Trascinati tra luce e ombra

La mia prima fic qui *-*

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    Twilight Player

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    Eheh..
    Comunque, io aspetto lo yuri! Non mi piace lo yaoi, xD.b
     
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  2. Nyxenhaal89
     
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    e a me non piace lo yuri.
    Eheh XDDD
    Ma tranquillo, essendo una fanfic rating "verde", sarà solo qualcosa di molto accennato.
    Non voglio urtare la sensibilità di nessuno, ma vedrò di accontentarvi un po' tutti.
    Ancora non so quanti altri mondi inserire, sono tentato da Harry Potter e Il Signore degli Anelli, ma non so. Troppo antichi e troppo surreali, forse.
     
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    Twilight Player

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    Potresti aggiungere altri mondi Disney che non ci sono nei KH, ma quelli non penso vadano bene, oppure Harry Potter, Signore degli Anelli.. non so, x°P.
     
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  4. Nyxenhaal89
     
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    Vedrò, vedrò XD Cercherò comunque di metterci meno di un mese e mezzo, a scrivere quattro righe XD
    E' che sto anche disegnando il mio primo manga, e quindi le idee si confondono...
    Il giorno che vedrò Roxas al posto del mio protagonista, dirò "Mi serve una vacanza" XD
    Pazientate! ^^ a presto!
     
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  5. Nyxenhaal89
     
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    Eccoci col capitolo 5, infine. E' l'ultimo capitolo di "preparazione" agli eventi che seguiranno, tranquilli! ^^
    Tuttavia, vi avviso: sto scrivendo questa fanfic come un mio romanzo, ecco il perchè di tanti temporeggiamenti e tanta lunghezza. Devo riprendere la vena narrativa e provare nuovi stili, quindi se nei prossimi capitoli doveste avvertire poca chiarezza, vi prego di avvisarmi.
    Buona lettura! ^^

    5: L’Avvento dei Giusti

    Il giorno dopo, fatta un’abbondante colazione con frutta e pane che Altair aveva portato con sé, uscirono allo scoperto.
    Tuttavia furono colti da una sorpresa improvvisa. C’erano…
    Più alberi di quanti ricordassero.
    Molti di più. La foresta che stava tra Kalm e Twilight era grande, ma adesso era immensa, a perdita d’occhio. Altair accolse la notizia con ansia.
    - E’ dunque iniziata – disse.
    - Cosa? – chiese Sora vicino a lui. Stava sempre vicino all’uomo, tartassandolo di domande continue, chiedendogli in particolar modo di dove fosse, cosa che gli causava non poco fastidio.
    - Quando quegli esseri approdano nel mondo, il tempo si sfasa. Come se tremasse di fronte a loro. Adesso, quest’area è tornata, almeno geograficamente, a 200 anni fa, quando Kalm e Twilight erano cittadine assai insulse.
    Tuttavia, superata la meraviglia, l’enorme voragine lasciata dalla distruzione della loro città era rimasta tale e quale.
    - Nessuno può prevedere il corso del tempo. Nessuno può controllarne nemmeno i singhiozzi – spiegò intuendo la loro domanda.

    Nei giorni che seguirono, Altair fu una guida insostituibile, spirituale e fisica. Convinto che in quel nuovo e misterioso mondo i pericoli fossero più di quanto non fossero già nella loro epoca, l’uomo prese la responsabilità di addestrarli.
    Un compito arduo, ma che accolse con entusiasmo.
    Fu così che in due settimane impararono ad utilizzare le armi bianche; Riku aveva un gusto particolare per gli spadoni, e Altair gli insegnò come usare correttamente una spada a due mani con velocità a leggerezza. Al termine di quel sommario addestramento, gli donò una lunga spada crociata, con la croce latina incisa sull’elsa. Non disse dove l’avesse presa.
    Sora fu istruito nell’uso della spada lunga, ma ad una mano sola, Xion e Naminè furono munite di lunghe lance; Kairi non accettò nulla.
    - Le mie mani sono armi molto più affidabili – disse. Altair sorrise alla sua affermazione, e tutti assistettero ad un incontro corpo a corpo di qualità indiscutibilmente elevata.
    Le giornate trascorrevano lente e più o meno tutte uguali, con orari fissi per i pasti e per l’addestramento. Tutti cominciavano un po’ a cambiare, soprattutto fisicamente. Riku era ancora più muscoloso e forte di prima, le mani erano irruvidite e indurite dai continui allenamente con lo spadone di Altair, che aveva intenzione di maneggiare come se fosse fatto di carta; Sora stava cominciando a sentire dei muscoli sotto la pelle, ma lavoro da fare ce n’era ancora un’infinità. Naminè passava poco tempo ad allenarsi, preferendo la silenziosa meditazione sulla cima del monte. Continuava a ripetere che sentiva la testa ronzarle fastidiosamente. Kairi prendeva a pugni gli alberi, e nemmeno i guanti e le protezioni alle gambe impedivano alla sua pelle di rovinarsi. Xion si allenava a prendere i pesci con la lancia, ma non era molto facile. Era anche in difficoltà perché, con qualunque arma, era carente di equilibrio.
    Molto carente.

    Passarono altri giorni, ormai quasi un mese da quando avevano incontrato Altair nel bosco. Accucciato alla spada, Sora fissava lontano, in quell’enorme foresta di cui avevano calcato il suolo molte volte, senza mai allontanarsi troppo dal monte. I loro turni di guardia erano da un’ora ciascuno. Altair, che veniva alla fine del giro, prendeva tutto il tempo rimanente, sempre assorto nei propri pensieri, scrutando l’oscurità notturna, fumando da un antico oggetto di fattura saracena.
    Quella notte, il secondo turno spettava a Sora. La Luna era ormai alta, e il cielo più stellato di quanto avesse visto.
    Rigirava continuamente il ciondolo di Roxas, quasi per abitudine. Ma quando fissava quel cielo stellato, si chiedeva se Roxas lo stesse guardando…
    E quanto avrebbe voluto che fosse lì con loro.
    Che arma avrebbe scelto, ad esempio? Una coppia di spade doppie, magari. Roxas era abilissimo nell’uso della lama, e molte volte usava due spade di legno negli incontri ufficiali.
    - Ti trovo davvero diverso, Sora – disse Roxas accanto a lui.
    - Tu dici? – rispose il ragazzo di rimando.
    Rispose?
    Roxas?
    - CHE… - sussultò; aveva davanti a sé Roxas!
    Ma poi vide bene che era la stessa visione che ebbe quando svenne all’ingresso della fattoria dei Rostova.
    - …..bello sarebbe stato – concluse ricomponendosi.
    L’immagine sorrise debolmente. Aveva sempre una smorfia triste, sconfortata. Forse, non trovava pace.
    - Mi avevi detto di non cercarti… perché sei tornato, allora? – chiese fissandolo appena.
    Non poteva sopportare quella visione. Era passato più di un mese, ma non poteva accettare che Roxas fosse morto…. non poteva.
    La visione sollevò la testa fissandolo con i suoi profondi occhi azzurri, luminosi nella notte. Alzò un braccio e indicò il monte più alto della catena, che stava a un paio di alture dal loro.
    - Lì troverete molte risposte. La vostra guida lo sa, vi ha preparati per questo. Ora credo siate pronti… non c’è più tempo – disse.
    - Perché parli per indovinelli adesso? – sbottò Sora. – Dimmi qualcosa di chiaro! –
    - Vai lassù e vedrai coi tuoi occhi – rispose Roxas scomparendo lentamente, come un’ombra di luce sugli occhi. – Posso solo dirti che avrei voluto… essere con tutti voi… -
    Sora lo guardò sbiadire definitivamente, piangendo.
    - Anch’io…. – mormorò il ragazzino, mentre il silenzio notturno lo pervadeva nuovamente con la sua calma sepolcrale.
    Rimase a fissare il cielo, non capendo il perché, perché di quelle visioni, di quel tormento.
    Così, accettare la morte di Roxas era infinitamente più difficile…
    Dopo qualche minuto, arrivò Kairi a dargli il cambio. Le bastò una rapida occhiata per accorgersi che Sora aveva pianto di nuovo.
    - Cos’è successo? – chiese sedendosi accanto a lui.
    - N..niente… - farfugliò Sora. – Vado a dormire… -
    - Aspetta un… - replicò la ragazza, ma non fu ascoltata.

    La mattina dopo, Sora, che non aveva dormito per niente, si svegliò risoluto ad avere delle risposte da Altair, ad ogni costo. Erano rimasti un mese intero in sua compagnia, avevano accettato le sue istruzioni, i suoi consigli, anche i suoi ordini, ma ora doveva anche parlare apertamente delle sue intenzioni! Perché li stava addestrando? E perché era così riluttante a parlare di ciò che lo riguardava?
    Con questi intenti, si alzò tenendo ancora la spada in pugno, e andò fuori senza guardare nessuno: il sole era appena sorto, e Altair, appollaiato su una lingua di roccia come un corvo, lo trapassò coi suoi occhi neri.
    - Notte agitata, ragazzo? – chiese eloquentemente.
    Sora non si tirò indietro.
    - L’ho visto di nuovo – disse gelido. – E ha detto che TU ci stai preparando per qualcosa. E ora voglio sapere che cosa! – esclamò tirando fuori la spada e puntandogliela alla gola. L’arabo rise gutturalmente.
    - Hai fegato, per essere uno che ha imparato da poco a usare la spada, ragazzino – disse. Si erse nella sua considerevole altezza, fissando torvo Sora.
    - Sveglia i tuoi compagni. Sarà il nostro ultimo viaggio insieme – disse aggiustando la cinta che reggeva la sciabola.
    Sora andò rapidamente a svegliare i suoi amici scrollandoli tutti dal loro sonno. Naminè non aveva bisogno di essere svegliata. Apparentemente, non dormiva mai. Restava inginocchiata col capo chino, in una specie di dormiveglia.
    Eppure restava la più sveglia del gruppo, sebbene con una vena un po’… misticista che annebbiava la sua voce e le sue parole.
    - Ma dove dobbiamo andare? – chiese assonnato Riku mettendo distrattamente lo spadone dietro la schiena.
    - Vi porterà alla Grotta – disse qualcuno dietro di loro. Era vestito anch’egli con una cappa bianca, ma aveva due bracciali che nascondevano i pugnali nascosti(Altair ne usava uno solo), e oltre ai pugnali, la spada e il pugnale ricurvo in dotazione ad Altair, aveva anche un lungo drappo rosso che gli partiva dal cinto diagonale che reggeva i pugnali, perdendosi dietro la schiena. Era comodamente seduto e fumava da un’altra pipa, di fattura un po’ più moderna, ma sempre antica.
    Trasalirono.
    - Chi diavolo sei?! – latrò Riku mettendo mano allo spadone.
    - Lui è il mio apprendista – intervenne Altair entrando nella caverna per controllare il proprio equipaggiamento. – Ezio Auditore –
    - E da dove spunta? – chiese Kairi infilando dei guanti borchiati. – Non dirmi che è sempre rimasto qui come un soprammobile e non l’abbiamo mai visto… -
    - Secondo voi, chi vi portava da mangiare? – disse Ezio con lo stesso sarcasmo del maestro. Si alzò. Era pure più alto di Altair, ma nel suo tono di voce si leggeva una certa deferenza. Ezio probabilmente venerava Altair. Ciò aumentava l’alone di potere che circondava quel misterioso personaggio che li aveva aiutati per quaranta giorni. – Maestro, devo accompagnarvi? – chiese.
    - Sì, Ezio, conviene che venga anche tu – rispose Altair. – L’ingresso nella Grotta richiede un certo sacrificio logico che da solo non posso estinguere –

    Così il gruppo lasciò la caverna, probabilmente per l’ultima volta, con le armi in spalla e dei pesanti mantelli per proteggersi dal freddo che era calato sui picchi innevati delle montagne. Era incredibile come un paio di secoli potessero trasformare il clima; c’era neve dappertutto, e diverse minacciose nuvole nere sulla loro destinazione lasciavano presagire poco di buono.
    Arrancando nella prevedibile tormenta che arrivò pochi secondi dopo, i sette avanzarono a stento, sebbene Altair ed Ezio, che sembravano assai abituati, non ne risentissero particolarmente. Tutti avevano gambe e braccia irrigidite per il freddo, e non si azzardavano nemmeno a toccarle, le armi. Solo Xion teneva saldamente il suo bastone, conficcandolo nel terreno per proseguire nel vento che diventava sempre più forte.
    - Ma dove diavolo stiamo andando?! – strillò Kairi, stringendo un braccio di Riku e aggrappandosi alle rocce con la mano libera.
    - Molto lontano dai vostri pensieri – disse Altair sbottando una risata.
    - Pensi che vedremo Roxas? – disse improvvisamente Sora avanzando verso il loro mentore.
    Altair si fermò.
    - Chi ha fretta di vedere i morti, può semplicemente gettarsi da questa montagna. – disse infine, continuando a camminare. Sora proseguì fissando il dirupo che costeggiavano.
    Non voleva assolutamente morire!
    E poi, era sicuro che Roxas fosse ancora vivo. Sì, ne era certo.
    Passarono quasi otto ore di camminata attraverso quel ripido sentiero, quando finalmente intravidero una conca. Era situata alla loro sinistra, qualche decina di metri più avanti. Altair affrettò il passo e i ragazzi, intorpiditi, cercarono di seguirlo.
    Appena entrarono nel raggio della conca, la bufera cessò.
    - Bene, abbiamo superato la prima prova – sospirò Altair. Ezio si scrollò la neve dall’abito.
    - Adesso cosa ci aspetta? – chiese stringendo le cinture, bagnate.
    - La seconda prova ci verrà mostrata tra poco. Abbiamo superato una prova di resistenza: quella bufera era innaturale. Chiaramente, la magia di questo luogo ha percepito qualcosa. Sa cosa gli stiamo portando, e luoghi così antichi sono restii a cedere i loro tesori –
    Nessuno disse una parola. Erano tutti convinti che Altair nascondesse SICURAMENTE qualcosa, ma altre domande avrebbero potuto indisporlo, e questo non lo volevano.
    L’ingresso della Grotta sembrava un qualunque muro di pietra. Tuttavia, bastò un lieve gioco di luce per mostrar che, in realtà, la parete sembrava cambiare consistenza ogni qualvolta la luce cambiava. E lo stesso valeva per il suo colore: da nera era diventata color marmo, liscia e fredda.
    - Be’, se questa non è una piccola meraviglia – commentò Altair con una nota di sbalordimento nella voce.
    - Cos’è? – chiese Riku fissando la parete, grattandosi la testa.
    - Tu lo vedi, vero, Naminè? – sorrise l’islamico verso la ragazza.
    - L’intera montagna è pervasa da una forte emozione – disse stringendo il blocco da disegno nell’avambraccio. – Il suo cuore batte spinto dall’impazienza, ma non ci cederà ciò che vogliamo senza sottoporci alle prove che ha giurato di dare –
    - Naminè, stai parlando di una montagna! – esclamò Riku.
    - Sora vede i morti, Naminè sente il cuore del mondo… - disse Xion pensierosa. – E’ davvero romantico –
    - Io non vedo i morti - sibilò Sora fremente. – Roxas non è morto… -
    Nessuno volle controbattere: insieme alla forza fisica, Sora aveva aumentato una certa insistenza su concetti per lui fondamentali come, appunto, la vita di Roxas.
    - Una nuvola nera si avvicina – disse Naminè.
    - Maestro, non c’è molto tempo – affrettò Ezio.
    - Niente prova, niente ingresso – replicò Altair.
    Kairi fissò la parete di roccia, toccandone la superficie mutevole.
    - Dovremmo aprirla aspettando che abbia la forma adatta? – chiese dubbiosa a Ezio, che tastava i dintorni alla ricerca di istruzioni o indizi obliati dai secoli.
    - In teoria – rispose l’italiano. – Ma non sappiamo quale sia la prova. –

    Passò un’abbondante mezz’ora che non rivelava nulla di nuovo, a parte che la parete diventava sempre più spessa. E non c’erano battenti o maniglie: era una superficie ora liscia, ora increspata, impossibile da definire.
    - Forse una parola d’ordine… - ipotizzò Xion pensando al vecchio Gandalf de Il Signore degli Anelli.
    - Allora possiamo andarcene, questa montagna avrà millenni alle spalle – sbuffò Altair.
    Sora si alzò dal masso dove stava riposando le gambe e decise di avvicinarsi anche lui alla parete.
    Quando Kairi l’aveva toccata, sembrava essersi assottigliata, ma ora era di nuovo spessa e dura più del granito.
    - E se non intendesse solo la luce del sole? – mormorò stringendo il ciondolo di Roxas tra le mani. Fissò l’ingresso con un mezzo sorriso. – Facci passare. Per favore. Noi… abbiamo bisogno che tu ci apra la tua via-
    Nulla.
    Il vento smise di soffiare, l’intera zona sembrava essersi improvvisamente fermata, come in una grande festa dove, se qualcuno commette una gaffe, l’intera sala ammutolisce e ne fissa il responsabile.
    Sora toccò la parete.
    Sembrò troppo per essa; prese a ribollire, a diventare sempre più trasparente, a sciogliersi in un liquido etereo. Schiuma sbiadiva ai loro piedi, mentre davanti a loro si estendeva un corridoio sterminato.
    La seconda prova era stata superata.

    - Calma, calma – invitò Altair passando in testa alla fila.
    Sebbene faticasse a nascondere la propria impazienza, aveva preso molto sul serio il proprio ruolo di mentore; li proteggeva persino da loro stessi.
    - Che prova era? – chiese Ezio accendendo una torcia che teneva sotto il drappo rosso.
    - Diciamo… intelligenza – disse Altair. – E purezza delle proprie intenzioni. L’innocenza del sentimento di Sora ha spalancato definitivamente la porta che i suoi amici avevano già indebolito. Questo luogo non sarà mai più segreto –
    Il corridoio sembrava essere immobile. Avevano visto la stessa torcia per 92 volte.
    - Altair, non ci stiamo muovendo – protestò Riku.
    - Me ne sono accorto – rimbeccò Altair. – Quindi ora farai a modo tuo – si scostò inchinandosi, e mostrandogli educatamente la via. – So che hai capito –
    Aveva capito eccome! Quella montagna era un labirinto mentale e fisico. E lui i labirinti li attraversava tutti allo stesso modo.
    - BASTA TRUCCHETTI! – latrò, e tirò una spadata dritto davanti a loro;la parete luminosa si squarciò, rivelando un gigantesco salone di cristallo, simile alla navata di una cattedrale, con fini intarsi argentei sui cristalli azzurri.
    - Era questa la terza prova? – disse Ezio ironico.
    - A volte, un eroe deve essere avventato – rispose Altair rassegnato.
    La volta del soffitto era alta e imponente, lunghe stalattiti luminose scendevano da esso come candele bianche; doveva essere un luogo molto freddo, e invece si sentirono circondati da un piacevole tepore che alleviava le loro sofferenze. E ora che ci pensava, Sora notò che era identica alla caverna che aveva sognato alla fattoria…
    Mancava solo il disegno a punta di freccia, ma probabilmente era una contaminazione del suo inconscio.
    Sussultò vedendo la roccia dove Roxas era seduto prima di parlargli, e corse incontro ad essa, poggiandoci le mani sopra di peso.
    - Era qui… - farfugliò. – Era qui che mi ha parlato… -
    - Qui? – ripetè Altair. – In questa grotta? –
    - Proprio in questo punto…. me lo ricordo perfettamente… - gemette Sora reprimendo un singhiozzo.
    - I morti sanno più cose dei vivi, indubbiamente – disse Ezio poggiandogli una mano sulla spalla.
    Sora fece per ribattere, ma non ce la fece.
    Purtroppo, non poteva ribattere.
    - Eccolo, dunque, l’Altare – disse Altair toccando una grande lastra di roccia con sei rigonfiamenti simili a tombe scolpiti sopra. – La pietra sacra che viaggia insieme a quelle persone orribili…. si dice che racchiuda le armi per sconfiggerli.. – bisbigliava quasi tra sé, tastandone con dita abili e curiose i rilievi, le rifiniture, possibili aperture.
    Ma erano ermeticamente sigillate.
    - Ma certo – realizzò infine. – Non possono essere aperte. I loro tesori… non sono accessibili a chi non è meritevole – Mentre parlava alzò la testa verso la parete dietro l’altare, come se vi leggesse delle istruzioni. – Non spetta a me –
    Si fece da parte e si inchinò nuovamente indicando a Riku di avvicinarsi ad una delle bare.
    - Che dovrei fare, scusa? – chiese senza capire. – Entrarci? –
    - Ti basterà avvicinartici, credo. – rispose sarcastico l’islamico.
    Riku si avvicinò alla bara più al centro e la toccò. Era fredda al tatto, e gli raggelava il sangue.
    Non successe nulla. Si voltò verso Altair, che lo incitò a toccarne un’altra.
    Appena la toccò, fu respinto da un calore insopportabile; si ritrasse e fece per andarsene, ma Ezio gli prese una spalla e gli indicò quella all’estremità a sinistra. Sospirando e borbottando, Riku la toccò.
    Non successe nulla. Di buono o di cattivo.
    Poi, sottili filamenti di luce fecero apparire la forma di uno spada a due mani, da cavaliere, dall’elsa sormontata da tre stelle.
    - Che mi venga un….! – esclamò Altair ritraendo il capo. – Quelle… -
    Riku non ascoltò. Istintivamente prese la propria spada e la mise sulla sagoma: immediatamente, l’arma prese a liquefarsi, a ribollire, disfacendosi poco a poco, diventando una patina liquida che si infilò nella bara.
    Poi, nulla. Tutto si spense di nuovo.
    - Be’, non è stato di grande aiuto – commentò Riku.
    - Guarda bene, Riku! – fece notare Xion. – E’ comparso un solco! – Infatti, Riku vide chiaramente un lungo solco rettilineo percorrere l’intera bara per lungo.
    Un coperchio.
    Il ragazzo cercò di sollevare il coperchio con tutte le sue forze. Notò quello che pareva una sorta di punto debole, un piccolo aumento della larghezza del solco verso il centro della bara.
    Appena ci mise la mano, venne sbalzato all’indietro.
    - MA VAFFANCULO! – sbraitò massaggiandosi la testa dolorante: aveva sbattuto contro la parete spigolosa.
    - Evidentemente c’era una quarta prova… - realizzò Altair.
    - Ma non erano tre? – protestò Sora.
    - Non ho mai detto un numero – corresse Altair.
    - Provate a fare quello che ha fatto Riku – propose Ezio. – Cercate la vostra bara e… -
    - EHI! – rimbeccò Kairi. – Smorziamo i toni, cappuccetto bianco! Altro che “mia bara”! Se voglio, ti faccio un culo… -
    - Kairi, datti una calmata e cerca la tua cazzo di bara – tagliò corto Riku poggiandosi alla sua con fare circospetto, come se si aspettasse una stalattite in testa da un minuto all’altro.
    Kairi la trovò subito. Era la bara caldissima. Tuttavia non capiva che razza di arma potesse assorbire; i suoi guanti borchiati, vide immediatamente, erano già scomparsi. Le tre stelle sormontavano un pugno chiuso su una mano aperta.
    - Mi usciranno dei guantoni? – disse dubbiosa, fissando la bara per interrogarla, quasi.
    Xion trovò la sua all’estremità destra. Le tre stelle stavano su una lancia in resta. Appena la toccò, avvertì una sensazione di profondo benessere, e di speranza. Poi, anche lei non vide più nulla sulla roccia.
    Sora si avvicinò a una delle tre bare che stavano quindi verso il centro; la sua era quella centrale a destra. Anche lì, le tre stelle troneggiavano sopra una spada corta.
    Naminè, vicina a Xion. Quando toccò la bara, inaspettatamente, prese a piangere, cadendo in ginocchio.
    - Nami…? – chiamò Xion.
    - Quante persone… stanno soffrendo… - singhiozzò. – E’ tutto uno sciamare di… morte… e urla… sento… il loro terrore… il loro dolore…. – rimase a gemere inginocchiata vicina alla bara.
    Le tre stelle non sormontavano nulla. Poi, intravidero una figura; due mani che avvolgevano dolcemente una piccola stella, circondata da tanti minuscoli quadrati piegati e semiarrotolati; Xion ipotizzò fossero fogli di carta.
    - C’è un’altra bara…. – disse Sora toccando quella vicina alla sua. – Ed è…. –
    Non seppe descrivere ciò che sentiva quando la toccò. Il cuore era pieno di emozioni contrastanti. Voleva ridere, ma aveva gli occhi tremanti e le labbra scottate di lacrime. Si sentì avvolto da un abbraccio dolce, che gli lasciava un senso di profondo vuoto, poiché lo sentiva lontano miglia e miglia da sé.
    - Forse… - riuscì a biascicare. Prese la croce di Roxas e la mise sulla bara.
    Luce.
    L’intera bara prese a brillare di luce, le tre stelle sembravano meteore fiammeggianti, sormontanti due fulgide spade bianche. Sotto le tre stelle, una croce puntata come quella di Roxas.
    Le bare si aprirono, mostrando splendide armi dalla fattura antica forse più del mondo. Sembravano tutte delle chiavi.
    - Key Blade – sillabò Altair ammirandole a sua volta in mano ai ragazzi, che uno ad uno le afferravano. – Le Chiavi del Destino – Riku prese la sua, lunga quanto lui era alto, dalla grande elsa finemente decorata con motivi arcani, e una lunga ala blu che partiva da metà della lama. La spada terminava con quattro lame simili a denti, e tutta la lama era composta da più lame intrecciate. Era nera e rossa, e ogni venatura rossa, ogni scaglia di metallo sembrava trasudare potenza. – La Via per l’Alba, Assassina di ogni Male, poiché essa stessa si nutre di esso. – recitò, vedendo poi i guanti di Kairi: erano rossi e bianchi, con intarsiate delle chiavi d’argento sulla parte carpale. lasciavano libere le dita, ma Kairi diceva di sentirle ugualmente protette. – Le Mani dell’Ardore – continuò. – Le armi che fanno tremare persino i giganti –
    L’arma di Xion era un lungo bastone nero, con venature argentee, che aveva all’estremità inferiore una lunga punta di lancia, e all’estremità superiore un grande cerchio affilato, con incastonata una sfera di cristallo bianco. Ai lati della sfera, stavano quattro anelli per lato, da cui pendeva una chiave d’argento ciascuno.
    - E questa? – chiese Xion, un po’ offesa per quella mancanza di attenzione.
    - E’ la Lancia dei Santi – spiegò. – Per qualunque uso tu voglia adoperarla, pensa sempre; è forse l’arma più pericolosa, in questa stanza –
    Naminè non aveva nulla. Ma le era comparso un bracciale con delle ali d’angelo intarsiate. Una chiave stava anche lì incastonata, d’oro. Si tranquillizzò improvvisamente.
    - Le voci… ora… sono calme – disse.
    - E questa, la Catena Regale – sorrise Altair fissando l’arma di Sora. Era una lunga chiave, interamente d’acciaio e argento, con un’elsa quadrata che circondava la mano, gialla. Dall’estremità dell’elsa, pendeva una catena d’acciaio, alla cui fine stava una corona a tre punte, come quella della collana di Sora. – E’ la madre di tutti i Keyblade. E nonostante sembri la più scadente, in realtà è forse la più forte di tutte – Aggiunse vedendo l’espressione perplessa del ragazzo.
    Poi passò davanti alla bara di Roxas, che ancora luccicava.
    - Qui dovevano stare le Chiavi di Luce e Ombra… - disse greve. – Nessuno può prenderle, a parte il suo portatore…. -
    Naminè si era calmata, ma ora era Sora che si sentì mancare il terreno sotto i piedi.
    Ebbe un crollo emotivo di proporzioni epiche.
    - Lui… - disse. – Lui non c’è… - mormorava alla bara, bagnando le rocce di lacrime amare come il veleno più mortale. – Non c’è… più….è… MORTO! -
    Aveva immaginato che Roxas fosse lì ad aspettarli, un po’ malridotto, a braccia aperte e un sorriso felice in volto. Aveva immaginato di corrergli incontro. Di poterlo abbracciare…
    Di poter confrontare la sua abilità con lui, di fargli conoscere Altair, di unirsi alla lotta contro quei mostri.
    Ma ora aveva la conferma, aveva una verità autentica.
    Una verità inderogabile, non poteva più nascondersi.
    Non poteva più fingere.
    Roxas era morto.
     
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    Bel capitolo, ed ecco i Keyblade!
    Ma io odio Altair, è un pezzente.
    Ben scritto e nessun errore!
     
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  7. Nyxenhaal89
     
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    Perchè Altair è un pezzente? ç__ç
    E' il mio pg preferitoooooooooo XD
    Davvero nessun errore??? Grazieeeeeeeeeeee *abbraccia commosso*
    Comunque mi impegnerò, sono già a metà del sesto capitolo ^^ da adesso, comincerò a farli combattere. E che cavolo. XD
     
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  8. Nyxenhaal89
     
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    Ed ecco, dopo tante fatiche, il sesto capitolo: per chi sa quattro parole di giapponese, capirà il perchè del titolo...
    E chi vedrà ciò che ho inserito in questo capitolo, capirà perchè ci sto mettendo tanto XD
    Bene, mi sembra sia tutto.
    *No che non è tutto! Ringrazia i lettori per i commenti! ndHeartless*
    ........sì.
    Lo faccio sempre! Vi ringrazio per aver letto e commentato, ma continuo costantemente a chiedervi di commentare, così da poter migliorare: sono contento che HR x Nemesis mi continui a commentare *lo spupazza* ma più pareri ci sono, meglio si capisce. Almeno io la penso così, senza togliere niente a nessuno, eh ^^
    volevo avvisarvi che questa fanfiction si trova anche su EFP sotto il titolo "Amore al di là di Luce e Ombra". Spero che gli utenti che scrivono lì mi lascino una recensione: vi voglio bene ^^

    6: Luna Rossa

    Rimasero a contemplare la bara per non si sapeva quanto tempo.
    Sora restava in ginocchio, a sfogare la frustrazione, la delusione, l’amarezza di quella verità.
    Perché non era morto con lui? Perché non si era buttato insieme a Roxas?
    Era molto meglio che restare a soffire così…
    Era molto meglio essere morto allora.
    Che senso aveva avuto attaccarsi alla sua vita, per andare avanti di stenti, freddo, paura?
    Il tempo scorreva interminabile. Sentiva la gelida lama del Keyblade sulle gambe, mentre lui restava aggrappato alla bara, piangendo tutte le lacrime che aveva in corpo.
    Nessuno si sentiva in diritto di dire nulla. Gli unici a parlare furono Altair ed Ezio, in disparte.
    L’islamico guardava la parete, riflettendo il suo sguardo nerissimo sul cristallo lucente.
    - Vuoi andare con loro? – chiese piano, ignorando i gemiti di Sora.
    Ezio non rispose, abbassando lo sguardo.
    - Maestro, ho giurato di esservi fedele e restarvi accanto fino a che il mio apprendistato… - disse a mo’ di scusa.
    - Non hai bisogno di rispettarlo ulteriormente. Ora sei un Priore, Ezio Auditore – rispose il maestro senza guardarlo. – Non ti serve più un maestro. Ora tu puoi insegnare, se vuoi – aggiunse.
    - Non raggiungerei la vostra saggezza nemmeno tra mille anni – replicò l’italiano mantenendo lo sguardo basso.
    - Ad ogni modo – rispose Altair mettendogli le mani sulle spalle – non ho più nulla per te. E’ tempo che lasci questo luogo abbandonato dal mondo, e parti verso il tuo destino, qualunque esso sia –
    Gli posò una mano sulla testa, mormorando qualcosa in arabo millecentesco.
    - Va’ col tuo Dio, fratello. Possa tu restare sempre nascosto, e cogliere i nemici alla sprovvista –
    Ezio comprese l’affermazione e si inchinò con deferenza.
    - Vi devo tutto, Maestro. Saprò rendervi onore a costo della vita – rispose.
    - Quando sarete pronti, ci vediamo alle pendici della montagna – disse poi rivolto al gruppo, ancora in silenzio davanti alla bara, ormai spenta.

    Passarono due, forse quattro ore, quando finalmente il loro cordoglio si interruppe e scesero giù dalla motagna; Altair li guidò per l’ultima volta, silenzioso, boccheggiando dalla sua pipa con fare misterioso, come sempre.
    Era ormai il tramonto, quando incontrarono Ezio in un piccolo spiazzale alla base del monte.
    - A quanto pare, il nostro viaggio termina qui – disse Altair fronteggiandoli tutti con lo sguardo. – Siete cresciuti molto sotto le mie ali, ma anche per le aquile più tarde arriva il momento di volare –
    La sua affermazione era molto legata al suo passato, e al suo presente, lui, l’Uomo che volava con le Aquile.
    - Quindi non ti vedremo più, Altair? – disse Xion reggendo il bastone tra le mani.
    - Chi lo sa – rispose enigmatico; - Il destino è capriccioso e imprevedibile, ma i nostri cammini si sono intrecciati; e presto o tardi, l’intero mondo dovrà incrociare il proprio col vostro, amici miei. Prevedo tempi oscuri dove andrete, diffidenza, odio, e sangue; ma se resterete uniti, senza perdere la fiducia in voi stessi, se non cadrete preda dell’egoismo… - li guardò tutti. Nei suoi occhi, si leggeva il rimpianto per un errore passato, un errore marchiato a fuoco da un uomo, un uomo di nome Al Mualim. – Allora non vacillerete, e supererete ogni pericolo – Fece silenzio per un po’. – Ezio sarà la vostra guida; seguitelo e ascoltatelo. Non avete motivo di dubitare di lui. E’ ancora un ragazzo, ma il suo cuore è sincero e il suo braccio colpisce preciso – raccomandò. - Niente è reale, tutto è lecito. Ricordatelo quando sarete in dubbio –
    E con quest’ultima raccomandazione, fece un inchino e svanì nel bosco senza dire altro.
    Ezio sospirò.
    - Molto bene, allora incamminiamoci – disse dopo un po’.
    - E dove? Hai già un percorso? – chiese Riku mettendo la Via per l’Alba dietro la schiena.
    - Dobbiamo andare a Kalm per fare rifornimenti. Anche se non ci sono più i supermercati, ci saranno delle dispense abbandonate – rispose Ezio grattandosi da sopra il cappuccio.
    - Levalo – disse Naminè dolcemente.
    - No, è ciò che mi identifica – replicò Ezio. Non volle discutere oltre sul fattore cappuccio.
    Il viaggio proseguì in un certo silenzio. Ognuno stava meditando sugli avvenimenti assurdi che meno di due mesi prima avevano sconvolto le loro vite, e in cui ora, a quanto pareva, avevano le mani in pasta fino alla spalla. C’era anche un altro motivo che li faceva viaggiare in silenzio: Ezio.
    Sembrava che nessuno si fidasse veramente di lui, sebbene fosse stato lo stesso Altair a rassicurarli; semplicemente, non riuscivano a capire per quale motivo quell’uomo, che dalla voce non poteva avere molti più anni di loro, fosse rimasto nell’ombra tutto quel tempo. Era vero che portava le provviste….
    - Andavi sempre di notte da Altair? – chiese improvvisamente Sora camminandogli affianco.
    Ezio sembrò apprezzare quel gesto di unione, tanto che rallentò il proprio passo. Il tonfo sordo dei suoi stivali di cuoio si sentiva ogni volta che marciavano sui ciottoli.
    - Sì, andavo a Kalm la mattina e tornavo la sera con provviste, informazioni… - rispose. Il suo tono era tranquillo e rassicurante. – E tenevo compagnia ad Altair nelle ultime ore di turno – aggiunse estraendo la pipa da una tasca interna della cappa bianca.
    Mentre l’italiano trafficava per accendere la pipa, Sora fece un’altra domanda ancora più insolita.
    - Posso provare? – chiese incerto delle proprie stesse parole.
    Ezio alzò le sopracciglia da sotto il cappuccio.
    - Se proprio ci tieni – disse dirigendosi più avanti. Sora mise in bocca la lunga canna della pipa e inspirò. Solo che inspirò troppo e tossì sdegnosamente. – Non dovresti fare cose simili – disse pulendo l’imboccatura con la manica. – E’ la punizione del tuo amico defunto –
    La testa di Sora rimbalzò.
    - Come? –
    - I morti non stanno affatto quieti, una volta andati dall’altra parte – spiegò Ezio fumando distrattamente. – Ci sorvegliano, ci guidano, per impedirci di fare follie pericolose. Capisci, quindi, che non puoi fare cose che potrebbero farlo arrabbiare? –
    Per un po’ Sora non disse nulla, soppesando quelle parole. Anche sua nonna credeva nel potere deleterio degli spiriti infuriati, ma addirittura essere punito per una boccata di fumo…
    Be’, l’unica ragazza che Roxas avesse mai avuto –Naminè, a 14 anni- diceva che era molto protettivo, attento e a volte ANSIOSO di non fare accadere nulla alle persone a cui voleva bene. Ecco perché si lasciarono un mese dopo. Ma in fondo erano giovani, potevano anche permetterselo.
    In effetti, da Roxas si sarebbe aspettato un ceffone sul muso per aver inalato mezza boccata da una sigaretta. Sì, era proprio da Roxas.

    Finalmente, dopo un’altra mezz’ora di silenzio, arrivarono alle porte di Kalm. La loro prima impressione fu di trovarsi davanti ad un castello enorme. Ma appena varcarono i grandi portoni in titanio e cemento armato (spalancati da una potente esplosione, ipotizzò Ezio), trovarono una città molto più moderna, fatta di piccole case a schiera e grandi palazzi di dieci o sette piani; le mura erano di pietra nerastra, come quelle delle case più antiche; ma c’erano anche abitazioni più moderne, dalle mura verticali, lisce e verniciate di bianco o sabbia. Oltre i tetti rossi era ben distinguibile un’alta torre di guardia, che insieme ad altre tre, accentuava l’effetto del castello antico; che comunque non era presente. Dove esso sorgeva, adesso troneggiava una grande cattedrale di marmo bianco e pietra, con un ampio rosone porpora svettante sul muro sud della navata centrale. Le strade erano ancora lastricate come in antichità; nella piccola Kalm, meno di 2.000 abitanti, la gente circolava a piedi o in bicicletta. La famiglia di Sora viveva lì, una volta: adesso erano molto lontani, forse si erano salvati da quelle bestie omicide. Riku sembrava stesse cercando di stendere una mappa della città. Realizzò con stupore che le vie non erano cambiate, nel ritorno temporale.
    - Kalm è fine a sé stessa da cinquecento anni – disse Ezio camminando in testa alla fila. – Ma… questa città non ha subito nemmeno il ritorno temporale – aggiunse, indicando l’insegna lampeggiante e mezza fulminata di un supermercato.
    - Con l’evacuazione avrebbero dovuto chiudere l’alimentazione… - disse Xion fissando il banco frigo del market, una volta entrati. – Sei stato tu a riattivarla? –
    - Ovvio – disse Ezio frugando nel reparto dei prodotti in scatola. – Tutto questo buon cibo lasciato alle bestie e al deterioramento –
    - Perché non l’hanno portato con loro? – chiese Naminè, guardando distrattamente le gomme da masticare.
    - Con la paura che la fine del mondo raggiungesse anche loro, tutti gli abitanti sono scappati a gambe levate. I militari hanno preferito scortarli e abbandonare questa città alla distruzione, invece di raccogliere provviste. – rispose Ezio raccogliendo e spiegando contemporaneamente.
    - Ci stiamo comportando come sciacalli… - asserì Sora guardando con profondo senso di colpa un pacco di biscotti alla vaniglia, che gli piacevano tanto.
    - Prendila così – lo rassicurò Kairi fracassando il frigorifero bloccato e stappandosi una cola, assetata. – E’ roba abbandonata. Non aspetterà il ritorno dei suoi proprietari, per tornare a marcire. Quindi, è meglio che la prenda chi ne ha bisogno –
    - Sono d’accordo – disse Ezio finendo di raccogliere. – Abbiamo del pane, della carne in scatola e della frutta conservata, dovrebbe bastarci per una settimana – prese delle saccocce di pelle e ne riempì ognuna con un po’ della roba che aveva raccolto. – Entro una settimana di viaggio, dovrebbe esserci un altro paesino sulla strada, ma non so se ci sarà ancora. Dopo la distruzione di Twilight erano andati tutti da quella parte –
    Finito di raccogliere e fare provviste, il gruppo lasciò il supermercato.
    - Senti Ezio – chiese Riku giocherellando con la cinta della sacca. – Tu hai l’aria di uno che sa un sacco di cose. Bene, ora ti chiedo; quelli chi diavolo sono? –
    Ezio tacque. Si fermò, lasciando che del vento passeggero scompigliasse il suo drappo rosso e le falde della cappa.
    - Non lo so – disse sconfitto. – E nemmeno Altair lo sa. Tutto ciò che sa, è che non fanno nulla di buono. Conoscono solo inganni, bugie, morte e distruzione. Sono il male, il male nella sua forma più pura –
    - E come si possono fermare? – chiese Sora stringendo l’impugnatura del Keyblade.
    - Non si può fermare il male – contestò l’italiano duramente.
    - Ma può essere scacciato, indebolito – disse Naminè per contro. – Possiamo distruggere i suoi servi –
    - Non sono qui, un - disse….
    Chi?
    Si rizzarono all’istante fissando un punto indefinito intorno alla cattedrale; la voce proveniva da là.
    - Indietro! Indietro! – sibilò Ezio.
    - Ma abbiamo queste cazzo di armi, varranno qualcosa, no? – protestò Riku.
    - Coglione! – rimproverò Kairi. – Come pensi di ammazzare un nemico di cui non sai neanche la faccia?! –
    Indietreggiarono velocemente tornando al supermercato, nascondendosi in punti strategici; Ezio si mise con Xion dietro la cassa 1, Naminè dietro la cassa 2: Sora si nascose in mezzo a due scaffalature, Riku e Kairi dietro il bancone dei salumi. Le voci erano molto vicine, ed evidentemente non si preoccupavano di gridare.
    - Ti avevo detto fin dall’inizio che era una perdita di tempo, Deidara – rispose una seconda voce, atona, fredda. Xion fu attraversata da un brivido, quando la sentì. – Non sono passati di qua, Zetsu li ha seguiti –
    - Be’, io non mi fido di un albero di natale gigante, un – protestò l’uomo chiamato Deidara. Aveva una voce ambigua, a tratti acuta, come se avesse un sesso dubbio. – Volevo controllare di persona. A questo punto non ci resta che farla esplodere, un –
    - Mi hai portato fin qui solo per questo, ammettilo, maledetto bombarolo – disse la seconda voce.
    Deidara emise uno sbuffo offeso.
    Poi sentirono un rumore molteplice di masticazione, e videro delle strane creature bianche strisciare come formiche in ogni angolo della città.
    Sora fece rapidamente un conto mentale. Aveva già visto quelle creature! Sì, erano degli insetti bianchi che si erano parati tra loro e le cose nere che inseguivano lui e Roxas quando Twilight venne distrutta…
    - Dobbiamo andare! - esclamò preso dal panico. – Queste cose esplodono! –
    Ezio lo guardò orripilato.
    Non aveva abbassato la voce.
    Tutti gli insettini bianchi si rizzarono, osservando Sora.
    - A quanto pare, qualcuno c’è - asserì Deidara. Aveva smesso di masticare, sembrava, e ora la sua ombra si stagliava sul pavimento azzurro del market.
    Sora era terrorizzato. cosa sarebbe successo se le avesse rotte? Sarebbero sicuramente saltate in aria!
    Perciò rimase lì, con il Keyblade incerto tra le mani tremanti, a fissare indeciso quelle cose bianche.
    Ezio gli intimò di stare fermo con dei gesti delle mani.
    - Abbiamo trovato qualcosa, infine – disse Deidara sulla soglia, fissando Sora con occhi famelici.
    Il ragazzo vide un uomo dall’aspetto intorno ai vent’anni, coperto da un lungo manto nero ornato da grandi nuvole rosse che arrivava fino alle caviglie. Anche gli orli del manto erano rossi. Si intravedevano dei pantaloni bluastri, delle cavigliere di stoffa bianche, e ai piedi portava delle scarpe che lasciavano scoperte le dita dei piedi, dalle unghie tinte di viola. Era biondo, con un lungo ciuffo che gli copriva metà della faccia, compreso l’occhio sinistro; quello destro era grande e azzurro, che guizzava da una parte all’altra del supermercato cercando altre persone. Kairi, da dietro il banco dei salumi, incontrò il suo sguardo e deglutì.
    Sembrava squadrarla da capo a piedi, cosa che la inquietò particolarmente. Era praticamente invisibile, come faceva a vederla?!
    Deidara, o almeno così era stato chiamato quell’uomo, avanzò verso Sora, avvolto nel manto: sicuramente le braccia stavano sotto di esso, perché le maniche ondeggiavano liberamente ad ogni minimo movimento.
    - Incredibile, non trovi? – disse con voce pericolosa l’uomo, fissando Sora con l’occhio famelico. – Ne abbiamo trovata una… - cercò di afferrare il Keyblade di Sora con mano ferma, anch’essa con le unghie tinte di viola.
    - Non ci provare! – ringhiò Sora tirando l’arma a sé. – Devi passare sul mio cadavere! – Si mise nella classica posizione di combattimento che aveva visto in molti film: la chiave orizzontale, a ridosso del viso, saldamente tenuta tra le mani con le braccia piegate, le gambe piegate una all’indietro e una più distesa in avanti. Non sapeva neppure da dove cominciare, non voleva uccidere un’altra persona: però…
    - Era quello che speravo, veramente! – sogghignò Deidara con una mezza risata. – La caccia sta diventando lunga. Ora basta – mise una mano davanti al viso, l’occhio azzurro spalancato, la pupilla ridotta ad un punto incerto. La mano aveva due dita davanti al naso, le altre erano più piegate e verso il palmo: il pollice puntava verso il mento dell’uomo. - Kat… - pronunciò. Una lama scintillò;
    Deidara stramazzò a terra all’istante. Sul suo corpo cadente, prima un drappo rosso, poi il corpo felino di Ezio Auditore comparve, piegato su di lui, entrambe le lame nascoste conficcate nel collo dell’uomo misterioso.
    Si rialzò dal cadavere, dirigendo poi il viso (non si capiva bene, dato che gli occhi erano coperti) verso Sora.
    - Tutto bene? – chiese. Sora annuì.
    Una risata li ridestò dal loro trionfo.
    - Questa si che è una bella sorpresa…. – rideva sommessamente Deidara. – Faccio bene ad usare le copie…. –
    - VIA! – tuonò Ezio afferrando Sora dal colletto della giacca e fiondandosi fuori dal market il più rapidamente possibile….
    - Katsu! – pronunciò imperiosamente Deidara.
    Una luce accecante li avvolse, inondò tutta la piazza di Kalm; gli scaffali volarono, pacchi di ogni tipo turbinarono intorno a loro, mentre un calore metifico li circondava dolorosamente…. Ezio e Sora furono i primi a vedere l’effetto devastante della deflagrazione; l’intero supermercato esplose come una scatola di petardi accesa, i muri si sfondarono, il tetto saltò via come un tappo di spumante; una nuvola di fumo nerastro e bianco si propagò con la velocità del vento fino a loro, e l’onda d’urto li spinse lontano, facendoli cozzare contro una fontana. Stavolta, Sora non riuscì a salvarsi da un urto violento, battendo la schiena.
    Riku e Kairi uscirono zoppicando, reggendosi l’uno con l’altra; Naminè si trascinava; Ezio sobbalzò e rientrò nel market distrutto, scomparendo nel fumo.
    Ricomparve un minuto dopo, portando Xion svenuta, con una brutta ferita sulla fronte. La depose a terra e sguainò la spada.
    Il fumo si diradò.
    Davanti a loro stavano due persone vestite con la cappa nera a nuvole rosse; una era Deidara, identico alla copia; l’altro, accanto a lui, aveva lunghi capelli neri, il manto più alto e lungo del compagno, e baluginanti occhi rossi a malapena nascosti da due ciuffi neri. Le sue unghie erano tinte di nero, in pieno contrasto con la carnagione diafana. Sotto gli occhi, erano ben visibili profonde rughe che costeggiavano il naso.
    - Non sono quelli che cercavamo – disse l’uomo dagli occhi rossi. La sua voce sembrava priva di qualunque emozione. – Non perdiamo tempo, Deidara –
    - Mi deludi, un – affermò Deidara indicandoli. – Guarda le loro armi, Itachi… -
    Sobbalzarono, cercando di stringersi intorno a Riku ed Ezio, gli unici ancora in grado di reggersi in piedi da soli.
    Itachi cambiò radicalmente espressione, fissando quelle armi con lo stesso sguardo famelico di Deidara.
    - Le Chiavi – disse lentamente. – Le Chiavi del Destino, davanti ai miei occhi… - I suoi occhi si ridussero a fessure, mentre avanzava verso il gruppo con aria malefica e decisa. Tese la mano, ma Ezio portò Riku dietro di sé.
    - Facciamo alla vecchia maniera, allora – pronunciò atono Itachi allargando leggermente le palpebre; Ezio fece per attaccarlo, preparando un fendente che solo un assassino poteva sapere come usare.
    Ma si bloccò improvvisamente, impietrendosi.
    - Vediamo come resisti a tre giorni di sofferenza… - disse lentamente Itachi allargando le palpebre a dismisura. I suoi occhi, vide Sora, avevano totalmente cambiato forma: la pupilla infatti non era più un punto. Erano come tre punti simili a gocce, collegati tra loro da un cerchio. Ezio tremava, in piedi, con le ginocchia flesse, sembrava in preda al peggiore degli incubi. Ansimava e gemeva, come se trattenesse un dolore enorme.
    - Interrompete il contatto visivo! – esclamò Naminè accanto a Xion, che cercava di rianimare. – Si guardano negli occhi! – Riku ruggì e si scagliò su Itachi colpendolo con la spada, ma troppo tardi si rese conto di averlo attraversato; uno stuolo di corvi volava in alto, e riprese la forma dell’uomo.
    Deidara corse verso Riku dandogli un calcio, e scagliandolo contro l’unico muro ancora in piedi del market. Intanto Itachi ridiscese, di nuovo se stesso in carne ed ossa, avanzando verso Naminè, che lo fissò torva e tutt’altro che tendente alla resa.
    - Stammi lontano - sibilò; inaspettatamente, il selciato e il legno si unirono formando una spessa gabbia impenetrabile intorno a lei e Xion. Deidara sembrò divertirsi un mondo.
    - La distruggerò in un attimo, un – disse. – Itachi, perché non pensi agli altri? Sono solo quattro cadaveri, non dovresti avere problemi con loro… -
    Itachi lo fissò gelidamente, quindi avanzò verso Ezio e gli altri. Ad una semplice scossa delle braccia, due affilati kunai neri uscirono dalle maniche del manto, in cui Itachi, a differenza di Deidara, teneva le braccia. Anche se adesso entrambi sembravano tenere il manto nel modo giusto. Agile come una lince, Itachi corse su Riku tirandogli un affondo con i kunai, ma inaspettatamente, Kairi reagì dal nulla, tirandogli un possente pugno al volto e respingendolo per effetto fisico. L’uomo rotolò ed evitò un maldestro affondo di Sora, evidentemente troppo spaventato per colpire davvero, e tirò un kunai alla spalla di Kairi che preparava un secondo attacco; la ragazza rimbalzò all’indietro con uno strillo. Riku lo attaccò con la spada puntata, ma poche finte di Itachi lo fecero capitolare, sbattendolo a terra. Evitò un altro colpo di Sora afferrandolo dal collo.
    - Mi hai stancato – sibilò fissandolo negli occhi.
    Sora cercò di tenerli chiusi, sapendo che gli bastava il contatto visivo per fare quello che aveva fatto ad Ezio; Riku urlò di dolore; Sora aprì gli occhi per istinto, trovandosi davanti al sorriso spietato di Itachi.
    Improvvisamente, fu solo. Non c’era più Itachi che gli stringeva il collo, non c’era più nessuno. Cercò di avanzare chiamando tutti, chiamando Riku, chiamando Kairi, chiamando Naminè e Xion, chiamando Ezio.
    Poi vide Roxas.
    - Roxas! – esclamò correndo verso di lui…. il quale gli infilò una lunga lancia negli occhi.
    Sora gemette. Improvvisamente decine di lame lo tagliarono pezzo per pezzo, con l’orribile crepitio di ferro e carne; un sibilo e il suo braccio saltava, una mano, un piede, le sue viscere che si agitavano come serpenti impazziti vomitando sangue. Non riusciva nemmeno a implorare di smettere, che devine di persone continuavano a infilzarlo, colpirlo, distruggerlo, pezzo per pezzo, osso per osso. Si trovò poi messo su una roccia, e dozzine di pali lo inchiodarono là, e i corvi gli sbranavano le interiora vive e palpitanti senza pietà.
    Gridò.
    Gridò con tutte le sue forze, implorando pietà.
    Poi tutto d’un tratto quella tortura terminò e si trovò gettato in un angolo. Itachi e Deidara sembravano interessati a tutt’altro. Si trovò tra le braccia di Kairi, sanguinante, che si era tolta il kunai dalla spalla. Riku sanguinava a sua volta copiosamente dal pettorale destro. C’erano anche Naminè e Xion, che era rinvenuta, entrambe ferite dall’esplosione che distrusse il loro rifugio di roccia. Deidara stava per ghermirle, quando si trovò atterrato da un’arma gigantesca.
    In cielo, si stagliavano due scie nere simili a fumo, che avanzavano rapidamente verso Kalm.
    - Ci hanno già trovati, un – sibilò Deidara. – Gli sarà passata la paura del Leader! –
    - Non abbiamo comunque tempo per ritirarci. Manda un tuo garuda agli altri e di’ loro dove si trovano le Chiavi. Dobbiamo guadagnare tempo – disse Itachi razionalmente.
    Le due scie di fumo nero atterrarono, con uno sbuffo maggiore.
    - Il vostro tempo è minore di quanto possiate lontanamente immaginare – disse Zexion.

    A presto col settimo capitolo ^^
     
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  9. Nyxenhaal89
     
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    Ed ecco il settimo capitolo ^^
    Ragazzi per favore almeno un commento lasciatelo.... cioè, non voglio pensare di starmi ammazzando di fatica per niente, scusate.
    Godetevi la lettura, comunque ^^

    7: Contatto

    Rimasero impietriti.
    Non si sarebbero mai aspettati di trovarsi davanti a quei tizi vestiti di nero un’altra volta così presto. Ed ora erano in condizioni pietose, appena sufficienti a reggersi in piedi, figuriamoci a combattere. Ezio si era ripreso, ma era ancora ansante, a ridosso di un solitario lampione. Era davvero troppo per loro.
    Non erano ancora pronti.
    Quell’uomo era bassissimo, constatò Sora quando riprese i sensi. La lunga cappa nera sembrava leggermente fuori misura, tanto da coprirgli le mani quasi completamente con le maniche, e l’orlo lasciava in vista solo la suola degli stivali. Gli scompigliati capelli blu-violacei avevano un lunghissimo ciuffo che copriva per intero la metà destra del suo viso. Ma dall’altra metà era evidente che quell’uomo non facesse della forza fisica il suo strumento di battaglia: i suoi occhi erano vigili e impassibili, come se stessero aspettando qualcosa. Tuttavia, quell’arma gigantesca non poteva essere stata mandata da lui: la sua costituzione non lo permetteva. Insomma, quell’enorme mannaia era alta quanto quell’ometto gelido.
    Chi poteva averla mandata?
    La risposta arrivò subito dopo: un’altra nube di fumo nero si espanse accanto a lui, mostrando un uomo spaventosamente gigantesco, alto almeno due metri e mezzo, il manto che evidentemente era stato fatto sulla sua misura, poiché avrebbe potuto ospitare comodamente tutti e sei loro. Teneva in mano la gigantesca mannaia dalla lama rossa bordata di nero, dalla forma vagamente somigliante ad un punto interrogativo squadrato. Era scalfita e dentellata, segno che era stata usata frequentemente, la spessa impugnatura nera sembrava un grosso ramo di quercia: la mera presenza di quell’uomo gigantesco li fece totalmente desistere dal desiderio di attaccare.
    Tuttavia, Itachi e Deidara non si mossero: anzi, erano già in assetto di guerra. Un uccello bianco volò in alto; doveva essere il “garuda” di cui parlava Itachi.
    - Lexaeus… - sibilò Zexion verso l’uomo enorme. Quello si rivolse al lui: si capiva perché il suo cappuccio puntava verso il compagno. Zexion tese la mano. – Vai –
    Itachi e Deidara, di sicuro, non si aspettavano una cosa del genere. Quell’uomo, apparentemente così pesante da sembrare il classico colosso inerte, guizzò su di loro ad una velocità spaventosa. In un attimo, l’enorme mannaia di Lexaeus sfondò la zona di selciato dove si trovava Deidara. Itachi saltò in avanti, verso Zexion: Deidara invece cercò di allontanarsi il più possibile. Le sue mani stringevano una specie di creta bianca.
    - Itachi, dobbiamo scambiarci i posti, uhn! – urlò Deidara. Lo videro saltare su un edificio che crollò l’istante dopo. – Quello… - Non fece in tempo a completare la frase, che dovette scappare di nuovo.
    Zexion rimase fermo dov’era, ad aspettare che Itachi si avvicinasse. Non c’era alcuna paura nei suoi occhi. Né dubbio. Sembrava una statua di marmo. A nessuno venne la minima intenzione di attaccare. Contro quei quattro non poteva esserci vittoria, non in quel momento, non nelle loro condizioni, non con la loro abilità. Non sapevano nulla delle loro armi, non sapevano che farsene, e la loro unica guida, a parte Ezio, era rimasta appollaiata sulle montagne, a far chissà cosa. Sora provò un moto d’odio autentico per Altair.
    La loro attuale guida era confusa e sorpresa quanto loro. Evidentemente, non erano pane per i suoi denti. Non tutti assieme, perlomeno.
    - Itachi Uchiha, quale onore – disse Zexion. La sua voce li fece rabbrividire. Solo Itachi ed Ezio era calmi: tutti gli altri, persino Riku, vennero scossi da un tremito di puro gelo. Era evidente. Zexion non stava salutando con l’intenzione di fare una chiacchierata tra amici. E compresero senza dubbi.
    Quelli erano nemici. Le persone che Itachi e Deidara stavano cacciando erano loro, quei tipi vestiti di nero, che a quanto pareva, erano davvero tanti. E non c’era traccia dell’individuo con le pistole, o dell’uomo alto dalla voce viscida. Quindi, al momento, quegli individui vestiti di nero erano cinque, contro due. Ma Itachi aveva parlato di “altri”, Deidara di un “leader”.
    Le domande erano tante, ma se intanto si ammazzavano a vicenda, facevano loro un favore.
    Itachi non parlò, fissando senza timore l’ometto in nero.
    - Ho sentito tanto parlare di te – continuò Zexion noncurante, tenendo in mano un libro blu scuro con gli angoli d’argento. In mezzo ad esso stava uno strano simbolo argentato, che da lì non capivano se fosse una stella.
    - Mi sei d’intralcio – disse Itachi senza ascoltarlo. I suoi occhi riassunsero quella strana forma delle pupille, e Sora deglutì. Adesso, Zexion avrebbe cominciato anch’egli ad accasciarsi e urlare…. E Sora avrebbe visto com’era provare tutte quelle orrende sensazioni dall’esterno…
    E infatti.
    Zexion spalancò gli occhi con un’espressione inorridita, cadendo lentamente in ginocchio. Prese a gemere disperatamente, tenendosi il petto. Il respiro gli si affannò rapidamente. Sembrava che stesse respirando sempre più in fretta. Sudava e stringeva il terreno con la mano libera, inguantata di nero. Il libro cadde a terra, e il respiro accelerò sempre di più…
    Sempre di più…

    Fino a diventare una risata.

    L’espressione di Zexion cambiò radicalmente fino a diventare una maschera spaventosa. Rise mostrando persino i canini, con gli occhi aperti a dismisura. Sembrava divertirsi da morire.
    Approfittando dell’attimo di stupore di Itachi, spalancò gli occhi a sua volta, fissandolo dritto nei suoi: Itachi sembrò stordito, confuso, non capendo cosa stesse succedendo attorno a sé; poi Zexion strinse un pugno a mezz’aria e Itachi finì scaraventato contro ciò che restava della fontana.
    Zexion rise di nuovo. Tuttavia, nei suoi occhi non c’era alcuna emozione; era come se simulasse divertimento. Si avvicinò lentamente ad Itachi, che si rialzava a fatica. Uno stormo di corvi si dissolse all’istante, tornando a Itachi.
    - Io sono Zexion, numero VI dell’Organizzazione XIII – disse portando una mano sullo sterno come un inchino aggraziato. – Mi chiamano “Il Burattinaio Mascherato” – sorrise freddo.
    - Sei un illusionista – realizzò Itachi alzandosi e tornando impassibile. – Ecco perché blocchi tutti i miei Genjutsu e persino le illusioni dello Sharingan –
    Sora non ci capì granchè, ma era sicuro che non fosse nulla di buono.
    - A dire il vero – corresse Zexion sfogliando placidamente il suo libro, - la mia arte illusoria può bloccare i tuoi Genjutsu, ma il tuo Sharingan…. no. Ma non gioire – lo fermò prontamente, sebbene Itachi non avesse dato segno di muoversi o parlare. – Il tuo Sharingan non ha effetto su nessuno di noi –
    Itachi sembrò tramortito; la sua espressione fredda e orgogliosa si incrinò come vetro. Così attonito da non riuscire a schivare il corpo di Deidara, che lo investì in pieno fianco, sbalzando entrambi quattro metri più in là, in una nube di polvere ed una scia di mattoni e terra.
    Come spettatori di un’arena di gladiatori, i ragazzi fissarono sbalorditi l’enorme Lexaeus venire verso Zexion, con l’enorme mannaia in mano. Ma non fu quello a lasciarli sbalorditi; la pelle di Lexaeus fumava, in alcuni punti sembrava gravemente ustionata; il cappuccio era caduto, strappato forse da una delle dozzine di esplosioni che avevano sentito, esattamente come probabilmente era successo ad una grossa parte del manto, ormai assente, che mostrava il fisico muscoloso e massiccio come una montagna ; il suo volto era un’impassibile maschera di collera. Gli occhi verdi scintillavano come minuscoli fari, sormontati dall’ombrosa fronte ampia, totalmente sgombra, poiché i capelli castani erano tutti rivolti all’indietro in linee ondulate. Il suo incedere lento e maestoso e la sua sola presenza, anche stavolta, li atterrirono.
    Zexion sbuffò un sorriso alla vista dei due avversari pietosamente ridotti.
    - Patetici – disse. – Bene, e ora concentriamoci sulle Chiavi, Lexaeus. Potresti portarmele? – chiese indicandoli.
    Si pentirono amaramente di non essere fuggiti prima; ma le condizioni non lo permettevano. Erano tutti gravemente feriti. Ezio si alzò di scatto, sguainando la spada. Lexaeus non si curò di lui avanzando dritto verso Xion. La guardò in silenzio, indicando il bastone.
    - Non abbiamo tempo di chiederle “per favore” – affrettò Zexion: con la coda dell’occhio, Kairi lo vide librarsi a mezz’aria, mentre il libro levitava davanti a lui. Zexion mosse un braccio e recitò parole arcane all’indirizzo di Itachi e Deidara, che si erano riorganizzati, più agguerriti che mai; sembravano improvvisamente su di morale, ma evitarono appena l’ondata di fiamme che li travolse. Lexaeus emise un grugnito impaziente e cercò di afferrare il bastone, ma Xion e Naminè si tirarono indietro, e Naminè innalzò un’altra barriera di roccia; Lexaeus la sfondò con un pugno, ma Riku balzò gridando – LASCIALE STARE! – con la Via per l’Alba puntata; con una rapidità ferina, Lexaeus menò un colpo di taglio con la mano dritto al suo stomaco, con la forza che poteva avere un camion di media cilindrata lanciato a notevole velocità; Riku sputò sangue all’istante cadendo riverso a terra.
    - Riku! – strillò Kairi, approfittando dell’attimo di deconcentrazione dell’enorme uomo e aggredendolo con un pugno sul naso, che non lo smosse di un millimetro. Lexaeus l’afferrò dal ventre scaraventandola contro uno scaffale solitario del market.
    - Dategli le Chiavi, altrimenti si arrabbia – consigliò Zexion evitando annoiato i colpi di Itachi.
    Lexaeus sbuffò e si avvicinò a Riku allungando la mano verso la Via per l’Alba, quando si trovò Sora davanti.
    - Non toccarlo…. o… ti ammazzo! – sbraitò puntandogli l’arma contro e tremando come una foglia. Era spaventato, il cuore gli batteva fortissimo. E Lexaeus, l’Eroe del Silenzio, sentiva tutto. Il battito del cuore di quel giovane ragazzo era per lui il tamburo di una danza sanguigna. Avrebbe presto smesso di danzare, poiché ormai era stufo di quei deboli avversari senza spina dorsale; e infatti, la sua grande mannaia si librò, e in essa si riflettevano gli occhi terrorizzati di quel giovane prossimo alla morte…
    - SCAPPATEE! – latrò Ezio balzandogli alle spalle e cercando di infilargli le dita negli occhi: Lexaeus ruggì di dolore, mentre Sora afferrava Riku insieme a Naminè e Xion portava Kairi.
    - Lexaeus! – esclamò Zexion volgendo su di lui la propria attenzione, ma Deidara lo anticipò, lanciandogli contro una specie di centopiedi bianco che esplose all’istante. Infuriato come un possente toro, l’Eroe del Silenzio ululò e afferrò la testa di Ezio con l’intento di frantumarla, ma la spada del giovane assassino fu più veloce, e gli tagliò la mano.
    - Ezio! – chiamò Sora cercando di avvicinarsi; ma sorprendentemente, con un gesto della mano, l’italiano lo allontanò con una specie di onda d’urto mentale. – Ezio….? – ripetè a occhi spalancati.
    - Andate – disse a distanza, mentre Itachi e Deidara impedivano a Zexion di fare qualunque mossa. Sembravano aver stretto una specie di alleanza temporanea. Nessuno voleva che qualcuno prendesse le chiavi. – Voi avete quello che vogliono. Andate! –
    In una specie di gesto disperato, Ezio lanciò loro la sua pipa.
    - Abbiatene cura, è importante per voi! – recitò come se fare quell’indovinello fosse più importante che salvarsi la pelle. Evitò a malapena un colpo violentissimo di Lexaeus e cercò di farsi più in là.
    Sora esitò ancora, ma poi, vedendo l’accanimento di Lexaeus e sentendo un forte tremore alla schiena, come se i guai fossero appena cominciati, seguì le ragazze e si allontanò più in fretta che poteva.
    Mentre correva, piangeva, incespicava, e i sensi di colpa lo divoravano.
    Ezio sarebbe morto…. in quel modo, da solo, circondato dai nemici. Lo conoscevano da pochissimo, ma si era già affezionato a lui. Era una guida, un protettore, come Altair…
    E ora entrambi se n’erano andati.
    Roxas se n’era andato…
    Perché?
    Perché dovevano sempre restare da soli?
    Caddero.
    Erano esausti, non potevano correre ancora. Dovevano prendere fiato.
    Ma avrebbero preferito non guardare indietro; in quel momento, uno sciame di nubi apparve nel cielo, nubi nere e rosse, che si intrecciavano e si scontravano tra loro come un tornado; e dal numero, realizzarono.
    Erano moltissimi. Lo scontro poi si spostava a terra, e gli elementi stessi sembravano gridare; videro fiamme, e sentirono spari, il cielo si oscurava e schiariva mentre acqua e fulmini si abbattevano ovunque.
    La paura li riprese quando videro quei lampi. Non poteva che essere quella donna, la donna che impedì a Roxas di venire con loro, la donna che causò la debolezza e la morte di Roxas…
    Non più paura.
    Ira.
    Si sentì pervaso di una rabbia indescrivibile, un odio atroce e senza pari; strinse, anzi stritolò l’impugnatura della Corona Regale, e incurante dell’enorme serpente che comparve per poi venire stritolato da una specie di drago di vento, incurante degli spari, del vento, dei fulmini, incurante del mondo intero, Sora scattò, il Keyblade in pugno. Kairi cercò di trattenerlo, ma né lei ne le sue urla poterono fermarlo.
    Niente poteva fermare la sua vendetta, mentre correva troppo veloce, troppo per vedere dove andasse, e urlava troppo per sentire altro se non il proprio sangue ribollire; quella donna di cui non conosceva il viso, ma sapeva che l’avrebbe riconosciuta subito, il suo ODIO l’avrebbe riconosciuta. Il muro sfondato da cui erano usciti era vicino. E lui correva ancora, senza accusare minimamente la fatica. E ad ogni passo, la sua arma sembrava brillare sempre di più, come se fosse anch’essa accecata da quell’ira spaventosa.

    Le nubi rosse volarono via.

    Non riuscì a contarle tutte, ma dovevano essere una decina. Nessuna nuvola nera.
    Che fossero morti tutti?

    No, erano lì.
    Ora, sentiva solo i propri passi sul selciato distrutto, mentre tutt’intorno regnava la pace.
    Un silenzio tombale, per meglio dire, un’aria greve di distruzione.
    Senza badare alla sicurezza, corse verso di loro.
    Erano tutti riuniti nella piazza attorno ad una figura coperta dai loro mantelli.
    - DOV’E’?! – ruggì con il Keyblade in resta, senza alcun timore; la rabbia accecava i suoi sensi, gli impediva di avere paura.
    Le figure si voltarono. Erano tutti senza cappuccio, ma non aveva tempo di osservare le loro facce. Ce n’erano di tutti i tipi, alcuni vistosi, altri più anonimi, ma erano tutti uomini. Nessuna donna.
    Eppure quella era una donna…
    Sì, era una donna. Magra ed esile, di media statura.
    - DOV’E’ LEI?! – gridò verso i manti neri. – DOV’E’ LA DONNA CHE LANCIA FULMINI?! – Ricordava che il suo corpo era circondato da lievi saette.
    Zexion sbuffò.
    - Tanto stupido da tornare? Sprechi così il sacrificio di un compagno? – disse velenoso, dirigendosi su di lui. Una mano si posò sulla sua spalla.
    - Lascia, Zexion –
    Sora sussultò.
    Era una voce di donna.
    Sì, era una voce di donna!
    E infatti, comparve una donna. Una donna dall’aspetto stupendo e terribile, dagli azzurrissimi occhi gelidi e i capelli biondi, tutti pettinati all’indietro, tranne per due ciuffi simili ad antenne, che anch’essi, superato il punto più alto, erano rivolti all’indietro con un’elegante curva. Sinuosa e aggraziata, la sua andatura era allo stesso tempo imperiosa e decisa, come se non temesse nulla, come avesse una totale fiducia nelle proprie capacità.
    Nessuno contestò il suo gesto; anzi, tutti abbozzarono una risata.
    Pregustavano lo spettacolo…
    Ma lui l’avrebbe venduta cara, la pelle. Se la sarebbe portata all’inferno.
    - Mi cercavi? – disse Larxene con un inchino molto provocatorio. Lo prendeva in giro. – Sono Larxene, la Ninfa Selvaggia, signora del Tuono – si presentò enfatica, accentuando la provocazione; appariva pomposa, per confonderlo?
    - Sì, cercavo te! – esclamò Sora di rimando. – Vendicherò le persone che hai ucciso! – minacciò puntandole la lama contro.
    Larxene rise. La sua risata era stridula e aspra. Non dava i brividi, ma irritava. Era fastidiosa come il ghiaccio sulla schiena. – Vendetta? E perché solo io? Anche i miei compagni hanno ucciso molte persone. –
    - Tu…. tu hai ucciso… - ansimava. Non l’avrebbe mai detto. Non avrebbe mai detto una cosa simile. Ma adesso le cose erano diverse. Lui era morto, senza che avesse potuto dirglielo. – TU HAI UCCISO IL RAGAZZO CHE AMO, MALEDETTA STRONZA! – disse, trattenendo a stento il pianto.
    Non era il momento di piangere…
    Sentì un pugno sullo stomaco prima di poter reagire.
    - Commovente – disse Larxene prima di scagliarlo per aria. Saltò anche lei e con un calcio lo colpì ai testicoli col tacco dello stivale, scagliandolo sulla strada. Gli atterrò con garbo sullo stomaco, facendo peso con le ginocchia. – Ma non puoi annunciare vendetta se non hai la forza di compierla. Non ti rendi conto che è un controsenso? – con un calcio allo stomaco lo spedì contro la cattedrale.
    Battè violentemente la schiena ed emise un grido. Cercò di rialzarsi, ma il suo corpo cedette. Larxene gli posò il tacco sul collo, con violenza.
    - Come puoi… - tossì Sora fissandola con odio e tristezza. – Come puoi… uccidere così… a sangue freddo… -
    Larxene fece un sorriso sadico.
    - Vedi, caro ragazzo – disse carezzandogli una guancia con delle armi di metallo che non distingueva. Sembravano freccette. Sentì del sangue sulla propria guancia. – Per noi, uccidere, o essere uccisi…. non significa nulla – disse con un tono frivolo, indifferente. – Perché noi siamo i Nessuno. Non esistiamo. Non siamo altro che ombre – disse alzandosi, pronunciando il suo discorso con solennità.
    - Ness… - ripetè Sora.
    - Nessuno – completò Larxene. – Ma sarebbe complicato spiegarti come funziona il meccanismo per diventare un nessuno – ammise sconfortata. Lo prese dal collo con la punta dello stivale e lo spedì verso i suoi compagni.
    Sora ebbe tutto il tempo di contarli.
    Tredici .
    Erano al completo, allora?
    - Mostraglielo tu, Marluxia… - disse avvicinandosi. – Strappagli il cuore –
    Sora non vide, a parte una grande falce dal nulla. Si atterrì, ma poi non vide nient’altro.
    In quel momento, per un breve attimo, il tempo parve fermarsi.
    Si sentì afferrato.
    Poi buio, di nuovo.


    A presto con l'ottavo capitolo! Cosa succederà? XD *voce da annunciatore *O* *
     
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  10. hanyuu~
     
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    E' da un po' che non seguo questa fanfiction, dovrei recuperare... anche se, bah, l'idea del crossover non mi piace per nulla, forse per gli animanga/videogames scelti (mi pare di aver visto il nome di Altair, qualche membro dell'Akatsuki, e anche un Self-insert appena velato x°). Però, credimi: amo troppo il modo in cui scrivi, quindi non mollerò. Nel leggere - così, a singhiozzo - la descrizione di Larxen in quest'ultimo capitolo sono rimasta a bocca aperta, letteralmente. E' il personaggio che in assulto preferisco di tutta la saga di KH, vederla resa in un modo così squisitamente perfetto mi ha reso davvero felice; ah, dimenticavo: mi piace moltissimo l'atmosfera 'matura' che hai dato all'intera vicenda, spero che sviluppi almeno qualche accenno dark/horror. E, siccome c'è dello Yaoi, pretendo anche dello Yuri, che sia chiaro magari tra Xion e Larxen xD
    Vorrei concludere commentando una tua frase:
    CITAZIONE (Nyxenhaal89 @ 18/11/2009, 22:06)
    Ragazzi per favore almeno un commento lasciatelo.... cioè, non voglio pensare di starmi ammazzando di fatica per niente, scusate.

    Capisco che le recensioni facciano piacere, che facciano sentire lo scrittore soddisfatto di se stesso, ma non devi lasciarti buttare giù dall'assenza di commenti. Uno scrive per sé prima che per gli altri, molti tendono a dimenticarlo, man mano che procedono. Spesso ci si trova davanti a lavori superbi, ma disertati dal pubblico; se pensi di 'starti ammazzando di fatica per niente' fai il loro gioco. Cioé, non mi riesco a spiegare bene x° Non sarà mai 'per niente', capisci? Perché è qualcosa di tuo, qualcosa di personale, se poi gli altri non accettano la condivisione è solo un problema loro. Io scrivo da non so quanto tempo, le recensioni che ricevo si contano sulle dita di una mano, eppure sono comunque contenta dei risultati raggiunti; perché sono miei, dei miei traguardi, degli obbiettivi raggiunti. La soddisfazione che si prova nel terminare un capitolo - nel rileggerlo e trovarlo bello - è impagabile, dai.
    Argh, dannata me e la mia logorrea.
    Spero di non averti annoiato, ma mi sentivo in dovere di dirlo ;3
     
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  11. xander.XVII
     
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    Letta ora e devo farti i miei complimenti.
    Scritta da dio, con uno stile magnifico, rapido,conciso, efficace e mai retorico, m'è piaciuta da matti.
    Oltretutto hai messo dentro i cattivi che preferisco XD
    Bravo, ora ti seguirò fino alla fine, non vedo l'ora che arrivi Kakuzu XDD
     
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  12. Nyxenhaal89
     
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    Grazie mille per aver commentato ^^
    Comunque lo so, ma io sono il tipo a cui piace sapere il giudizio dei lettori.... è più forte di me. Comunque, non è che stessi rimproverando qualcuno, è solo che sono fatto così XD
    Hanyuu dove sarebe il self-insert? XDD
    Io cerco di essere impersonale XDDD
    Comunque ora torno a lavorare sull'ottavo capitolo -.-
    A presto X3
     
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  13. hanyuu~
     
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    Ho notato di sfuggita un personaggio con un nome italiano, di solito in contesti di questo tipo sono self-insert; poi, non ho ancora letto, è più che probabile che abbia frainteso xD
    Ma vai con calma, che io devo recuperare una marea di capitoli eçe''
     
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  14. Nyxenhaal89
     
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    Ezio Auditore? XD
    Viene da Assassin's Creed 2 XDDDDD
     
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  15. hanyuu~
     
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    CITAZIONE (Nyxenhaal89 @ 23/11/2009, 21:22)
    Ezio Auditore? XD
    Viene da Assassin's Creed 2 XDDDDD

    Conosco troppo poco il videogame in questione, ciò è altamente deplorevole é_è *corre ad informarsi
    Scusa per l'equivoco, caro :*
     
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322 replies since 30/6/2009, 14:51   3558 views
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