Shade of Sorrow -capitolo due-

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  1. Pholexia
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    (capitolo uno: https://kingdomhearts.forumcommunity.net/?t=53018199 )

    Sora scattò in piedi, sussultando.

    -Chi sei?!-

    Resa stridula dal freddo e dalla paura la sua voce rimbalzò da qualche parte nell'ombra, per ritornare a lui in una flebilissima eco. Dopodichè tornò il silenzio.
    -Chi sei? Perchè mi trovo qui?-
    dei passi pesanti e rapidissimi esplosero di colpo nel buio, facendolo trasalire; qualcuno davanti a lui stava salendo di corsa la scalinata.
    La sete di risposte prese presto il sopravvento sulla paura e diede nuova forza alle sue gambe; Sora iniziò a correre.

    -Dimmi chi sei!-

    Teneva le mani avanti a sè, come un cieco; inciampava di continuo, picchiando le ginocchia e i gomiti sui freddi gradini di pietra. Tuttavia non pensò neppure per un secondo di fermarsi.
    Il suo obbiettivo non accennava a rallentare, nè a volergli rispondere; perchè lo ignorava così? Che stesse fuggendo? Che non fosse in grado di sentirlo?

    "O forse farsi inseguire è proprio il suo scopo..."

    Nel preciso momento in cui Sora formulò questo pensiero, il suolo venne meno.
    Il ragazzo cadde nel vuoto, urlando.
    Sentì delle voci attorno a sè, nel buio; qualcuno rideva.
    Era una ragazza; la sua voce era dolce, calda.
    Nonostante stesse precipitando, Sora sentì l'angoscia sparire nel nulla; smise di urlare, per ascoltare la sua voce.

    Sora...Non cambiare mai.

    Il suo corpo colpì violentemente uno specchio d'acqua, e affondò.
    Si abbandonò ai flutti, lasciandosi trascinare giù, sempre più giù, finchè i suoi piedi non toccarono una superficie fredda e liscia.
    L'acqua divenne aria e il giovane potè respirare; quello strano suolo emanava una luce irreale, simile ai raggi del sole attraverso una vetrata...Un'enorme vetrata sospesa nel Buio.
    Sora mosse alcuni passi sul mosaico di vetri variopinti; un peso immenso calò al centro del suo petto, il peso di qualcosa che lottava disperatamente per riemergere da un passato lontano.

    -So che sei già stato qui- disse una voce, seguita dall'eco di quel luogo così vuoto.

    -Per questo ti ci ho portato.-

    Il ragazzo alzò il capo di scatto; riconobbe la voce che poco prima aveva sussurrato al suo orecchio prima di fuggire su per la scalinata.
    C'era qualcuno dall'altra parte di quell'immenso mosaico.
    -Non riesco a ricordarmene- replicò Sora, ad alta voce. -Ma so per certo che hai ragione.-
    Il tempo di un battito di ciglia, e Sora era al centro del mosaico. Si guardò attorno freneticamente, confuso e smarrito.
    -Non trovi che...Chi ama...Sia estremamente egoista, Sora?-
    Il proprietario di quella voce era ora ben distinguibile sul bordo curvo della vetrata; era una ragazza e si stava avvicinando, un passo alla volta.
    -Che cosa...Intendi dire?- chiese il giovane, titubante; per qualche strano motivo, provava l'impulso irrefrenabile di correre, il più lontano possibile.
    -Se chi ama ci fa fare una promessa...Come possiamo non mantenerla?- continuò lei, inespressiva. -Non possiamo...E così ci leghiamo a quella promessa, per la vita, sacrificando qualunque cosa per non infrangerla...-
    Era ormai a meno di una decina di metri; Sora vide che era bionda. Qualcosa di insolito nel suo sguardo attirò la sua attenzione.
    -Firmiamo la nostra condanna...Perchè amiamo.-
    Soltanto tre metri. Sora la guardò negli occhi; uno era castano, l'altro giallo.
    E ardevano d'odio.
    -Non sono quindi coloro che ci rendono schiavi per la vita...Estremamente egoisti?-
    una grossa chiave coperta di bende e catene comparve dal nulla nella mano destra della giovane, che la alzò immediatamente sul ragazzo.
    -Ma noi li amiamo...E manteniamo ogni promessa.-

    Vibrò il colpo.

    Si udì uno schianto di vetri rotti.

    Sora era balzato indietro all'ultimo momento e stava cercando affannosamente qualcosa.
    La ragazza rise.
    -La mia arma ti ha fatto ricordare della tua Keyblade, Sora? Mi dispiace tanto...Qui l'unica Chiave sono Io.-
    Iniziò ad avanzare, trascinandosi dietro l'arma ancora conficcata per terra; una profonda crepa si aprì nella vetrata alle sue spalle, sbriciolandola e facendola cadere nel vuoto sottostante.
    Sora tentò invano di fuggire, lungo quella superficie sospesa che diveniva ogni istante sempre più piccola; in poco tempo si ritrovò braccato sul bordo dell'ultima falce di mosaico.
    -Non ti ricordi come si vola, prescelto?- tuonò la giovane, alzando nuovamente l'arma su di lui. -eppure te lo avevano insegnato!-

    Calò la chiave con forza, con violenza.

    Si udì un colpo secco, seguito dalla sua fredda eco.


    ---fine capitolo due---


    CAPITOLO TRE

    La lama di legno schricchiolò pericolosamente sotto il peso di quel fendente; alcune schegge saltarono via, ma non si spezzò.
    Sora era riuscito a parare il colpo.
    -La tua spada giocattolo!- esclamò la ragazza, in tono di scherno.
    -Davvero quel misero spadino di legno è tutto ciò che sei riuscito a tirare fuori dai tuoi ricordi?-
    Il giovane teneva alta la rudimentale arma con entrambe le mani; la forza di quella creatura era davvero portentosa.
    Lei fece più pressione, costringendo i gomiti del ragazzo a flettersi; una profonda crepa si aprì nella spada giocattolo con un forte schiocco.
    -Spremiti le meningi- incalzò. -So che puoi fare di meglio.-
    -Perchè mi fai questo?- gemette Sora, allo stremo. -Che cosa ti ho fatto?-
    La ragazza rinnovò la già insostenibile spinta, emettendo un ringhio frustrato; la spada giocattolo non si spezzava.
    -Ti prego, guardami!- la implorò la sua vittima.

    Lei lo guardò. Incontrò i suoi grandi occhi azzurri e subito cercò la paura; non la trovò.
    C'era solo un gran dispiacere. E quella domanda.

    -Che cosa ti ho fatto?-

    La pressione selvaggia della chiave diminuì ; Per un solo istante, i due si guardarono.

    Sora sentì l'elsa della spada cambiare forma fra le sue dita; pareva quasi che crescesse.
    Abbassò gli occhi sull'arma; la prima cosa che vide fu lo stemma del regno Disney.
    -Io...Io la ricordo, questa spada!- esultò il giovane, dimenticando per un istante ciò che stava accadendo.
    -L'hai scelta all'inizio del tuo viaggio- disse la ragazza, con tono spento -proprio in questo luogo...Cominci a impegnarti, Sora.-
    Mentre il suono del suo nome si spegneva in un'eco lontana l'ultima falce di vetro dipinto si dissolse come fosse sabbia, precipitando per sempre in quell'infinito abisso scuro.
    La chiave scomparve com'era venuta e la giovane tese le mani; prima che potessero raggiungere il ragazzo, le sue dita incontrarono...Un vetro.
    Alitò su quella parete inesistente e tracciò rapida delle lettere sulla condensa; stava scrivendo a rovescio, perchè Sora dall'altra parte potesse leggere.

    MI CHIAMO

    PHOLEXIA

    Sora si alzò lentamente in piedi. Senza preavviso il vetro si infranse in mille pezzi, portando con sè l'immagine della ragazza.

    Ora era di nuovo solo.

    Mosse qualche passo incerto nel vuoto più assoluto, tenendo alta quella che finalmente pareva avere le sembianze di una vera arma.
    -E ora che succede?...- mormorò quasi fra sè. -...Che razza di posto è mai questo?-
    I suoi piedi ancora umidi producevano piccoli tonfi ovattati su quel suolo invisibile, parzialmente lambiti da una sottile nebbia nera.
    -Pholexia...Dove sei, ora?- disse Sora al Buio; la solita eco fu l'unica risposta.
    Ripensò per un istante al suo viso, alle sue parole; ripensò ai suoi occhi, pieni di quell'odio che non capiva, mentre incombeva su di lui con quella strana Keyblade.
    Quando le aveva chiesto spiegazioni, qualcosa era cambiato.

    I suoi occhi erano diventati quasi...Tristi.

    -Aiuto! Aiutatemi, vi prego!-

    -Chi c'è?- chiamò subito Sora.
    -C'è qualcuno?-

    -Vi prego, qualcuno! Non respira!-

    -Dove sei? Sto arrivando!-
    Il ragazzo iniziò a correre; era una voce femminile, ed era in lacrime.
    -Continua ad urlare! Dove sei?-

    -Aiuto, siamo qui...-

    La sentiva singhiozzare non lontano. Eppure, per quanto corresse, sembrava che quella voce non si avvicinasse di un solo centimetro.
    Una strana ansia si impadronì di lui; di colpo il terrore di non trovare quella ragazza prese il sopravvento.
    C'era qualcosa, nella sua voce...

    -Vi prego...-

    -Kairi! Kairi dove sei?-

    -Non c'è nessuno, vero? ...-

    -KAIRI!!!-

    -Nessuno...-

    Sora corse più forte, urlando il suo nome a perdifiato; con orrore si rese conto che la ragazza non rispondeva più.
    Cadde in ginocchio, nel nulla. Sentì che avrebbe voluto piangere.

    -Non sei qui...Non ci sei mai stata...-

    Il ricordo di Kairi esplose nella sua testa, abbattendo gli argini della sua memoria e del suo cuore come un fiume in piena.
    La sentì ridere, parlare, stringergli la mano. Sentì l'anima scaldarsi, sentì il suo profumo.

    Kairi.

    Tentò di vederla. Cercò disperatamente una sua immagine, i suoi capelli, i suoi occhi, il suo sorriso...Ma ogni sforzo fu inutile.

    Lo aveva dimenticato.



    ---fine capitolo tre---

    CAPITOLO QUATTRO

    Un altro lamento si unì al suo; sorse flebile dall'Ombra, per giungere alle sue orecchie.
    Era un pianto; sommesso, silenzioso.

    -Non preoccuparti...Sono qui...-

    Sora alzò gli occhi.
    A pochi metri da lui, una ragazza dai capelli rossi stava seduta a terra, stringendo fra le braccia un corpo esanime.

    -Non me ne vado, amore mio...Aspetto qui, con te...-

    Oscillava avanti e indietro, carezzando convulsamente il capo di quello che aveva tutta l'aria di essere un cadavere.

    -E' tutto a posto...Sono qui...-

    La ragazza alzò la testa; i suoi grandi occhi blu erano colmi di lacrime, le mani sporche di sangue non suo.

    -Va tutto bene...Va tutto bene, ora...Se ne sono andati...
    Sono andati...-

    Sora si avvicinò piano; gli ci volle qualche secondo per riconoscere quel corpo senza vita.

    Era il suo.

    -Ritroverò il tuo cuore, amore mio...Te lo prometto.-

    -Kairi...Sei...Sei tu?-

    Il ragazzo allungò una mano tremante verso quei capelli rossi; le sue dita li oltrepassarono, come fossero aria.

    -Kairi...-

    La giovane continuò a piangere, cullando quel corpo come una madre con il proprio figlio. Presto Sora comprese che non era in grado di essere visto, nè sentito.

    Non c'è niente per te, qui...

    Vattene.

    Il ragazzo vide una felpa blu appallottolata accanto a quello che avrebbe dovuto essere il suo cadavere; notò che quella, al contrario del resto, aveva consistenza.
    La raccolse.
    Nell'aprirla si rese conto che una grande macchia di sangue la deturpava al centro, proprio in corrispondenza del
    -Cuore-
    petto. In alto, sul lato sinistro, era disegnata una falce di luna gialla.
    Senza in realtà saperne il perchè, Sora la indossò.
    La ragazza e quel corpo senza vita non c'erano più; sentì che doveva continuare a camminare.
    Delle forme indistinte cominciarono a plasmarsi attorno a lui, man mano che proseguiva. Entro pochi minuti i suoi occhi si abituarono a quella nuova oscurità, mostrandogli quelle che parevano essere sagome di edifici.
    Dei lampioni si accesero su un viale, in lontananza; Sora seguì la loro luce.
    Si ritrovò in una piazza, sulla quale troneggiava l'altissima sagoma scura di un'immensa cattedrale. Si guardò intorno; c'erano delle persone.

    Tante persone, tutte immobili.

    Camminò furtivo tra di loro, osservandole; parevano quasi congelate, ognuna nell'atto di fare qualcosa di diverso.
    Una donna stava correndo incontro a quello che doveva essere il suo bambino; il piccolo aveva fatto un salto fra le braccia tese della mamma, e lì a mezz'aria era rimasto.
    Un ragazzino stava mordendo un ghiacciolo azzurro, con aria soddisfatta, e il dolce se ne stava lì immobile fra le sue labbra da chissà quanto.
    Fu come ritrovarsi all'interno di una vecchia fotografia; inspiegabilmente, Sora si sentì triste.

    -Non dovresti essere qui.-

    Pholexia era là, sulla soglia della cattedrale. Lo osservava.
    -Dove ci troviamo?- chiese il ragazzo, avvicinandosi appena.
    -Questa è...La mia memoria- mormorò lei, distogliendo lo sguardo. -Queste immagini...Appartengono al passato.-
    -Ciò che ho visto prima...E' accaduto...davvero?-
    Sora si pentì subito di aver formulato quella domanda; non era affatto certo di volerne conoscere la risposta.
    Pholexia guardò in alto, verso il cielo notturno.

    -Sì.-

    Il giovane emise un tremulo sospiro; poi prese coraggio e si avvicinò ancora un po'.
    -Quindi sono morto...E' per questo che sono qui?-
    Lei tornò a guardarlo negli occhi; pareva sorpresa.

    -Ciò che hai visto è accaduto- disse -...Ma non a te.-

    -Ma è bellissima! L'hai fatta tu?-

    Entrambi si voltarono verso la voce; Pholexia parve allarmata.
    Era una coppia; stava attraversando la piazza. La ragazza teneva qualcosa fra le mani, e ne pareva entusiasta.
    -Lo sai che faccio schifo a creare queste cose- mugugnò lui, che al contrario di lei pareva contrariato e imbarazzato.
    -Ti meritavi qualcosa di meglio...-
    -Ma non dire scemenze, è bellissima!-
    replicò la sua controparte, abbracciandolo.

    -E' il regalo più bello che abbia mai ricevuto, Isa...-

    Lui era alto e magro; indossava una felpa blu, con una falce di luna gialla disegnata sul petto, e un paio di pantaloni scuri. I suoi capelli, corti e azzurri, erano pettinati indietro con del gel a formare una sorta di cresta.

    Lei era minuta, vestita di nero; era bionda.

    -Adesso basta! Questi sono i miei ricordi!-

    Senza preavviso Pholexia sfoderò di nuovo la chiave e si gettò su Sora.

    -Vattene! VATTENE VIA DA QUI!-

    Lo colpì al fianco; il ragazzo non ebbe il tempo di reagire.
    Venne sbalzato ad alcuni metri da lì, trapassando i corpi di tutte quelle persone immobili e colpendo violentemente il suolo coperto di piastrelle.
    -Sono cose che non esistono più- gemette la ragazza, furiosa. -Perchè vuoi vederle? Perchè mi fai soffrire?-
    Sora si rialzò; contrariamente a quanto lei si aspettava, non sfoderò la spada.

    -Voglio capire, Pholexia- ansimò, curvo sul fianco ferito.
    -Sei tu quella ragazza...Sei tu, non è vero?-
    Nel frattempo la coppia si avvicinava, serena, come se i due non esistessero.

    -Taci!-

    Pholexia era in lacrime.
    prese il ragazzo per il bavero e lo strattonò con forza verso di sè, strappandogli una smorfia di dolore.
    -Non ti è dato sapere nulla- sibilò. -Devi solo restare qui...Continuare a sognarmi. Per l'eternità,fuggirai invano da me. E io ti ucciderò, ancora e ancora, finchè avrò respiro, finchè esisterà il tempo...Non lascerò che qualcuno venga a svegliarti.-

    Sora guardò la coppia; ormai era a pochi metri da loro.
    Ora non erano più gli stessi.

    Ora erano lui e Kairi.

    Sorridevano; si tenevano la mano.

    -Perchè mi vedo nei tuoi ricordi, Pholexia?- sussurrò; sentiva che le forze venivano meno.
    La coppia li raggiunse, e finalmente passò loro attraverso.

    Fu come essere colpiti dal primo raggio di sole dell'alba.
    Era la luce...Era il calore. Era tutto ciò che in quel luogo mancava...Da sempre.

    I due ricordi passarono oltre e si dissolsero; la luce svanì, lasciandoli soli.
    Sora guardò Pholexia; lei dischiuse le labbra.

    -Perchè tu ami- singhiozzò.

    -Come io ho amato.-


    --fine capitolo quattro--


    CAPITOLO CINQUE

    Il viso sconvolto della ragazza cominciò a sfocarsi e a distorcersi, mentre restare cosciente diventava sempre più difficile.
    Sora si sforzò di rimanere lucido; era come se qualcosa lo stesse strappando a quella realtà con una prepotenza incontrastabile, stroncando i suoi sensi senza alcuna pietà.

    -Dove...Dove sto andando?-

    Sentì che Pholexia aveva mollato la presa su di lui; senza la sua mano a sostenerlo, il giovane cadde inerte al suolo, senza neppure avvertirne l'impatto sul proprio corpo.
    L'ultima cosa che Pholexia disse gli giunse come un'eco lontana, come delle parole pronunciate sott'acqua.
    -Nel tuo cuore c'è amore...Nel mio solo vendetta.-

    Rivoglio il suo cuore.

    Lo rivoglio.







    Sora riaprì piano gli occhi, mentre il suo corpo riacquistava gradualmente sensibilità; sentiva dell'acqua fredda inzuppargli i vestiti.

    Si mise a sedere; era di nuovo in quello strano specchio d'acqua, ai piedi di quella scalinata in pietra.
    Si alzò e indietreggiò goffamente, per guardare nella pozza. La luna era ancora lì, ma qualcosa era cambiato.
    Quando l'increspatura causata dal suo movimento si fu del tutto chetata il ragazzo potè vedere che l'immagine non riproduceva più un plenilunio completo, bensì una luna visibile solo per tre quarti.
    -E' proprio come una luna vera- sussurrò, affascinato.

    -Ora è in fase calante...-

    Qualcosa di diverso nel muro oltre la pozza attrasse la sua attenzione.
    Alzò piano gli occhi; era apparsa una porta.

    Era di un bianco sporco, piena di crepe e polvere. Rimase per un attimo a fissarla, cercando di riordinare le idee.
    Un raggio di luce sottile come un filo di ragnatela filtrava dai cardini che parevano vecchi di secoli; cosa c'era dall'altra parte?
    Sora attraversò lo specchio d'acqua raffigurante i tre quarti di luna e pose la destra sulla vecchissima maniglia arrugginita.

    Non ci fu bisogno di fare pressione; la porta si spalancò, senza emettere alcun suono.

    Fu costretto a socchiudere gli occhi e schermarsi il volto con una mano; i suoi occhi non erano più abituati alla luce del sole.
    Il ragazzo oltrepassò la soglia e si ritrovò in un ampio viale alberato nel bel mezzo di un parco.
    Le foglie erano tutte sui toni del giallo e del rosso; alcune decoravano ancora i rami, ma la maggior parte volteggiavano nell'aria, come singolari fiocchi di neve.

    Era Autunno.

    -Dove vai? Aspettami!-

    Sora non fece in tempo a voltarsi che l'immagine di un ragazzo lo investì in pieno, trapassandolo come fosse trasparente.
    Sussultò e si ritrasse; gli ci volle qualche secondo per riconoscere Isa.

    In effetti, in quel momento era davvero trasparente...

    -Eddàiii, dove corri!- lo chiamò ancora la ragazzina bionda, che per quanto corresse faceva davvero fatica a stargli dietro.

    Le foglie secche frusciavano e crepitavano sotto i loro piedi.

    -Sbrigati, fra poco il sole tramonterà!-

    -Ma si può sapere cos'hai intenzione di fare?-

    Un battito di ciglia e Sora si ritrovò ai piedi dell'albero che i due avevano raggiunto di gran fretta; era l'albero più alto visibile nel raggio di chilometri.

    -Coraggio, scricciolo- sorrise Isa, rimboccandosi le maniche della felpa blu. -Dobbiamo arrivare in cima.-

    Sora si diede un'occhiata; era vestito esattamente come lui...Fatta eccezione per gli strappi e le macchie di sangue.

    -Non chiamarmi scricciolo!- protestò la ragazza bionda, mettendo il broncio; per tutta risposta, Isa iniziò ad arrampicarsi.
    -Se non sei uno scricciolo, allora te la cavi da sola, immagino!-

    Lei raccolse la sfida, puntando saldamente un piede sul tronco e aggrappandosi al primo ramo.

    -Vediamo chi arriva prima!-

    Sora fece un respiro profondo; fu sufficiente volerlo, e si ritrovò in cima a quell'albero.
    I due erano gia seduti lì, uno accanto all'altra; Isa stava indicando il sole.

    -Da qui si vede benissimo quando tramonta- stava dicendo.
    -Diventa color oro e stando qui si viene investiti in pieno!-
    -Davvero?-

    -Aspetta e vedrai.-

    Ci fu un attimo di silenzio. Lei dondolava spensierata i piedi nel vuoto, fissando l'orizzonte in trepidante attesa.
    Non si accorgeva di Isa, che la stava osservando.
    Sora si sedette fra di loro e lo guardò.

    Aveva gli occhi grandi e verdi, e una lieve sfumatura rosea sulle gote.
    Il giovane sorrise; conosceva bene quello sguardo.

    Isa doveva essere innamorato.

    -Uffi, ma quando tramonta?- ridacchiò la giovane, mettendosi a cercare qualcosa nelle tasche.
    -Oh insomma, un po' di pazienza!- sbuffò lui, distogliendo lo sguardo; pareva imbarazzato.

    Nel frattempo la ragazza bionda trovò ciò che stava cercando; era una falce di luna gialla, appesa a un cordino. Vista così, pareva esser stata modellata con della creta.

    -E' proprio carina la tua luna, lo sai?- mormorò, facendola dondolare alla luce del tramonto.

    -Sarebbe ancora più speciale se brillasse!-
    -Potremmo metterci dentro un raggio di sole- disse Isa, tornando a guardare l'orizzonte.

    -Che sciocco sei, non si può fare!-

    -Beh, per te lo farei-
    replicò lui, con tono risoluto.

    -Mi metterei lì appostato sulla luna finchè non sorge e poi...Zac! primo raggio al vol...-


    Nel mimare l'azione Isa si sbilanciò e per poco non cadde dal ramo. Lei lo strinse a sè giusto in tempo, scoppiando a ridere.

    -Che matto che sei...-

    Alzò il capo; si guardarono negli occhi. Il ragazzo ricambiò la stretta.

    Si baciarono in silenzio, mentre il sole, divenuto d'oro, li investiva di una luce irreale, facendoli brillare come due stelle.

    Sora li guardò, dal ramo accanto.
    Una profonda nostalgia spinse una lacrima giù per la sua guancia.

    Il bacio finì; lei si ritrasse.

    -Devo...Devo andare ora- balbettò.
    -Mi aspettano a casa...-

    -Certo- rispose lui, assorto. -ti riaccompagno.-

    Lei gli sorrise, rimise in tasca la piccola luna gialla e incominciò a scendere sui rami più bassi.

    Lui fece per seguirla, ma poi si fermò; si voltò nuovamente verso l'orizzonte, come se pensasse.

    Sora lo vide aprire lentamente le mani...E cercare di afferrare per lei quella luce dorata.



    --fine capitolo cinque--


    CAPITOLO SEI


    I due ricordi se n'erano già andati da diversi minuti e il sole, divenuto color sangue, era già scomparso per metà dietro la linea dell'orizzonte.
    Sora era ancora seduto sulla cima di quell'albero, a dondolare stancamente i piedi nudi nel vuoto.
    Piangeva, in silenzio, preda di quelle emozioni travolgenti suscitate da memorie che sapeva bene di aver perduto.

    Le avrebbe mai riavute indietro?

    -E' proprio brutto, non è vero?- mormorò Pholexia; il ragazzo alzò lo sguardo e la vide seduta al suo fianco.

    -Sapere di aver amato con tutto il cuore e non essere in grado di ricordare nulla...E'...Frustrante.-

    Quegli occhi freddi, quella carnagione pallida e gli abiti scuri, parevano immensamente fuori luogo sotto quel caldo cielo di sangue e foglie.
    Sora tirò su col naso e si asciugò le lacrime con la manica della felpa; con grande sorpresa della ragazza, si sforzò di sorridere.
    -Qui non si parla di me, ora- disse, con voce tremula.
    -Questi sono ricordi tuoi, no?-

    -Sì...In un certo senso...-

    Il suo sguardo castano e giallo era fisso sul vuoto, del tutto assente.
    Dietro quell'apatia, Sora intravide solo la superficie di un ben più profondo dolore.

    -...Lo sono.-

    -Stai cercando di raccontarmi la tua storia, non è vero?- insistette il ragazzo.
    -Tu vuoi spiegarmi quello che è successo...Ma allora perchè mi respingi così?-

    Il cielo andava sempre più scurendosi; ora le nuvole avevano assunto un cupo color porpora.

    Pholexia tentò di guardarlo in faccia, ma distolse subito lo sguardo, con un sospiro sconsolato.

    -Sono i tuoi occhi!- sbottò.
    -Sono così...Limpidi...Tu vuoi davvero sapere cosa mi è accaduto! Non stai mentendo!-
    -Certo che non sto mentendo- replicò lui, perplesso. -Perchè pensi questo?-

    La ragazza tacque. Aprì di scatto il palmo della mano avanti a sè e la sua chiave coperta di bende e catene vi si materializzò all'istante.
    Sora però non si ritrasse, nè estrasse la spada; qualcosa nell'espressione di Pholexia gli suggeriva che non era necessario.

    -Tieni- mormorò, porgendogli l'arma.
    -Dalle un'occhiata.-

    Dapprima interdetto, il ragazzo si decise infine a prendere in mano quella strana chiave e se la posò sulle ginocchia per osservarla meglio.

    La prima cosa che lo colpì fu la sua temperatura; era gelida.

    -Il portachiavi...E' lì da quando l'ho impugnata per la prima volta- stava dicendo la giovane, assorta.
    La piccola luna di creta gialla era stata attaccata al manico dell'arma con una piccola catenella.

    -Il regalo di Isa- sorrise Sora, afferrandola.

    In quel momento l'arma si dissolse nelle sue mani, per materializzarsi subito dopo fra quelle di Pholexia.
    Lei la fece roteare un paio di volte sopra la testa; vedendo la sorpresa sul volto del giovane, le sfuggì una risata.

    Era dolce, sincera. Per un momento, la tristezza nei suoi occhi scomparve.
    Sora sentì il cuore scaldarsi.

    -Lei... Torna sempre fra le mie mani- disse Pholexia, orgogliosa. -Anche la tua Keyblade faceva così...Non è vero?-
    -Io...Credo di sì- rispose lui, con tono incerto. -Anche se per la verità non ricordo molto...-

    Nel frattempo il cielo era divenuto violaceo; presto sarebbe sorta la luna.

    -Mi dispiace, ma non posso lasciartela ricordare completamente- sentenziò lei, lugubre.
    -La mia chiave è un po'...Come l'altro lato della serratura. Se cerchi di aprire una porta che ha già una chiave nella toppa dall'altro lato...Non ci riesci.-

    -Significa che finchè la tua chiave esiste, la mia non può essere chiamata?- chiese Sora.

    Le ombre erano andate sempre più allungandosi sul viale alberato; distinguere i particolari del volto della ragazza cominciava a diventare difficile.

    -In realtà potrebbe- disse.
    -Ma mi distruggerebbe...Per questo ti impedisco di ricordarla...E' l'unico modo in cui potresti...Cancellarmi.-

    -Ma io non voglio cancellarti- protestò il ragazzo. -La Keyblade serve a liberare i cuori, non a distruggerli! Porta la luce...Per essere cancellata dalla luce dovresti essere un'ombra, un...-

    -Heartless?-

    Quella parola colpì Sora dritto al cuore; Un ricordo si fece prepotentemente strada in lui.

    Sentiva freddo. C'erano ombre tutt'intorno.
    Kairi era lì; si stava gettando su di lui, per...Proteggerlo.

    Tornò alla realtà; era quasi del tutto buio. Pholexia era ormai niente più che una sagoma al suo fianco...Anche se era certo che lo stesse fissando.

    -Tu sei stato un Heartless. Non è vero, Sora?-

    Un urlo terrorizzato si levò dal fondo del viale; il ragazzo scattò in piedi.

    -Cos'è stato?-

    -La luna è sorta- disse Pholexia.
    -Tutto sta per avere inizio.-

    Una flebile luce comparsa solo allora attirò l'attenzione di Sora; era come un piccolo globo, giallo e iridescente, sospeso a mezz'aria accanto a lui.
    una palpebra nera scese rapida su di esso, spegnendolo per un'istante e ritirandosi subito dopo.

    Mentre il ramo cedeva al suo peso e si spezzava facendolo precipitare, Sora realizzò che quel globo giallo era l'occhio sinistro di Pholexia.


    --fine capitolo sei--

    CAPITOLO SETTE

    La caduta da quel ramo parve durare un'eternità.

    Sora rivide sotto di sè lo specchio d'acqua della stanza di pietra, esteso per chilometri, come fosse divenuto un oceano.
    Al centro di esso, lattiginoso ed etereo, il riflesso di quella luna, che aveva di nuovo cambiato fase; ora era visibile solo per metà.

    Dagli abissi di quell'oceano emersero dei rovi.

    Rovi neri, giganteschi, che occultarono completamente la superficie dell'acqua, intrecciandosi tra di loro, rapidi e impenetrabili.
    Il ragazzo sentì l'ansia crescere, mentre la distanza fra lui e quel letto di spine si riduceva inesorabilmente. L'aria ruggiva assordante nelle sue orecchie, mentre il suo corpo fendeva l'aria, pesante come un macigno.

    Sora pensò in fretta; sfoderò la spada.

    Fu un soffio, il tempo di un respiro; la lama argentata si conficcò nel fusto di un rovo, separando le spine aguzze dal suo corpo capovolto, in precario equilibrio sull'elsa color zaffiro.

    Era salvo.

    Strinse i denti, e sforzandosi di ignorare le fitte alle braccia abbandonò lentamente la posizione verticale, stando attento a posare i piedi nudi negli spazi fra una spina e l'altra.
    La sensazione che i fusti di quella pericolosa pianta suscitarono sulla sua pelle fu del tutto inaspettata; la loro consistenza era polverosa e cedevole.

    Lasciò finalmente la presa sull'arma e sollevò il capo; si ritrovava a terra, ai piedi dell'albero, e quello su cui posava i piedi era terriccio.
    I rovi non c'erano mai stati.

    Sora emise un sospiro di sollievo, mentre estraeva dal terreno scuro la spada che l'aveva salvato da quella malsana allucinazione.
    -Qui non si sa mai cosa è vero e cosa non lo è...- mugugnò, ancora scosso.
    Non potè fare a meno di alzare lo sguardo alla cima dell'albero da cui era caduto; che Pholexia fosse ancora lì?

    L'oscurità della notte gli impediva di vedere fin lassù.

    Quella luce giallastra proveniva davvero dal suo occhio sinistro? O era stata solo un'altra allucinazione?
    Il ricordo di quel grido straziante tornò in superficie e Sora stabilì che quegli strani interrogativi potevano anche aspettare.

    Si guardò intorno, incerto su che direzione prendere.

    Mosse qualche passo verso la luce di un lampione non lontano, sul viale principale coperto di foglie secche. Le sentì crepitare e sgretolarsi sotto i suoi piedi e provò un certo fastidio.

    -Mi hai dato gli abiti di Isa, Pholexia- borbottò. -Ma perchè non le scarpe?-

    In verità non si sarebbe mai aspettato di ricevere una risposta; invece la ragazza comparve all'istante, sotto la luce del lampione.

    -Nei ricordi degli altri ci si entra in punta di piedi, prescelto. Non hai bisogno di scarpe.-

    Il ragazzo si fermò e la guardò; non sapeva se avere timore, o provare vergogna per l'essersi lamentato.
    La giovane alzò lentamente il braccio sinistro, in silenzio; indicava il fondo del viale.

    Il suo volto non tradiva alcuna espressione.

    Sora la raggiunse sotto il lampione e corse nella direzione che gli era stata indicata.
    Sentiva che qualcosa di terribile stava per accadere.

    -E' stato orribile...-

    Il ragazzo si voltò di scatto. Pholexia aveva parlato dietro di lui, ma il viale era deserto.
    Represse un brivido, mentre uno strano vento sollevava le foglie morte.

    Qualcosa di freddo e umido gli passò accanto, sfiorandogli un piede; qualcosa che aveva la stessa consistenza della nebbia. D'istinto ritrasse la gamba, facendo un balzo indietro.

    Ne sentì un'altra.
    E un'altra ancora.

    Sora guardò per terra. Il suolo pullulava di heartless.

    strisciavano e si accalcavano, come ombre rapide e silenziose, appiattiti sotto le foglie e fra le mattonelle del viale.
    Andavano tutti nella direzione indicatagli da Pholexia, come mosche attirate da una carcassa.
    Il ragazzo strinse entrambe le mani attorno alla spada e riprese a correre.

    Dei suoni lontani iniziarono a giungere alle sue orecchie; sembrava fosse la voce di Isa.

    -Scappa! Vattene via, di corsa!-

    Qualcuno piangeva accanto a lui.

    -Vattene ho detto!-

    Sora corse più forte, anche se in fondo al cuore sapeva che non sarebbe mai arrivato in tempo.

    -No! Lasciatelo stare! ISA!-

    Finalmente li raggiunse.

    La prima cosa che vide fu la ragazza, raggomitolata sotto la luce di un lampione; urlava.
    Paralizzato, spostò lo sguardo su Isa.

    Era ancora in piedi, ma già non respirava più.

    Un heartless era appena scivolato giù dal suo corpo, come un enorme e macabro insetto.

    Il ragazzo era morto a braccia aperte; stava facendo da scudo alla giovane.

    Una macchia di sangue scuro andava allargandosi dal centro del suo petto; presto un fluido nerastro e violaceo prese a scorrere nelle sue vene, corrompendo la carne.

    Isa si dissolse, ancora prima di toccare il suolo.

    -NOOOOOOOOO!-

    Sora si gettò sulle ombre, accecato dalla furia e dal dolore.

    Menava fendenti in tutte le direzioni, senza in realtà essere in grado di colpire nulla.
    Lo sciame di heartless si ritirò, nella notte; aveva placato la sua fame.

    La ragazzina bionda era ancora seduta sulle mattonelle del viale; la schiena abbandonata contro il lampione, le braccia inerti, lo sguardo vitreo.
    Era come se fosse entrata in una sorta di trance.

    -Mi dispiace- singhiozzò Sora, cadendo in ginocchio di fronte a lei.
    -Mi dispiace tanto...-

    Allungò una mano per accarezzarla, pur sapendo bene che non sarebbe mai stata in grado di sentirlo.
    Vide una lacrima scendere sul suo volto, divenuto cereo; la vide assumere l'aspetto di kairi, ancora una volta.

    Scagliò lontano la spada, mentre un urlo animalesco sgorgava violento dai suoi polmoni.

    -Sta cullando il suo cadavere, in questo momento- disse piano Pholexia, in piedi dietro di lui.

    -La sua mente ha creato un ricordo falso...Un ricordo malato, per preservarla. Un corpo su cui piangere.-

    Sora tremava, scosso dai singhiozzi; non era in grado di distogliere lo sguardo dalla giovane.
    Vedeva Kairi, in stato catatonico, che mormorava sommessamente.

    -E' tutto a posto...Sono qui...
    Se ne sono andati...
    Sono andati...-

    -E'...E' stato il declino del tuo Mondo, vero?- ebbe la forza di dire, in un singulto.

    -Sì- rispose Pholexia.

    -E l'ascesa del mio destino.-


    --fine capitolo sette--

    CAPITOLO OTTO

    Sora avvertì un indistinto malessere crescere rapido dentro di lui.
    Dapprima prese la forma di una forte nausea; ci mise qualche secondo a diventare vero e proprio dolore.

    Cominciò a tossire, sporcando le mattonelle con piccoli spruzzi di sangue.

    -Non ci metterai molto ad andartene- gli sussurrò Pholexia, inginocchiandosi accanto a lui.
    -Nemmeno Isa ha impiegato molto...Lo hai visto, no?-

    Gli pose una mano sulla spalla. La tosse si intensificava, provocandogli conati continui; le parole della ragazza avevano assunto quasi il tono di una macabra rassicurazione.

    Il giovane si portò una mano al ventre; subito un fluido caldo prese a colare fra le sue dita.
    La vecchia macchia ematica sulla felpa di Isa aveva ripreso il colore del sangue fresco; la ferita si era riaperta.

    Si raggomitolò al suolo, mentre la pressione precipitava pericolosamente e la sua pelle assumeva un colorito livido.

    -Hai voluto sapere che cosa è successo...Perchè non goderselo fino in fondo?-

    La voce di Pholexia, per quanto atona, tradiva nella sua enfasi una cupa soddisfazione; una sorta di piccola rivalsa su Sora, una punizione per essersi voluto impicciare.

    -Ho... Freddo- balbettò il ragazzo, alzando i grandi occhi azzurri a cercare lo sguardo del suo aguzzino; la sofferenza stava scavando nel suo volto due profonde occhiaie violacee.

    -E' normale- ribattè Pholexia, del tutto indifferente alla scena.
    -Stai perdendo il cuore, dopotutto...Ma stai tranquillo, al gelo ti ci abituerai.-

    Sora socchiuse gli occhi; i tremori si erano ormai quasi del tutto calmati.
    Il suo corpo giaceva prosciugato in una densa pozza rosso vivo che andava sempre più allargandosi; di sangue, nelle sue vene, ne era rimasto veramente poco.

    -Voglio solo aiutarti- riuscì ancora a dire, con voce strozzata.

    -Perchè ...-

    -...Perchè ti do tregua e poi ti colpisco senza preavviso?- completò per lui la ragazza.
    -Mi dispiace, Sora, ma è già da tempo che non sono più padrona delle mie emozioni. Ricordo bene come riprodurle, come usarle...Ma non sono niente più che ricordi.-

    Nel frattempo il giovane aveva spostato la sua ormai precaria attenzione sulla ragazzina bionda seduta di fronte a lui; era ancora lì. Non si era mossa.
    Mise a fuoco con gran fatica il suo volto, facendo uno sforzo inumano per poter tenere la testa sollevata; la sua espressione era straziante.

    -Io non sento niente- stava dicendo Pholexia nel frattempo.

    -Non ne sono in grado. Al posto del cuore, nel mio petto, c'è una conca vuota. Da questa notte.-

    Ma Sora non la stava ascoltando.

    Era riuscito a trascinarsi fino ai piedi della ragazzina, e le stava sussurrando qualcosa.
    -Ti ho vista... Ti ho vista ridere, prima. Eri con me, lassù...Sull'albero...-

    Sentì che Pholexia ora taceva.

    Aveva avuto l'idea giusta.

    -Sei così bella, quando ridi- continuò, a voce sempre più bassa.

    -Emani... Luce.-

    -Smettila! Non è in grado di sentirti!-

    La voce incolore della giovane ora tradiva un'improvvisa angoscia; pareva quasi che temesse una reazione della ragazzina bionda.

    -Capisco perchè Isa ti amava tanto, Pholexia...Per il tuo...Sorriso...-

    -LEI NON E' PHOLEXIA!!!-

    Sora si sentì sollevare prepotentemente da terra e sbattere contro l'asta metallica del lampione.

    Il dolore fu tanto forte che persino l'urlo gli morì in gola.

    Pholexia lo teneva premuto contro il palo freddo e liscio; i due fluttuavano a una decina di metri dal suolo.

    -LEI NON ESISTE PIU' !! CI SONO SOLO IO ORA! IO!!! E IO NON HO UN CUORE!!!-

    Il ragazzo aprì lentamente gli occhi e la guardò.

    Davanti a quello sguardo, limpido e stremato, la collera di Pholexia si trasformò in terrore.

    -Heartless...- sibilò Sora.
    -...Nessuno...Che...Che cosa sei tu?-

    -Un incubo- rispose lei, di getto.

    Subito dopo i suoi occhi si spalancarono e divennero lucidi, come se si fosse resa conto solo allora di quella orribile realtà.

    -Io...-

    Sora la sentì piangere, anche se non era più in grado di vederla.
    Stava sprofondando nel buio, ancora una volta.

    -...Sono un incubo...-


    --fine capitolo otto--


    CAPITOLO NOVE

    Sora si rimise in piedi, senza neppure aspettare di aver messo del tutto a fuoco l'ambiente circostante.
    Mosse qualche passo in avanti e perse l'equilibrio; si trovava su una scala.

    Di nuovo quella maledetta scala di pietra...

    Cadde miseramente nello specchio d'acqua, infrangendo il riflesso della luna; non si accorse che aveva cambiato nuovamente fase, ma in fondo al cuore non aveva bisogno di vederla, per sapere che aspetto avrebbe avuto.

    -Una falce di luna gialla...-

    Lasciò che l'acqua, divenuta nera, penetrasse nei suoi vestiti intrisi di sangue; un'insolita apatia si era impossessata di lui.
    Sentiva di aver quasi raggiunto il fondo di quell'abisso scuro, passando di dolore in dolore, vivendo incubi negli incubi.
    Iniziò a temere di non essere più in grado di ritornare in superficie...Di non ricordare mai più ciò che era stato.

    Eppure, all'improvviso, ciò non aveva più importanza.

    -Ho detto che ti avrei aiutata- mormorò. -Non posso...E non voglio...Tornare indietro.-
    Sora cacciò con forza la testa in quel freddo liquido nero e inspirò profondamente, lasciando che invadesse i suoi polmoni.

    Sono pronto, Pholexia.




    *** *** *** *** ***




    Si alzò lentamente dalle mattonelle del viale, nel profondo silenzio della notte.

    Si avviò senza fretta nella direzione in cui quelle strane creature erano fuggite; di colpo, tutto era chiaro.
    Delle grida indistinte si levavano da punti imprecisati della città, lontane e irraggiungibili, a conferma che le ombre stavano prendendo il controllo di tutto.

    Un alito di vento si levò dal nulla, aumentando esponenzialmente di intensità. Alzò gli occhi al cielo; tutto ciò che vide fu un immenso gorgo di nubi nere e violacee.
    Presto nulla sarebbe più esistito; eppure ogni cosa appariva così superficiale, priva di peso...Nel suo cuore era scesa la calma.

    Una calma terrificante.



    *** *** *** *** ***



    Si vide riflesso nel vetro incrinato di una finestra; l'immagine distorta della ragazzina bionda appariva quasi come il misero resto di una fotografia ingiallita.
    Ora era dentro di lei; camminava con lei, respirava con lei...E sapeva bene dove lo stava portando.

    Raggiunse il centro della città, attraverso una via i cui lampioni erano quasi tutti fulminati. Foglie secche e cartacce vorticavano in tutte le direzioni, malmenate dal vento; abbandonata in un angolo, una carrozzina ribaltata.

    Qualcuno gridava implorando aiuto in una delle case; il frastuono ovattato di passi pesanti e mobili rovesciati giunse fino in strada, alle sue orecchie.
    Non si fermò; sapeva che sarebbe stato inutile.

    Poco dopo il suo passaggio, un getto di sangue imbrattò dall'interno il vetro di quella finestra; nella casa tornò il silenzio.



    *** *** *** *** ***



    Finalmente l'immensa piazza della cattedrale comparve da dietro un angusto vicolo.

    Le raffiche di vento sollevavano le sedie e i tavolini dei bar, scagliandoli contro le cancellate degli edifici; migliaia di heartless si accalcavano come ombre di sciacalli su per i muri, sotto i tombini e dentro le abitazioni.
    Ma Sora sentiva di non doversene preoccupare; avanzava in quell'inferno, del tutto indifferente; doveva raggiungere l'ingresso principale della cattedrale.

    La spirale di nubi nel cielo si era fatta più vicina, più minacciosa; non restava molto tempo.

    Eccola.

    La Porta del mondo.

    L'immensa soglia che un tempo conduceva all'interno dell'antica chiesa era ora un profondo strappo aperto sull'oscurità.

    Sora desiderò non dovervici entrare, anche se sentiva che la ragazzina bionda ne era irrimediabilmente attratta.

    Infilò una mano nella tasca destra dei pantaloni e ne estrasse la piccola luna di creta gialla; la osservò per qualche istante, poi tornò a guardare il varco.

    -Tu sei là dentro- mormorò.

    Salì piano i gradini di marmo che la separavano dalla Porta, stringendo al petto il piccolo regalo di Isa come fosse il più inestimabile dei tesori.

    -Non conterrà un raggio di sole- sussurrò, trattenendo le lacrime -ma la luce che emana...E' molto più forte.-

    Oltrepassò la soglia. Il Buio si chiuse su di lei.

    Sora sentì un triste sorriso tendersi su quelle labbra che non erano le sue; gli heartless si stavano già stringendo intorno a lei.

    Fu allora che accadde; una crepa si aprì nel suo Essere, profonda come una voragine.
    Un nuovo Heartless e un nuovo Nessuno stavano per avere origine.

    Qualcosa però non stava andando come Sora si era aspettato; la coscienza della ragazza rifiutava di sfaldarsi.

    Qualcosa di potente stava emergendo da quella indifesa creatura; Sora sentì che stava lottando. La sentì tenere uniti con tutte le forze le ombre e i ricordi dentro di sè, finchè la presenza del cuore glielo permetteva.

    Del fluido caldo prese a colare in rivoli giù dal suo petto; il giovane respirò attraverso le narici di lei l'odore acre del sangue.

    Per un istante, la ragazza parve cedere.

    Poi un lampo di luce squarciò quel buio eterno, mentre il suo cuore si dissolveva nell'abisso.

    Fra le sue mani non c'era più la piccola luna di creta gialla; ora c'era una Keyblade.

    Incatenata, coperta di bende macchiate dal sangue che continuava a colare dal suo petto.
    Aprì gli occhi; il sinistro era quello di un heartless.

    -Eccoti, Pholexia.-


    --fine capitolo nove--



    CAPITOLO DIECI


    Sora si separò finalmente da lei, riacquistando la propria coscienza.

    Cadde a terra, stremato; il pavimento era bianco, liscio e freddo.

    Alzò gli occhi; conosceva quel luogo.

    Quello che pareva essere l'enorme bocciolo di un fiore di vetro sorgeva dal suolo a pochi metri da lui.

    Si rialzò e lo raggiunse di corsa; i suoi passi rimbombarono nel vuoto di quel flebile ricordo.
    Pose le mani su uno di quei grossi petali; vi appoggiò la fronte, chiudendo tristemente gli occhi.

    -Ci sono io qui dentro, vero?-

    Non ottenne risposta.

    -Pholexia...?-

    Si allontanò dal grosso fiore, muovendo alcuni passi incerti in quell'immensa stanza vuota.

    -Pholexia, sei qui?-

    I ricordi iniziarono ad affluire rapidi alla sua mente, come se qualcuno ce li stesse compassionevolmente versando dentro.

    Uno strano rumore, flebile e leggero, si propagò nell'aria; faceva pensare alla punta di una matita su un foglio di carta.

    Sora si voltò; c'era un tavolino bianco, non lontano, con una sedia su cui stava seduta una ragazza.
    Aveva un abito bianco, corto, e dei capelli chiarissimi; stava disegnando.

    -Io...Io lo so, chi sei!- esclamò il giovane, correndo in quella direzione.

    Il trionfo per il ritorno della memoria si mescolò alla frustrazione per non essere ancora in grado di rievocare il nome di quella ragazza; quando raggiunse il tavolino, ad ogni modo, la sedia era vuota.

    Sora vi si sedette, scoraggiato; per quale motivo era sparita?

    Dov'era Pholexia?

    Lo sguardo gli cadde sui disegni che la giovane stava facendo; erano ancora lì, assieme ai pastelli colorati.

    Osservandoli, Sora sentì la mente aprirsi.

    -Kairi!- esultò, riconoscendo l'amica in uno di quei ritratti. Poi notò un ragazzo accanto a lei; aveva i capelli grigi, lunghi, e uno sguardo triste.
    Con un grosso sforzo, il ragazzo ne riesumò il nome.

    -Ri...Riku!-

    Lo stesso accadde con tutti gli altri disegni; finalmente riconobbe Pippo, Paperino, Leon, Yuffie, Aerith... Un frammento alla volta, il suo passato gli fu di nuovo chiaro.
    Trovò persino un piccolo foglio stropicciato con raffigurata la ragazzina vista poco prima.

    -Naminè...Sì, credo fosse...Naminè.-

    Un pastello rosso rotolò giù dal tavolino, cadendo su un foglio che era scivolato sul pavimento.

    Sora si chinò a raccoglierlo e osservò il disegno che riportava.
    Riconobbe un rudimentale ritratto di Pholexia, rappresentata di profilo; porgeva un piccolo cuore rosso a un secondo personaggio.
    Il ragazzo si sforzò di riconoscerlo, ma non ci riuscì; aveva lunghi capelli blu, gli occhi gialli e una strana cicatrice sul volto.

    Ciò che invece smosse in lui qualcosa fu la lunga cappa nera che quel misterioso personaggio indossava; gli arrivava fino ai piedi, e aveva una grossa cerniera argentata nel mezzo.

    Stava cercando di ricordare qualcosa di quella cappa quando il foglio di carta divenne nero e umidiccio, appassendo fra le sue mani come il petalo marcito di un fiore.

    D'istinto lo lasciò cadere, balzando indietro in un moto di disgusto; il suolo marcì a sua volta nel punto in cui il disegno era caduto, aprendo una voragine da cui sorse Pholexia.

    -Non serve che tu faccia sforzi- disse, uscendo da quel buco violaceo che pareva quasi essere il frutto di un potentissimo acido -te lo ricordo io chi indossa quelle cappe.-

    Sora indietreggiò, spiazzato; la giovane piantò pesantemente i piedi su quel pavimento immacolato creandovi delle profonde crepe, come se il suo corpo pesasse una tonnellata.

    -Lo vedi che succede a entrare nei ricordi altrui senza attenzione?- disse, con un ghigno.

    -Succede questo!-

    Alzò il piede sinistro e lo pestò con forza al suolo, frantumando tutto il pavimento circostante con la stessa facilità con cui si rompe un bicchiere di cristallo.

    L'intera stanza si sbriciolò; solo il tavolino e la sedia furono risparmiati, restando immobili posati sul vuoto.

    Il ragazzo si aggrappò prontamente alle gambe di quest'ultima, riuscendo a non precipitare.
    Mentre lui si arrampicava goffamente su quel precario appiglio la giovane sfoderava la sua Keyblade, avvicinandosi minacciosamente.

    -La indossano i membri dell'Organizzazione XIII- disse, mettendosi in piedi sul tavolino.
    -Tredici Nessuno dotati di intelletto...Tredici superstiti alla morte della coscienza.-

    Sora vide con orrore che anche la sedia a cui era aggrappato era pervasa di crepe e si stava pericolosamente incrinando; saltò sul tavolino, appena prima che il suo precedente sostegno esplodesse in un milione di schegge.

    -Il mio Isa...Ne fa parte- mormorò Pholexia, ponendo la lama incatenata della sua chiave sotto la gola del ragazzo.

    - Ne hai già uccisi due di quei tredici, Sora, e altri sono stati annientati dai tuoi amici. Non ti sei fermato a pensare al perchè. Non hai voluto sentire la loro storia.-

    Il giovane estrasse la spada, anche se sapeva bene di essere in trappola; dietro di lui, oltre il vicinissimo spigolo dell'angusto tavolo, si apriva un salto nel nulla.

    -Non lo farai nemmeno con lui...E io non posso permetterlo. Ho fatto una promessa...-

    Sora vide un lampo di dolore balenare nei suoi occhi; il suo volto stanco rifletteva tutto il peso di quel debito che aveva voluto caricarsi sulle spalle.


    Ritroverò il tuo cuore, amore mio...Te lo prometto.


    -Chi ama è egoista, Sora- disse, con le lacrime agli occhi.

    -Per molto tempo, nella solitudine dei miei ricordi, ho pensato che Isa...Fosse stato egoista.
    Mi aveva strappato quella promessa, per la quale l'ho seguito nell'oblio...E poi mi aveva dimenticata. Aveva dimenticato tutto. Non aveva lottato, per non dimenticare...-

    Uno scricchiolìo decisamente poco rassicurante sorse stridulo dal vetro del tavolino, mentre una fitta ragnatela di crepe ne divorava la consistenza.

    -Ma poi ho capito...Che non era così- continuò Pholexia, a voce sempre più bassa.

    -La Keyblade mi ha mostrato qualcosa...Che mi ha fatto capire che ero io, l'egoista. Io, che non accettavo il suo cambiamento e pretendevo di rimpiazzare il suo cuore con quello di qualcun'altro. L'ho amato, e per questo...Sono stata egoista. Ho preteso che anche lui mi amasse...Senza capire che la cosa giusta da fare era solo proteggerlo.-

    Dei pezzi del tavolino iniziarono a staccarsi, cadendo nel Buio.

    -Che cosa ti ha mostrato, Pholexia?- chiese Sora.

    Lei lo strinse a sè, tenendolo sotto tiro con la lama dell'arma. Dopodichè sussurrò qualcosa al suo orecchio.

    -Mi ha mostrato il motivo per cui devo ucciderti.-

    Il tavolino esplose in mille pezzi, facendoli precipitare fra fogli di carta e schegge di vetro.




    --fine capitolo dieci--


    CAPITOLO UNDICI

    Le immagini si susseguivano rapide, confuse.

    Sora mise a fuoco a stento sè stesso, con in mano la Keyblade, in posizione di combattimento. C'erano altre due persone lì con lui, pronte alla lotta; che fossero Pippo e Paperino?

    Stavano al centro di una stanza bianca, con strani ingranaggi e incisioni sulle pareti e sui soffitti altissimi; una specie di gigantesca vetrata di fronte a loro si apriva su quella che sembrava un'enorme luna a forma di cuore, sospesa nel buio.

    Qualcuno stava zoppicando verso quella grande finestra sull'infinito, dando loro le spalle.
    Aveva lunghi capelli blu e una pesante cappa nera.

    La scena cambiò; per qualche istante lo vide in faccia.

    Aveva grandi occhi gialli, e una strana cicatrice sul volto sofferente; stava curvo su un fianco ferito, che si proteggeva con la mano.

    Sora capì che stava morendo.

    Le immagini andavano e venivano, come dagli occhi di qualcuno che fa sforzi immensi per restare cosciente dopo essere stato drogato.

    Sentì che Saix stava dicendo qualcosa.

    -Perchè...Kingdom Hearts?-

    Stava tendendo una mano tremante a quella grande e strana luna; le sue dita erano a pochi millimetri dal volto di Pholexia, sospesa fra lui e il vetro. Sora ebbe la netta sensazione che l'uomo non fosse in grado di vederla.

    -Dov'è...Il mio Cuore?-

    Quella frase scivolò via come un sospiro dalle labbra del Nessuno, mentre i suoi occhi imploranti diventavano lucidi.
    Pholexia strinse quella solitaria mano tesa al niente; la posò sulla propria guancia e per un attimo...Sorrise.

    Chiuse gli occhi.

    Il ragazzo la vide piangere, mentre Saix si dissolveva proprio come Isa.




    *** *** *** *** ***




    Tutto svanì come era venuto; Sora e Pholexia si ritrovarono al buio, abbracciati, immobili fra le schegge di vetro e i disegni di Naminè.

    Lei lo teneva ancora sotto tiro; i due si guardavano negli occhi.

    Lo sapevi che nei sogni... Il Tempo non esiste? E' il nostro cervello a scomporli, per adattarli alla nostra comprensione razionale.
    In realtà in un istante, mille eternità possono essere messe in atto.
    Se mai ti sveglierai... Nulla di questo sarà mai accaduto.
    E sarà come se io non fossi mai esistita.




    *** *** *** *** ***




    Sora iniziò a sentire quell'enigmatica realtà sfaldarsi e dissolversi attorno a loro; l'albero al tramonto, la piazza della cattedrale, la scalinata di pietra...Tutto stava cessando di esistere, un pezzo alla volta.

    -Il tuo mondo si sta sgretolando, Pholexia- disse.

    Erano di nuovo lì, sul pavimento di vetrate colorate, proprio dove si erano incontrati.

    -Perchè non vieni con me?...Non c'è più niente per te, qui. Sono solo brutti ricordi...-

    -C'è molto di più di quanto non ci sia là fuori- ribattè la ragazza, ad occhi bassi.
    -Se non per ricordare...Io non esisto più.-

    I bordi della vetrata cominciarono a sbriciolarsi, divorati dal buio; i due giovani si spostarono verso il centro, avvicinandosi l'uno all'altra.

    -Ciò che mi hai mostrato...E' il futuro, vero? Saix...Lo ucciderò io?-

    Pholexia non rispose. Il cerchio si faceva sempre più piccolo.

    Sora abbassò lo sguardo per un istante, come se riflettesse. Da dispiaciuto, il suo volto divenne serio.

    -Se è questo ciò che è stato scritto per lui- disse -io non posso farci nulla. Loro...Loro fanno male alle persone, Pholexia! Cerca di capire...Isa non è più quello di prima!-

    Gli occhi della ragazza tradirono una lieve angoscia; era come se temesse quelle parole, ma al tempo stesso se le aspettasse.

    -Non c'ero quando avreste avuto bisogno di me...E mi dispiace. Tu non sai quanto- continuò il giovane.
    -Ma ora non posso lasciare che la vostra storia si ripeta su altri innocenti a causa sua.-

    L'angoscia sul volto di Pholexia si tramutò in panico; il cerchio di vetro prese a consumarsi più velocemente.

    -Se dovrò ucciderlo- sentenziò il custode della Keyblade -Io lo farò.-

    Un assordante rumore di vetri infranti esplose nell'aria mentre una profonda crepa si apriva in ciò che restava del pavimento di vetrate, separando i due guerrieri.

    -Speravo che raccontandoti la mia storia- gemette Pholexia -Avresti capito...E non sarei stata costretta a ucciderti. Invece sei molto più stupido di quanto sembri...Prescelto.-

    Il suolo prese a tremare, costringendo Sora a genuflettersi. Alzò gli occhi sulla ragazza, che lo puntava con la sua Chiave; il suo viso era straziato, ma l'orgoglio le impediva di piangere.

    -Niente più pietà, Sora- disse.

    -Se dovrò ucciderti...Io lo farò.-




    --fine capitolo undici--


    CAPITOLO DODICI

    Il tempo riprese a scorrere.

    I loro corpi, sospesi fra fogli e schegge di vetro, di colpo riacquistarono il loro peso e precipitarono.

    Pholexia premette ancora di più la lama dell'arma contro la gola di Sora, impedendogli di divincolarsi.
    Lui estrasse la spada ed esitò; non voleva colpirla.

    -Colpiscimi!- lo esortava lei.

    -FALLO!-

    I due caddero in picchiata, fatalmente intrecciati come un corvo e un'aquila in guerra; la trachea del giovane era ormai quasi del tutto occlusa da quella fredda lama incatenata.
    Sentì che presto non sarebbe più stato in grado di respirare.

    Un pavimento di fredda pietra interruppe bruscamente quell'interminabile salto nel Vuoto; Sora lo colpì di schiena, schiacciato dal peso della ragazza e della sua arma.

    Si lasciò sfuggire un grido a denti stretti; perse la presa sulla spada, che slittò a diversi metri da lui.

    Pholexia lo sollevò per il bavero e lo risbattè ripetutamente a terra, facendogli picchiare violentemente la testa. Dalla sua gola scaturivano versi inumani, disperati; pareva più terrorizzata, che infuriata.

    Sora raccolse le ginocchia al petto e le mollò un forte calcio con entrambi i piedi, sbalzandola poco lontano. Poi sfruttò la spinta delle gambe per rialzarsi e raggiungere scompostamente la sua spada.

    -Finalmente reagisci- ansimò lei, curva su un fianco. Il ragazzo le dava le spalle ed era quasi riuscito a riappropiarsi dell'arma; Pholexia lo caricò, preparando un affondo che mirava alle sue scapole.

    Sora si voltò appena in tempo per frapporre la lama argentata fra sè e la Chiave incatenata, che sfortunatamente ebbe la meglio.

    La spada dall'elsa blu si frantumò nelle sue mani nel parare il colpo, mentre l'onda d'urto dell'attacco gli faceva perdere l'equilibrio.

    L'arma del ragazzo si dissolse prima ancora di toccare terra.

    Fu lì che la ragazza perse ogni controllo, menando fendenti alla cieca sull'avversario disarmato.

    -Ti credi un eroe?!- urlava.

    -Tu non sei un eroe!! Sei un assassino, solo un assassino! Come tutti noi!-

    Sora si rannicchiò, inerme sotto l'inarrestabile scarica di colpi.

    Non voleva reagire. Non avrebbe mai potuto.

    Sentì la felpa di Isa stracciarsi sulla sua schiena e un dolorosissimo squarcio aprirsi nella sua pelle.

    Urlò.

    -Te lo meriti- ringhiò Pholexia, innalzando l'arma come un pugnale sacrificale.

    -Non sei un eroe! Non lo sarai Mai!-

    Sora chiuse gli occhi e chinò il capo, come un agnello rassegnato alla fine.

    Attese il colpo di grazia, ma non arrivò.

    Era calato il silenzio.

    Riaprì gli occhi; la vide tenere la Chiave alta sopra la testa e fissarlo, con sguardo sconvolto.
    Non era più Pholexia.

    Era Kairi.

    Fece per rialzarsi, ma la catena che avvolgeva la Keyblade si separò in quel momento dalla lama, cadendo pesantemente fra lui e la ragazza.

    Le bende scivolarono via, liberando la vera Chiave.

    Ci fu un lampo di luce; l'arma tornò fra le mani del suo proprietario.
    Le ferite causate dalle catene svanirono, come se non fossero mai esistite.
    Kairi lo guardò, spaventata.

    -Te...Te la sei ripresa, finalmente.- La voce era quella di Pholexia.
    Sora abbozzò un triste sorriso.

    -Sei tu che mi hai permesso di farlo.-

    Un freddo irreale calò su quel luogo sperduto nel nulla; il fiato di quella che ora era Kairi si condensò sfuggendo da quelle labbra in un lungo, tremulo sospiro.

    -Mi ucciderai, ora- gemette. -Vero?-

    Il ragazzo la guardò; la trovò bella.

    -No.-

    Quei grandi occhioni blu si spalancarono sorpresi sotto la frangetta di capelli rossi.

    -...No?-

    Sora gettò la Keyblade lontano; dove l'arma cadde, lì rimase.

    Si avvicinò alla ragazza, consapevole di non essere più lui; come Pholexia era ora Kairi, lui ai suoi occhi era soltanto Isa.

    -Hai amato così tanto, Pholexia- mormorò.

    -Non so dove sia il tuo cuore, ora... Ma dovunque sia, batte. Con una forza straordinaria.-

    Il freddo aumentò; i due iniziarono a tremare.

    -Non ho il diritto di fermare quel battito.-

    Si alzò il vento. Delle foglie secche giunsero volteggiando dal buio, per fermarsi sul pavimento di pietra attorno a loro.

    Pholexia guardava il custode della Keyblade attraverso gli occhi limpidi del suo ricordo di Kairi.
    Vedeva Isa, più radioso che mai; la scrutava, con quei grandi occhi verdi che tanto l'avevano fatta sentire al sicuro.

    -Tu la ami..Questa Kairi- disse, guardandosi.

    -Riesco a sentirlo...Hai scavato tanto a fondo nei miei ricordi che...Ne sei quasi diventato parte.-

    -Quindi è per questo- sussurrò Sora -per questo ti vedo così. Questo...E' il nostro punto d'incontro.-

    Della spuma marina si riversò dolcemente al suolo, lambendo le foglie portate poco prima dal vento.

    -Ora che so...Quanto ci somigliamo- balbettò Pholexia, sull'orlo delle lacrime -non posso...Impedirti di...Tornare da lei.-

    Dei ricordi iniziarono ad attraversare il pavimento di pietra.
    Passavano rapidi, leggeri, intangibili come l'aria.

    Pholexia vide Sora bambino, che correva con Riku; li sentì ridere, laggiù, sulla spiaggia.

    Il ragazzo si lasciò attraversare da un ricordo di lei; una corsa in bicicletta.
    La vide seduta sul portapacchi, abbracciata a Isa che pedalava velocissimo.

    -Rallenta!- rideva lei a crepapelle -Così cadiamo!-

    Si allontanarono, giù per il viale alberato; non avrebbero più fatto ritorno.

    -Vattene, Sora- gemette Pholexia, riacquistando le sue sembianze.

    -Svegliati...Almeno tu, ama, come io non ho potuto.-
    Il giovane riebbe indietro il suo aspetto; vide qualcuno in piedi dietro la ragazza.
    Aveva i capelli biondi, scompigliati, pettinati alla meglio da una parte; i suoi occhi erano azzurri. Per qualche ragione, Sora sentì di conoscerlo.

    -Chi è quello, Pholexia?-

    -Si chiama Roxas- gli rispose lei.

    -Sarà lui a svegliarti.-

    Il giovane si avvicinò a quell'immagine; era immobile, come una fotografia.

    -Roxas...Mi somiglia, non trovi?-

    Per qualche motivo, gli venne da sorridere.
    Pholexia non replicò; stava piangendo.

    -Quando ti sveglierai- disse -non ricorderai. Nulla. E io sparirò...Come Isa, per sempre.
    Ho...Paura del Buio...-

    Sora la vide stringere disperatamente la piccola luna di creta gialla; provò per lei una tenerezza immensa.
    le sollevò il mento con due dita, dolcemente.

    -Tu mi stai lasciando andare- sussurrò. -Io devo sdebitarmi.-
    -No, non devi- singhiozzò lei -mi hai già risparmiato...Come...Un vero eroe. Forse lo sei, dopotutto...-

    -Grazie- sorrise Sora.
    -Ma lo sei anche tu.-

    Lei alzò lo sguardo castano e giallo, sorpresa; non capiva.

    -Hai dato tutto per...Amore- mormorò il ragazzo.
    -Tutto quanto. Se non è eroismo questo...-

    Poi chiuse le mani, come a tenere in trappola una farfalla, e le porse alla giovane.

    -Non ti perderai nel Buio- disse. -Isa non lo avrebbe mai permesso. So... Che avrebbe voluto che avessi questo, Pholexia.-

    Lei gli prese le mani, timorosa, e le dischiuse lentamente.

    Un caldo raggio di luce dorata uscì dalle dita del ragazzo, per passare nelle sue a illuminare la piccola luna di creta gialla.
    Sora le vide il petto aprirsi nel suo primo, vero respiro.

    Lo abbracciò forte, mentre la luce cancellava ogni cosa.

    -Il mio nome...Era Ophelia.-

    Il giovane pianse.

    -Era un nome bellissimo.-



    *** *** *** *** ***



    La luce dorata del tramonto inondava il viale alberato, accendendo i colori di una radiosità irreale.

    Era Autunno.

    Sora guardò lontano, mentre sentiva il dormiveglia farsi sempre più fragile; qualcosa da fuori lo stava chiamando.

    C'era una coppia, laggiù; lei era bionda e lui...Aveva i capelli di un intenso color blu. Si tenevano per mano; lo salutavano.

    Chi erano?

    Restare aggrappato a quel sogno divenne sempre più difficile; le immagini cominciavano a sbiadirsi.

    I due ragazzi sorridevano; senza sapere il perchè, Sora si sentì in pace.

    Avvertì le palpebre che si schiudevano lentamente, mentre qualcuno pronunciava una frase apparentemente senza senso.

    -Sora...

    Sembra che la mia vacanza estiva...

    Sia finita.-



    -----Fine-----





    Edited by Pholexia - 1/12/2012, 01:04
     
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  2. DaisukenojoRiku™
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    Non c'era bisogno di aprire un altro topic, per postare il secondo capitolo! Potevi benissimo continuarla lì! Comunque, ormai continuala qui, solo metti un link a questo topic nel primo, così la gente che va a vedere la tua fic non si confonde!
    Per il resto ottimo capitolo, mi piace come scrivi! Nessun errore di battitura, si vede che ci tieni! Continua così! Sono curiosa di sapere dove va a finire Sora! :D
     
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  3. Pholexia
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    grazie OwO ehi ma come faccio a mettere un link di collegamento? cioè lo metto sotto questa storia qui?
    o.O
     
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  4. DaisukenojoRiku™
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    Ti rispondo per MP, che facciamo prima ^^
     
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    Hai una capacità descrittiva incredibile, per certi versi violenta ed imponente nei confronti del lettore, e la narrazione è portata avanti con decisione e potenza, mentre le intriganti e quasi terrificanti parole della bionda si sposano perfettamente con l'azione. Complimenti, continua così.
     
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  6. Pholexia
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    grazie ** sono felice di aver suscitato in te queste emozioni!!! ^/////^
     
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  7. Pholexia
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    Ok, parte tre aggiunta ^^''
     
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  8. DaisukenojoRiku™
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    Appena letta anche la parte 3! Come al solito, non trovo alcuna imperfezione... se non forse che i capitoli sono piuttosto brevi, per i miei standard, ma è una cosa a cui ci si abitua! Bellissimo il pezzo iniziale, quando combatte con Pholexia... voglio scoprire di più su questo personaggio!
    Risposta lampo, sono brava :addit: *bimbaminkia mode: ON*
     
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  9. Pholexia
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    hihi >w< e va bene Daisu, mi impegnerò ad allungare i capitoli se ti fa piacere ^^ mi spiace solo che il titolo rimane "capitolo due" ...non riesco a modificarlo!!!D:
     
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  10. DaisukenojoRiku™
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    CITAZIONE (Pholexia @ 18/11/2012, 15:23) 
    hihi >w< e va bene Daisu, mi impegnerò ad allungare i capitoli se ti fa piacere ^^ mi spiace solo che il titolo rimane "capitolo due" ...non riesco a modificarlo!!!D:

    Non dico che devi fare capitoli più lunghi D: Dico che io sono abituata a capitoli più lunghi, ma d'altronde anche in Moby Dick c'erano capitoli di pochi righi, quindi...
    Per il titolo non penso si possa modificare :/ però vabbè, non importa, tanto si capisce lo stesso :)
    Un consiglio che ti posso dare è di mettere i nuovi capitoli in altri post, sotto i commenti, o mettere i capitoli sotto spoiler, altrimenti un po' ci si confonde!
    Non ti preoccupare per il titolo, non ha importanza ^_^
     
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  11. Pholexia
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    Capitolo quattro aggiunto sotto il 3 ^^'' scusate se così vi risulta scomodo...non sono pratica, portate pazienza! D:
     
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    La fase dell'avvicinamento della coppia è tesissima. La cosa davvero interessante è che il lettore non ha idea di ciò che sta per succedere, anzi, non sa neppure SE deve succedere qualcosa in particolare.
    Narrativamente parlando, la trama comincia a delinearsi, ed ho già una vaga idea di come potrebbe continuare. Tuttavia, spero che accada qualcosa di totalmente inaspettato.
    Ancora complimenti, stai andando benissimo.
     
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  13. Pholexia
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    >w< grazieeeee spero di riuscire a scrivere un seguito degno delle aspettative! XP
     
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  14. DaisukenojoRiku™
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    Capitolo 4... ma... ma...
    *Muore*
    Scherzi a parte, è bellissimo! Isa era così tenero, e il pezzo dello "sfogo" di Pholexia è troppo bello, dà l'idea delle emozioni che prova... ancora una volta ottimo lavoro! Finirai per essere la mia FF-writer preferita, che pizza :/
     
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  15. NumberVII-Saiix
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    Ho letto ora...
    Il tutto mi fa commuovere nel leggerla, il suo dolore è immenso TwT
    hai un abilità speciale nello scrivere

    best FF letta finora;
    mah non è che sei una "scrittrice" e usi questo forum per allenarti? XP
    chi è daccrdo con me che sii bravissima?
     
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87 replies since 17/11/2012, 12:50   761 views
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