Kingdom Hearts Remix: The Light into the darkness

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  1. Hikari/Naminè
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    Salve a tutti!! E' da un po' di tempo che stavo pensando di scrivere una mia fan fiction e di pubblicarla e ora senza troppi indugi ho deciso ti postarla qui! :) Spero che vi piaccia, mi raccomando commentate e ditemi cosa ne pensate! :D

    Titolo: Kingdom Hearts Remix: The Light into the darkness
    Autore: Hikari/Naminè
    Fandom: Kingdom Hearts
    Rating: Green

    Capitolo 1
    Le Isole del Destino
    -...hold me whatever lies beyond this morning is a little later on, regardless of warnings, the future doesn't scare me at all, nothing's like before.-
    -Bravissima! Eccezionale, Hikari sei unica!-. -Benissimo! La registrazione è andata a buon fine, Michael non fare l'esagerato come al solito...scherzo sei stata grande!- Disse il produttore discografico.
    - Grazie Mark...- esclamò Hikari riferendosi al suo produttore. La ragazza aveva appena finito di registrare il suo primo singolo, ma sembrava triste anche quando cantava, in effetti non era stata lei a decidere di diventare una cantante. -Hikari...- una voce chiamò dolcemente la ragazza, lei sapeva benissimo a chi appartenesse. -Riku...lui non è qui. Sora non è venuto...eppure glielo avevo ricordato mille volte! Stavolta mi ha proprio delusa...- disse con aria triste la ragazza. Riku, insieme a Sora erano i suoi migliori amici, Riku aveva 15 anni, era un pò più alto di lei, capelli argentei, scalati fin sotto il collo e lisci, con una frangetta che delicatamente gli sfiorava gli occhi grandi, tendenti al verde, apparentemente sembrava un ragazzo molto tranquillo e sicuro di sè, ma in realtà era molto attivo e lui si descriveva come "spirito libero". Riku non potè far a meno di notare una lacrima scendere sul volto di Kari (Kari è uno dei soprannomi dato a Hikari). -...Su dai Kari non fare così, probabilmente sarà stato molto impegnato...- Al suono delle parole del suo amico, la ragazza corse via lasciando la sala registrazioni. Hikari o Kari era la migliore amica di Riku e Sora, era comparsa sull'isola dopo la notte delle stelle cadenti all'età di cinque anni, insieme ad un'altra bambina, Kairi si chiamava. Lei e Kairi non erano sorelle, a mala pena si conoscevano. Avevano caratteri ben distinti e anche fisicamente non si assomigliavano per nulla: Hikari aveva i capelli biondo scuro, che facevano contrasto con la delicata pelle appena rosata, gli occhi blu-verdi, sempre vivace, combinaguai e socievole. Kairi invece era il contrario. Aveva i capelli rosso scuro, occhi blu, ma anche lei aveva una carnagione molto chiara, sul suo volto si potevano notare delle piccole, pochissime lentiggini. A differenza di Hikari lei non esitava a dimostrare quanto fosse timida ed introversa, per questo socializzare con gli altri bambini dell'isole è stata una vera impresa per lei! Ma torniamo a noi. Hikari con respiro affannoso corse via fino ad arrivare alla spiaggia che si trovava proprio di fronte all'isoletta dove lei, Riku e Sora passavono gran parte delle gionate, ovviamente quelle estive, durante le vacanze. Sì, quasi con il cuore in mano Hikari guardava con nostalgia il mare, perche sapeva che dall'altra parte c'era quell'isola che la aspettava. Su quella stessa Isola lei, insieme a Kairi, era caduta e a trovarla fu Sora...Proprio Sora. Lei pensava spesso a quanto fosse stata fortunata ad essere stata adottata dalla ricca famiglia Evans, ad avere due amici così speciali come Riku e Sora. Ma certe volte sentiva che nel suo cuore c'era un'incolmabile sentimento di nostalgia. Per qualcosa del passato, qualcosa di importante, questo è certo. Qualcosa che però suo malgrado lei non era riuscita a ricordare. Tutto ciò che rappresentava il passato per lei era il suo ciondolo, non si separava mai da questo, lo aveva sempre al collo. Era veramente una collana particolare: catenina e lo stesso ciondolo in argento, quest'ultimo aveva la forma di un cuore con dentro una pietra che assomigliava tantissimo ad un diamante, alla base del cuore partiva un intreccio che andava a formare una piccola goccia bianca che brillava sempre anche al buio. Prese la sua barchetta di legno, quella barchetta che aveva costruito proprio con i suoi migliori amici, e si diresse verso l'isoletta. Ma una voce familare la fermò. Hikari quando la sentì non potè far altro che girarsi a guardare: era il suo amico Sora. Lui aveva 14 anni (l'età di Hikari), capelli biondo scuro e a punta, delle ciocche laterali molto "sparate", con una frangetta corta che gli arrivava al livello delle sopracciglia. Aveva grandi occhi blu e uno sguardo quasi tenero quando si rivolse alla ragazza -Hikari fermati! Dove vai?! Aspetta ti posso spiegare!- urlò il ragazzo. -Non c'è nulla da spiegare Sora! Io ci tenevo molto lo sai! E sai anche che già non mi piace tanto metteremi in mostra cantando o facendo qualsiasi altra cosa! Sai benissimo che in fondo io sono una ragazza timida e riservata!! Lo sai che certe volte faccio solo finta di essere allegra, solo per la mia figura, o meglio quella che devo presentare davanti alla mia famiglia... Se tu ci fossi stato non sarei stata così pensierosa e triste per tutto il tempo, Sora! Forse tu non lo capisci ma per me voi siete importanti!- disse ora innervosita la ragazza. -Hikari io...mi dispiace un sacco credimiiii! E' colpa di mamma! Si riduce sempre all'ultimo a comprarmi la roba per scuola...non lo so, le ho detto io, domani inizio il primo e ancora dobbiamo fare tutto: zaino per scuola, zaino per la palestra, astuccio, quaderni, diario, penne, matite, temperino...!!! Poi tu lo sai com'è mia madre, se non ho l'intera cartolibreria nello zaino dove vado? In più oggi siamo dovuti correre a scuola per ritirare le benedettissima divisa!! Pure brutta è quella cosa! E' tutta "quadrettosa"...è orribilante sembra una tuta per i nonni!- disse Sora con aria sincera e scherzosa, che ormai aveva raggiunto Hikari con la sua barca. La ragazza scoppiò involontariamente in una fragorosa risata, Sora riusciva sempre a sdrammatizzare le cose e a farla ridere. -Sono ancora arrabbiata comunque...-disse mentendo la ragazza, la quale aveva ancora il sorriso stampato sulla faccia e le lacrime che ancora le stavano scendendo sul viso per il discorso umoristico, ma veritiero fatto prima da Sora. -Okay...- disse con aria furba Sora-...Allora che ne dici di un bel ghiacciolo alla fragola? Tanto per fare pace?- Il ghiacciolo alla fragola era il preferito di Hikari, la quale non potè fare a meno di accettare e affrettarsi a remare verso la spiaggia della città. Una volta con i piedi a terra il ragazzo promise a Kari che non sarebbe più mancato a nessuna cosa che la riguardasse. Hikari allora, molto contenta di sentire queste parole fece un grande sorriso a Sora, il quale la prese per mano e correndo si diressero verso il centro. "Anche per me sei molto importante Hikari. Non te lo dimenticare!"
     
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  2. Hikari/Naminè
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    Eccomi tornata, pronta per pubblicare il capitolo 2 della mia fan fiction. Ultimamente ho avuto tanto da fare ed è per questo che non sono riuscita a postarlo prima...senza perdere altro tempo sono orgogliosa di pubblicare questo nuovo capitolo :D Probabilmente risulterà essere noioso e banale, ma comunque fondamentale per lo svolgimento della storia, vi prometto però che dal terzo in poi i capitoli avranno molta più azione e colpi di scena (dai ci proverò u.u)
    Buona lettura a tutti voi :) a presto! (spero!) :ciao: :ciao:

    Capitolo 2

    Tutto sta per cambiare

    Le prime luci dell'alba filtravano dalla tapparella della finestra di Hikari che era già sveglia, con gli occhi socchiusi e rivolti verso la tenda azzurrina del suo baldacchino. Dentro al suo letto si sentiva al sicuro, come se fosse un rifugio. Chiuse gli occhi per un attimo e le tornarono in mente alcuni ricordi, per esempio di quando lei e Riku da piccini, dormivano insieme in quel grande letto. Sì, perché gli Evans erano proprio la famiglia alla quale apparteneva Riku e della quale era l'unico figlio maschio. Subito dopo la misteriosa comparsa sulle Isole del Destino, Hikari venne adottata proprio da quella famiglia, invece per quanto riguarda Kairi, beh, lei venne adottata dal sindaco e da sua moglie; il sindaco dell'isola principale era il fratello del padre di Riku, quindi il suddetto, Hikari e Kairi erano cugini, ma ovviamente non di sangue. Né Hikari, né Riku frequentavano tanto Kairi, si conoscevano certo, ma anche se Hikari ci ha provato diverse volte, Kairi non ha mai voluto diventare sua amica, chissà per quale motivo, preferiva stare per i conti suoi.
    “Crescere è una fregatura bella e buona.” questo era quello che stava pensando Hikari in quel momento. “Ho paura di crescere. Gli adulti sono sempre pieni di odio, rancore e malinconia, che poi di conseguenza trasmettono a noi...Basta mi sono stufata! Voglio andare via di qua, da questa vita di stress e falsità. Dove sono costretta a mentire per far felice gli altri, soprattutto la mia famiglia con le sue stupide tradizioni da rispettare...Perché una bambina deve iniziare da piccola le attività che facevano anche i suoi nonni, se la nonna materna faceva danza allora via subito a fare danza...se la nonna paterna faceva canto allora via subito a fare canto! Che stupidaggini! Secondo me ognuno deve fare quello che gli piace fare, non quello che gli impongono altri! Ho deciso: finirò di fingere da adesso in poi, non farò mai più niente che non mi piaccia davvero fare, costi quel che costi! Con Sora e Riku invece non devo fingere, è grazie a loro se ogni tanto ritrovo la vera me stessa! Quando sono con loro sto sempre bene, gli devo tanto!...Mhh, se solo riuscissi a ricordare! Scapperei via da questo posto con loro, non mi importa dove andremmo a finire ma sempre meglio che qui! La vita diventa ogni giorno più monotona, uffa...! Fammi alzare va!” Hikari ora se ne stava accovacciata nel suo letto con gli occhi che fissavano il vuoto, assorta nei suoi pensieri e monologhi interiori, finché non si alzò. Si stiracchiò per bene, indossò le pantofole e l'occhio le cadde sopra la grande sveglia che stava sopra il comodino e segnava in rosso che erano le 7:00 precise; non era per niente una tipa mattiniera, ma quella mattina decise di svegliarsi di buona lena, per il semplice ed unico motivo che era il suo primo giorno alle superiori. Silenzio tombale. Ancora stavano tutti dormendo pacifici e senza preoccupazioni (per ora) nei loro letti; allora alla ragazza venne un'idea. Scese senza far troppo rumore dalle scale, cosa assai difficile poiché ad ogni passo le bianche scale in legno cigolavano, arrivò in cucina e con grande grinta si mise a preparare delle crepes. Quelle erano l'unica cosa che Hikari sapeva fare discretamente e una volta preparato l'impasto lo lasciò riposare in frigo. Era così presa dalla preparazione di quelle crepes che non si rese conto di come aveva ridotto la cucina e di che ore si fossero fatte: era tardi da lì a poco si sarebbero tutti alzati e lei ancora si doveva lavare, vestire e in più sistemare tutta la confusione che aveva creato in cucina.
    Ma in poco tempo, per fortuna riuscì a fare tutto partendo dalle pulizie della cucina, dopodiché si lavò e si infilò la nuova divisa scolastica: camicia bianca, cravatta e minigonna a quadri blu, celesti e bianchi, collant blu fin sopra il ginocchio blu scuro e un paio di scarpe dello stesso colore. Si legò intorno ai capelli ondulati un nastrino blu, come fosse un cerchietto, preparò la borsa con i libri dentro e in fretta e furia scese di sotto per tirar fuori l'impasto delle crepes dal frigorifero. Velocemente si legò addosso il grembiule da cucina ed iniziò a cuocere i dolci: in meno di 15 minuti erano tutte pronte per essere cosparse di crema al cioccolato. Intanto si era svegliato Riku, che ancora insonnolito e con tutti i lunghi capelli arruffati diede a Hikari il buongiorno e si sedette a tavola. -Scusa ma da quant'è che stai in piedi tu?- chiese Riku assonnato -Mhh, dalle 7! Mi sono preparata e in più ho cucinato anche queste!- disse gioiosa Hikari facendo vedere al ragazzo tutte le crepes farcite. -Uh! Ma quante ne hai fatte?! Sono una montagna!- il ragazzo era scioccato, non sapeva che lei sapesse cucinare e in più ne aveva fatte davvero tante. -Io passo! Non mi fido di chi non ha mai cucinato!- disse con aria scherzosa lui -Ah sì? Beh, meglio così, ce ne saranno di più per me e...Sora! Chissà quanto sarà felice vedendomi arrivare con tutte queste crepes...di sicuro lui non farà storie per mangiarle!...Magari gli offrirò anche del succo di paopu fatto in casa...- disse con aria furba Hikari. - Eh?!Kari! Con il paopu con si scherza!- disse Riku con voce seria prendendo con arroganza una crepe dal vassoio. “Mhh, ma perchè Riku...perchè devi sempre fare così?...Il paopu, su di esso c'è una leggenda se non sbaglio, mi sembra che dica che se due persone lo dividono a metà e tutte e due lo mangiano insieme, allora i loro destini saranno per sempre uniti...Una cosa molto romantica, ma anche esageratamente possessiva per i miei gusti! Ma ovviamente dipende dai punti di vista..!!”
    -Bene, sembra che ti piacciano infondo!- osservò Hikari facendo un'espressione felice e soddisfatta. Il ragazzo non poté far a meno di notare il raggiante volto della sua amica, aveva gli occhi che le brillavano, evidentemente era davvero felice che gli fossero piaciute. -Si, in effetti non sono male. Sei stata brava dai, questa te la concedo!- erano poche le volte in cui Riku faceva complimenti, ma sta volta accontentò Hikari. La ragazza che ora fissava il vuoto sommersa da un flusso di pensieri, si era come impallata e non aveva sentito cosa Riku le avesse detto. In effetti in quei giorni, Kari si stava comportando piuttosto stranamente, faceva incubi incomprensibili, era sempre distratta e le faceva male spesso la testa. Qualcosa la turbava, ma lei sfortunatamente non capiva cosa mai potesse essere. Percepiva qualcosa, certo, qualcosa di brutto sarebbe successo da lì a poco, se lo sentiva e di solito ci azzeccava sempre. Era come se doveva succedere qualcosa che le avrebbe cambiato la vita... per sempre. -Ehi! Sveglia! Ora mi vesto e poi andiamo a scuola, okay?- disse a voce alta Riku alzandosi da tavola e sbattendo le mani di fronte alla ragazza. -Oh! Ah, si si, vai! Io aspetto quì- replicò con aria ora attenta lei. Dopo un po' scese Riku, che anche lui ora stava indossando l'uniforme scolastica e rivolgendosi a Hikari disse -Mamma e Papà oggi si sveglieranno tardi dato che sono ancora in ferie...quindi ci andremo insieme a scuola con il motorino.- e prese le chiavi di quest'ultimo appoggiate sul mobile vicino alla porta. -Eh?! No no no no! Io su quell'affare non ci salgo, lo sai ho paura!- esclamò Hikari scuotendo la testa a destra e a sinistra -Beh, fattela passare la paura, anche perché il solo mezzo che abbiamo per arrivare velocemente a scuola.- disse scorbuticamente Riku. Lui era solito nell'essere così arrogante, con tutti, per sino con Sora e Hikari, i quali pero sapevano che lui era fatto così e che infondo teneva moltissimo a loro due.
    Hikari salì sul motorino insieme al ragazzo allacciandosi il casco, e subito dopo partirono. “Questa è l'ultima volta che mi lascio convincere da te Riku! La prossima volta ci vado a piedi a scuola...almeno rallentaa!” Per tutto il viaggio lei tenne gli occhi sbarrati, incollata al seggiolino della moto e quando scese da lì era completamente pietrificata. -Ahi ahi ahi! Come mi gira la teeesta!- disse debolmente Hikari, barcollando di quà e di là. -Mhh, arriva sempre in ritardo, non sia mai che un giorno arrivi puntuale!- disse Riku riferendosi a Sora -Ehh lo sai lui com'è...LENTO!- replicò ancora intontita lei – Oh eccolo! E' lui vero?- la ragazza aveva visto in lontananza il suo amico che, con tutta fretta stava correndo verso di loro. -ECCOMI!! Scusate il ritardo!- Sora arrivò di corsa e non ebbe neanche il tempo di riprendere fiato -Uff!! Ahh!! Che corsa! Allora, come va?- chiese lui mettendosi le mani dietro la nuca come faceva spesso -Ehi! E come vuoi che vada: un altro noiosissimo anno di scuola...voglio dormire!- rispose Riku guardando Sora con gli occhi socchiusi, -E te come va?- chiese invece sorridente Sora a Hikari -Mh, non c'è male, anche se devo idre che sono piuttosto preoccupata...- disse con sguardo assente la ragazza -Eh? E di cosa ti preoccupi? In fondo è solo una scuola e poi staremo in classe insieme, non ti preoccupare andrà tutto bene!- disse sorridendo Sora -Non mi preoccupa la scuola, è una sensazione strana...come se dovesse succedere qualcosa di brutto...bah non so, sarà colpa dell'ansia- rispose Hikari con un finto sorriso. In realtà era veramente preoccupata. -Uh! Sta iniziando, forza sbrighiamoci altrimenti la palestra si riempirà subito.- disse Riku girandosi verso l'entrata enorme della palestra -Forza! Non mi avete sentito? Il discorso del preside sta iniziando!- ripeté Riku ad alta voce a Sora e Hikari. I due si guardarono in faccia tra di loro e raggiunsero il loro amico. “Ah! Ora che succede? Una fitta al polso? Mi si è tutto arrossato, ma come cavolo...” -Voi siete un primo? Bene sedetevi qui prego.- disse cortesemente una donna che doveva essere una professoressa, rivolgendosi a Sora e Hikari, -Tu invece Riku, sai benissimo dove devi andare! Forza raggiungi la tua classe.- riprese quest'ultima rivolgendosi a Riku che salutò con un gesto della mano e un sorriso a labbra serrate gli amici.
    Hikari annuì sorridendo al ragazzo.
    Il discorso del preside sembrava non finire più per Sora, il quale se ne stava con il braccio che sorreggeva la testa appesantita da tutte quelle parole; all'improvviso si udì una campanella suonare, probabilmente era quella del cambio dell'ora, infatti tutti si alzarono in piedi e si diressero nelle loro classi, tutti eccetto i primi ai quali, prima di poter andare nelle loro classi gli venne mostrata tutta la grande struttura. Una volta terminato l'inutile e al quanto noioso percorso i ragazzi si recarono tutti in classe. L'aula della classe di Hikari era grande e luminosa con grandi finestre sulla parete destra e dato che stavano al primo piano si riusciva a vedere bene il mare. Fecero l'appello, i vari alunni si presentarono e molti rimasero sorpresi del fatto che stavano in classe con Hikari, ragazza famosa da quelle parti. Tutte le ragazze la guardavano e le sorridevano, per pura convenienza...ma la ragazza si accorse che qualcuno dalla prima fila si era girato per osservala: era Kairi, che la guardava timidamente come se le volesse rivolgere la parola. Hikari invece, semplicemente se ne stava sdraiata sul suo banco, poiché il mal di testa era diventato più forte e il polso destro si era arrossato di più e le faceva ancor più male di prima. Sedeva di banco vicino a Sora ovviamente, il quale le stava parlando, ma lei, assorta troppo nei suoi pensieri e dolori, non lo stava a sentire. Osservava il suo piccolo polso, tutto rosso e dolente...eppure lei era convinta di non averci fatto nulla “Bah, è inutile starci a pensare...sarà un'allergia a qualcosa, eppure mi sento così strana, così debole...”. Appena Hikari socchiuse per un attimo gli occhi, ecco che suonò la campanella della ricreazione -Ehi Kari! Hai qualcosa che non va?- chiese Sora vedendo la ragazza stanca. Lei sorrise a Sora e si sistemò la frangia con appunto la mano destra, e fu allora che il ragazzo vide il polso arrossato della ragazza -E ora che hai fatto al polso? Fa un po' vedere...Uh?- Sora prese il braccio alla ragazza, ma quest'ultima lo ritirò a se dicendo che non era nulla e si alzò di scatto dalla sedia. Ad un tratto però si sentì girare la testa ancora più forte, il polso le premeva, e aveva la sensazione di cascare nel vuoto. Il ragazzo la prese al volo e senza dire una parola la trascinò con lui da Riku. La ragazza camminava a mala pena e quando i due arrivarono di fronte all'aula del ragazzo Sora iniziò a gridare il nome del suo amico a gran voce. -Sei troppo premuroso certe volte, ho detto che non ho nulla è solo un po' di agitazione, l'ansia fa brutti scherzi! Non c'era bisogno di chiamare Riku.- disse con voce flebile la ragazza rivolgendosi a Sora il quale la guardava preoccupato. Ad un tratto vide arrivare Riku, il quale non fece in tempo a respirare che venne subito fermato da Sora – Ehi Riku!! Kari sta male, ha mal di testa, è debole e non riesce a camminare!-
    -Uh? Ma tu sei paranoico Sora! Te lo dico io che ha: non ha fatto colazione oggi. Si è messa a preparare le crepes per noi, ma non ha pensato a se, come al solito...Non ti preoccupare, stai calmo e riprendi fiato. Basta che mangi e tornerà la rompiscatole di prima!- disse sempre scherzosamente il ragazzo. -Eh no caro Riku! Non ho finito! Guarda qua!- Sora mostrò il polso al ragazzo, il quale si accorse che c'era una cicatrice a forma di ala d'angelo -Kari! Ma che diamine hai fatto a questo benedetto polso? Ma sei fuori di testa?- urlò Riku a Hikari, pensando che fosse un' incisione -Riku io non l'ho toccato il polso. Che ti credi che me la sia fatta appositamente?- rispose sottovoce la ragazza. -Se è così non possiamo parlare qui di queste cose, forza andiamo fuori!- disse ora preoccupato Riku prendendo Hikari per il polso
    -Ehi! Fa male! Ma sei scemo?- Riku prese di scatto la mano della ragazza e si mise ad osservare il polso e la strana cicatrice. -Cosa pensi che sia? Non può trattarsi di sicuro di un taglio accidentale. Guarda com'è ben delineata. Fa quasi impressione per la sua precisione...- osservò Sora. -Mhh...che abbia qualcosa a che fare con il suo “arrivo” in questo Mondo...? Altrimenti la cosa non ha senso, dato che lei ha detto che non se lo è toccato ed è convinta di non averlo neanche urtato.- replicò Riku.
    Mentre i due erano così impegnati a confrontarsi e a fare ipotesi, la ragazza svenne e quando Sora e Riku se ne accorsero, provarono a svegliarla, ma senza successo. Era sprofondata in un misterioso ed improvviso sonno...
    “L'oscurità mi sta avvolgendo...cosa mi sta capitando?...”
     
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  3. Hikari/Naminè
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    Dopo circa... 3 mesi (sono molto ritardataria lo so .-.) sono pronta a pubblicare il nuovo capitolo della fan fiction!!! Yeee finalmente ce l'ho fatta!! Questo capitolo rispetto al precedente dovrebbe (e sottolineo "dovrebbe") essere più ricco di azione, poi comunque ditemi voi cosa ne pensate :) Come al solito, Buona Lettura!!


    Capitolo 3

    Tuffo nel cuore tra luce ed ombre

    “Cado...cado...continuo a vagare nei miei ricordi, senza sosta. Una lunga catena di ricordi mi trascina lentamente nel flusso delle tenebre. Mi lascio cullare dall'aria. Mi sento leggera, impercettibile, inesistente, in confronto al buio che mi circonda. Non voglio aprire gli occhi per controllare se davvero il nulla comanda quell'abisso, non ne ho bisogno, perché so che è lì. Finalmente sento che sto riacquistando un corpo, stringo la mano, la sento, percepisco il debole battito del polso. Qualcosa mi stringe, mi soffoca, non riesco a respirare...devo farlo, devo aprire gli occhi per riuscirci...ho bisogno di luce!”
    Hikari vagava nel vuoto mentre decise di aprire gli occhi per rendersi conto di dove si trovava, li teneva socchiusi per il timore di vedere qualcosa che non voleva. In effetti, tutto attorno a lei era buio, completamente senza luce. Si sentì cadere su una sorta di pavimento, liscio e gelido al tatto; solo quando aprì bene gli occhi il pavimento venne improvvisamente illuminato da una misteriosa luce rosa-biancastra che proveniva dal fondo. Si trascinò scompostamente per un po', quando infine decise di alzarsi, sebbene, per qualche ragione, si sentiva molto stanca e alquanto intontita. La luce che proveniva dal pavimento, che somigliava ad una vetrata, le abbagliava gli occhi e non le permetteva di mettere a fuoco le figure su di esso disegnate. Socchiudendo gli occhi riuscì però finalmente a distinguerle: sul lato destro c'era la un'immagine molto grande raffigurante lei stessa con in mano una strana arma, se così si poteva definire... c'erano poi dei cerchi, sette di preciso, dei quali solo quattro racchiudevano delle figure: in uno Riku, in un altro Sora, il terzo raffigurava un'ala d'angelo con vicino una serratura bianca, mentre nel quarto invece c'era una ragazza mai vista prima. Hikari non prestò molta attenzione alla vetrata sottostante, ma piuttosto notò che il dolore che prima aveva al polso e alla testa era sparito. Si toccò involontariamente la testa con la mano destra, lo faceva sempre quando era particolarmente sopraffatta dai pensieri, e osservando il polso, vide che la sua “ferita” era diventata tutta bianca e aveva proprio la forma di un'ala d'angelo, proprio come quella raffigurata sul pavimento. Ora era diventata una cicatrice bianca.
    Quando la toccò sentì una strana sensazione, come se tutti i suoi pensieri si fossero volatilizzati. La sua mente era vuota, libera da ogni problema, ma quando si affrettò ad aprire gli occhi ecco che tutte le preoccupazioni stavano tornado, pronte per invaderla nuovamente. -Un sogno...DEVE essere un sogno!-. La ragazza correva su e giù sopra al pavimento circolare per trovare una via d'uscita, e più girava più diventava nervosa e impaurita, così alla fine in preda allo sconforto, si accasciò sul suolo e cadde in un pianto silenzioso, quasi come stesse facendo finta. Ma reagì quasi subito, pensando che non doveva aver paura e assolutamente non doveva darla vinta al buio e al vuoto che sovrastava quel luogo ignoto. Per la seconda volta, così, la ragazza si rialzò determinata a dare un taglio a tutto ciò. Ebbe solo il tempo però di pensare questo, perché intorno a lei si stavano formando egli esseri dalle tenebre: erano piccoli, con tue lunghe antennine sopra il cranio e due grandi ed inquietanti occhi gialli. -Uh!? E questi cosi...che sono?- disse allarmata lei. -Beh, non promettono bene, quindi meglio trovare un modo per farli fuori.” pensò. E fu in quel momento che le spuntò in mano una strana arma...anzi la strana arma. -E-e-e questo coso che cos'è?- si chiese Hikari agitando l'arma a destra e a sinistra come se servisse a qualcosa... -Beh...meglio darsi da fare. Meglio loro che me!- con sguardo determinato la ragazza si fiondò su quelle creature e dopo averle eliminate tutte si accasciò per terra facendo cadere pesantemente l'arma, che a contatto con la vetrata emise un leggero suono metallico e si dissolse nella luce -Non credevo fosse così difficile...Anche se non mi ero mai allenata prima ho dovuto davvero faticare.-. Si mise entrambe le braccia sulle ginocchia appoggiandoci la testa. “Però mi sono fatta mele mentre combattevo contro quei mostriciattoli... se tutto questo fosse un sogno non avrei sentito nulla. Tutto ciò è troppo strano!...” -Tutto ciò è assurdo!-. La ragazza si alzò di scatto e urlò queste parole con lo sguardo rivolto verso l'alto, sperando di trovare un accenno di luce, ma nulla. Era tutto completamente nero. Rimase immobile, lì con quello sguardo fiducioso. Allungò la mano fino al ciondolo, chiuse gli occhi e lo strinse molto forte. Lentamente li riaprì, sempre rivolti nella stessa direzione, ma ora qualcosa attirò la sua vista da un'altra parte , che si concentrò sul lato destro di quella stanza (se così si può definire...). Dal nulla assoluto si stava formando una scalinata luminosa formata da tanti e sottili gradini di cui era formata la vetrata: era quella la luce che stava aspettando. Sgranò gli occhi e con uno scatto veloce arrivò fino all'inizio della scalinata, la guardò e si accorse che proseguiva fino in alto, così in alto che non riusciva a vedere dove mai l'avesse portata. Si girò un'ultima volta verso la vetrata sottostante, sapeva ciò che lasciava ma non era al corrente di ciò che la attendeva. Abbandonando le sue paure e timori, decise di percorrere quella scalinata, di non avere più paura dell'ignoto, anche se la cosa era piuttosto difficile. Chiuse gli occhi e percorse il tragitto senza mai aprirli, si voleva fidare di se stessa, ma dopo un po' non ce la fece più e decise di riaprirli. Le paure erano tornate. Il timore di poter cadere la faceva preoccupare, non poteva correre quel rischio. Ma quando rivolse lo sguardo al di sotto della scalinata si accorse che la vetrata non c'era più. Solo un grande vuoto, il buio aveva inghiottito tutto. Ancor più spaventata da questo fatto riprese a correre più veloce, senza badare al fatto che dietro di lei si stavano creando dalle ombre di nuovo quelle strane creature con le antenne, che emettevano strani versi. Furono proprio questi versi ad interrompere la sua sfrenata corsa. Si girò di scatto (era evidentemente sopraffatta dall'inquietudine) e si accorse dei mostriciattoli. “E ora come faccio? Non posso farcela senza quell'arma e poi comunque anche con quella sono troppi...” e proprio quando finì di pensare le riapparse l'arma con sguardo soddisfatto la strinse forte ed iniziò la sua battaglia. Si muoveva agilmente, balzando da un lato all'altro della stretta scalinata, come se avesse già acquisito un modo personale di combattere. Ma i mostriciattoli purtroppo continuavano a moltiplicarsi, ne eliminava uno ed ecco che ne spuntavano altri tre...non poteva continuare così. Anche la scalinata sembrava non sopportare più tutto quel peso, infatti dopo che Hikari eseguì un altro salto ecco che un gradino si frantumò in mille pezzi; uno di questi pezzi le se conficcò nel polpaccio della gamba sinistra, procurandole una ferita alquanto profonda. Il sangue le scorreva lungo la gamba con dentro il pezzetto di vetro, ma la ragazza quasi non se ne accorse poiché era troppo impegnata a non cadere nel vuoto! Continuava a cercar di saltare sempre più in alto, sempre più in alto per poter raggiungere la desiderata meta; ormai però tutta l'intera scalinata era colma di quei mostriciattoli, e fu allora che Hikari si rese conto che non aveva via di fuga. Si fermò, con un gran batticuore. Le sembrava che il cuore e i polmoni le stessero uscendo di fuori per tutta quella fatica che aveva fatto con tutti quei salti e quegli attacchi. Chiuse gli occhi e pensò ad una cosa che lei ritenne assurda. “Se ho una cicatrice a forma di ala d'angelo ci deve essere una spiegazione...forse serve per richiamare quest'arma...ma forse serve anche ad altro...”. Si prese il polso, lo scrutò diligentemente e con la mano dello stesso braccio sul quale aveva quella cicatrice strinse ancor più forte il suo ciondolo. Fece un altro salto, ma questo lo fece con tutte le forze possibili, saltò in alto abbastanza per spiccare il volo, e lo fece: due grandi ali bianche le spuntarono da dietro la schiena e iniziò a salire sempre più in alto anche se non aveva la minima idea di dove sarebbe andata a finire. Non ci poteva credere che tutto ciò stava accadendo proprio a lei, ma già che ci stava almeno doveva provare a salvarsi la pelle! Si accorse soddisfatta che nessun mostriciattolo la stava seguendo anche perché non potevano anche volendo, ma ad un tratto si sentì come se qualcosa la stesse trascinando giù, si girò di scatto e spalancando gli occhi si accorse che era un turbine oscuro che aveva già inghiottito quel che era rimasto della scalinata e ora era pronto ad inghiottire anche lei. Chissà dove mai l'avrebbe portata...ma lei non voleva correre questo rischio, non voleva essere sopraffatta da tutte quelle tenebre. E' vero aveva paura, perché i suoi timori erano tornati, erano lì che la perseguitavano e si agitavano nella sua mente, mentre lei cercava di pensare solo ad agitare con più forza le nuove ali bianche. Questi pensieri fastidiosi, che le ronzavano in testa la distraevano e non la facevano concentrare, pensava a Riku, a Sora e di cosa mai avrebbero fatto al suo posto...pensò intensamente e soprattutto al primo, dato che tra i due lo riteneva essere il più giudizioso. “Cosa farebbe Riku in questo caso? Pensa, pensa! Uhm! Certo, ci potrei provare!” allora la ragazza, con sguardo determinato, cercò di eliminare tutte le paure che le ostruivano la concentrazione, cercò di avere più fiducia in se stessa e in quello che stava facendo. Cosa molto difficile per una tipa come lei, che si buttava giù per qualsiasi cosa, era sempre negativa nel vedere le cose...ma per sua fortuna aveva accanto due persone fantastiche: i suoi amici. Ed era proprio a loro che pensò, concentrando tutte le sue forze su quei ricordi meravigliosi che erano impressi nella mente e nel...cuore. Con un grande sforzo volò in alto, tanto in alto, fino ad arrivare su un'altra di quelle vetrate. Quando dall'alto la vide, socchiuse gli occhi per la fatica e si lasciò cadere su di essa, ma per fortuna non si fece nulla perché le ali attutirono il colpo e subito dopo, come la strana arma scomparvero nel bianco di una luce pura. Riprese fiato per cinque secondi, proprio non era abituata...le serviva allenamento. Pensò che quando sarebbe ritornata indietro nel Mondo “reale”, avrebbe chiesto a Riku di allenarla come si allenava lui. Oramai non pensava più che si trattasse di un sogno, era tutto troppo vero per essere solo un sogno, e la prova era che ora si stava facendo risentire anche il dolore alla gamba dove prima si era ferita con il vetro (o forse era sempre stato lì, quel dolore, ma era semplicemente stata lei ad accantonarlo per far spazio nella sua mente a cose più importanti...). Lentamente si rialzò, anche se era esausta non poteva rimanere lì, doveva trovare una via d'uscita. Si girò e notò che le ali non c'erano più come del resto l'arma. “E' stata dura, ma alla fine ce l'ho fatta! Sono sicura che mi servirà di nuovo quell'arma, quindi meglio vedere come farla apparire” pensò lei e con tutta la sua forza cercò di immaginarsi l'arma nella sua mano e fu allora, in quel periodo di calma apparente che finalmente osservò bene l'arma tenendola rivolta verso l'alto: la lama era costituita da due assi argentate che unendosi alla fine creavano un cuore metà giallo e metà nero, all'esterno dell'impugnatura argentea c'erano due ali bianche ed infine c'erano i “denti” che posavano esattamente in alto, sul suo lato destro. Aveva un'impugnatura fortunatamente non troppo fine, ma bella robusta, ed alla fine di questa vide che c'era agganciato una catenina piuttosto lunga con un ciondolo a forma di stella costruito con delle conchiglie di thalassa, queste conchiglie, le aveva raccontato da piccola Kairi, proteggevano i marinai durante i loro viaggi in mare. Da molto tempo Hikari, Riku e Sora avevano preso in considerazione l'idea di partire per andare alla ricerca di un nuovo Mondo, e perciò Hikari aveva costruito quel ciondolo, cucendo le conchiglie per andare a formare una figura che somigliava ad una stella. Quello era il suo portafortuna e lo teneva sempre con se, lo aveva portato anche quel giorno a scuola poiché era il suo primo giorno e aveva pensato che un po' di fortuna non gli sarebbe stata del tutto inutile. Ma ora eccolo lì, agganciato a quella sottile catenina per chissà quale motivo; in realtà non le interessava sapere il motivo, perché oramai lo poteva avere sempre con se, bastava evocare l'arma.
    Per la prima volta notò anche come era vestita, finora non se ne era mai accorta, non ne aveva mai avuto il tempo, doveva pensare solo alla battaglia e a non farsi fregare dai nemici. Comunque ora indossava un abito bianco, molto attillato a spalline non troppo fine anch'esse. Era abituata ad indossare specialmente jeans o pantaloncini, ma a scuola invece era costretta a portare la gonna, molto corta anche lei. Non riusciva a capire da dove fosse mai spuntato fuori quel vestito, ma ormai nulla più la sconvolgeva quindi, una volta capito come doveva invocare l'arma, la tenne stretta a sé ed iniziò a darsi un'occhiata intorno. C'era un'altra volta quella vetrata in terra, ma la scalinata non si faceva vedere...Iniziò a girarsi intorno nervosamente per vedere se c'era, ma niente da fare, attorno a lei solo il buio più profondo. Questa volta però non si lasciò prendere dalla pura e dallo sconforto, pensò che poteva controllare lei quell'assurda realtà, in fondo era riuscita a scamparla più che bene da quelle creature, era riuscita a volare e ad evocare un'arma molto strana ma potente allo stesso tempo; si sentiva determinata e stringendo forte l'impugnatura di quest'ultima alzò la testa e fissò dritta verso il vuoto apparente. Ed ecco infatti che qualcosa si stava formando dalle luci proprio di fronte a lei, dove era diritto il suo sguardo. Ma sta volta non si trattava di una scalinata: era una porta.
    Una grande porta bianca si innalzò dinanzi a Hikari, che la guardava stupefatta. Questa volta non si rigirò per controllare alle sue spalle ciò che perdeva, ma decise senza indugiare di proseguire, in fondo non poteva rimanere lì con le mani in mano senza far nulla. Così, sollevò lentamente la mano e con delicatezza la posò sulla lucente maniglia, ma con altrettanta forza aprì la porta.
    Appena messo un piede fuori dalla porta, riconobbe immediatamente, (anche se aveva la vista un po' sfocata a causa della luce) il posto in cui si trovava: era l'Isola nella quale durante le calde giornate estive lei, Riku e Sora andavano per giocare insieme o per fantasticare su qualche Mondo, magri quello da cui proveniva la ragazza. I tre amavano andare su quell'isoletta, che stava precisamente di fronte a quella dove abitavano e c'era la grande città; trascorrevano giornate spensierate tra bagni nell'acqua limpida e fresca dell'oceano, arrampicate sugli alti alberi di Paopu, ma quando arrivava il tramonto quello era il momento più bello della giornata: tutto l'orizzonte si tingeva di rosso e arancio, si sentiva solo il rumore delle onde e dei gabbiani, che tornavano anche loro nei propri nidi. Quando stavano lì seduti su quell'albero non parlavano quasi mai, per non guastare il momento, e preferivano aspettare un po' prima di rompere quella perfetta calma che si era creata attorno a loro, guardavano con occhi ogni giorno più stupefatti il crepuscolo anche se, in verità, non vedevano l'ora di andarsene da lì. Sì, in effetti era dall'estate che stavano lavorando al progetto di lasciare le Isole e andare alla ricerca del Mondo di Hikari: avevano iniziato a costruire una zattera, dato che si sentivano più sicuri a viaggiare tutti insieme piuttosto che andare separatamente ognuno con la sua barchetta, ma la cosa risultò essere moto difficile dato che l'unico che sapesse come costruire un zattera che non affondi, o che non gli si stacchi ogni volta un pezzo, o che non fosse troppo piccola era Riku. La dovettero fare più di cinque volte questa benedetta zattera ma alla fine ci riuscirono: poco prima dell'inizio dell'anno scolastico i tre avevano finito insieme di costruirla e ora mancavano solo le provviste ed una bella tela. Li emozionava molto il fatto che da lì a poco sarebbero partiti, avevano infatti già deciso il giorno: esattamente il 19 Ottobre subito dopo la festa di compleanno di Hikari e Kairi, che essendo comparse insieme sulle Isole questa volta i loro genitori si erano messi d'accordo di fare un'unica grande festa. Ormai mancavano solo due giorni al 18, ma non avevano ripensamenti, erano tutti e tre convinti di voler partire, lasciare tutto e avventurarsi nell'ignoto.
    Finalmente le si schiarì la vista e si accorse di stare sul piccolo molo della spiaggia, ma stranamente era tutto silenzioso, il mare non produceva nessun suono, non si sentivano neanche gli uccelli, il silenzio era l'unico sovrano di quel posto. Di scatto Hikari si voltò verso il mare, un mare che non aveva mai visto prima d'ora: era in tempesta, scuro e profondo, il vento soffiava forte e nell'acqua si erano creati dei mulinelli. Alzò la testa al cielo, sovrastato da nubi nere, dalle quali uscivano fulmini impetuosi, non capiva proprio cosa stesse succedendo; improvvisamente cadde per terra, ora anche il suolo stava tremando, sembrava che tutto attorno a lei fosse stato privato della tranquillità. Si rialzò lentamente, ma il forte vento la stava spingendo verso il profondo ed ignoto mare quando all'improvviso si sentì presa per un braccio, ed in quel momento iniziò a sentire tutto: il mare in tempesta, il rumore dei tuoni, la terra che si stava spaccando. Una mano le stringeva il braccio, ma non sapeva a chi appartenesse, con tutto quel vento non riusciva neanche ad aprire gli occhi.
    - Apri gli occhi. Non avere paura. Non devi temere te stessa.- una voce si rivolse alla ragazza con queste parole, la quale non avendo altra scelta seguì il suo consiglio aprendo gli occhi.
    Ora il vento era diventato meno forte e riusciva a stare in piedi da sola, così alzò lo sguardo e vide chi prima le aveva parlato. Era un ragazzo. Alto un po' più di lei, capelli biondo miele con ciuffi che gli andavano di qua e di là e due grandi occhi blu, che assomigliavano a quelli di Sora, anzi di volto assomigliava stranamente troppo a Sora. Hikari lo guardava con faccia sbalordita, strizzando gli occhi e cercando di capire qual'era il nesso tra lui e Sora, perché di sicuro ci doveva essere.
    - C...chi sei tu? Come ti chiami? Fai parte anche tu di questo “sogno” ? - Hikari incuriosita gli fece molte domande ma lui si limitò a pronunciare poche parole – Uhm...la mia identità ed il mio nome non sono indispensabili... piuttosto tu, Hikari, dimmi una cosa...- - Eh?! E Tu come fai a sapere chi sono io? Mmm... anche se non è molto difficile da capire: è come immaginavo tu sei nel mio sogno, tutto ciò è un sogno! - affermò lei – Sbagli, questo non è un sogno. O almeno non come credi che lo sia...- replicò lui -Che vuoi dire? Allora di cosa si tratta, un universo parallelo?-
    -Non proprio, vedi, è difficile da spiegare...- si portò le mani alla testa e sorrise alla ragazza mentre finiva la frase. Quel suo atteggiamento le fece ripensare a Sora. - Però non è giusto! Io in questo posto non posso sapere nulla: né se tutto ciò è solo un sogno, né chi tu sia, né cosa sia quest'arma...- disse lei evocando l'arma – L'arma? Sì per quella troverai delle risposte più avanti, ma per il momento non ti serve sapere nient'altro. Al contrario a me servirebbe proprio una tua risposta...- le disse nuovamente sorridendo il misterioso ragazzo. - Va bene, avanti fa pure la tua domanda, così almeno potrò andare avanti.-
    -Bene, ascolta attentamente: Di cosa hai paura?- cambiando tono di voce, diventando molto più serio. -Eh? Che domanda è mai questa?...comunque, penso di essere indecisa.-. Il ragazzo inclinò la testa da un lato, chiuse gli occhi e le sorrise dissolvendosi in una luce bianca. “Dove è finito....dissolto? Allora non era un umano...Ah il vento, si è placato”. In effetti il vento si era placato e le nubi erano scomparse, ma ora la terra iniziava a tremare sempre di più, così con pochi balzi scese dal molo, che si stava distruggendo e stava per essere inghiottito nel suolo. “Accidenti! Se non mi sbrigo verrò inghiottita anch'io!” Cercò di evitare le fosse che si erano create sul suolo saltando di qua e di là, ma ad un certo punto prese una storta alla caviglia cadendo bruscamente mentre la terra continuava ancora a tremare. “Oh no! Non voglio essere inghiottita, non voglio! Non voglio morire!” -NON VOGLIO!-. Stava per essere inghiottita nel suolo, non riusciva ad aggrapparsi da nessuna parte perché la terra continuava a muoversi, ma all'improvviso si sentì prendere per un braccio, una mano le stringeva forte il braccio destro e una voce urlava -Non mollare! Mi hai capito? Non lasciare la presa!-. Sembrava la voce di un ragazzo, ma non apparteneva al ragazzo di prima. La terra cessò quasi di tremare e il presunto ragazzo la ritirò su con poco sforzo. -Presto, di qua!- le prese nuovamente il braccio e la trascinò da una parte più sicura, dove la terra non si era spaccata troppo. Hikari però non riusciva a stare in piedi e così cadde in terra -Grazie...grazie, di avermi salvata.- alzò la testa per vedere chi fosse mai stato a salvarla, ma la luce del sole che le entrava negli occhi non le faceva vedere bene. Così si alzò con fatica e si mise una mano sopra la fronte per vedere meglio: sembrava più grande rispetto al ragazzo di prima, aveva gli occhi blu anche lui ma con una forma assai diversa, portava uno strano taglio di capelli, li aveva lunghi fino a metà del collo, marroni scuro con due frange da entrambi i lati. -Tu chi sei?- chiese lei, -La mia identità non è necessaria tu la conosca, Hikari.- rispose con tono calmo il ragazzo “Uh, anche lui conosce il mio nome...forse è legato in qualche maniera al ragazzo di prima...forse è lui quello che mi saprà dare risposte” -Ehm...senti, per caso sei tu quello che mi darà delle risposte?- -Dipende da che risposte cerchi.- disse lui -Ma sappi che una volta che tu mi avrai fatto la tua domanda poi te ne dovrò fare una anche io...quindi scegli bene cosa chiedermi- continuò. -Ah, solo una? Beh allora vorrei che tu mi dicessi cosa sia questa arma...- disse lei evocandola, -Vorrei sapere da dove è spuntata fuori e perché mai ne sono in possesso, sai dirmi qualcosa riguardo a questo?- -So perfettamente di cosa si tratta, ma non sono io colui che te ne dovrebbe parlare...se tutto andrà bene credo che troverai risposte avanti. - disse con un'estrema calma il ragazzo, come se il tempo non influisse su quel luogo. -Mi stai prendendo in giro?- chiese Hikari un po' innervosita -Non è possibile che qui nessuno mi dia delle informazioni su questa stupida cosa!- sbottò lei, “Non chiedo molto, solo delle risposte...non vuole proprio aiutarmi” -Io ti ho detto la verità, poi ovviamente sta a te decidere se andare avanti o no...comunque, ora che io ho risposto alla tua domanda tocca a me.- Hikari rimase un po' perplessa di fronte alle sue parole: in effetti le aveva risposto senza però dare una diretta risposta alla sua domanda. -M-ma che...ehi, chiunque tu sia, non fare il furbo: non mi hai dato nessuna risposta, hai solo cercato di evitare l'argomento!-. -Ah, io non ti avrei risposto? Ti ho detto la verità se andrai avanti troverai ciò che cerchi.- replicò lui. “Odio le discussioni!...Sarà meglio dargli ragione...” -Okay okay, va bene ti credo. Avanti fai la tua domanda così potrò andare avanti- -Bene ascolta: che cos'è che vuoi dalla vita?- chiese stranamente con tono gentile lui, -Beh...sai questa è una domanda che non mi sono mai posta e quindi è difficile dare una risposta. Ma in realtà c'è una cosa che voglio fare: voglio conoscere, sapere di più su di me, da dove provengo, perché ora mi trovo sulle Isole...voglio allargare i miei orizzonti!- Anche questa volta, appena Hikari diede la sua risposta al ragazzo, quest'ultimo si limitò a sorriderle e a dissolversi nella luce come aveva fatto il precedente. “Eh? Ma perché ve ne andate tutti dissolti in questa luce? Spero proprio di trovare qualcuno più avanti...Oh, ad un tratto la terra ha spesso completamente di tremare, ma ora...oh, no il mare!”. La terra effettivamente aveva smesso di tremare, ma ora il mare era più irrequieto che mai: si stavano creando delle gigantesche onde che si scagliavano su tutta la spiaggia, stavano raggiungendo anche la baracca dove lei aveva da poco parlato con il misterioso ragazzo. “Devo scappare da qui, altrimenti verrò trasportata da queste onde anomale nel mare in tempesta...accidenti!”. In preda all'agitazione Hikari cercò riparo, ma non trovò nessun posto che ormai non era stato distrutto: il vento aveva sradicato gli alberi che ora le intralciavano la strada, il terremoto aveva aperto voragini in tutta la spiaggia, l'unico posto che però sembrava non essersi fatto nulla era la piccolissima isola, collegata all'altra con un piccolo ponte in legno, dove c'era il particolare albero di Paopu, che si piegava sul lato destro e dove i tre amici (Sora, Hikari e Riku) sedevano sempre per ammirare il tramonto. “Che strano...perché quel posto è totalmente intatto?...Ma sopra l'albero c'è una persona! Sì, deve essere quella che sto cercando! Sarà quella persona a darmi tutte le risposte che voglio!”. Con un rinnovato entusiasmo Hikari corse, anche se con fatica, dato che aveva la gamba ferita, cercando di evitare tutti gli ostacoli, fino al ponte in legno, arrivata lì si accorse però che anche quest'ultimo era stato rotto da un albero che c'era caduto sopra. “E ora cosa faccio? Acc...Ci deve essere un modo! Di certo non posso saltare: sarebbe da folli, cadrei e mi romperei la gamba ferita nei migliori dei casi...”. Ma Hikari non poteva fermasi ora, stava per raggiungere finalmente ciò che cercava sin dall'inizio, e comunque era convinta che se non avesse raggiunto quella persona quello strano sogno non avrebbe mai avuto fine. Ora le iniziava a dare fastidio la cicatrice a forma di ala che aveva sul polso, la guardò e si accorse in effetti che qualcosa era cambiato: le brillava e si era fatta molto più bianca. Era un segnale o almeno era quello che lei pensava; così senza sapere neanche quello che stava facendo, portò in avanti la mano destra e con la sola forza del pensiero realizzò un passaggio per la piccola isoletta. Non ci poteva credere, non era possibile che lei avesse usato il potere della cicatrice, aveva forse usato una sorta di magia? Questo di certo non lo sapeva, ma non ci pensò due volte a percorrere la strada che lui aveva creato, anche se non aveva un aspetto molto saldo, in effetti sembrava quasi una scia bianca che tendeva però sul trasparente, credeva che non l'avesse retta dato che sembrava impercettibile, ma invece era una vera e propria strada. Arrivò fino in fondo e alla fine iniziò a sentirsi terribilmente a disagio...non sapeva perché, ma aveva una certa paura, si domandava se quella persona l'avesse realmente aiutata...ma arrivata a quel punto non poteva più tornare indietro. -Ti aspettavo, finalmente sei arrivata...anche se credevo che ci avresti messo più tempo.-. La persona parlò a Hikari, la quale rimaste pietrificata: non credeva che si fosse accorta dal suo arrivo. Notò che la voce apparteneva ad una ragazza. -Uh, mi dipsiece averti fatto aspettare, ma tu chi sei?- chiese Hikari incuriosita. -Il mio nome è Aqua-. Ad un tratto il mare smise di agitarsi e tutto attorno a lei si rimise apposto: gli alberi, il ponte, il suolo, tutto tornò come era prima. Hikari rimase sorpresa: era la prima volta che una delle persone che aveva incontrato in quello strano sogno le aveva detto come si chiamava senza fare storie. -Io mi chiamo- -Hikari, lo so.- disse Aqua, girandosi verso la ragazza: aveva capelli blu come i suoi occhi, che sembravano pieni di tristezza misti a gioia... e un viso stranamente familiare -Siediti pure, sono sicura che avrai molte domande da pormi.- continuò lei sorridendo, -Ah, eh, sì ! Ti vorrei chiedere molte cose, ma dimmi tu non fuggirai via come hanno fatto gli altri ragazzi vero?- chiese Hikari. -Gli altri...mmh, così ci sei riuscita eh! Non credevo avessi già acquisito tutto questo potere.- -Cosa, cosa sono riuscita a fare? Di che parli?- Hikari era curiosa di saperne di più, non riusciva a capire cosa Aqua stesse cercando di dirle. -Hai risvegliato tre cuori e li hai condotti nella luce. Se è quello che penso, tu sei riuscita a metterti in contatto con persone che non fanno parte né della tua epoca, né del tuo Mondo...anche se noi non siamo stati capaci di vederci, sapevamo perfettamente che ciascuno di noi era qua.- si spiego lei. -Vuoi dire che conosci i ragazzi di prima? Sono tuoi amici?- arrivò alla conclusione Hikari, -Sì! Loro sono i miei migliori amici...anche se è da un po' di tempo che non ci vediamo, resteranno per sempre le persone più importanti per me.- disse con tono quasi malinconico Aqua. -E' forse successo qualcosa di brutto tra di voi?- chiese la ragazza, -E questo cosa te lo fa pensare?- -Beh, hai detto che siete migliori amici no? Però hai anche detto che è da un po' che non vi vedete...se i migliori amici non riescono a vedersi significa che in fondo è successo qualcosa che li ha costretti a separasi, no?- disse Hikari. -Sei molto perspicace devo dire...ma non hai torto, anzi...in effetti in passato una serie di tristi eventi ci ha portato a separarci- rispose Aqua, abbassando lo sguardo e facendosi sempre più triste. “Allora avevo ragione...è triste per i suoi amici...” -Beh, se sono riuscita a connettere tre persone senza che neanche le conoscessi, magari con un po' di pratica un giorno potrei farvi rincontrare, che ne dici?- disse Hikari con tono allegro, cercando di smorzare l'aria colma di tristezza. -Uhm, sì , magari un giorno ci riuscirai e allora non saremo solo...No, la tua missione non è questa. La tua missione principale è sconfiggere l'Oscurità con il potere della Luce!- il tono di voce di Aqua si fece ora molto più serio, mentre Hikari cercava di capire cosa stesse dicendo. -Il potere della Luce? Distruggere l'Oscurità con il potere della Luce? Io? Una normale e debole ragazzina? Non scherziamo!- disse Hikari con tono ironico. -Allora dimmi...già ti è apparso non è vero? L'arma della Luce, già è in tuo possesso non è così?- chiese Aqua, conoscendo già la risposta.... “L'arma della Luce...l'arma...possibile che si tratti della mia arma?”. Hikari rimase pietrificata di fronte alle parole di Aqua: era veramente in possesso dell'arma che avrebbe sconfitto l'Oscurità o si trattava solo di un malinteso?
    -Intendi dire quest'arma?- chiese allora lei evocandola, -Già esatto, proprio quella. Proprio il Keyblade.- rispose soddisfatta Aqua. -Il Key...che?- -Il Keyblade è l'arma che distruggerà l'Oscurità. Tu sei un custode...o meglio una custode del Keyblade.- disse lei, -Tu, mia cara hai dei poteri che neanche immagini. Nascosto dentro di te c'è il potere della Pura Luce, neanche un Maestro potrebbe usare tale potere!- continuò Aqua. -Un Maestro...di cosa? Del Keyblade?- chiese Hikari, -Esattamente. Sai anche io sono una Maestra, però purtroppo io il mio Keyblade l'ho dovuto sacrificare per un amico...- disse la ragazza. -...Cosa successe? Non puoi più utilizzare il tuo Keyblade?- chiese Hikari. -Sei proprio sicura che questa sia la domanda che mi vuoi porre? Ormai il tempo sta per scadere...abbiamo tempo solo fino alla fine del tramonto dopodiché anche io ti dovrò fare la mia domanda.- disse la Maestra. Hikari non si era accorta che era già attivato il tramonto, che con la sua calda luce rossa tingeva tutto il cielo e il mare...ormai mancavano pochi minuti all'arrivo della notte e con essa dell'Oscurità. -Dimmi allora: cosa dovrei farei io con quest'arma? Che significa che devo sconfiggere l'Oscurità?- chiese di corsa Hikari ad Aqua, -Beh, tu devi...sconfiggere i servi della notte con il Keyblade senza farti accecare da quest'ultima. Anche se il tuo cuore è pieno di luce non vuol dire che non possa essere corrotto dalle ombre. Dovrai essere prudente lungo il tuo viaggio, fidarti dei tuoi amici anche se vi troverete distanti, e se tante volte dovreste perdere la strada della Luce, dovrete ricorrere ai vostri ricordi. I ricordi felici sono potere, le vostre memorie perciò sono importanti. Non posso spiegarti come usare il tuo potere, poiché neanche so di quanto sei capace, ma di sicuro più di me e loro messi insieme. Dovrai scoprire il tuo potere da sola, imparandone a non averne timore. E anche se ti sentirai sola, non rattristarti, perchè non sarai mai sola...qualcuno ti proteggerà sempre. E quando arriverà il giorno, anche io mi desterò ed allora, insieme cercheremo le altre luci. Ma per il momento dovrai farcela da sola insieme ai tuoi amici.- disse Aqua, -E tu, come fai a sapere che ho degli amici?- chiese Hikari. -Lo so perché...perché in questo momento anche io sono in contatto con il tuo cuore, e riesco a sentire che ci sono delle persone a cui tieni molto.- rispose la Maestra. -Oh no! Il tramonto sta per finire! Aqua!- Hikari era terrorizzata, dopo il calar del sole sarebbe rimasta da sola un'altra volta...Aqua se ne sarebbe andata. -Mi dispiace ma il contatto dura finché c'è la Luce, ormai il tempo sta per scadere: devo porti l'ultima domanda.- disse Aqua. -Okay, sono pronta.- disse fermamente Hikari. -Cos'è più importante per te?- chiese allora la ragazza, -Lo sai bene: gli amici!- disse Hikari, -Aqua, dimmi: noi già ci siamo incontrate, vero? Tu sai da dove provengo, vero? Un giorno ci rincontreremo te lo prometto Aqua!- continuò Hikari. Ma le sue parole raggiunsero appena Aqua la quale le sorrise dissolvendosi nella Luce. Ora che il tramonto era finito e che Aqua se ne era andata, il buio dominava quel posto. Tutto era immerso nell'Oscurità.
    Ma lei non era sola. Non lo sarebbe mai stata...
    C'era ancora una Luce nell'Oscurità.
     
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