostro, miei cari lettori, voi che mi avete supportato (e sopportato XD), che mi avete spinto a continuare, che col vostro interesse avete spinto questa storia a limiti che nemmeno io immaginavo potesse raggiungere, e sono felice.
    Quando la pubblicai la prima volta era una sera del 30 giugno 2009, ero appena uscito dal completamento di Kingdom Hearts 2 e tutto ciò che volevo era scrivere una storia che valorizzasse il personaggio di Roxas, ma alla fine è diventata molto, molto di più. Il KHF è stato il primo forum dov'è stata pubblicata, con ritmi piuttosto alterni. Poi si sono aggiunti EFP e il PDO, dove ho incontrato un discreto e simpatico seguito con cui ho stretto un'amicizia che dura tutt'ora. Siete tanti, con voi ho scherzato, ho riso, mi sono commosso, ho cazzeggiato, e grazie a questa storia ho vissuto momenti indimenticabili.
    Perciò grazie, grazie a Nemesis, Xander, Holy, Taiki e Kratos, i primi e (parlando di Kratos)i più costanti a commentarmi qui sul KHF, a cui si sono aggiunti Dreamer, XDForever, The King, Kairi, Xixi, Salamence e altri che purtroppo a causa della mia lentezza nel postare ho perso, e mi dispiace. Ringrazio Taiki per avermi sempre betato dall'inizio di quest'avventura. Tante volte il tuo aiuto mi ha salvato da strafalcioni inguardabili! XD
    E ovviamente un ringraziamento speciale va a Holy, che in queste ultime fasi mi sostiene e mi sprona anche con idee sue (se notate in questo capitolo un certo tributo a un certo anime di qualche anno fa, è opera sua che mi ha dato l'idea XD)... e be', tante altre cose <3
    Grazie anche a tutto lo staff del KHF, perché se non ci fossero stati loro e questo forum, probabilmente non vi avrei mai conosciuti ç__ç
    Infine... be', voglio ringraziare questa saga.
    Sembra strano, sembra da alienati, ma se sono al livello che ho raggiunto adesso, se ho conosciuto voi, lo devo a lei.
    Quindi.... Grazie, KoLS. E tanti auguri per i tuoi due sudatissimi anni di vita. Ormai la fine è prossima, il giro di boa che segna la svolta verso i capitoli finali è imminente, e un po' mi mette tristezza, ma a questo punto diciamo pure avanti, e continuiamo! So già che quando la terminerò, quando metterò la parola FINE, piangerò. Ma adesso non pensiamoci, e chiunque volesse si goda con me questo e i prossimi capitoli.
    Tanti auguri, Key of Life Saga.
    E grazie, grazie di cuore a tutti voi.
    Buona lettura.

    20: Fardello

    Horizon Cave era un luogo assai strano. Situato nel bel mezzo della catena dei Monti Nibel, a nord di Midgar, aveva tutta l'aria di essere stato, in passato, un potente vulcano. Infatti, un profondo cratere percorreva la grossa montagna da cima a fondo, rendendola di fatto un involucro di roccia completamente cavo. Di lava, però, non c'era nemmeno l'ombra, dal momento che una serie di eventi naturali aveva portato Horizon Cave fuori dalla fascia vulcanica almeno tremila anni prima. Fu un evento assai insolito e accelerato, dato che certi processi impiegano millenni, eppure il vulcano si svuotò del magma e divenne nient'altro che un contenitore di robustissima roccia. Dato che ciò rendeva inutili i numerosi crateri che costellavano tutti i dintorni, la montagna, chiamata Vulcano Nibel, prese il nome di Horizon Cave e fu utilizzata per scopi molteplici: rifugio politico per nobili braccati, tesoreria di briganti, nascondiglio sotterraneo. Negli anni cinquanta dell'ultimo secolo, Horizon Cave divenne una città vera e propria, seppur sotterranea. Comodi ascensori portavano in superficie e una serie di labirintici cunicoli opportunamente rivestiti davano l'idea di una comunità avanzata e civile, sparsa per le gallerie, e che si ritrovava nella piazza centrale, un'immenso spiazzo asfaltato in fondo al cratere, coperto di alcuni alberi nutriti con lampade solari. Un'attenta sorveglianza cercava di prevenire i crimini e un servizio di monitoraggio controllava giorno e notte l'attività dell'area, poiché c'era sempre il rischio che il vulcano riuscisse a tornare attivo. Nonostante sembrasse insolito che delle persone scegliessero di vivere sottoterra (ma non del tutto nuovo: la vecchia Nabudis, a Nabradia, era anch'essa sotterranea), Horizon Cave si popolò ad una velocità impressionante, tanto che nell'anno dei Custodi la città contava oltre seimila abitanti, un numero assai elevato per dei "cavernicoli civilizzati", come venivano chiamati dalla "gente di superficie", nome dato dai Caviani a coloro che vivevano costantemente alla luce del sole. Ovviamente la vita sottoterra comportava diversi problemi di salute: per ovviarvi, il sindaco istituì l'obbligo di passare almeno due ore al giorno in superficie. Anche la zona "al sole" di Horizon Cave era densamente popolata: una serie di piccole città con altri sedicimila abitanti in totale si spandeva nelle zone più brulle, mentre sterminati campi agricoli si estendevano sulle fertili pendici del suolo vulcanico. La montagna sovrastava il tutto, un po' isolata dalla catena a cui apparteneva, ma ugualmente arroccata e difficile da raggiungere via terra se non tramite un dedalo di stradine tutte tornanti e in salita.
    Ora, con una guerra in corso, la pacifica città sotterranea era stata investita di un ruolo strategicamente essenziale, ossia quello di officina delle navi da guerra: tutte le migliori menti dell'ingegneria e dell'architettura aeronavale si trasferirono nel vulcano, il cui spiazzo centrale era abbastanza ampio da ospitare quattro fregate in posizione orizzontale. Il solido involucro di roccia era invece sufficientemente alto per coprire le grandi corazzate come la Spirit of Fire in verticale, evitando così la sorveglianza delle navi Nessuno, che da qualche tempo stavano finalmente iniziando a scemare nel continente. La costante attività delle flotte aeronavali aveva dato qualche frutto, permettendo al comando di Midgar di tirare il fiato e tranquillizzarsi un po'. Tuttavia erano affondate molte aeronavi, e le flotte contavano ormai meno di un centinaio di esse. I cantieri lavoravano giorno e notte per costruirne e armarne altre, ma c'erano anche problemi di equipaggio, giacché con le navi affondate morivano decine di persone, e sempre meno gente aveva voglia di rischiare la vita contro un nemico ormai ritenuto invincibile, non bastavano i relitti che punteggiavano l'altopiano di Nibelheim a dimostrare il contrario. Persino il richiamo del denaro non aveva più lo stesso mordente: i casi di diserzione e ritiro ormai non si contavano più e il comando centrale aveva decisamente tutt'altro da fare che pensare a punire i disertori. Ad ogni modo c'era chi, comunque, continuava a seguire gli ordini e a fare piazza pulita dei Nessuno: Roy Mustang era tra questi. La sua giovane figura e la determinazione con cui guidava la sua flotta avevano riacceso la speranza in molte persone. Famoso fu il caso di Jean Havoc, un Capitano di vascello disertore, che riarmò la sua In Amber Clad quando seppe della vittoria schiacciante di Mustang a Junon e chiese di essere arruolato nella Flotta Occidentale. Havoc divenne nel giro di due mesi il principale supporto dell'Ammiraglio: l'In Amber Clad era una nave robusta, ben armata e veloce, ed era perfetta per proteggere la Spirit of Fire. Altra spalla di Mustang era Riza Hawkeye, il suo fidato vicecomandante, una donna energica e spartana che eseguiva fedelmente ogni dovere, senza però privarsi del piacere di fare un po' di sarcasmo sull'indole irascible dell'Ammiraglio.
    Un'altra "Nave di Guardia" che accompagnava la Spirit era la Pillar of Autumn, una fregata leggermente più grossa del normale. A differenza della forma a Y delle fregate normali, la Pillar aveva una struttura massiccia, e squadrata, con la chiglia inferiore a scaloni per una maggiore aerodinamicità. Era comandata da un ufficiale piuttosto eccentrico e bonaccione, Alex Luis Armstrong, forse l'uomo più grosso e muscoloso dell'intera marina midgariana. Alla flotta si erano unite due vecchie navi, la Silvana e l'Urbanus, che avevano ampiamente dimostrato la loro piena affidabilità nonostante la loro tecnologia piuttosto datata.
    La Flotta Occidentale avanzava speditamente verso il grande complesso di crateri che coronavano Horizon Cave e verso quest'ultimo, anche se non tutte in buone condizioni: la Spirit of Fire presentava diverse ammaccature e l'In Amber Clad di Havoc perdeva consistenti quantità di refrigerante. Un fumo minaccioso e che non prometteva nulla di buono usciva con immense volute stagliandosi nel cielo come un cupo segnale di sconfitta. La Pillar of Autumn la sorreggeva assieme ad un'altra fregata. Gli equipaggi di tutte le navi emisero un unanime sospiro di sollievo quando dal comando di Horizon Cave diedero il permesso di atterrare, in ordine di danneggiamento. La Clad fu la prima a scendere nel cratere, usando la poca forza motrice che le era rimasta.
    - Molto bene, Horizon Cave - disse Cortana con una mano olografica sul suo incorporeo orecchio, l'espressione concentrata sulla discussione. - Ci prepariamo all'atterraggio -
    - Tutte le unità ai posti di sicurezza! - disse Riza con voce stentorea, le mani dietro la schiena, ritta e fiera come il suo grado richiedeva. - Affidarsi ai sedili e alle cinture! Cortana, attivazione gravità artificiale! -
    - Sì, signora - disse immediatamente l'IA schioccando le dita. Non percepirono nessun cambiamento particolare, anzi pareva tutto come prima: ma intanto la nave iniziava a inclinarsi in avanti per entrare nel cratere, senza che i loro corpi risentissero della gravità planetaria. La Spirit of Fire, possente e maestosa, fece lentamente il suo ingresso nell'Horizon Cave svanendo nella bocca del cratere. I piloti riuscirono a farla entrare senza farla cozzare con le pareti, cosa che altrimenti avrebbe avuto un effetto catastrofico sulla città, la quale solo nell'ultimo mese aveva subito dieci frane a causa di orridi modi di guidare aeronavi. Perfettamente verticale, la Spirit fu prontamente bloccata da potenti freni elettromagnetici che spuntavano dalle pareti interne del cratere. Non la toccavano direttamente: i cinquanta stantuffi metallici che formavano un impianto di foggia ellittica, collegandosi tra loro, creavano un forte campo di forza in grado di bloccare la grossa massa delle corazzate midgariane. La "barriera" aveva giusto una falla, lasciata apposta per far uscire l'equipaggio dalle navi stazionate lì. Una volta che la manovra fu ultimata, il buio di Horizon Cave era ormai calato sulla corazzata e sulle fregate parcheggiate nella sterminata piazza centrale. Un pallido sole filtrava dall'alto della bocca che un tempo vomitava periodicamente magma e ceneri sul continente, inoffensivo. Gli strumenti di guardia tacevano: le navi dei Nessuno erano state finalmente cacciate da Midgar.
    Roy Mustang e Riza Hawkeye, coperti dalle loro uniformi blu, si incamminarono per primi fuori dalla loro corazzata. Mustang indossava un mantello nero legato con una fibbia d'oro al colletto del giaccone, segno distintivo del suo grado di Ammiraglio.
    - Riza, ti affido la Spirit - disse sicuro, mentre due soldati (non della ShinRa, i quali avevano una divisa molto diversa) lo affiancavano, armati di fucile e pronti a proteggerlo. - Vado a parlare con Havoc e gli altri - Riza si drizzò immediatamente portandosi la mano di taglio alla fronte, facendo il saluto militare per rispondere affermativamente all'ordine: l'Ammiraglio sorrise e svanì per i corridoi, scortato dai due soldati.
    - Buongiorno - disse il capomeccanico, con le mani in tasca, la barba ispida e una tuta nera un po' sdrucita. Nonostante l'aspetto poco professionale, Riza conosceva bene la fama dei meccanici di Horizon Cave e sapeva di poter tranquillamente affidare loro la nave. Dopotutto, lei era nata lì, e quella persona la conosceva da sempre, da una vita intera.
    - Ti ostini a darmi del lei in pubblico? - disse la donna, concedendosi un sorriso.
    - Come ci si aspetta quando si è al cospetto della vice dell'Ammiraglio Roy Mustang - rispose l'uomo, i capelli coperti da un cappello rigonfio. Mosse una grande mano inguantata, carezzando delicatamente il capo di Riza. - Ma, come padre - aggiunse concedendosi di sorriderle a sua volta - Non posso che essere fiero di te -
    Il suono di una sirena nei dintorni del cantiere dove stazionava la Clad interruppe bruscamente quel breve momento di ritrovo familiare, e Riza, con un sospiro, gli porse una lista ordinata su un collettore rigido, di quelli spesso usati nei programmi televisivi.
    - Ecco un rapporto completo sulle riparazioni da fare - disse in tono professionale, ma con gli occhi che le sorridevano alla vista del padre. - Contate pure sui nostri meccanici per qualcunque dubbio. Anche la nostra IA è a vostra completa disposizione - aggiunse, annuendo.
    - Va bene - disse l'uomo, portandosi una mano dietro il collo, massaggiandoselo. - Va' a bere qualcosa, quel pazzo ti fa lavorare giorno e notte - la congedò, iniziando a sbraitare ordini ai meccanici con voce autoritaria e tonante. Con un sorriso malcelato, Riza si incamminò verso i piani inferiori.

    Mustang scendeva con l'ascensore verso i piani inferiori, il fumo ancora ben visibile dall'In Amber Clad. Il pensiero gli andò verso Havoc, accompagnato da vive speranze che stesse bene: la sua nave era un rottame, probabilmente sarebbe stata inutilizzabile per una settimana. La colpa era prevalentemente del suo capitano e della sua avventatezza. Se si fosse curato di fare le dovute riparazioni invece di lanciarsi sempre in prima linea in battaglia, la sua nave non sarebbe certo stata in condizioni tanto miserevoli. Apprezzava moltissimo l'aiuto e l'entusiasmo di Havoc, così come quello di tutti i Capitani suoi sottoposti: ma non tollerava la stupidità e la scelleratezza, lui era per le cose fatte bene e con calma. Anche se gli capitava spesso e volentieri di imbestialirsi quando le cose andavano male, Roy Mustang era un uomo tattico e determinato, che sapeva tirar fuori l'ardore al momento giusto. Del resto non era arrivato al rango di Ammiraglio facendo moine ai suoi superiori, ma sudandosi i gradi, uno scalino per volta. Ecco perché a differenza di molti raccomandati incapaci camminava a testa alta in ogni situazione, fiero e sicuro, orgoglioso e imperturbabilmente avvolto in un'aura di rispetto che metteva in soggezione tutti i suoi sottoposti. Anche in quel momento era tutto un coro di "Ammiraglio!", "Salve Ammiraglio!", "Lieto di rivedervi Ammiraglio!" da tutti i passanti dell'Horizon Cave. Lui si limitava a rispondere con un cenno educato, per poi riprendere il suo cammino verso il luogo che aveva per obiettivo, ossia la zona del cafè riservata agli ufficiali.
    L'ascensore era arrivato al piano terra, davanti alla piazza centrale, dove fervevano le riparazioni. Le falle dell'In Amber Clad erano state riparate con metallo e cemento a presa rapida, semplici toppe provvisorie indispensabili per lavorare sulle condutture del refrigerante e sull'impianto di alimentazione, che per gran parte era stato devastato dagli attacchi implacabili dei Nessuno. Persino il sistema GUARDIAN era stato danneggiato pesantemente. Mentre passava vicino al cantiere, il manto che ondeggiava pigramente dietro i suoi talloni ad ogni passo della sua camminata marziale, rimaneva invisibilmente allibito dal numero infinito di danni che quella povera nave aveva subito. E inutile negarlo, Mustang ringraziò mentalmente il suo subordinato di averla ridotta così: al suo posto poteva trovarsi la Spirit of Fire, e lo sapeva bene.
    - Vedete di fare un buon lavoro su quella nave, mi raccomando! - disse severo ai meccanici, che annuirono energicamente alla sua richiesta, in un coro di rassicurazioni spavalde. Proseguì mirando la piazza, che si estendeva immensa e ospitava anche la Silvana e la Autumn. L'Urbanus era rimasta in ronda attorno al cratere e Alzey era sceso dentro il Cave con una navetta grande la metà di un autobus moderno. Percorse il pavimento a mosaici raffiguranti motivi paesaggistici (per la precisione Mustang camminava su un fiume costeggiato da montagne scure), fino a giungere all'altro capo della piazza, risalendo una corta e poco ripida scalinata fino alla zona di rinfresco per alti ufficiali. Superato il corridoio roccioso illuminato da luci biancastre, aprì una porta metallica e si ritrovò in un ampio e comodo salone pieno di tavolini rotondi di varia grandezza, col pavimento di marmo giallastro e le pareti rivestite in legno come un vecchio saloon, e al centro del locale un bancone quadrato dove alcuni barmen lustravano boccali e calici. I suoi occhi scuri si mossero subito alla ricerca dei suoi subordinati, e non ci mise molto a trovarli: la figura immensa delle spalle di Armstrong si fece notare in un angolo appartato del locale. Accanto a lui, i capelli biondo scuro disordinati, il viso spavaldo e gli occhi scuri, con un braccio fasciato, stava Jean Havoc; coperto da una lussuosa divisa bianca tipica della marina aeronavale Nabradiana, Vincent Alzey era seduto al lato opposto, gli stivali neri lucidi e la giacca accuratamente abbottonata da entrambe le parti, e una corda decorativa d'oro che percorreva tutta la spalla sinistra cavalcava i nastri azzurri che passavano da un bottone all'altro. I suoi capelli e i suoi occhi erano di un bel color nocciola: un po' crespe, le basette contornavano il viso affilato, sempre con un educato sorriso in mostra. Facendosi avanti vide anche la spalla e successivamente tutta la persona di Alex Row, il Comandante della Silvana. A differenza del collega dell'Urbanus, la divisa di Row era completamente nera e priva di ogni tipo di decorazione, una semplice giacca, con pantaloni e stivali, le mani inguantate e un mantello nero dagli orli decorati con bianchi ghirigori zigzaganti. Aveva i capelli neri, poco lunghi, che facevano quasi da schermo agli angoli dei suoi occhi, e gli occhi di un dorato spento. Mustang sapeva che Alex Row aveva vissuto unicamente per uccidere una donna, che aveva decretato il crollo della sua famiglia. E ora che era morta, era come se avesse perso ogni motivo di vivere. Ma la Silvana continuava a svolgere le sue mansioni con solerzia e questo era tutto ciò che importava, in quella situazione così bislacca.
    - Signori - salutò Mustang con un sorriso audace. - E' bello vedervi tutti vivi e integri - si rivolse ad Havoc - o almeno, il più possibile -
    I quattro scattarono immediatamente in piedi, accogliendo l'Ammiraglio con rispetto, esibendosi nel saluto. Row e Alzey, tuttavia, furono più lenti nel farlo, proveniendo da eserciti estranei a Midgar.
    - Oh, Ammiraglio, sono mortificato! - disse Armstrong, gli occhietti azzurri che tuttavia scintillavano di orgoglio sul viso squadrato. La bocca era quasi completamente nascosta da un paio di grossi baffoni biondi, ed era lucidamente calvo, fatta eccezione per un biondo ciuffo riccioluto che gli decorava la zona frontale del capo. La divisa era stata fatta su misura per lui, infatti ci stava comunque a fatica. Fece un goffo inchino, offrendogli la sedia. - Sono stato tanto barbaro e cafone da darvi le spalle tutto questo tempo! - Mustang gemette: il senso del dovere di Alex Louis Armstrong, fratello di una nota Ammiraglia che gestiva la flotta Orientale di Midgar, rasentava la mania e se sentiva di aver fatto uno sbaglio si esibiva in sproloqui interminabili. - Maledette siano le mie gambe quando hanno chiesto riposo! Come ho potuto mancarvi tanto di rispet... - Mustang lo interruppe seccamente, piazzandogli una mano inguantata di bianco sui baffi.
    - Recuperi la sua dignità, Capitano - intimò l'Ammiraglio andando a sedersi accanto ad Havoc. Scostò il mantello in modo che ricadesse uniformemente e prese posto, guardando tutti. - Il Generale Bradley? - chiese incuriosito, nel vedere che non era ancora presente il suo diretto superiore.
    - Aveva un'accesa conversazione con Rufus Shinra - disse Havoc, carezzandosi il braccio lussato. - Che palle. Quell'ometto d'affari vuole insegnarci a fare la guerra -
    - Vorrei ricordarti che è merito della ShinRa se abbiamo la possibilità di riparare le nostre aeronavi, di avere munizioni, e un intero lato di Midgar che non richiede la nostra supervisione - rispose Mustang costretto a mantenersi neutrale. Nemmeno lui sopportava la costante fusione delle forze ShinRa con l'esercito continentale, ma la sua carica richiedeva neutralità su certe questioni. - E, per un futuro, tieni a freno la lingua. Hanno occhi e orecchie ovunque -
    - E se Rufus è figlio di suo padre, chissà che non gli venga di fare qualche baraonda con i paesi più retrogradi, quando tutto questo sarà finito - disse con la sua voce ringhiosa il Capitano Armstrong.
    - Io comincio a dubitare persino che possa finire... - sospirò sconsolato Havoc.
    - Avete una gran fiducia nelle vostre forze, capitano Havoc... - disse Alzey con uno sbuffo divertito. - Abbiamo riportato una schiacciante vittoria, dovreste solo essere grato al Creatore -
    - Non sto sputando sulle nostre vittorie! - ringhiò Havoc sbattendo il pugno sul tavolo. - Ma dicono che a Bersia la situazione sia ancora peggio! -
    - Non metteteci in imbarazzo - disse Row, la sua voce atona che pareva uscire dal buio assoluto. I due contendenti si stroncarono sul nascere, guardandolo con tanto d'occhi. Row metteva tutti in soggezione, a causa della fama orribile della sua nave. Era famoso per aver ucciso alti ufficiali che lo sfidavano in duello, affondato navi che osavano sfiorare la sua in battaglia... ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di condannarlo. - Chiunque abbia perso la fede nella nostra missione, può anche andarsene, come hanno fatto decine di codardi prima -
    Havoc strinse il pugno, ma Mustang sedò gli animi con un'occhiata dardeggiante fiamme.
    - Dovremmo rilassarci - disse l'Ammiraglio, mentre un'avvenente cameriera portava caffé e cibarie per i presenti. Havoc le fece una strizzatina d'occhi, a cui lei rispose con un sorriso educato, prima di tornare a gestire le ordinazioni. - Direi che adesso possiamo tirare il fiato, e... -
    Non fece in tempo a parlare che il televisore a cristalli liquidi, uno dei quattro appesi nel locale, mandò una notizia il cui volume audio fu amplificato apposta su richiesta di altri clienti.
    La stanza, che prima era sommersa in un brusio di voci, ammutolì improvvisamente.
    La città di Edge, che sorgeva un paio di chilometri fuori da Midgar, era stata distrutta.
    Da un bambino.



    Il suolo era brullo, nero, i tizzoni ardenti delle fiamme gli ferivano i piedi nudi. Pezzi di vetro, metallo squartato, cemento divelto, pietra, ferro e sangue erano cosparsi uniformemente su quella terra ora resa arida da fiamme nere e rosse che avevano divorato ogni cosa.
    Erano riusciti a trovarlo. Non aveva avuto scelta.
    No, avrebbe avuto scelta. Poteva scappare, o poteva far finta di nulla... ma aveva paura. Paura di venire circondato ancora da tutti quei dottori che lo visitavano dopo l'incendio. Paura di essere allontanato ancora di più dalla possibilità di rivedere il suo fratellone Roxas.
    E il Quattordicesimo l'aveva aiutato a impedire loro di catturarlo.
    No!
    Lo aveva condannato! Tutte quelle persone... che non avevano fatto nulla di male, non gli avrebbero certo sparato, no! Eppure... eppure lui aveva di nuovo usato i suoi strani poteri e aveva iniziato a ucciderli tutti, ancora prima che potesse implorarlo di fermarsi. Di nuovo le strali nere simili a nubi feroci rotearono e vorticarono dilaniando carne e case, metallo e vite, e presto iniziarono gli spari, le urla, le esplosioni. Molti abitanti di Edge non fuggirono in tempo, e rimasero coinvolti, coinvolti nella furia incontrollata del Noah, di quel mostro orribile che non faceva che devastare la sua mente e usare il suo corpo.
    Adesso tutti avrebbero visto che era un assassino. Nessuno lo avrebbe più amato.
    Il suo fratellone Roxas... Tidus... tutti l'avrebbero trattato come un assassino.
    Lui ormai non avrebbe più avuto alcuna importanza ai loro occhi.
    Cadde in ginocchio, circondato dai cadaveri carbonizzati di case di cui rimanevano solo le fondamenta, e dalle carcasse ferrose di elicotteri e mezzi bruciati. Il suo pigiama azzurro era tutto sporco di sangue e terriccio, il suo visino infantile nero di fuliggine, i capelli sporchi, le mani e i piedi disseminati di tagli e ferite.
    Perché gli stava succedendo tutto questo?
    Delle lacrime pure, cristalline e disperate uscirono dai suoi grandi occhi azzurri, solcando il suo viso sporco, annerendosi e andando lentamente a cadere sul terreno come gocce di fango, un fango nero come il dolore che in quel momento frantumava il suo piccolo cuore, ancora troppo giovane per sopportare tanti eventi così negativi e spaventosi.
    Perché... mi fai questo?
    Ti ho protetto. Ti avrebbero catturato. Forse ucciso. Non sei più destinato a una vita normale.
    Non è vero... io... io avevo ancora una possibilità!
    Ti hanno visto. Ti hanno registrato. Questa volta non è andata come quella notte di cinque anni fa.
    Il piccolo Denzel si strinse nelle spalle, accasciandosi in posizione fetale, le lacrime che continuavano silenziosamente a cadere, il calore delle fiamme che gli scaldava il viso, riportando alla memoria la paura e le sensazioni che credeva di aver sopito dopo cinque anni.
    In un attimo la sua vita felice con gli Highwind sembrò essere scomparsa. In un attimo ogni ricordo di quei momenti divenne una nebbia confusa, i visi sorridenti dei suoi fratelli sparivano, le risate, i pianti, le sere e i giorni insieme con quella famiglia che tanto aveva amato non avevano più lo stesso valore. Non aveva più alcun conforto, solo il viso soddisfatto del Quattordicesimo che continuava a scavare nella sua mente con zelo impietoso.
    Si alzò in piedi, lacerandosi una gamba del pigiama che si strappò inesorabilmente, ma in fondo avrebbe dovuto aspettarselo dopo tutti quei combattimenti. Un freddo tagliente gli toccò la gamba nuda, facendolo rabbrividire e stringerlo ancora nelle spalle, ma perlomeno ciò non lo faceva pensare al Noah e alle sue torture psicologiche.
    Camminò, ingobbito e spaventato, guardandosi intorno alla ricerca di qualche riparo (i quali, purtroppo, mancavano per larga parte): mezza città era ancora in piedi, magari lì avrebbe potuto trovare rifugio, se fosse rimasto da solo. Sperò che gli abitanti di Edge fossero stati evacuati, così Neah non avrebbe potuto avere la scusa di uccidere altre persone innocenti.
    Quanti giorni erano passati da quando aveva fatto quel sogno da cui non poteva più svegliarsi? O erano passate ore? Ogni minuto sembrava un secolo. Mentre i suoi passi si trascinavano con esasperante lentezza lontano da quel bruciante cimitero, Denzel accarezzava sempre più insistentemente il pensiero di uccidersi. Ma Neah gli diceva che sarebbe stato inutile, perché lui avrebbe continuato ad esistere e avrebbe potuto usare ancora meglio il suo corpo. In altre parole, gli avrebbe fatto un favore uccidendosi. Ed era forte nel piccolo Highwind il desiderio di porre fine a quel tormento infinito, di trovare la pace della morte, ma una flebile scintilla di speranza dentro di lui glielo impediva.
    No.
    Non era solo speranza.
    Non era solo la fede nella possibilità di essere salvato da quell'inferno, no.
    Gli ideali degli Highwind avevano attecchito nella sua mente e nel suo cuore, non sarebbe fuggito, avrebbe lottato, come papà Cid aveva lottato e vinto contro un tumore, come mamma Shera lottava la paura di perdere Roxas, come Tidus... Tidus che lottava per salvarlo. Sentiva, in qualche modo, i suoi pensieri infondergli coraggio. E poi, nei pensieri del Noah, vedeva una figura che galleggiava in una luce abbagliante, accarezzata con terrore da quell'essere. E un nome...
    Allen Walker.



    Ansimò, cadendo rovinosamente per terra, il clangore della sua spada che rotolava sul pavimento di Weisshaupt. Non era pronto, non ancora, non era minimamente capace di rivaleggiare con lui.
    Noctis era troppo forte.
    Emise un grugnito di stanca impotenza, rialzandosi in piedi, il corpo lavorato da anni di nuoto che tremava e faticava persino a reggerlo in posizione eretta. Gocce di sudore grondavano dalle punte inumidite dei suoi capelli, i vestiti sembravano una rete soffocante. Ogni suo muscolo di cui andava tanto fiero si rifiutava di muoversi ancora. Eppure, Noctis rimaneva lì, tranquillo, con quell'irritante spadino di legno in mano, guardandolo con sufficienza e superbia. Quanto lo odiava, maledizione!
    Annaspando fu di nuovo eretto e riprese la spada, rossa, lunga poco più di un metro e con il filo bianco, che terminava con una sorta di incurvatura all'indietro sulla punta. Si rimise in posizione e guardò il suo odioso avversario negli occhi. Lightning era seduta su un muretto e osservava i due incuriosita.
    Erano passati un paio di giorni da quando aveva detto a Midgar di voler fare qualunque cosa per salvare suo fratello, e i due ex-Shinigami non mancarono la parola data: portarono il maggiore degli Highwind a Weisshaupt, e lì iniziarono ad addestrarlo a ritmi talmente serrati da impressionare persino Theresa. Dopo una sessione abbastanza disastrosa di corpo a corpo con Lightning, Tidus era passato, quel giorno, ad allenarsi con le armi da taglio assieme a Noctis, che non ci andava minimamente leggero e anzi, si divertiva a schernirlo ogni volta che sbagliava. Il giovane non aveva comunque visto Vanitas, che era già partito, e nemmeno Cloud, che giaceva ancora in coma in una stanza ai piani alti della fortezza.
    Theresa, coperta da un manto di pelliccia, osservava a sua volta l'allenamento. Guardava Tidus con interesse: i suoi occhi ciechi vedevano dentro l'anima e il cuore dell'Highwind e sentiva distintamente l'ardore e la determinazione con cui combatteva per salvare il suo amato fratellino. Ciò gli faceva notevolmente onore, ma iniziava a sospettare che l'intera linea di sangue degli Heios fosse destinata a vivere orgogliosamente e con coraggio ogni aspetto della vita, anche il più avverso. E ciò la incuriosiva quando pensava al Custode del Caos... si chiedeva quale sarebbe stato adesso il suo obiettivo, ora che Rinoa aveva annientato il suo sogno di creare un nuovo mondo per loro e l'Organizzazione che voleva tradire lo vedeva come un nemico. Gli Heios-Highwind erano davvero una famiglia interessante, concluse tornando a guardare Tidus.
    Questi si scagliò ancora una volta su Noctis, incrociando l'arma con la sua: nonostante vibrasse fendenti con tutta la sua forza, non riusciva ad aprirgli la guardia e nemmeno a rompere quella spada, che non era affatto incantata e contro l'acciaio temperato si sarebbe dovuta frantumare come vetro. E invece quel legnetto resisteva a tutti i suoi colpi aumentando il suo senso di impotenza. Vibrò un colpo alto e Noctis si abbassò velocemente, sfiorandogli il naso con un calcio; Tidus indietreggiò di un passo e tirò un attacco al suo fianco, tenendo la guardia pericolosamente bassa, cosa che permise a Noctis di pararlo e di tirare un violento calcio allo sterno del giovane, facendolo tossire per la sorpresa e per la forza con cui era stato colpito alla cassa toracica, e barcollò rovinando al suolo ancora una volta.
    - Hai resistenza - disse Noctis vedendolo rialzarsi. - Ma usi male le energie - si lasciò scivolare accanto un fendente dall'alto, usando il suo attacco come perno per finirgli dietro e spingerlo bonariamente con una manata sulla sua schiena. - La tua tecnica è penosa - evitò un calcio per un soffio, anche se non era particolarmente forte a causa della stanchezza che ormai appesantiva ogni movimento di Tidus. - Però impari in fretta. Possiamo fare di te un gran bel guerriero, ma ci vuole tempo... - fece sconsolato, facendo un ampio salto all'indietro e sorvolando il cortile innevato, atterrando sullo stesso muro di Lightning. - E devi moderare quella tua testa calda -
    - Il tempo è proprio ciò che ci manca - intervenne Theresa con la sua voce eterea, entrando nel piccolo quadrato di allenamento e poggiando la mano sulla spalla di Tidus, che indossava dei semplici vestiti di tela. - Ho parlato con la Divina Andraste stamani, mi ha autorizzata a velocizzare il suo apprendimento -
    - Ti ha autorizzata ad usare la Camera del Risveglio? - disse Lighting incredula. - Ma non è un Custode! E senza Altair non possiamo mica usarla! -
    Tidus si guardò attorno confuso, cercando risposte dai loro occhi. Era arrivato da appena due giorni e già non capiva più nulla di quel posto. Strane ragazze cantavano e ballavano tutte le notti circondate da strane luci, una donna cieca ci vedeva così bene da potergli contare tutti i capelli, quei due sbruffoni erano una sorta di semidei e il Creatore solo sapeva quali altre diavolerie nascondesse quel posto. Ma doveva pensare solo a Denzel, in fondo... e ad un modo per riportarlo indietro. Doveva salvare suo fratello, non poteva lasciare tutto nelle mani di estranei, e nemmeno nelle mani di Roxas. Lui aveva già i suoi casini a cui pensare. Era ora di fare il fratello maggiore.
    - Questo non è un problema - disse Theresa sorridente. - Altair non è l'unico Assassino in grado di usarla -
    - Ma... - Lightning scese dal muro, continuando a guardarla non credendo a una singola parola che uscisse da quella vecchia guercia che ormai sapeva perfettamente essere fuori come un balcone.
    Ma il suo stupore, così come quello di Noctis e Tidus, aumentò quando all'entrata del campo di addestramento videro ergersi un uomo alto, incappucciato, che non avevano mai visto prima.
    La sua veste era scura, tra il grigio fumo e un azzurro scuro molto spento; aveva, come i suoi "colleghi" un largo cinturone di cuoio, a cui erano attaccati diversi piccoli borselli: nella parte superiore c'erano delle incavature da cui sporgevano le else di alcuni stiletti da lancio. Alla spalla destra teneva ben saldo uno spallaccio metallico finemente decorato, su quella sinistra invece ne portava uno di pelliccia, che gli copriva anche buona parte dell'omero. Portava anche costui due lame celate nascoste negli antibracci in cuoio, rivestiti in metallo: alla schiena stava allacciata una balestra, i cui dardi dovevano essere contenuti in uno dei borselli del cinturone. Indossava degli stivali ai piedi, e mentre Altair, Ezio, Roxas e Sora portavano la veste con delle "code" lunghe fino alle caviglie davanti e dietro, il misterioso Assassino portava la casacca piuttosto corta, con solo due "code" nere di dietro, coperte da una singola un po' più spessa di quel colore tra il grigio fumo e l'azzurro scuro. Tutto l'abito era attraversato da arabeschi di un bianco flebile.
    Videro dipingersi un sorriso sul volto, che pareva piuttosto giovane.
    - Non si preoccupi, signorina Farron - disse l'uomo avanzando verso di loro. - Ho imparato molto dal nostro comune amico -



    Un sole malevolo brillava sulla sua testa, riscaldandola nonostante il freddo che albergava nella sua giovane anima. Continuando a stringersi nelle spalle, guardandosi attorno spaventato, il piccolo Denzel cercava ancora un riparo. Era arrivato ad una zona con delle case, ma erano chiuse e non voleva che il Quattordicesimo distruggesse qualcos'altro per farcelo entrare.
    Basta con la distruzione.
    Almeno... per quell'oggi.
    Poggiò un piede dolente e ferito su uno scalino metallico, riscaldato dal sole. Bruciava, ma anche per strada bruciava. Doveva assolutamente trovare qualcosa da indossare, almeno delle scarpe. Percorse più in fretta che poteva la scalinata e arrivò, con suo immenso tripudio, ad una porta aperta! Forse nello scappare i padroni non l'avevano chiusa. Vi entrò e fu assalito dall'acre odore del sangue. Spaventato ebbe un sussulto, e il suo piede toccò una molle carcassa irrigidita dal rigor mortis.
    Un uomo, sulla quarantina, con la testa traforata da quello che probabilmente era stato un proiettile vagante di grosso calibro.
    E' questo ciò che accade in guerra. Gli innocenti muoiono. Che tu lo voglia, o meno.
    Taci! Non parlare! Non voglio ascoltarti oltre!
    Dobbiamo andarcene. Tu vuoi vedere tuo fratello, vero?
    Cosa... cosa vuoi fargli?
    Io voglio vedere Allen.
    E allora?
    Sono insieme... le nostre strade coincidono comunque. Anche tu vuoi vedere Allen, vero?
    Io... io non so nemmeno chi sia questo Allen...
    Sapeva solo che il Quattordicesimo lo temeva.
    Certo che lo conosci. Ecco, prendi dei vestiti. Avevano un bambino della tua età.
    Denzel fece come suggeritogli, spinto dal bisogno. Si addentrò nella casa, spaventato ma deciso, e arrivò ad una stanza chiaramente di proprietà di un suo coetaneo. Vestiti e giocattoli, una console da gioco con un piccolo televisore sulla scrivania, un letto disfatto dal capezzale rosso, un vivace parquet e i muri blu mare. Si diresse verso l'armadio bianco, accanto al letto, e l'aprì alla ricerca di vestiti. Pensò di usufruire della doccia e si spogliò degli indumenti, mostrando all'aria il corpo infantile. Si diede una lavata con l'acqua gelida, che in quel momento sembrava uscita dal paradiso, e poi si asciugò per bene, ritrovando un minimo di se stesso. Non vedeva un assassino, non vedeva un mostro allo specchio... non era stato lui. Non avrebbe sofferto per colpe non sue.
    Prese i pantaloni scuri e li mise alle gambe, con dei calzini puliti e delle comode scarpe da corsa della sua misura, quindi indossò una maglia bianca sul piccolo torace, che gli stava un po' larga.
    Dov'è Roxas?
    E' tra le montagne del Nord... probabilmente andrà presto a Weisshaupt, tra i monti di Nowart.
    Aveva fatto Geografia e sapeva che lì faceva piuttosto freddo.
    In salotto vide una lunga coperta rossa, dall'aspetto caldo e invitante. Ci si avvicinò, e la prese tra le mani. Era abbastanza lunga da coprirlo tutto e abbastanza calda da proteggerlo dal freddo medio, ma probabilmente sulle montagne non sarebbe bastata.
    Sospirò, portandola con un gesto quasi teatrale dietro la schiena e legandola alle spalle a mo' di mantello, lentamente, annodandola con cura mentre quella ricadeva dolcemente sul suo corpicino infantile, comoda e per nulla ingombrante. Sembrava quasi un supereroe... no, sembrava un ragazzo dalla cattiveria mostruosa, che aveva visto una volta in un film.
    Gli si addiceva.
    Si guardò le mani, cercando di continuare a convincersi di non essere stato il responsabile di tutte quelle morti. Non lo era. Non era lui. Lui era Denzel...
    Ricordi ora il tuo nome?
    La domanda del Quattordicesimo giunse inaspettata... Ma adesso sapeva cosa rispondere.
    - Io... - esordì a voce roca, mentre usciva lentamente dalla casa, la pelle pallida e pulita baciata dal sole. - Io sono... - Le fiamme inondarono i suoi ricordi. Una foto di un uomo dai lineamenti di Allen comparve in un salotto che andava disfacendosi per opera sua. - Io sono Denzel Walker -
     
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