Risoluzione

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  1. ~ Lev
     
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    Di questi tempi, sto svolgendo una serie di riflessioni di natura nettamente contraria a quella della persona che sono sempre stato, giunte in seguito a numerosi cambi di prospettiva e a "batoste morali" che mi hanno condotto a riconsiderare notevolmente il mio sistema di valori.

    Negli ultimi mesi ho gradualmente messo da parte tutti i miei interessi. L'unica forma di intrattenimento e, se proprio vogliamo, di godimento artistico di cui senta ancora il bisogno consiste nell'ascoltare ogni tanto un po' di musica, ma senza che ci siano di mezzo quelle velleità creative e di approfondimento che avevo in passato (e a cui ho rinunciato non per solenne decisione, ma per progressivo e spontaneo distacco). Mi sono reso conto di aver trascorso gran parte della mia vita a consumare prodotti mediatici, che pur avendomi dato tanto durante la preadolescenza e i primissimi anni dell'adolescenza, sono poi diventati fondamentalmente un mezzo di escapismo e di anestesia a cui mi sono abbandonato completamente, convincendomi pure di avere nei confronti di essi un approccio critico ed edificante tale da renderli autentiche e rilevanti esperienze di vita vissuta, così da non dover aprire davvero gli occhi e rendermi conto che il mio altro non era se non un disperato sbafo a tempo perso.
    Mi sono così accorto di non sapere essenzialmente nulla del mondo, quel mondo più-che-post-moderno ormai illeggibile e apparentemente diretto verso la sua completa dissoluzione. Il presente è preoccupante, il futuro lo è ancora di più, e io non sono minimamente equipaggiato non solo per fare la mia parte e cercare di intervenire, nel mio piccolo, per migliorare le cose ed essere un appoggio per chi mi è vicino, ma anche semplicemente per sopravvivere in quanto individuo autosufficiente e indipendente (non solo economicamente). Ho trascorso quasi l'interezza dell'ultimo decennio all'insegna del fancazzismo assoluto, rinchiudendomi nei miei patemi e nella mia pigrizia, vivendo all'insegna di un egocentrismo incapace di aprirsi agli altri e avere cura di loro, identificandomi esclusivamente nel desiderio di recuperare un passato luminoso.

    Ma si è fatta ora di archiviare quei giorni e quella sensibilità, è il momento di ingoiare il boccone amaro del presente così com'è; non è più tempo per rifiutare capricciosamente la realtà e il mondo, anche perché il mio non voler fare niente non ha più alcuna rilevanza. Quello che invece conta è ciò che posso fare e che devo fare. Del resto, non siamo più ai tempi del boom economico e i prossimi decenni si prospettano apocalittici, quindi mi pare quasi una conseguenza naturale che la mia (non) volontà sia, rispetto a questi incontestabili fatti, perfettamente impossibilitata a sussistere, priva di qualsiasi giustificazione: restare bambini non è semplicemente più pensabile e attuabile.
    Due anni fa sono tornato all'Università e, anche se una Laurea in Filosofia serve probabilmente a poco a uno che non abbia veramente qualcosa da dire in questo campo, ormai è questa la strada che ho scelto, ed è da qui che devo partire per provare a capire in quale direzioni orientarmi, anche solo per provare a campare. Del resto, nel mio ambito di studi riesco tutto sommato molto bene, nonostante il mio disinteresse nei confronti della materia.
    Che però, in realtà, è disinteresse nei confronti di tutto: questo è uno dei maggiori ostacoli che in questo momento ho davanti. Anche se sono teoricamente arrivato a capire di cosa mi dovrei preoccupare e curare, non "sento" nessun corrispondente stato di urgenza. Sono talmente anestetizzato da non percepire l'importanza di ciò che so essere fondamentale. Ed è qui che cedo nuovamente alla pigrizia, la caratteristica che più di tutte mi definisce, e mi blocco, senza riuscire ad agire. A questo si aggiunge un generale disorientamento rispetto all'enorme quantità e profondità delle "grandi questioni" che caratterizzano il nostro presente: non riesco a capire cosa conta davvero studiare, su quali argomenti documentersi, e come farlo; quali attività è opportuno saper fare e, ancora una volta, in che modo.

    Insomma, in questo momento credo di aver bisogno di suggerimenti pratici su come vivere in maniera altrettanto pratica, facendo quello che devo fare senza assecondare il mio infantilismo. Ho accettato lo scorrere del tempo, ho fatto pace con la consapevolezza di non aver vissuto la mia gioventù, ho messo da parte ogni scusante pseudo-depressiva e non vagheggio più ideali di salvezza che non mi richiedano di soffrire e faticare. Non ci sono ulteriori conclusioni da raggiungere in questo campo, so esattamente di avere tutto da imparare e di doverlo fare in tempi strettissimi. Sono disposto a riconoscermi un bambino troppo cresciuto, e non col fine di umiliarmi e abbandonarmi nuovamente al disfattismo perché "ormai è tardi", ma anzi proprio per chiarire con franchezza una condizione da cui non resta che ripartire.

    Come si fa, quindi, a convivere con la fatica, con lo sforzo, con il lavoro? Come si fa a vederle come cose normalissime, che fanno parte della propria quotidianità, e non come deterrenti cronici? Non credo sia una questione di distrazioni, perché riesco senza problemi a metterle tutte da parte. La questione è, in termini assurdi quanto diretti, "fare e basta quel che va fatto e basta", partendo dal dovere per, si spera, riformare anche la propria volontà, trasformando la forzatura in un agire deliberato di cui si riconosce l'imprescindibilità.
     
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2 replies since 16/2/2022, 00:07   104 views
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