Babilonia

Original

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Roxy!
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    uhhh prevedo tanto sangue nel prossimo capitols!!!

    E poi le uniche due donne per adesso tengono in pugno i coglioni degli uomini XD

    Cassio, è sempre scritta così bene che mi sembra un'opera antica.

    Povera Giovanna :patpat:
     
    Top
    .
  2. _Holy
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Okay, eccoci al prossimo capitolo, gentilmente offerto dalla ditta Cancheabbaianonmorde.
    Ringrazio tutti i miei lettori, i due francescani, e spero che la storia possa continuare a piacere (se mai è piaciuta XDD)
    Capitolo ricco di azione, a voi!

    *lancia*


    LA CADUTA DEL MOSTRO

    Un soldato dell'Alta Croce, sorpreso, gridò - Capitano, guardi là! - Puntò il dito in lontananza.
    Ambrus accolse l'invito e lanciò lo sguardo all'imponente castello di Accidia, che stava collassando, consumato dal potere contrastante di quei due esseri malefici.
    Non fu il solo a contemplarne il decadimento, era impossibile non accorgersi delle tremende oscillazioni che le sue torri altissime subirono. In poco tempo sia l'armata di Apollonia sia l'armata di Erisea si fecero spettatrici dello spettacolo offerto.
    - Ambrus! - Urlò Owen dall'alto della collina palustre, ed il biondo condottiero gli diede occhi e orecchie.
    - Si, signore? -
    - Prendi con te venti dei nostri soldati, scopri che cosa è successo! -
    Annuì, per poi rivolgersi allo schieramento da lui capitanato - Ecthra! Filia! Seguitemi con le vostre squadre! - I due sergenti al suo seguito si scambiarono l'un l'altro degli sguardi di conflittuale intesa, radunando poi i propri soldati, dieci per ciascuno, come desiderato da Owen.
    Ecthra, di statura piuttosto bassa e corporatura esile, era definibile solo nella sua quasi ermetica armatura, volutamente attillata e con un elmo protuberante in avanti come a formare una sottospecie di beccuccio, dall'estremità alta dell'elmo sbocciava un accumulo di piume bianche. Era un arciere, giudicando lo strumento di tiro che si portava appresso: un lungo arco tenuto saldo al proprio torace, abbinato ad apposita faretra sul fianco. Dalle incurvature della propria arma partivano esternamente degli spuntoni decisamente acuminati, che avrebbero ovviato alla necessità di doversi difendere nel corpo a corpo.
    Filia, alto e rigido, altri non era che l'ex capitano delle guardie di Pilatte, relegato in seguito a sergente di fanteria. L'uniforme crociata che lo ricopriva era totalmente in maglia, con una gonna a campana opportunatamente modellata per far sì che la deambulazione non venisse compromessa, anch'essa di maglia. Un elmo in bronzo a forma di ceppo, con foratura a croce per consentire la respirazione e la vista, lo completava.
    Nessuno dei due sergenti era definibile in qualche tratto somatico, siccome entrambi erano mascherati dal loro vestiario.
    Ambrus portò la mano al manico del suo spadone a doppio filo, sicuro sulla propria schiena, e diede segnale al proprio squadrone di seguirlo al seguito delle porte di Accidia, ci giunsero dopo una tremenda cavalcata giù dalle zone collinari, ma dovettero arrestarsi di fronte all'impedimento del putrido fossato di acqua ormai densa come melma.
    Il legno carbonizzato del ponte levatoio stazionava inerme e galleggiante in quel fluido, poco oltre vi era l'entrata ad arco, ben aperta, ma era impossibile raggiungerla.
    - Dannazione, me ne ero scordato! Persino il ponte hanno dato alle fiamme... - Tuonò Ambrus, indispettito e incerto sul da farsi - E non vi sono altre entrate! -
    Ecthra scese da cavallo - Lasci fare a me... -
    - Cosa... ? -
    Procurò dal bagaglio del proprio destriero una corda spessa quasi come quelle utili ad ancorare le navi ai moli, prese una freccia dalla propria faretra, che ne conteneva solo metalliche, indi, con un abile gioco di dita, assicurò la corda all'estremità piumata della propria freccia.
    - Indietro... - Esclamò lui, serafico, prima di armare il proprio ingombrante arco e scagliare la freccia in direzione dell'entrata poco oltre il fossato.
    Era incredibile come la freccia si fosse incagliata nel punto meditato da Ecthra: uno spiraglio tra i mattoni delle mura, largo abbastanza da far sì che la freccia si conficcasse senza smuoversi.
    Diede due strattoni alla corda per essere certo della stabilità, e fissò l'altro capo alla sella del proprio trasporto equino, ben saldo e possente.
    Ambrus lo adocchiò con le proprie iridi smeraldo, accese di venerazione, poi gettò un sospiro senza divagare troppo.
    - E' l'unico modo per entrare in città, signore... vi consiglio di liberarvi degli strumenti più pesanti... - Poggiò i propri piedi sulla sottigliezza della corda, scaturendo un suo minimo piegamento, Ecthra e armatura dovevano entrambi toccare un peso assai atletico rispetto agli standard dell'armata - Vi aspetto all'interno... -
    - No, no, no... dovremmo appenderci a questa cosa? -
    - Se volete entrare, si... - Detto questo, e infischiandosene delle lamentele di Ambrus, cominciò a deambulare a piedi uniti su quel sottile lembo d'unione tra le due coste, in meno di sei secondi arrivò in prossimità della fine della corda, e con un atletico balzo si inerpicò su per le mura, giungendo alla fu postazione di vedetta adornata da aguzzi spalti merlati, affacciata sullo stupore dello squadrone crociato.
    - Suppongo abbia ragione... - Ambrus smontò, si slacciò frettolosamente le piastre di armatura da dirsi "superflue", rimanendo con le braccia totalmente scoperte. Gli uomini alle sue spalle compresero immediatamente il suo volere, e lo imitarono.
    - Uomini! Non dovremo raggiungere gli spalti, come Ecthra! A noi basterà lasciarci cadere in prossimità dell'entrata ad arco! Avanti! -
    Brancò la corda tra i palmi delle ruvide mani e la cinse con le gambe andando a posizionarsi in modo trasversale durante l'attraversamento, la forza fisica di cui disponeva gli fece dimenticare la sofferenza dello sforzo compiuto, nonostante il sudore grondante dalla propria fronte.
    Dovevano muoversi uno alla volta... ci avrebbero messo parecchio tempo...
    Ambrus vide al di sotto della sua traiettoria la stabilità offerta dalla costa agognata, quindi sganciò la morsa delle proprie gambe, penzolò e si offrì vittima della gravità, cadendo stabile nel punto desiderato.
    Calcò la propria fronte con l'avambraccio coperto da una sottile peluria, ed urlò ai suoi uomini dall'altra parte del fossato - Siamo in troppi, impiegheremmo troppo tempo... Filia, portati dietro cinque dei tuoi uomini migliori e raggiungi me e Ecthra alla piazza di Accidia! Ci vediamo lì! -

    "Dove sei... Coris?"


    - Coris! Coris! Coris! -
    Il nome del fanciullo riecheggiava per l'intera città, scaturito dalla bocca di Lilith. La sua sensuale e afrodisiaca voce era mutata in un timbro violento e mostruoso, le due dello spirito si fondevano tra di loro, una femminile, una maschile, in un connubio contrastante e orribile da udire.
    Lithos la vide stagliante tra le macerie del castello, intenta a raggiungerlo, e a raggiungere Coris.
    - Svegliati... ehi... svegliati! - Urlò il crociato dai capelli color neve, che scosse senza sosta il corpo del proprio amico, adagiato accanto a lui, inerme e privo di sensi. Quanto accaduto nel castello doveva averlo sfinito.
    - Coris! - Ripeté Lilith nel suo affannoso intento di superare l'imposizione di quei brandelli strutturali, ghernire i due ragazzi, privarli della loro vita.
    Non era consigliabile attendere oltre... nonostante lo spirito iroso fosse stato brutalmente ferito durante il crollo del castello, non andava per niente sottovalutato, sembrava così minaccioso... il suo influsso malefico continuò a imperare in quella zona, mantenendo la volta celeste di un acceso cremisi.
    Così, senza attendere oltre, Lithos se ne infischiò dei tentativi dediti al rinvenimento del fanciullo: se lo caricò tra le braccia come quando dovette affrontare le interperie del deserto eretico, e si imbarcò per la prima scappatoia disponibile, non senza destare le ire di Lilith, che urlò squarciandosi la gola a quel fumoso cielo, facendo turbinare un sentimento nell'animo di Lithos: la paura.
    Vide, dinnanzi a sé, un vicolo, uno dei pochi ancora imboccabili e privi di scomodi detriti da superare, gli parve troppo bello per essere vero. Corse alla sua volta, si privò dalla vista di una Lilith distante; sulla sua fronte il sudore, sotto le piante dei piedi la cenere.
    Coris, beato tra le sue braccia, detentore di un'espressione puramente infantile, non accennava a nessun movimento.
    Cessò l'affannoso andazzo per rivolgere le proprie attenzioni al ragazzino, che venne adagiato di schiena contro un muro, e le gambe adese al terreno facendogli formare un angolo retto.
    Lo scosse, esplicando i suoi timori nella voce - Coris! Coris! - Ma nulla, nessuna risposta - No... non puoi essere... - Seppellì quell'idea una volta accertatosi che il cuore del ragazzo batteva ancora, imperterrito e feroce, in netto contrasto con la sua apparenza tranquilla.
    - Non ti preoccupare, Coris! Ce ne andremo da questo posto... te lo prometto... te lo prometto, dannazione! -
    Il suo sguardo andò a volgersi in direzione del sentiero percorso, incentivato da un anomalo rumore proveniente da quel punto... ospiti del vicolo erano differenti individui di aspetto raccapricciante, staglianti come un piccolo battaglione, schiena inarcata in avanti, pelle coperta da ustioni come fossero complementi del vestiario, carni carbonizzate, deteriorate dalle fiamme.
    Il loro aspetto era tanto simile a quello dei cadaveri lasciati a marcire nelle catacombe. Lithos non sprecò il suo sguardo in loro direzione troppo lungo, si impegnò in una corsa lontano da quegli esseri cadaverici, una volta imbracciato Coris.
    Si voltò, vide le loro gambe scheletriche esercitare impeto sulla stessa direzione impegnata dal ragazzo, tutti loro presi da furibonda collera e desiderio di sangue. Lithos non li volle guardare, ne era terrorizzato, e gli ininterrotti gemiti di apparente dolore scaruriti dalle loro raccapriccianti fauci, non aiutavano la situazione.
    Grondò sudore, in particolar modo quando si accorse che la strada che stava percorrendo si era protesa fino alla piazza del castello... di nuovo la stessa piazza, di nuovo le macerie di quel palazzo, di nuovo Lilith, stazionante al centro della zona con aria soddisfatta.
    Quegli esseri mostruosi non azzardarono a lanciarsi contro Lithos e Coris, rimasero invece in posizione sul sentiero appena percorso, per impedire la fuga del ragazzo.

    "Hai sbagliato strada, Lithos..."


    Lilith batté le mani con ironica ammirazione, avanzando sulla poca stabilità offerta dall'unica gamba rimasta integra, l'altra era andata perduta durante il crollo del castello, e dal suo tronco lacerato si estendevano filamenti nerastri e sibilanti, esecutori di movimenti simili a quelli di una serpe in collera.
    - Guardali, Lithos... sono gli uomini lasciati a morire tra le fiamme dell'ospedale cittadino, quegli uomini inutili che non avrebbero mai più potuto prendere in mano una spada... che senso avrebbe avuto portarseli appresso? Molto meglio lasciarli qui, a crepare come dei cani malati! -
    Sospirò - Non mi interessa... Lilith... lascia andare Coris! E' me che vuoi, non è così? -
    - Te? E perché mai? Mi sono divertita con te, certo... abbiamo discusso molto, abbiamo copulato... ma il tempo del piacere è finito, ed è giunto quello del dolore, e della morte! -
    - Cosa... ? -
    Quei filamenti neri come il cosmo, in partenza dalla gamba di Lilith, si estesero in maniera innata, divennero lunghi quanto due fruste da domatori unite insieme, e ghernirono i due fanciulli in delle strette mortali.
    Arricciandosi attorno alle gambe e alle braccia di Lithos, ne impedirono i movimenti e lo sollevarono da terra, mentre la stretta che esercitarono su Coris fu ben più gentile: lo mantennero sospeso orizzontalmente, sommerso nella beatitudine del suo sonno.
    Si dimenò, per quanto gli era possibile, ma fu tutto inutile. Vide Lilith avvicinarsi, sempre sulla sua unica gamba integra, nel mentre di una sottospecie di esultazione di gruppo da parte di quei mostri.
    Le sue labbra si fecero sottoforma di sorriso ambiguo - Per quanto mi riguarda, Lithos, tu puoi anche morire. Che tu viva o muoia non fa alcuna differenza per me! E' Coris che voglio... - Posò gli occhi scarlatti sul suo corpo inerme - Baal, Moloch, Beelzebub e Bodon, Lucifugo, Astaroth, Asmodeo, Belphegor, Adramelech, Abraxas... e Nahenia... se solo noi tutti fossimo in grado di controllare questo pargolo, plasmarlo secondo il nostro volere... -
    - Lilith, smettila! - Esordì il crociato - Dimmi... chi è Coris?! -
    - E a che servirebbe dirtelo? Stai per morire, ragazzo! - Furono queste le parole di Lilith, prima che una freccia di considerevole acutezza impattasse contro la sua spalla.
    Era stata scoccata a velocità considerevole dall'altro capo del muro di esseri mostruosi, che incuriositi dal fautore del gesto si scansarono rivelandone l'identità a Lilith.
    Ambrus, Ecthra, Filia e una piccola schiera di soldati, stagliavano pronti al combattimento, per lo meno i tre ufficiali in testa, siccome i semplici fanti si lasciavano spesso andare ad alcuni commenti pregni di timore sullo spettacolo offerto.
    "Quella è Lilith, andiamocene!"
    "Avete visto? Che cosa sono quegli esseri?"
    "Perché il cielo è rosso? Cosa sta succedendo qui?!"
    Quanto detto da loro altro non faceva che innalzare il senso di superiorità coltivato da Ambrus, che con freddezza enunciò - Ecthra, lanciane un'altra... -
    L'arciere eseguì, come intimatogli dalle norme gerarchiche, armò il suo strumento di tiro, tese la corda all'altezza dell'orecchio e scoccò una metallica freccia che fece compagnia a quella già conficcatasi nella spalla dello spirito.
    Ciò la fece sobbalzare all'indietro, evidentemente contusa e indebolita, e cessò la stretta che i suoi viscidi tentacoli neri avevano eseguito su Lithos e Coris, cadderò entrambi in un disastroso tonfo.
    Lithos si massaggiò la schiena, prima di guardare con stupore i crociati in riga oltre quel plotone di mostri.

    "Siamo qui per voi... per te... Coris..."

    La ruvida consistenza della sua mano andò a calcare il manico della spada che portava alla schiena - Filia! Ecthra! Li lascio a voi questi! - Detto ciò, si fece fautore di uno scatto tremendo in direzione di Coris, Lithos e spirito iroso, superò con velocità i goffi esseri cadaverici, ignorò Lithos e Coris, la sua attenzione era focalizzata su Lilith.
    Roteò l'arma in avanti, privandola del contatto con la schiena, Lilith era lì dinnanzi, ancora dolorante a causa delle due frecce di Ecthra. La impugnò saldamente, entrambi i palmi sul manico, la lama posizionata a mo' di pungiglione, l'affondo sarebbe stato violentissimo siccome incentivato dalla fulminea rincorsa effettuata.
    - Muori, Lilith! - Urlò Ambrus.
    Lithos - Fermo, Ambrus! Non lo fare! -
    Non gli diede retta e affondò l'arma, ma Lilith fu più rapida, seppur contusa, ed ebbe la prontezza di scansarsi e vibrare le sue affilate dita contro il costato del cavaliere, che però non incassò, siccome fulmineo e preparato a respingere l'attacco con la propria ingente spada.
    La mano dello spirito si chiuse sulla lama, infischiandosene della ferita che si procurò, la consistenza ferrea dello strumento di battaglia incrementò la propria temperatura, brillando come se fosse stata appena estratta dalla fornace di un fabbro.
    Ambrus digrignò i denti, non per il dolore procurato da quella tecnica, bensì per lo sforzo che stava compiendo per rompere l'imposizione di Lilith sulla propria arma.
    - Sei una stupida! Il mio manico è in legno, il calore non lo raggiungerà! - Tuonò lui, notando però che la lama si stava deformando in maniera considerevole, finché, pervasa in maniera insopportabile, si fece densa, e colò come miele sul terreno pietroso di quella piazza.
    - No... -
    - Ora che non hai più di che difenderti, cosa farai? -
    L'affilata mano di Lilith macinò velocemente la sua distanza dall'addome del suo avversario, ma, nuovamente, non trovò compimento nel suo interesse: Ambrus la fermò con le proprie stesse mani brancandola all'avambraccio prima che potesse farsi troppo vicina. I muscoli delle sue braccia si gonfiarono, e il sudore si formò infradiciando i suoi capelli.
    - Ambrus! Che cosa stai facendo? Tu non puoi uccidere Lilith! - Urlò Lithos.
    - Zitto! Io posso! Io posso! -
    - Ma... Ambrus! -
    - Porta via Coris! Portalo via! -
    - No... non posso! -
    Esordì in un atroce urlo - Lithos! - La rabbia lo colmò da cima a fondo, incrementò la sua forza fisica facendo sì che riuscisse a proiettare l'attacco dello spirito in direzione opposta, quel lieve lasso di tempo venne impiegato da Ambrus per disfarsi del nero mantello che indossava, e porgerlo all'ignudo Lithos.
    Se lo avvolse attorno alla vita come abito di fortuna.
    - Vattene... non puoi rimanere qui! Non capisci che sarà un lago di sangue? -
    Il soldato dai capelli bianchi guardò Ambrus, guardò Coris ancora svenuto, e guardò poi la schermaglia che stava impazzendo nel vicolo alle loro spalle, tra il piccolo schieramento crociato e il gruppo di mostri. Motivato, e sicuro sul fatto che non avrebbe potuto fornire alcun aiuto in quelle condizioni, imbracciò il corpo di Coris, pronto a darsi nuovamente alla fuga.
    - Bastardi! - Esordì Lilith, protraendo il braccio nero contro i due ragazzi.
    Lithos... in qualche modo... stava cominciando a grondare lievemente sangue dal naso, inizialmente, poi dalla bocca, e poi dagli occhi... Ambrus capì, capì che se non fosse intervenuto in maniera fulminea avrebbe sofferto la tragica morte del proprio compagno d'armi.
    Si lanciò addosso alla sensuale Lilith, la atterrò sul suolo trattenendole i polsi con le mani.
    - Scappa! Scappa! -
    Questa volta, Lithos eseguì, lasciando Ambrus a vedersela con Lilith, ed Ectrha e Filia con quegli esseri abominevoli.
    - Tu... mi hai impedito di ucciderlo! Non avresti dovuto farlo! - Ringhiò mostrando la sua dentatura affilata e assottigliando lo sguardo in un'espressione decisamente adirata.
    - Brutta... puttana... Lithos è mio amico! - Destò il braccio destro dal suo polso, chiuse la mano in un pugno e la calò sulla sua guancia, il colpo le fece sputare sangue.
    Si riprese immediatamente, decorata da un sorriso sprezzante e intimidatorio - E' tuo amico? Non lo conosci per niente... non sai ciò che ha fatto a Coris, e ciò che Coris ha fatto a lui... sai, quei fanciulli sanno essere davvero... focosi! -
    - Qualunque cosa tu stia dicendo, dannata... non ti presterò orecchio! -
    Ella perpetuò il suo sguardo maligno.
    - E... non guardarmi in quel modo! - Affondò con violenza l'indice nella sua iride destra, devastandogliela.
    Urlò con tutto il fiato che poteva emettere, con quella sua voce speculare.
    Intanto, lo scontro impazzava in quel vicolo.
    Ecthra, sulla distanza, orchestrava i suoi attacchi in maniera impeccabile, le sue frecce seguivano la giusta traiettoria da lui prefissata, e andavano a conficcarsi a forte velocità nelle zone designate; molti nemici caddero solo per mano sua.
    Filia era detentore di una comune spada da fanteria, che accoppiava a gravosi attacchi portati con la mano non armata; la sua tecnica preferita era alquanto brutale: tenere ferma la testa del proprio nemico, e calcare la lama sulla sua gola per poi crogiolarsi nel sangue zampillante.
    Inutile dire che la schermaglia stava decisamente volgendo a favore dei crociati, ben addestrati e pronti ad ogni evenienza, anche se, col tempo, si intese quanto il desiderare l'uccisione di ognuno di loro fosse cosa inutile.
    Non morivano! Le loro carni deteriorate si laceravano, i loro arti cadevano, il sangue colava, sprizzava a fiumi, ricopriva le bianche uniformi dell'Alta Croce, ma quei mostri non si accingevano a morire.
    Finché, sfiancati dal duro lavoro, i crociati di lega minore al servizio di Filia, lasciarono aperto uno spiraglio nella loro difesa.
    Erano in cinque.
    Il primo di loro venne azzannato con violenza in piena fronte da una di quelle creature, che scavò con la propria dentatura fino alla base del cranio, saziandosi con la materia cerebrale.
    Altri due, atterrati inevitabilmente, soffrirono l'amputazione forzata di alcuni dei loro arti, strappati con forza dal resto del corpo e dedicati al fabbisogno del gruppo di mostri.
    Un'altro, preso dalla disperazione, e forse dalla pazzia, cominciò imperterrito a recidersi i polsi, sperando di accellerare la propria dipartita all'altro mondo, che comunque avvenne inevitabilmente per mano di quegli esseri.
    Rimase un trio: Filia e il superstite si radunarono accanto ad Ecthra. Rassegnati, stanchi... il loro primo intento sarebbe stato quello di darsela a gambe levate, ma il dovere faceva da padrone in quell'istante, e gli intimava prepotentemente di rimanere, di assistere Ambrus.
    L'arciere posò la mano sulla faretra, sicuro di accarezzare l'estremità piumata delle sue frecce, ma non fu così, abbassò lo sguardo assottigliato a causa dell'elmo, notò che erano terminate.
    - Sì... immagino sia tutto nelle sue mani... -
    Un appiglio, lì accanto... non troppo difficile da raggiungere, non troppo difficile inerpicarsi sul tetto di quella casa.
    Il superstite rimasto, dotato di una lunga e acuminata lancia, venne privato di questa da Ecthra stesso, egli protestò e gli rivolse domande poco cortesi a riguardo, ma l'arciere non rispose, mollò a terra il proprio arco, usò l'arma come asta e piombò freneticamente sul tetto dell'abitazione costeggiante il vicolo, indi lo percorse disdegnando le travi carbonizzate, giungendo in vista di Ambrus e Lilith, lì al centro della piazza in conflittuale connubio.
    Roteò l'arma ad asta prima di impugnarla quanto un giavellotto pronto ad assere lanciato, desiderava utilizzarla per trafiggere una volta per tutte lo spirito iroso, alla gola, la sua finezza nel prendere la mira gli avrebbe permesso di far ciò.
    Lo fece, con violenza.
    L'arma scattò orizzontalmente percorrendo una linea invisibile, fino al collo di Lilith, destando lo stupore di un Ambrus lento a comprendere cosa avesse interferito con la sua tortura ai danni dello spirito iroso. Posò lo sguardo all'altezza della postazione di Ecthra, immobile, e comprese.
    Lilith ansimò per l'ingente dolore, sia per l'occhio privato del dono della vista, sia per l'asta della lancia che, conficcata in piena gola, le impediva di articolare le parole.
    Ambrus si rimise in piedi, lentamente, grondante sudore proprio e sangue non; impugnò l'arma a metà della sua lunghezza, la sollevò lentamente dalle nere carni dello spirito iroso, spostò la punta all'altezza della sua fronte, e la calò, il tutto in maniera serafica.
    Era stata massacrata, non aveva avuto modo di reagire al mortale affronto con il suo potere, troppo debole, troppo stanca. Fu questa la chiave che uccise una volta per tutte quelle mostruosità, che tornarono ciò che erano: corpi carbonizzati di comuni disgraziati.
     
    Top
    .
  3.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Twilight Player

    Group
    Member
    Posts
    65,055

    Status
    Anonymous
    Bellissimo capitolo, Emilià, sul serio.
    Ricco d'azione, come piace a me *ç*
    L'arrivo di Ambrus con la sua squadretta (XD) salva il culo a Lithos e Coris.. uh uh..
    MENO 1!
    Ambrus aiutato da Echtra (scritto bene?) uccide LILITH! Fuck yeah!

    Scritto, come al solito, benissimo :3
    Non pecca di nulla, si tiene sempre su un filo solido e coinvolgente..

    E HAI VISTO? IO CI METTO POCO A COMMENTARE! é_é
     
    Top
    .
  4. _Holy
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Tu non hai problemi di natura famigliare che ti impediscono di dedicarti completamente a ciò che ti piace fare ù_ù

    Tuttavia, grazie mille per la tempestività ^^
    Ah, una cosa...
    Cult of personality è la theme di CM Punk... ora tutto torna! XD
     
    Top
    .
  5.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Twilight Player

    Group
    Member
    Posts
    65,055

    Status
    Anonymous
    Ahahah, la conoscevo anche prima *ç*
    Poi hanno unito la canzone con la sua e *ç*
     
    Top
    .
  6. Roxy!
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    *A*




    Come ha detto l'another Franci , è stato spettacolare u.u

    questa frase mi ha traumatizzato
    CITAZIONE
    "la sua tecnica preferita era alquanto brutale: tenere ferma la testa del proprio nemico, e calcare la lama sulla sua gola per poi crogiolarsi nel sangue zampillante"

    eppoi dici che ti inquieti leggendo la mia fik ù.ù

    Comunque....

    Coris mi sembra sempre più la principessa da salvare, mentre Lithos (continuo a pensare ai lithops, non c'è niente da fa' XD) il principe cazzuto.
    quidi, dagli emy-insegnamenti: Coris = uke; Lithos= meme

    La troia è stata ammazzata (mannaggia a me che ho letto prima il commento di Nemesis!!!!!!) e gli zombie puzzolenti pure.
    Non ho capito se Giovanna è andata a finere all'altro mondo o no :patpat:
    cmq :

    Voglio un telefilm su Babilonia!!!!111!!!ONE!!!
     
    Top
    .
  7. _Holy
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (Roxy! @ 30/8/2011, 00:56) 

    *A*




    Come ha detto l'another Franci , è stato spettacolare u.u

    questa frase mi ha traumatizzato
    CITAZIONE
    "la sua tecnica preferita era alquanto brutale: tenere ferma la testa del proprio nemico, e calcare la lama sulla sua gola per poi crogiolarsi nel sangue zampillante"

    eppoi dici che ti inquieti leggendo la mia fik ù.ù

    Comunque....

    Coris mi sembra sempre più la principessa da salvare, mentre Lithos (continuo a pensare ai lithops, non c'è niente da fa' XD) il principe cazzuto.
    quidi, dagli emy-insegnamenti: Coris = uke; Lithos= meme

    La troia è stata ammazzata (mannaggia a me che ho letto prima il commento di Nemesis!!!!!!) e gli zombie puzzolenti pure.
    Non ho capito se Giovanna è andata a finere all'altro mondo o no :patpat:
    cmq :

    Voglio un telefilm su Babilonia!!!!111!!!ONE!!!

    ("seme", non "meme" XD)
    Comunque, grazie mille anche a te ^^
    Un telefilm su Babilonia... uhm...


    Il destino di Giovanna non l'ho descritto, ma penso sia facilmente intuibile.
    Nei prossimi capitoli ci saranno delle spiegazioni in merito agli spiriti irosi e al loro potere.
    Ah, e... per un po' non ci sarà azione
    XD


    Ringrazio ancora una volta Nemesis e Roxy per il commento.
    FLOWERS FOR EVERYBODY!!
     
    Top
    .
  8. _Holy
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Data la tempestività dei commenti, e dato che a breve avrò poco tempo per postare, vi lascio questo capitolo di transizione.
    Gentilmente offerto dalla SPA(ghetti) s.p.a

    Ringrazio tutti i miei lettori ^^ sono felice che vi sottoponiate ai miei esperimenti sulla pazienza umana! *ghigno da scienziato sclerotico*

    LE NEBBIE DEL SENTIERO

    Accasciato contro una parete polverosa di una via cittadina, con lo svenuto Coris rannicchiato tra le proprie braccia, vide la cupola celeste privarsi della propria vena cremisi e farsi semplicemente nuvolosa quanto un comune cielo pomeridiano in una giornata malsana. Un sottile strato di nebbia imperò nella regione palustre sotto il controllo dell'Alta Croce.
    - Dunque è finita! Ambrus... ha davvero ucciso Lilith? - Esordì Lithos.
    Guardò Coris sommerso nell'ingenuità, e diede una flebile carezza ai suoi capelli color nocciola, ai suoi ciuffi affilati cadenti ai lati della fronte.
    Con dolcezza, sussurrò - Sembri proprio un bambino... -
    Dalla nebbia si udì un metallico andazzo dovuto molto probabilmente a qualche stivale in metallo, si rivelò dunque Ambrus, seguito dai propri sottoposti: il freddo Ecthra, il taciturno e possente Filia, ed un quarto fante superstite.
    Lithos, a quel rumore, aveva fatto appena in tempo a privarsi del dolce contatto con Coris, lo mise seduto accanto a sé facendo sì che non creasse nessuna situazione ambigua.
    "Il leone", nome dato ad Ambrus per via della sua folta chioma dorata e della sua regalità nel porsi, era ben più spossato rispetto ai suoi commilitoni, pareva fradicio di qualche alcolico date le movenze barcollanti e lo sguardo dilatato fisso nel vuoto, il suo non era altro che semplice esaurimento dovuto al dispendio di energie, e di emozioni.
    Si fermò dinnanzi a Lithos, che ancora portava sulle spalle il suo mantello, e lo guardò con malo occhio.
    - Tu... hai ricevuto il battesimo, Ambrus? E' per questo che hai ucciso Lilith? -
    Non fu fulmineo ad esplicarsi, prima guardò il sopito Coris con aria decisamente apatica, poi rispose - Ci conosciamo... da così tanti anni... e non lo sapevi... ? -
    - No... -
    Sbuffò - Che ci facevate qui? -
    - E' stata Lilith. Quando la città venne abbandonata, lei mi condusse con forza al castello di Pilatte... Coris... a quanto pare si era accorto della mia assenza, e voleva salvarmi... -
    - Ti sei fatto abbindolare da uno spirito iroso, dunque? Perché sei nudo? -
    - Il fatto che ella faccia da padrone agli osceni non ti dice niente? ... -
    - Non voglio sapere altro, Lithos! Voi due ragazzini siete... siete... - La rabbia si manifestò in lui, irriggidendo la muscolatura e pompando nelle terminazioni nervose, distruggendo la sua precedente spossatezza.
    Poi, tutto ad un tratto, cadde sulle ginocchia dinnanzi a tutti, violentando la sua apparenza ferma e poco emotiva.
    Le sue parole si interrompevano ad ogni fremito eseguito, lasciando intendere "Temevo foste morti..." poi si coprì gli occhi con le proprie mani, a denti stretti, non voleva piangere.
    - Capitano, che sta facendo? - Esclamò il fante lanciere, tra il silenzio generale - Lei non deve piangere, che uomo è... ? - Si interruppe quando sentì la mano possente di Filia posarsi sulla sua spalla.
    Egli si tolse il pesante elmo in bronzo, rivelando un bel viso da uomo forte e maturo, un viso che ogni dama avrebbe apprezzato notevolmente, con riccioli neri, labbra carnose, mascella prorompente e neri occhi profondi.
    - Un'altra frase di questo genere e farò domanda per il tuo degrado... -
    Alla vista di Filia esprimersi in suddetta maniera, Ambrus riprese il suo timbro caratteriale di sempre, gli sorrise nascondendo le lacrime, e disse - Temevo avessi perso la voce... -
    Filia non si svirgolò ulteriormente, si rimise l'elmo in testa e tornò silenzioso.
    - Sì... immagino sia inutile attendersi altre parole... - Tornò eretto e si sgranchì la voce portando il pugno chiuso all'altezza della bocca - Lithos, vediamo di andarcene da questa città fantasma! Dazio, Owen e Luisian saranno preoccupati... -
    Lithos eseguì un mugolio di disapprovazione - Dazio... ? - Alluse poi.
    - Hai ragione... Dazio no! - Sorrise.

    "Il momento della partenza è arrivato... "

    Dalla cima di un nero destriero, una persona incappucciata vide riemergere sani e salvi il lanciere superstite, Filia, Ambrus, Lithos, Coris ed Ecthra, ognuno in groppa al proprio cavallo, anche Lithos, che ne ottenne uno di precedente appartenenza a qualcuno dei soldati morti in città.
    Coris era adagiato di schiena sullo stesso cavallo del crociato albino, che ancora era destinato a quel mantello come unico indumento fortuito.
    Ecthra e Filia, nonostante cavalcassero uno al fianco dell'altro, agivano in maniera puramente conflittuale tra loro, quasi come se vi fosse la ruggine di qualche forma di rancore.
    Stava soffiando un deciso e freddo vento che fece svolazzare i capelli del leone, l'atmosfera si era fatta più cupa con quel cielo grigiastro.
    Ambrus, in testa agli altri sul proprio cavallo bruno con criniera e coda bionda, alla vista di quella persona in attesa, si chiese immediatamente chi fosse. Alzò il braccio destro, segnale che indicava agli uomini al seguito di fermarsi, indi esclamò a quella figura misteriosa - Tu! Identificati! -
    Abbassò il cappuccio.
    Ambrus esordì con il suo nome - Wafa! -
    La prima cosa che i suoi compagni notarono in lei fu la pelle molto scura, le guance gonfie, i cortissimi capelli neri. Non era serenina, per niente.
    - Il capitano deve trovarmi un altro nome! - Disse lei.
    - Sì, scusami... dimenticavo che tu non segui più la causa degli eretici... - Si guardò attorno - Sai dirmi dove sono tutti quanti? -
    - Il padrone Dazio ha preso tutti suoi soldati insieme al padrone Luisian, mi hanno ordinato di condurvi da loro appena sareste tornati dalla città bruciante! -
    Sbuffò - E così ci lasciano indietro come se fossimo della zavorra, eh? Owen mi sentirà... - Portò il braccio destro alla vita, mentre il sinistro fece cenno di riprendere la marcia lungo il sentiero pervaso da impronte di zoccoli.
    Il cavallo di Filia affiancato a quello di Ecthra e del lanciere, in seconda linea, e i tre cavalli di Wafa, Ambrus e Lithos in testa, con Ambrus nel mezzo.
    La strada si estendeva inizialmente lungo vaste regioni collinose, dominate da erbetta giallastra e da nebbia più o meno fitta, per poi andare a perdersi nei meandri delle prime zone più o meno rigogliose, quelle più a monte, dove era facile perdersi o finire in strade senza uscita. Un simile paesaggio puramente naturale conferiva un senso di tranquillità enorme ai cuori di ciascuno dei condottieri, a giusta eccezione di Wafa, abituata alla morfologia di Mauri, il continente eretico.
    Lithos guardò il sopito Coris, era da almeno un'ora che stavano viaggiando, ormai la paludosa zona adiacente ad Accidia era un ricordo da mantener segregato, per non lasciarne emergere di amareggianti; il percorso si era proteso sul ciglio di una considerevole sporgenza rocciosa, fortunatamente non pericolante sul suo margine destro siccome vincolata ad un'aggregazione di rocce ed alberi, ma vertiginosa a sinistra. Non si poteva avere visione del panorama da quel punto, a causa della grigia foschia ancora presente, ma sarebbe stato decisamente maestoso.
    Poi, Lithos si lasciò andare alla curiosità, come era giusto attendersi, e chiese ad Ambrus chi fosse quella ragazza eretica, attese però che ella prendette le distanza, portandosi più avanti rispetto al resto della squadra, forse per aver più chiara idea del percorso da seguire.
    - Chi è lei? Beh... si chiamerebbe Wafa... o almeno, questo è il nome che gli diedero i suoi genitori mauriniani. Tutti nell'armata la conoscono come "Madonna d'Ebano". - Rispose il leone.
    - E'... per la sua pelle? -
    - Ovvio... i serenini sanno essere eleganti e cinici negli appellativi. -
    - Però... "madonna"... insomma, è un termine usato per indicare le donzelle benestanti, spesso fedeli al cinerismo, e lei... -
    - Lei ha scelto di abbandonare le credenze mauriniane in favore delle nostre, che sia per paura o per idealismo non mi interessa, a me basta che possa trovarsi bene con noi, e non soffrire più la fame... -
    Proveniente da un villaggio eretico delle regioni a nord di Mauri (denominate Ahad-Mauri), Wafa vide stroncata la sua routine quotidiana in vista delle opportunità recate dai crociati: benessere e tranquillità in cambio di fede allo stendardo serenino. Così, il suo nome eretico perse di significato, poiché Wafa stava per "fedeltà", fedeltà alla patria, al proprio popolo, al proprio sovrano, sebbene Salahad non fosse altro che un tiranno. Se mai la sua famiglia l'avesse potuta rivedere, avrebbe desiderato la sua morte, aveva infangato la propria appartenenza.
    Ambrus guardò il giovane Coris, sopito e scomodo su quel destriero - Come sta... ? - Chiese poi.
    - Sta bene, respira ancora... si rimetterà ben presto. -
    - Ha combattuto con lo spirito? -
    - Sì, ma non è riuscito ad ucciderlo... Lilith ha fatto crollare il castello, ne siamo usciti in tempo. -
    - Meglio così, Lithos... se la avesse uccisa sarebbe divenuto suo involucro... ricordati che solo i battezzati possono uccidere gli spiriti irosi, poiché il loro corpo è santificato, è terreno instabile e mortale per quei mostri... -
    - Questa... sarebbe una lezione? -
    - Può darsi. - Sorrise benevolo e divertito - Sarebbe bello se anche tu e Coris vi uniste agli Elitè... -
    - E il battesimo? -
    - Arriverà... continuate ad impegnarvi e un giorno potrete far domanda alla Santa Sede per venir battezzati, e allora nessuno spirito iroso potrà prendere possesso di voi... -
    Gli Elitè... il gruppo cavalleresco più stimato dell'Alta Croce, soldati decorati dal battesimo, purificati e salvi dalle grinfie oscure degli spiriti; Ambrus ne faceva parte, ricopriva quel ruolo parallelo alla sua carica di Capitano, e anche Ecthra e Filia lo erano.
    Questi cavalieri, dall'alba della fondazione della santa armata, si erano rivelati l'unità scelta per la caccia ai Dodici, gli spiriti irosi, esseri misteriosi che per operare neccessitano di un corpo umano da controllare, in cui convivere come dei parassiti, e crescere come degli embrioni.
    Cos'è che impedisce ad un normale uomo l'uccisione di questi spiriti irosi, o meglio, dell'essere umano portatore? Il semplice fatto che uno spirito, alla morte dell'essere umano ospitante, è in grado di migrare altrove, in un nuovo corpo, e spesso in quello di colui che si è fatto fautore dell'uccisione... i battezzati sono immuni a questa forma di possedimento.
    Sta di fatto che dall'alba del primo possedimento, nessuno spirito iroso fu mai messo a morte, ciò fece accrescere l'ipotesi che questi esseri fossero immortali.
    - Wafa... perché ti sei fermata? - Accusò Ambrus, notando l'arresto da parte della mauriniana.
    - Il capitano non sente? -
    Tese l'orecchio, imitato dal resto della squadra - Che cosa? -
    Ella si fece emittente di un tubare replicato alla perfezione, che fece capolino tra gli alberi adiacenti al sentiero e fece emergere dal suo fogliame a macchie un piccione viaggiatore recante alla zampetta un piccolo papiro.
    Avanzò il braccio destro, e l'animale si posò docile, rendendo possibile il reperimento del messaggio.
    - Faccio ancora fatica a leggere vostra lingua. - Porse il foglietto al leone, che esplicò ad alta voce il contenuto.

    "Ambrus, non so se sei ancora vivo, ho ammaestrato questo piccione affinché tornasse da me ad un determinato orario, abbastanza tardo affinché voi possiate raggiungere la sua posizione... se Wafa è ben attenta, udirà il tubare del volatile. Volevo solo informarti di non affannarvi troppo nel raggiungerci, ci siamo allontanati da Accidia a velocità considerevole, ed entro questa notte dovremmo raggiungere l'avamposto eriseano.
    Se lo ritenete necessario, vi do il permesso di praticare una sosta, fate pure con calma, ma sappi che al tuo arrivo voglio un rapporto completo da parte di tutti quanti voi, compresi i soldati di lega minore.
    Owen."

    - Gentile... c'è ancora qualcuno che rispetta le buone maniere, nell'armata... - Commentò Ambrus.
    Ecthra - E' di sangue blu... -
    - Già... - Gettò via il messaggio cartaceo, e intimò a Wafa di trattenere il piccione, sarebbe servito più tardi per spedire un messaggio recante le condizioni generali della squadra - Truppa, cerchiamo un posto lontano dal sentiero e accampiamoci! Riprenderemo il viaggio non appena avremo sanato la stanchezza... -
    Era stata una giornata pesante, per tutti quanti loro, siccome oltre ai preparativi per il trasferimento si erano aggiunte vicende inaspettate, tutte coniate da una cubitale "L".
    La zona di sosta si fece trovare sotto forma di radura povera di alberi, affacciata su una rigogliosa valle di natura montuosa; da quel punto ci si sentiva come protetti nel grembo amoroso della natura.
    Ogni cosa venne preparata magistralmente: sacchi di tessuto imbottiti di cotone si sarebbero rivelati giacigli calorosi, i cavalli vennero assicurati per le redini agli alberi lì adiacenti, e ben presto Filia avrebbe terminato di cucinare le proprie provviste grazie ad un fuoco generato dall'abile sfregamento di due pietre focaie, lo stesso bagliore avrebbe tenuto lontani i predatori, e illuminato durante le prime ombre serali.
    Ecthra fu l'unico a non disporre di quei comodi sacchi di tessuto, non voleva spogliarsi della sua natura fredda e puramente mascolina, sgravata da fronzoli dettati dalla comodità, egli era un individuo forte ed estremamente restio a mostrare anche un briciolo di umanità.
    Filia, invece, manteneva la sua natura fredda pur confrontandosi con faccende anche poco maschili, quali la cucina, per esempio; era tenuto d'occhio da una attenta Wafa, interessata al tipo di ricette praticate dai serenini.
    Coris fu il primo a ritrovarsi coricato, ancora sopito e stanco, ma fortunatamente su un qualcosa ben più gradevole della dura sella di un destriero; le sue piccole labbra lasciavano aperto un lieve spiraglio dalla quale ansimava in modo flebile.
    Si lasciò scappare un infantile gemito, che accese l'istinto protettivo di Lithos, seduto accanto a lui a rimirare il panorama da quella sporgenza.
    Finché...
    - Lithos! - Urlò Ambrus destando la sua attenzione, gettò accanto a lui degli abiti di valenza unicamente estetica, sobri e per niente protettivi - Vestiti! Sei indecente conciato così! -
    Eseguì, dinnanzi a tutti e senza vergogna alcuna, tra compagni d'arme era cosa comune e priva di qualunque forma di malizia, ma con quell'atto Lithos esibì le cicatrici che pervadevano il suo giovine fisico, alcune definite dagli artigli di Lilith, altre da scontri passati.
    Ambrus sospirò nel vedere un simile ragazzino così mal concio, aveva solo diciannove anni e già pareva aver collezionato i rimasugli di lustri e lustri di servizio.
    Quando ebbe terminato, riconsegnò il mantello nero al capitano, e si interfacciò con lo sguardo spalancato di una Wafa estremamente scandalizzata, o forse meravigliata.
    Si grattò la testa coperto da un sottile velo di vergogna.
    - E' pronto! - Esordì Filia, sfilandosi l'elmo e togliendo il pentolino dal fuoco, esso conteneva una sostanza densa dal colore non piacevole, e dall'aroma non sembrava niente che si potesse assaporare con gusto.
    Riempite delle piccole scodelle, Filia ne porse una a ciascun membro della squadra, ad eccezione di Ecthra, estraneo a simili aggregazioni amichevoli.
    - Che cosa sarebbe questa... cosa? - Fece Ambrus inarcando un sopracciglio.
    - Mangiate... - Disse Filia.
    - Voglio almeno sapere cosa è! -
    - Mangiate... -
    - ... - Sprovvisto di cucchiaio affondò l'indice, quando lo sollevò digrignò i denti per l'apparenza ripugnante di quella brodaglia, ma poi si fece coraggio, e si mise quello stesso dito in bocca.
    Mandò giù, osservato dalle curiose pupille di Lithos, Wafa e lanciere.
    - Filia... è meglio che non dica nulla, credimi! - Si resse lo stomaco, ansimante e nauseato.
    I presenti capirono quanto Ecthra fosse stato furbo a sottrarsi ad un pasto del genere, eppure sembrava piacesse molto a Filia. Senza troppi fronzoli o commenti amari, scelsero di sottoporsi a quella "tortura".
    Nessuno ad eccezione del cuoco rimase soddisfatto da quanto preparato, i crampi si fecero sentire quando fu il momento di adagiare le stanche membra per mettersi a dormire, ognuno in un sito diverso della radura, per non invadere la reciproca intimità.
    Fu Coris l'unico affiancato da qualcuno, da Lithos in quel caso, poiché era cosa sconsigliata e imprudente lasciarlo solo. Il crociato si crogiolò in quella comodità rarefatta, scrutando il cielo buio farsi sfarzoso di centinaia di stelle; fu un attimo di estrema serenità, da assaporare fino all'ultimo istante prima di doversi riconciliare con gli strumenti di guerra.
    Pensò alla sua idea di fuggire, risalente ad una settimana prima, stroncata però dal cambio di piani: non era più necessario escludersi dal ritorno a Serenissima, poiché non gli si diede atto in nessun modo. Nonostante ciò, soffriva per il semplice fatto di non aver potuto costruirsi l'orizzonte insieme a Coris, al ragazzo sul suo fianco sinistro... una parte di sé desiderava ardentemente una motivazione che lo spingesse a disertare, per poter fuggire con lui.
    Amava Coris...
    Odiava le Crociate...
    - Lithos! - Fece Ambrus da sopra il suo giaciglio, scomponendo l'introspezione di cui trasudava.
    - Ambrus! Che ci fai ancora sveglio? - Esclamò a bassa voce.
    Lo imitò nell'esprimersi - Chi altro vi avrebbe svegliato? Ripartiremo tra un'ora, nel cuore della notte... -
    - Non ho chiuso occhio... -
    - E' un problema tuo, Lithos! Avresti dovuto farlo, date le tue condizioni! -
    - Ambrus, sei qui per parlare di qualcosa, vero? -
    - Ovviamente... - Si sedette accanto all'amico - Non potevo di certo domandartelo, di fronte agli altri, ma... è davvero andata come dici tu? -
    Prese qualche secondo di riflessione, poi serrò gli occhi e disse - No... ho cercato di essere realistico, di non trasudare alcun dettaglio riguardo a Coris... -
    - E' stato lui, non è vero? -
    - Come... ? -
    - A distruggere il castello, è stato lui? -
    - Io... non lo so... quando venne a salvarmi, lo vidi mutare ancora una volta... -
    - Gli stessi occhi rossi? -
    - Sì... -
    - Ha... fatto qualcos'altro? Qualcosa di cui tener conto? -
    - Parlava... per la prima volta, in quello stato, ha detto qualcosa... -
    - Sul serio? E... che cosa ha detto? -
    - Non... non lo ricordo con certezza... qualcosa riguardo alla fine del mondo... però ricordo bene ciò che disse Lilith... -

    "Figlio mio..."

    - Disse proprio questo? - Domandò il leone.
    - E'... strano... non so se fosse sarcastica o che altro... -
    - Sarebbe stato totalmente fuori luogo, Lithos...
    - Sì, lo so... -
    Si resse la sella del naso, ponderante e abbattuto - Senti... io avrei voluto dirlo tanti anni fa, già da quando Coris si manifestò per la prima volta... -
    - Che cosa, Ambrus? -
    - Lui... non è fatto per vivere nell'Alta Croce! I suoi poteri sono tanto simili a quelli degli spiriti irosi, ma sono già passati parecchi anni da quando mostrò per la prima volta gli occhi rossi... a quest'ora, chiunque fosse lo spirito, dovrebbe già aver trovato pienezza... -
    - Coris non è uno spirito iroso... -
    - Lo so benissimo, Lithos! Lui è... qualcosa di diverso... forse qualcosa di peggiore... -
    - Che cosa proponi di fare? -
    - Deve andarsene... le sue manifestazioni stanno accorciando i loro tempi, e ho paura che la prossima volta possa farlo davanti a tutti! -
    - Via dall'Alta Croce? -
    - Sì... non avrebbe vita facile nell'esercito! -
    - Ma... - Lo guardò, sommerso in quell'aria infantile e innocente, poi tornò sugli occhi del capitano - Non possiamo! E' troppo, troppo debole... non sopravvivrebbe senza noi due a guidarlo! -
    - E' come un bambino, lo so... un bambino che necessita di una figura apprensiva, paterna... e di tanto affetto... -
    - Ambrus... - Prese fiato - Se Coris se ne va, me ne vado anche io! -
    - Cosa?! E io? -
    - Verrai con noi! -
    - Sei pazzo? La diserzione è punibile con la pena capitale! -
    - Non dovranno trovarci... -
    - Prima o poi accadrà... conquistata Jerusalem e di conseguenza Mauri, non si fermeranno davanti a nulla... continueranno ad inglobare qualsiasi nazione diversa dalla loro, e nessuno potrà fermarli! Sono troppo forti, Lithos... ci ritroveremmo in trappola ovunque andremo! -
    - Smettila di parlare in questo modo! Prima che il mondo si poggi sui pilastri dell'Alta Croce ci vorranno almeno due secoli! -
    - Lithos... -
    - Rabat-Mauri confina con le terre dell'est... se la superassimo, se superassimo le Terre Eretiche... non ci troverebbero più... -
    - E' un viaggio lungo... e nel bel mezzo dei territori sotto il nostro controllo... -
    - Ma è la sola cosa da fare! Lo hai detto tu che Coris deve andaresene, lo sappiamo entrambi che non sopravvivrebbe senza qualcuno a proteggerlo, quindi non vedo altra soluzione! -
    - Ahad-Mauri... territorio nord... conquistato dai crociati... Rabat-Mauri, territorio est, conquistato anch'esso dai crociati... rimangono sotto il controllo eretico solo la costa a ovest, Oomad-Mauri, e le terre del sud, Ibn-Mauri.... -
    - A ovest non troveremo altro che il mare, e l'ignoto... a sud sarbbe come gettarci in pasto agli uomini di Salahad... a nord si torna in patria, cosa sconsigliata, è ad est che dobbiamo andare! -
    - Lithos, ci devo pensare! Non è facile, per nulla... -
    - Ci stiamo dirigendo là, non è vero? -
    - Sì... a Rabat... -
    - E' già un buon segno... -

     
    Top
    .
  9. Roxy!
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    quindi Coris
    E' IL FIGLIO DEL DEMONIO!!!111!!! scherzo, è impossibile da capire ancora, u.u


    Quindi i protagonisti forse fuggiranno incontro al loro destino.
    E' stata una bella mossa usare il battesimo come protezione per la prole irosa XD

    Holy, quando divento ricco ti assumo come scrittore.
    E DOMINEREMO LA SCRITTURA MUIAHAHAHAHAH!!!!!

     
    Top
    .
  10.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Twilight Player

    Group
    Member
    Posts
    65,055

    Status
    Anonymous
    Bel capitolo, Emigliano.
    Coris è come una margherita: spirito iroso o no? spirito iroso o no?
    MA LUI NON E' UNO SPIRITO IROSO IO SONO LITHOS BLABLABLA SEX

    Ok, basta.
     
    Top
    .
  11. _Holy
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Vi ho fatto aspettare molto. Mi perdonerete (?)
    Veniamo al dunque: ultimamente non ho potuto postare in quanto Nyx è stato da me per 6 giorni, e dunque non ho avuto il tempo (e la voglia) di dedicarmi al forum e ad internet.
    Ringrazio Roxy e Nemesis e... via con il nuovo capitolo!

    P.S: E' un altro capitolo di transizione, dedito ad approfondire il mondo narrato.

    STRANIERI IN TERRA STRANIERA

    Il palpitare delle gambe del piccolo lo condusse su per la collina pervasa dalla tendopoli che, giorno dopo giorno, sembrava aumentare per via dei soldati loro occupanti, quanto un'ameba mai sazia di elementi.
    Nove anni di vita lo coniavano nella sua ingenuità, era un bambino decisamente gracile, capelli neri lunghi fino all'apice della mascella, occhi celesti come se il cielo ci si fosse riversato dentro... no, non occhi celesti... ne possedeva uno solo, il sinistro, l'altro era mascherato da una benda di cuoio tanto caratteristica dei racconti pirateschi.
    L'entrata della rossa tenda a cui giunse era elevata da due aste in legno, entrò con irruenza privando gli occupanti delle proprie lenzuola, due persone, un uomo ed una donna dai vestiti succinti, intimi, avvolti da un amoroso connubio consumato su un letto sgradevole e segnato da sostanze equivoche.
    L'uomo, dai lunghissimi capelli castani cadenti sul cuscino, si elevò di schiena e posò la mano sulla spalla del piccolo, era assonnato, lo si comprese dai suoi occhi ancora schermati da una patina invisibile e sfocata.
    - Omma... è notte fonda, che vuoi? - Chiese, senza ottenere altro che uno scalpitare del piccolo, che tanto voleva condurre i due all'esterno della tenda - Che accade? - Chiese ancora.
    Tirò il braccio a quel soldato, intimandogli con questo semplice gesto di fare quanto desiderava, e infine ce la fece.
    Entrambi all'esterno, con quell'uomo coperto alla vita dalle proprie lenzuola, videro ciò che avanzava per il sentiero ai piedi della collina: soldati eriseani mischiati a soldati apolloniani, in un aggregazione di bianche e rosse divise, e di focolari posti su presunte torce. Gran parte dell'Alta Croce era a piedi.
    Omma puntò il dito contro di loro, accompagnando il gesto con un'occhiata ingenua rivolta al soldato.
    - E così sono tornati... ci hanno messo meno di quanto mi aspettassi! - Si sgranchì - Angelique, vieni a vedere! -
    Da dentro quella tenda scarlatta, la donna che fino a poco prima aveva cullato il sonno del soldato, esibì le proprie grazie voltandosi di lato su quel giaciglio, in direzione dei due - Che vuoi, Metartios... ? - Si resse il capo con la mano sinistra, scostando i lunghi capelli biondi.
    - Sono tornati i pecoroni, e l'ariete... -
    - Luisian? E' tornato? - Impetuosa, raccattò dall'interno della tenda i propri abiti, e mostrando un evidente fiatone si rivestì goffamente, saltellando sulle proprie gambe quando giunse il momento di infilarsi le scarpe, rituale che precedette la totale vestizione.
    Uscì nelle nuove vesti: una culotte nera con lacci intrecciati lungo i lati dell'indumento, lunghi calzoni e scarpe dal tacco alto, compreso ovviamente un indumento superiore, in quel caso dalle maniche ferme ai bicipiti e collotta ampia, di colore bianco.
    Gettò gli occhi in testa a quel fiume di soldati, scorgendo la bionda capigliatura del giovane generale eriseano, e si allarmò.
    - Devo tornare agli appartamenti del signorino Luisian! Non so come reagirebbe se non mi trovasse lì ad attenderlo! - Corse via dalla tendopoli, esprimendosi in un saluto gestuale rivolto a Metartios e Omma, quest'ultimo, in seguito alla dipartita della fanciulla, rivolse l'occhio azzurro all'amico, in cerca di risposte.
    - Sì, Omma... questo si chiama adulterio, ma tu non lo devi mai fare, è chiaro? -
    Annuì confuso, portandosi l'indice alle labbra.
    - E' meglio se torni dai tuoi amichetti, i bambini non dovrebbero bighellonare da queste parti... - Fece per tornarsene all'interno della propria tenda, quando avverti le deboli braccia di Omma farsi strette attorno alla sua gamba, guardò in basso e vide che il piccolo stava cingendo la destra con forza - Ehi! Ehi! Cosa stai facendo? -
    Aprì le piccole labbra, singhiozzò delle parole - Non... voglio... -
    - Andiamo, non fare la femminuccia! - Provò a spingerlo via, senza irruenza - Non puoi rimanere qui, mi caccerei nei guai! -
    - Metartios... no... - La sua guancia sinistra venne solcata da una umida consistenza liquida, una lacrima.
    - Non posso, Omma... non posso! -
    Il piccolo si staccò dalla gamba e Metartios credette in una sua resa, seppellì questa considerazione quando lo vide privarsi dell'indumento superiore, rivelando il suo esile fisico malnutrito, ma sopratutto macchiato da osceni lividi.
    - Omma... - Sospirò a denti stretti dinnanzi a quella brutta scoperta - Chi te li ha fatti... ? -
    - Non... posso... -
    - Dimmi chi te li ha fatti, Omma! -
    Tirò su con il naso più volte definendo ancor più la sua aria debole e facilmente incline al pianto, indi parlò...

    "Jaber... "

    Alle spalle di Owen: file di soldati eriseani e apolloniani, stanchi e felici di aver raggiunto la meta agognata.
    Al suo fianco sinistro: il biondo Luisian, a cavallo, proprio come il generale corvino stesso.
    Fianco destro: Dazio, come sempre assorto nella cattiveria, scocciato per il ruolo marginale che in quel momento rivestiva.
    Dinnanzi a sé: l'entrata per la cittadina sotto il controllo eriseano, non più replicante lo stile serenino come ad Accidia, bensì eretta secondo le tradizioni mauriniane.
    Tetti a cupola, case non troppo alte, imponenti o eleganti, azzurre dei raggi lunari e arancioni dei bagliori dei fuochi accesi; la cinta muraria non possedeva nessuno spalto merlato, e sarebbe stato uno scherzo scavalcarla, era talmente bassa che protraendo il braccio verso il cielo, si sarebbe potuto toccarne l'apice.
    Quando Owen valicò l'entrata, ne contemplò apaticamente la struttura: il valico rettangolare era posto al di sotto dell'unica postazione di vedetta presente in città, resa anch'essa dello stesso materiale che imperava in gran parte degli edifici, sconosciuto ai serenini, di un colore grigiastro che pareva riflettere le tonalità atmosferiche.
    Superata quella soglia, vide le strade cittadine aprirsi come un ventaglio dinnanzi a sé. "Bassifondi" pensò lui, notando chiaramente lo stato di degrado che balenava in ogni vicolo, ogni strada pubblica, su ogni parete... le uniche cose che sembravano donare almeno un minimo di eleganza a quel borgo erano le siepi e le palme poste in strisce erbose adiacenti alle ridicole mura. Che dire poi del pavimento? "Vomitevole", come avrebbero espresso i rozzi soldati di lega minore: le poche piastrelle presenti erano posizionate alle entrate delle abitazioni, gran parte crepate, o fuori posto; la via principale manteneva un comune terriccio, che in caso di pioggia avrebbbe propagato della fangosa melma in ogni dove.
    Questo "splendido" panorama era poi accentuato da un odore nauseabondo dovuto forse a qualche cibo locale andato in malora, o ad una carcassa nei dintorni.
    Una simile città lasciò immediatamente perplesso Owen riguardo alle sue fonti di fabbisogno... come si procuravano l'acqua, se nei dintorni non ve ne era traccia?
    - So a cosa stai pensando... - Esordì Luisian una volta dentro.
    Owen gli diede lo sguardo.
    - "Questa città fa schifo"... è la stessa cosa che penso tutt'oggi io stesso... - La mano destra si fece allusoria in direzione del nucleo cittadino - Questi porci mancano di disorganizzazione! Hanno eretto una simile città in un luogo arido e con poche macchie erbose... -
    In effetti, l'unica forma di flora apparsa era l'erbetta giallastra presente sulla collina vicino alle porte cittadine, la stessa su cui stazionavano le schiere eriseane, in tenda.
    Luisian smontò da cavallo, inquadrò uno sporgente anello metallico adeso alla cinta muraria, ci legò saldamente le redini del proprio destriero, imitato silenziosamente dai due generali apolloniani, in seguito si diedero tutti e tre ad una contemplazione generale dei soldati, del loro lento afflusso oltre quella poco signorile entrata.
    Nel mentre, si ebbe modo di conversare un altro po', era una bella notte, i brutti pensieri si recavano altrove.
    Dazio esclamò - Troppi soldati! La città è un po' troppo piccola per contenerli tutti! -
    - Per l'appunto... - Fece Luisian - Gli apolloniani faranno compagnia agli eriseani, che sistemino le tende! -
    - Owen, lo hai sentito questo marmocchietto? Vuole che noi generali ci accampiamo in tenda! -
    Rimase indifferente, a braccia incrociate e aria ponderante.
    Luisian si indispettì - Anche se fosse, ricordate che sono io il vostro capo! L'Alta Croce è diventata un'istituzione sotto il comando di Erisea! -
    - Aspetta, aspetta... hai detto "anche se fosse", vero? -
    - Sì... per voi ufficiali ho degli alloggi abbastanza signorili, non sentirete la mancanza di Accidia... -
    Terminò l'afflusso di uomini, quel sito cittadino ne fu colmo, nonché inquinato dal brusio che emettevano.
    Il biondo eriseano si sgranchì la voce, ed urlò ai suoi commilitoni - Avanti! Il viaggio è finito, tornatevene in tenda! - Batté le mani incitandoli ad andarsene, ed in seguito a due minuti rimasero solo gli apolloniani, dalla veste bianca e la croce rossa.
    Erano tantissimi... la loro presenza in quella città avrebbe apportato un significativo cambio di atmosfera.
    - Allora... chiunque non rivesta un rango ufficioso si munisca di tenda e si accampi ad una distanza abbastanza considerevole dai miei soldati, non voglio che vi mescoliate! - Intimò altezzoso ai crociati - Tutti gli altri seguino me, Owen e Dazio! -
    Furono queste le parole di Luisian, parole che non fecero per nulla breccia in quelle rozze figure; gli apolloniani rimasero immobili, divertiti da come quel ragazzino cercasse di imitare i grandi comandanti, e da come stava perdendo le staffe.
    - Non sentite, maledetti suini? Fuori di qui! -
    Si destò Owen scostando un Dazio ilare ed esclamò annoiato - Su... obbedite agli ordini... - Bastarono queste semplici e concise parole a fare la differenza, in quanto, come governati da un impulso illusorio, gli apolloniani sfoltirono il proprio numero. I cadetti, i fanti e coloro non troppo importanti per i fini dell'armata andarono ad ergere il proprio accampamento, sull'estremità del sentiero da cui giunsero opposta alla tendopoli eriseana.
    Rimasero qualche decina di uomini, le cui uniformi erano accentuate da uno stile più vistoso, adatto al ruolo che ricoprivano, alcune di esse erano nere con croce rossa, altre rosse con croce bianca.
    - Bravo... - Disse Luisian ad Owen - Forza, adesso statemi dietro! - Incamminandosi per la strada principale, seguito immediatamente dagli ufficiali, chiamò accanto a sé Dazio ed Owen, tornando ad esprimersi con il consueto tono acerbo - Quando conquistammo questo posto morirono un sacco di negri... alcuni erano soldati, altri dei cittadini coraggiosi, fatto sta che sono rimaste più vedove che uomini... non vi dico come queste donne si guadagnano da vivere, ve lo scoprirete da voi durante la permanenza! -
    Dazio sbuffò dalle narici - Suppongo che in precedenza fossero tutti schiavi di Salahad... - Spostò lo sguardo adirato e allusorio in direzione delle magioni sul lato della strada - Maledetti eretici... dovrebbero esserci grati! -
    L'eriseano sorrise in maniera indecente - Buffo come voi apolloniani, i più vicini alla chiesa, non apriate gli occhi sui reali scopi di Inamod! -
    - Tu ne sai qualcosa? -
    - Caro Dazio... caro, caro, caro Dazio... mi chiamano "Il divino e scarlatto stratega", significa che ho la mente più brillante di tutta quanta Erisea! -
    - Non hai risposto alla mia domanda! -
    - Lo si vede che siete burberi e ignoranti... se sono così intelligente, qualcosa avrò pur cavato fuori, ragionando un po', non credi? -
    Owen si intromise, a quando pare stanco di simili punti fermi nei discorsi - Ciò che sta dicendo è che le Crociate inseguono uno scopo ben più infame e tragico... stiamo liberando Mauri dal suo dittatore, e solo per poterci sedere sul suo trono... -
    - Siamo noi stessi dei dittatori! - Fece lo stratega.
    - Sì, sì... credo di aver capito, ma con questo? Che ci importa di simili parassiti quando Serenissima riconquisterà la sua gloria passata? -
    - E' proprio la caduta economica del continente serenino ad aver incentivato questa guerra! Abbiamo solo atteso il momento adatto per rompere l'alleanza con Salahad, e attaccarlo! -
    E andò proprio in questo modo...
    I libri di storia avrebbero riportato alfine ben due crociate, la prima allo scopo di gettar l'occhio su nuovi continenti e di controllare meglio la comparsa degli spiriti irosi, la seconda, invece, per conquistare in nome del benessere generale.
    Anni prima scorreva buon sangue tra Mauri e Serenissima, entrambe le terre svolgevano buoni affari, si aiutavano a vicenda, la chiesa chiudeva entrambi gli occhi di fronte alle tirannie del dittatore Salahad, e tutto sembrava volgere al meglio in un connubio amichevole e redditizio.
    Ma, quasi come per ribaltare una così bella alleanza, ci pensò il destino a rompere i rapporti, bensì quando alcuni Elitè cineriani scelsero di operare sul suolo mauriniano, incontrando il disconsenso del sultano Salahad, e un'immancabile uccisione da parte di alcuni suoi uomini incaricati.
    Serenissima, che in quell'istante stava affrontando un periodo di magra crescita economica, ben sicura della devastante potenza militare di cui disponeva, non ci pensò due volte per dichiarare guerra a Salahad, mascherando la sua fame di feudi con dei moventi puramente idealisti.
    La caccia agli spiriti irosi divenne ben presto secondaria, ma comunque importantissima. A ovviare a ciò esistevano gli Elitè.
    - Eccoci arrivati! - Esclamò Luisian puntando l'indice verso l'edificio stagliante lì accanto, un complesso di stanze e complementi strutturali che si definiva nel seguente modo:
    La sala primaria, quella imperante sull'intera costruzione, era di forma cubica, con diverse finestrelle a valico arrotondato e un'enorme cupola dorata a forma di fiammella schiacciata sulla sua sommità.
    Ai quattro angoli del cubo, quattro rispettive costruzioni il cui apice raggiungeva vette maggiori e consentiva una veduta panoramica del circondario, erano delle ottime postazioni di vedetta considerato che possedevano spalti merlati a forma di aguzza dentatura.
    L'entrata si inoltrava in una piccola area erbosa, con siepi rampicanti ad arco sopra il sentiero di bianche piastrelle che avrebbe condotto al portone d'ingresso, azzurro e riportante delle rifiniture in oro.
    Owen diede una rapida occhiata alle sue spalle, verso la strada percorsa, dove imperava il degrado ambientale, indi tornò a contemplare quel palazzo principesco. Era tutto così ingiusto... anche se familiare... dopotutto, anche in territorio serenino alcuni sovrani facevano sfoggio di egoismo nelle proprie costruzioni, lasciando a marcire il popolo. Quel palazzo non era per nulla specchio della cultura serenina, doveva essere appartenuto al reggente della città, prima che venisse espugnata da Erisea.
    Luisian si stagliò dinnanzi ai crociati, spalancò le braccia in segno di accoglienza e disse - Benvenuta ad Isin, Alta Croce! -


    "Isin... un'altra città imbevuta nel mare dell'ingiustizia, un mare che sembra aver inabissato metà del pianeta... "


    La bianca tunica di Inamod andò trascinandosi sul tetro corridoio, seguendo i passi della papessa.
    Ad affiancarla, le rosse effigi di due anziani cardinali. Aprirono la porta alla fine del corridoio, esercitando forza sulle ingenti maniglie d'oro.
    Una stanza, un valico archeggiante ornato da tende scarlatte che dava ad un balcone smussato. Le pareti bianche, le lenzuola rosse di un letto sublime in eleganza, sotto di esse giaceva riposante il corpicino di una fanciulla
    La donna non smosse i propri occhi dal punto in cui quella giovane giaceva, dalla pelle candida, priva di capelli; sembrava una visione, dato il turbinare di un che di sovrannaturale attorno a lei.
    - Lasciateci soli! - Esordì tonante, e i due cardinali si affrettarono ad abbandonare la sala, consentendo l'avanzamento di Inamod verso il bordo di quel letto. Ci si sedette, e carezzò lo zigomo della ragazza, intimandogli con voce calma - Svegliati, Kata! -
    Spalancò i suoi occhi, privi di pupille, completamente colorati di un nero cosmico, intenso forse più di quello che dipingeva il corpo dei Dodici, poi li posò sul viso maturo della donna, esclamando - Sei tu... Enoch? -
    - No, non sono io... -
    - Pensavo... fosse lui... ce lo aveva promesso, che ci avrebbe portato via... via di qui... -
    - Enoch è scomparso, Kata! Te l'ho detto tante volte! -
    - Enoch... papà... -
    Un vento forte fluì dalla balconata accessibile, inondò la stanza con enorme impeto, il tutto mentre dagli occhi di Kata colavano delle lacrime nere.
    - Kata! - Inamod si allarmò - Tornerà! Enoch tornerà! Ora calmati! -
    - Sul serio? -
    - Sì, ragazza, tornerà! -
    Richiuse gli occhi, nascondendo il loro inquietante contenuto, quelle gocce nere quanto pece si riritarono nei suoi bulbi oculari ancor prima che potessero inumidire la mascella.
    Il vento si placò come per incanto, lasciando udire i sospiri di sollievo scaturiti dalla papessa.
    - Kata... sono venuta qui perché voglio una tua consulenza! - Notò che la mano della fanciulla non era coperta, ma posata sulle lenzuola, gliela strinse - Te lo chiedo per favore... dimmi se i miei timori sono fondati, se le Terre Eretiche stanno davvero ospitando i Dodici! -
    - Dodici... - Il suo sguardo oscuro fu nuovamente visibile agli occhi di Inamod - Baal, Moloch, Beelzebub e Bodon, Lucifugo, Lilith, Astaroth, Asmodeo, Belphegor, Adramelech, Abraxas, Nahenia... sì, Dodici! -
    - Ebbene? - Sudò freddo, in attesa di una risposta.
    - Sì... ma si sono impigriti... nessuno di loro sta dando a frutto le proprie risorse per incarnare l'Initium... -
    - Tutti questi spiriti irosi in un unico continente... che cosa sta succedendo, Kata? Spiegamelo! -
    - Il sole... adesso è notte... ma il sole di che colore era prima del tramonto? -
    - Era d'oro, Kata... -
    - Allora c'è tempo... -
    - Per cosa c'è tempo? - Notò che Kata si rese sonnolenta - Dimmelo, ti prego! - Fu inutile indugiare, la fanciulla tornò sopita, giusto qualche secondo prima che Inamod le strattonasse la spalla per risvegliarla.
    Riaprì gli occhi - Sei tu... Enoch? -


    "C'è tempo... ma quanto ancora?"


    Ambrus si stirò piacevolmente, non aveva dormito per nulla. Su di sé, e sui suoi compagni di viaggio, la cupola infinita chiamata Cielo continuò ad ospitare le stelle, una notte simile avrebbe recato altre sorprese.
    Poche ore prima, quel piccione rinvenuto durante il viaggio si era fatto corriere del rapporto scritto del capitano, ed era ben diretto dal generale Owen.
    L'oscurità del sentiero forestoso si affievoliva incontrando l'opposizione delle fiaccole che Filia ed Ecthra imbracciavano, ora si trovavano in testa alla squadra. Era strano come la vicinanza tra i due non avesse mai intimatogli almeno un briciolo di conversazione, sembravano rivaleggiare in silenzio, ma perché?
    Wafa affiancò il capitano con il suo cavallo nero, silenziosa e a cappuccio alzato, sembrava la "Nera Signora" dei racconti popolari serenini, la "Mietitrice", mancava solo la caratteristica falce. Tuttavia questa etichetta non le venne mai applicata. Chiunque, dopo almeno due mesi in sua compagnia, avrebbe potuto riferire chiaramente che Wafa fosse una graziosa ragazza, gentile ed educata, non meritava alcun tipo di discriminazione.
    Ambrus si voltò in direzione della mauriniana, aveva notato che sembrava lanciargli delle occhiate di nascosto, approfittando dei suoi momenti di distrazione. Non glielo fece pesare, sapeva che Wafa era una donna curiosa, e strana.
    "Chissà, forse le piaccio..." Pensò subito il leone, per poi sorridere una volta resosi conto dell'assurdità della questione.
    Coris era stavolta adagiato di petto alla schiena dell'albino crociato, sempre dormiente. Lithos lo guardò da sopra la propria spalla, e pensò a ciò che Ambrus gli disse: che doveva andarsene. Aveva perfettamente ragione, ma era un qualcosa che andava fatto con calma, approfittando della più cospicua situazione, nessuno doveva sapere la verità, non ci avrebbero messo troppo a condannare Coris e piazzarlo su un ardente rogo, ma chissà, forse le sue capacità sconosciute lo avrebbero potuto salvare anche in quel caso, anche se un simile evento avrebbe probabilmente fatto da precursore ad una rocambolesca fuga.
    La calma era la chiave di tutto, Coris non andava esaltato.
    Riposizionò gli occhi dinnanzi a sé, e vide che nella penombra si stavano formando delle sagome via via più evidenti alla vicinanza del bagliore delle fiaccole. Si allarmò - Guardate! -
    Il capitano fu svelto a rispondere - Sì, Lithos... li ho visti anche io... -
    Li avevano visti tutti.
    Coris strinse le braccia attorno all'addome dell'amico... un gesto condizionato dal sonno... ?
    La luce ormai ne aveva definito la prima fila: erano donne, donne prive di vesti, staglianti in posizione eretta con le braccia penzolanti e l'aria annoiata. Le fattezze erano puramente umane, ma nelle pupille baluginava un rossore acceso, vibrante, non intenso come quello degli spiriti irosi, ma abbastanza da descrivere una sensazione incessante di pericolo nell'animo di chi vi riversava lo sguardo.
    - Non è possibile... - Esordì Ambrus.
    - Iamaliel... -
    - Sì, Ecthra... -
    - Iamaliel... - Lithos si incuriosì udendo quella parola - Che cosa significa "Iamaliel" ? -
    - Lithos... ogni spirito iroso è a capo di una scala gerarchica personale, i cui soldati variano a seconda dello spirito iroso in questione... inutile dirti che i Dodici si trovano in cima a queste scale gerarchiche... -
    - Non capisco... -
    - Non devi capirlo! E' compito degli Elitè comprendere la gerarchia dei Dodici, e i nomi dei loro soldati! Lithos, gli Iamaliel sono detti anche "gli osceni"! -
    Si accese un'idea limpida come uno specchio d'acqua, nella mente del giovane soldato - Vorresti dirmi che... -
    - Che questi esseri non sono altro che delle creature partorite da Lilith! - Portò la mano fin sopra la propria spalla, sicuro di trovare l'impugnatura salda della propria spada a doppio filo, per poi ricordare la sua indecente fine - Ecthra, Filia... siete gli unici tra noi che ancora posseggono armi! -
    - Si... signore? - Fece Ecthra con voce metallica, dovuta all'elmo che portava.
    - Sbaragliateli! -
    I due crociati partirono al galoppo in volta allo schieramento demoniaco, sicuri dal buio alla luce delle proprie torce ancora accese. Ecthra strattonò indietro le redini a qualche metro dal grande squadrone, il cavallo si fermò; essendo un arciere, doveva comportarsi da tale.
    Filia, invece, mise subito mano al fodero che sobbalzava sull'anca per l'impeto del moto, estrasse la spada e la tenne salda nella mano destra, pronto a far calare la sua affilata lama sulle carni di quegli esseri. Ma, giunto a meno di due metri dalla prima fila di Iamaliel, arrestò l'andazzo nello stesso modo in cui fece Ecthra.
    Si tolse l'elmo dal lato - Non intendono attaccarci! - Realizzò, scaturendo immancabilmente stupore e dubbio da parte di tutti.
    - Come sarebbe a dire? - Urlò il leone da sopra il suo destriero - Ah... è vero... - Il braccio destro si fece teso in verticale - Rifoderate le armi! -
    Filia - Signore... -
    - Siamo degli Elitè o no? Dovreste essere a conoscenza del perché non vi stanno attaccando! -
    Filia guardò quelle donzelle con aria fredda, sottraendosi all'influsso lussurioso che le loro morbide curve generavano - Sì... capisco... - Inforcò l'elmo cilindrico.
    - Su... andiamo avanti... - Accennò Ambrus con apatia.
    Il fianco destro di quel "battaglione" di Iamaliel era abbastanza ampio da consentire la marcia dei cavalli, venne dunque impiegato con sicurezza da Ambrus, Ecthra e Filia, e con titubanza dai rimanenti membri di quella squadra, inquietati da quelle figure femminili assorte. Erano così numerose, così sensuali... così spaventose.
    Più tardi, la marcia potè riequilibrarsi senza nessun intoppo, ma con evidente curiosità da parte di quelli che nulla potevano sapere degli Elitè.
    - Mi stai chiedendo perché non ci hanno attaccato? - Domandò Ambrus.
    Lithos annuì.
    - Dannazione... non si tratta di spiegazioni facili, a parole... dovresti leggerti qualche libro sull'argomento! -


    "Alla morte dell'individuo ospitante lo spirito iroso, termina l'influsso malefico esercitato da lui stesso... prendiamo ad esempio gli Iamaliel, che senza lo spirito iroso a orchestrarne le azioni, non diventano altro che innocue creature che vagano senza meta... questo perché vincolati da un legame indissolubile con il proprio creatore, in questo caso Lilith. Quando quest'ultima ritroverà pienezza nel corpo di qualcun'altro, gli Iamaliel riacquisiranno vigore, agiranno per ciò che sono stati creati.
    E lo stesso principio vale per qualunque dei Dodici."


    - Mi stai quindi dicendo che... quando Lilith tornerà, quelle donne cesseranno la loro apatia? -
    - In poche parole, sì! A differenza degli spiriti irosi, esseri come gli Iamaliel possono venir uccisi, da chiunque, senza alcuna ripercussione. Tuttavia mi è parso sciocco perderci in un simile massacro, quando abbiamo chi ci attende. -
    Finalmente, l'epilogo di quell'area forestosa, che lasciò spazio ad una vasta landa di erba ingiallita, percorsa dal medesimo sentiero in terra, ancora riportante fresche impronte di zoccoli.
    E non troppo lontana si scorgeva Isin, subito macchiata dalla luce di un sole che stava albeggiando su per l'orizzonte lontano. La notte era terminata, le nebbie del sentiero diradate di fronte a nuovi approdi, nuovi eventi, nuovi crepuscoli e nuove albe.
     
    Top
    .
  12. Roxy!
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    woooohh nuovi personaggi!! Sento che il bambino sarà sacrificato da qualcuno, poveraccio :flower:

    Pensavo che la zoccola l'avessero ammazzata veramente, ma invece dovrà possere un'altra persona e risvegliare il suo zoccolame personale che sono gli Iamaliel.

    So (cioè, almeno penso...) che si vedranno molto più avanti gli altri 11,
    ma non vedo l'ora di scoprire quali sono le loro specialità *_*

    Poi vabè, inutile dire che scrivi benissimo, mi sono stufato XD E' tutto così perfetto :sbav:
     
    Top
    .
  13.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Twilight Player

    Group
    Member
    Posts
    65,055

    Status
    Anonymous
    OMMA!!!! *______*
    METARTIOS!! *_*

    Bel capitolo, Oli, e quindi la puttanella in realtà non è morta ma tornerà sotto forma di Gesù (tzè) e ci ucciderà tutti.

     
    Top
    .
  14. _Holy
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Vi ho fatto aspettare a lungo, e me ne cruccio abbastanza...

    Dunque... con questo capitolo, ne mancheranno due per giungere all'ultimo che ho scritto, e poi sarete pari passo con i miei tempi di scrittura.
    Vi ringrazio per avermi seguito fin qui, se continuo ad andare avanti è per via dei lettori ^^

    @Nemesis: Ho letto il tuo capitolo solo in parte, è bello lungo e ho dovuto inceppare la lettura di volta in volta per cazzate varie (parenti...) quindi, mi scuso per la mia velocità pachidermica.

    Ecco il capitolo, decisivo per le sorti della trama.




    LA PORTA DI DIO

    Spesso i viandanti narravano storie su quel crocevia di uomini, quella città enorme e maestosa tagliata in due dall'Euphrat, fiume mauriniano che percorreva l'intero continente, fiume dal diametro notevolmente ampio, fiume reso sacro dai racconti e le leggende di Mauri stessa.
    Non era infatti raro scorgere sul suo pelo acqueo la carcassa bendata di chissà quale povero disgraziato passato a morte, con questo rituale gli eretici intendevano privarsi completamente della responsabilità che li vincolava al defunto, lasciandolo in balia delle forze della natura, delle acque.
    Ma parliamo ora della città, fatta di bassi, nebbiosi e stretti vicoli specchio dei bassifondi, e di altissimi palazzi imperanti come torri di un castello su tutta quanta la veduta complessiva, il sole ci sbatteva contro conferendo un colorito tendente al vivido arancione, caldo e attraente. Tutta la città era tinta in quel modo, e circondata da una doppia cinta muraria, possente e spessa, invalicabile da comuni armi d'assedio; le uniche entrate erano costituite dal fiume stesso, solcabile a bordo di un qualche genere di barca, e dalla strada principale... impossibile non notarla...
    Essa si apriva alle genti sotto un valico ad arco costruito in mattonelle azzurre, la cui superficie possedeva decorazioni in oro richiamanti l'effige di alcuni strani animali, gli unici ben riconoscibili erano i leoni, in un serraglio dipinto che comprendeva anche creature simili a rettili alati. Oltre a questa arcata, una maestosa e retta via si estendeva fino ad una replica del valico appena superato, solo molto meglio lavorata, più imponente, con delle torri merlate ai suoi lati.
    La chiamavano "via della processione", quella strada che conduceva dritti nelle fauci della città, una striscia di mattonelle violacee e azzurre con raffigurazioni in oro indecifrabili, bellissime, ma in qualche modo inquietanti.
    Nel corso della storia, quella città non era stata altro che dimora temporanea di svariati sovrani e viaggiatori, sicché nessuno riusciva a rimanerci per periodi troppo compassati... la causa di ciò era indefinibile, ben mascherata da menzogne a carico di chissà quale burlone. La verità era andata perduta come la popolazione del posto.
    Coloro che, quella mattina, attraversarono la via della processione, erano uno schieramento decisamente vasto di cavalieri crociati, appartenenti ad un ordine differente da quello eriseano o apolloniano, lo si intuiva dalle divise che i fanti indossavano: una tunica corta era aderente al busto e penzolava dalla vita in poi, sotto di essa i più portavano una cotta di maglia dagli intrecci saldi, duraturi e sopratutto agevoli per i movimenti.
    Ora, ogni ordine cavalleresco appartenente al continente Serenino, quindi crociato, era solito portare un determinato colore, e un determinato stemma al di sopra della propria divisa, nel caso dell'Alta Croce si trattava più comunemente di fondo bianco e croce rossa, nel caso di Erisea di fondo rosso e sole sorridente... nel caso di quei soldati era fondo giallo e svolazzante ricamo a forma di "R" su di esso.
    Era un plotone ben armato e pronto ad ogni evenienza; l'equipaggiamento generale comprendeva una comune spada a doppio filo posta sul fianco, un elmo a visiera metallica e svolazzante sbuffo piumato sull'apice, un'alabarda e un tondo scudo giallo ben saldi tra le proprie grinfie d'acciaio, grinfie pronte ad esercitare abilità sul proprio strumento offensivo, e macinare carne.
    Per l'occasione, ogni soldato indossava un mantello dello stesso colore di scudo e divisa.
    L'uomo che guidava l'andazzo di questi soldati sulla via della processione doveva essere il comandante, ma nulla lo distingueva in modo vivido da un qualunque altro di quei cavalieri, era vestito esattamente come uno di loro.
    Valicato il secondo arco, sedato il suggestivo innesto che esso lanciava, la città si aprì nella sua immensità dinnanzi a tutti quei soldati, che subito non poterono fare a meno di avvertire un senso di smarrimento indicibile. La fisionomia del luogo era andata però a scemare con il degrado temporale, sicché nessuno abitava quel posto da moltissimi anni.
    Il comandante inspirò dalle narici, e si guardò attorno facendosi una mappatura mentale della zona - Sono qui... - Si disse immediatamente, per poi rivolgersi allo schieramento che lo seguiva - Dividiamoci in quattro squadre e setacciamo la zona da cima a fondo! Che nessuno osi superare l'Euphrat! - Urlò mettendo in mostra un rauco timbro vocale, specchio della sua età.
    - Sissignore! - Esclamarono corali per poi dividersi come ordinatogli.
    L'uomo a loro capo si sfilò l'elmo metallico mostrando l'evidente anzianità che pervadeva il suo viso e la lunga barba grigia accoppiata a dei capelli di lunghezza non differente, calcò l'avambraccio sulla propria fronte asciugandosi il sudore.
    - Va tutto bene, sire? - Chiese uno degli uomini rimasti con lui.
    - Sì, tutto bene... avanti, non perdiamo tempo! - Alluse gestualmente al procedimento, e nel mentre ebbe il tempo per sfilare da una fessura nella divisa un misterioso sacchetto tenuto chiuso da un piccolo laccio, lo sciolse e riversò il suo contenuto nella propria mano, ovvero dei frammenti di grandezza variabile di un qualche sorta di radice essicata.
    Ne prese un pezzo di dimensioni moderate e lo poggiò sulla lingua, assaporandolo, e sentendo la fronte farsi meno fradicia del suo sudore.
    - Sire... quella è vermiglia? -
    Mise a posto il sacchetto - Sì... -


    "Stregato dal suo influsso afrodisiaco, non posso farne a meno per sentirmi bene... per dimenticare!"


    Owen stazionava con le mani raccolte dietro di sé sulla via principale di Isin, tra l'indifferenza dei pochi cittadini mauriniani rimasti in quel luogo e del maggior numero di soldati, tutti erano intenti nella propria quotidianità, facendo sembrare Owen nient'altro che uno spettro.
    Ma la sua presenza in quel posto era ben giustificata, sicché vedeva chiaramente a parecchi metri di distanza le cavalcature di Ambrus, Lithos e compagnia, avanzare avvolte da una palpabile spossatezza.
    Giunti abbastanza vicini al generale, interruppero la marcia, Ambrus smontò dalla sella e ostentando le buone maniere si avvicinò ad Owen con passo pesante. Sembrava decisamente irritato.
    Il dito del leone si fece sentenzioso e accompagnò gestualmente le sue parole iraconde - Aspettarci era chiedere troppo?! -
    - Ambrus... - Owen serrò gli occhi - Luisian insisteva perché partissimo... -
    - Ti fai comandare da quel ragazzino! Non è da te, Owen, per nulla! - Si rassegnò, diede le spalle al generale zaffiro e sospirò.
    Lithos si sentì in vena di porre una richiesta, approfittando di quel silenzio momentaneo - Generale Owen... Io e Coris abbiamo bisogno di un posto dove passare la notte, siccome abbiamo perduto i nostri effetti personali... -
    - Gli ufficiali di rango inferiore a quello di sergente sono tenuti ad accamparsi fuori le mura, lo stesso vale per il tuo amico Coris... -
    Ambrus riemerse - Avanti Owen! Un posto letto in più lo si cava fuori! Va bene qualsiasi cosa... non vorrai far passare la notte in tenda a questi due, che per poco ci rimettevano la vita ad Accidia! -
    - Calmati... - Si mise sulla rotta di ritorno al palazzo, seguito da Ambrus e compagni.
    I passanti aprirono il passaggio alla loro avanzata, in segno di rispetto, mantenendo comunque una gentile indifferenza.
    - Ho letto il tuo rapporto, Ambrus... so che sei una persona fedele e sincera... -
    - E quindi? -
    - Mi fido di te... se ciò che hai detto è vero, allora nulla impedirà a Coris di ottenere una promozione... -
    Spalancò gli occhi, non solo lui, ma anche l'amico albino.
    - Coris... diverrà sergente? - Domandò un Lithos ancora incredulo.
    Il generale rispose con un cenno del capo.
    - Io... la ringrazio! -
    - Non servono ringraziamenti, ma fatti. Ben presto metterò alla prova quel ragazzo... - Si arrestò - Ora, vi darò delle indicazioni essenziali... In città ci sono due strutture d'interesse: la prima è il palazzo del reggente Jaber, la seconda è un vecchio monastero in disuso, quartier generale degli ufficiali... recatevi lì, tutti... -
    Fecero per sparpagliarsi, Ambrus venne ripreso dal generale - Tu verrai con me al palazzo... -
    Sbuffò - E perché mai? -
    Owen non disse altro, ma riprese ad incamminarsi per quella squallida strada, sicuro che Ambrus lo avrebbe seguito.
    - Rallenta, per la miseria! - Intimò il capitano notando che Owen si stava muovendo a passo ampio e veloce.
    - Ci stanno aspettando... -
    - Chi ci sta aspettando? -
    - Dazio, Luisian... Riccardo... -
    - Ri... Riccardo?! - Si fermò scaturendo un lieve nervosismo nel corvino crociato che, immediatamente, gli ordinò di riprendere a camminare - Che ci fa Re Riccardo qui ad Isin? Pensavo stesse operando alle dogane di Ibn-Mauri! - Pronunciò poi il leone.
    Un'altra interruzione della marcia si presentò, sottoforma di una femminile mendicante interamente ricoperta da un abito nero e invadente che lasciava scoperto solo il contorno del suo viso scuro, un "Abaya", secondo la tradizione mauriniana; un abito rigorosamente femminile, d'obbligo per la maggior parte di loro, il solo privarsi di quella veste in pubblico significava macchiare la propria fedeltà a Mauri, e quindi andare incontro ad una sicura morte per lapidazione, spesso da parte dei propri stessi parenti.
    Le sue mani si protraevano in direzione del generale zaffiro, che con la solita apatia intese le sue imploranti frasi in lingua straniera. Owen Sfilò quattro monete e gliele porse destando in lei una felicità immane, la donna si scansò poi continuando a lanciare venerazioni.
    - Ti sei già costruito una reputazione a quanto vedo! - Esclamò Ambrus
    - Questa gente mi fa pena... il minimo che potevo fare era accontentarla... -
    - Poteva essere una malintenzionata! -
    - No... qui i sopravvissuti cercano in tutti i modi di prolungare la propria esistenza anche nei modi più indecenti... uccidendomi sarebbe sicuramente morta per mano dei crociati che gironzolano qui intorno... -
    Ambrus si morse le labbra, pensieroso e contemplativo nei confronti dell'atmosfera palpabile di quella città, fatta ora di mendicanti, di soldati rumorosi e rozzi, di donne timorose dell'operato straniero e di poche persone agevolate dalla carica che ricoprivano.
    - Ad ogni modo... Riccardo si trova qui per via di una faccenda "spinosa"... -
    - Se ha chiesto aiuto agli eriseani, allora deve essere qualcosa di importante! - Commentò Ambrus.
    - Precisamente. Un'armata come la sua non ha mai avuto bisogno del nostro appoggio... -
    A destra e a manca si formavano piccoli gruppetti di eriseani o apolloniani, mai misti data la ruggine tra le due fazioni, intenti a scambiarsi battute di natura solitamente sgarbata. I più indaffarati si occupavano di deambulare traslocando oggetti come armi o viveri nel magazzino di Isin.
    La strada ad un certo punto si fece più ampia, resa suggestionabile dall'orrore che dei cadaveri puzzolenti, posti ai margini del passaggio, scaturivano. Gran parte erano coperti da dei teli bianchi sporchi di sangue secco, sui quali le mosche si posavano, ma i corpi in bella vista offrivano uno spettacolo di decomposizione più o meno totale, dei bianchi vermiciattoli stavano già guazzando per le carni marce.
    - Dio santo... - Sospirò Ambrus coprendosi la bocca, anche un uomo del suo stampo era soggetto al disgusto.
    - Non guardare... ci siamo quasi... -
    Fu bello rifarsi gli occhi dall'orrore una volta in vista del palazzo, che con la luce del giorno sembrava ben più gioioso e vivace.
    I due andarono in cerca dell'entrata, tenuta sott'occhio da due alabardieri bianchi ai margini della porta azzurra; Ambrus capì presto che non erano gli unici guardiani di quel posto appena notò che le zone sopraelevate erano presidiate da arcieri.
    Entrarono, altra meraviglia per gli occhi verdi del leone: una signorile sala d'ingresso dal soffitto piuttosto basso, con ben otto colonne poste negli angoli più esterni, affiancate da delle piccole palme esotiche, un pavimento decorato quanto un mosaico dai colori più in tono con l'atmosfera calda di Isin, ciò che raffigurava era però interrotto dalla base della tavolata tonda attorno alla quale stazionavano i più alti esponenti eriseani e apolloniani, tra cui Dazio e Luisian, quest'ultimo seduto ad un cadente e flaccido divanetto porporeo, abbarbicato da Angelique.
    Il biondino eriseano fu il primo ad esprimersi in vista dei due arrivati - Riecco l'ariete all'ovile! - Ovviamente riferendosi ad Ambrus.
    - Generale Luisian... - Fece lui in modo formale, mascherando una malsana voglia di mandarlo all'inferno.
    - Vi abbiamo aspettato a lungo... che è successo? Vi siete persi strada facendo? -
    - No... ma nessuno di voi si è dovuto scontrare con un esercito di Iamaliel lungo il cammino! - Esplose, tenuto saldo dallo sguardo pieno di rimprovero del generale zaffiro.
    - Iamaliel? Vi hanno attaccato? - Chiese Dazio, che nel momento sedeva rozzamente su una delle sedie adese alla tavola.
    - No! Lo spirito iroso a loro capo è stato fermato. - Rispose Ambrus.
    Tutti si ammutolirono dinnanzi a quella pronuncia colma di mistero, finché Owen non scelse di spezzare quell'alone atmosferico - Non li ho informati riguardo al tuo rapporto, capitano Ambrus... credo che gioverà a tutti un riepilogo veloce di quanto accaduto ad Accidia... dopotutto sei stato tu a investigare il crollo del castello. -
    Il leone sospirò gettando lo sguardo alla pavimentazione, indi ripetè quanto era riportato sul rapporto cartaceo spedito ad Owen - In seguito all'arrivo in città ci siamo imbattuti nel sergente Lithos e nel caposquadra Coris, entrambi in fuga da un esercito di cadaveri deteriorati... -
    - Cadaveri deteriorati, eh? - Intervenne Luisian - Angelique, esci di qui... - Ordinò, e lei fece, rassegnata ma felice di potersi privare alle sue attenzioni. L'eriseano potè esprimersi nuovamente - Uno dei poteri degli spiriti irosi si è dunque manifestato... per poter animare quelle creature immagino Lilith avesse avuto bisogno di alcuni corpi senza vita... fatemi indovinare... voi dell'Alta Croce avete lasciato indietro qualcuno, qualcuno "di troppo" che è morto per l'incendio, non è così? - Si erse in piedi, aveva fatto una analisi esatta di quanto accaduto - Ciò graverà tantissimo al rapporto mensile che spedirò alla Santa Sede! - Sentenziò a Dazio e Owen.
    Il silenzio imperò per qualche secondo, tra la vergogna degli apolloniani e la derisione dei loro nuovi compagni, compagni che sembravano volere a tutti i costi rivaleggiare.
    Ambrus capì che era necessario continuare, indi parlò - E' stata l'uccisione di Lilith a fermare l'esercito... - Si resse lo sterno con la mano destra - Ella è morta per mano mia, e dato che rivesto il ruolo di Elitè, non prenderà possesso del mio corpo... - Prese fiato - Lithos... il sergente Lithos fu capo di una spedizione ai danni della ribelle Giòanne Do Arc, fu in lei che Lilith si risvegliò, seguì il sergente, giunse ad Accidia, impedì al sergente stesso la fuga durante l'incendio... -
    - Avete menzionato un certo "Coris"... - Fece Luisian, passeggiando accanto al divanetto, a braccia incrociate e aria ponderante - Chi sarebbe? -
    - Un amico mio e di Lithos, nonché uno degli uomini mandati in missione contro Giòanne... rimase ad Accidia per poter salvare il sergente Lithos stesso... -
    - Bene... bene... immagino dunque l'esito: il castello è crollato di fronte all'influsso malefico di Lilith, ella è stata domata e tutti quanti hanno potuto uscirsene da quella città indenni, non è così? -
    - I cadaveri sono tornati cadaveri... il cielo è tornato cielo... -
    - E gli Iamaliel si sono rincitrulliti... sì, tutto calza a pennello! -
    Il biondo capitano di Apollonia tirò un sospiro, era finalmente cessato l'obbligo di narrare quegli avvenimenti.
    - Finalmente avete risolto i vostri problemi interni con Giòanne, la soldatessa ribellatasi al vostro operato, la "tigre che porta la croce"... così la chiamavate, vero? -
    - ... Sì - Rispose ancora Ambrus.
    - Sono estraneo ai fatti, quindi mi piacerebbe che mi informiate di più a riguardo... ma il tempo è prezioso, e ne abbiamo perso fin troppo! -
    Fu mesi prima del crollo di Accidia...
    Uno dei cavalieri crociati al servizio di Pilatte rispondeva al nome di Giòanne Do Arc, era forte, temeraria, imbattibile... ancor più potente di Ambrus stesso; la sua vita cambiò quando fu messa dinnanzi all'obbligo di sporcarsi le mani sulle carni di civili innocenti, ne fu contraria, ribaltò la sua opinione riguardo alla chiesa, al re, a tutta Serenissima, e offrì la sua lama al servizio di Salahad raccogliendo soldati di fortuna e formando un ingente gruppo di ribelli inesperti ma ben capitanati dalla sua scaltrezza...
    ... con le dovute conseguenze...
    Ambrus non lo voleva ammettere, ma nell'esatto momento in cui la punta di quella lancia aveva incontrato l'opposizione tenue delle carni di Lilith... quegli occhi rossi avevano espresso un ultimo barlume di umanità, l'ultimo emanato da Giòanne stessa, colei che giaceva soggiogata dalla morsa dello spirito iroso.
    Non volle pensarci, fu svelto a rivolgere l'attenzione a Luisian, che altrettanto prontamente annunciò l'entrata dell'uomo che Ambrus stava aspettando.
    Egli si fece vivo dalla porta d'ingresso, giustificando la sua assenza con una poco formale scusa - Mi dispiace, avevo approfittato del nostro momento di pausa per fare un salto alla taverna cittadina! - Si grattò la lunga barba, cadente sulla sua divisa gialla.
    - Re Riccardo! - Lo accolse Luisian, sorridente.
    Ambrus fu invece sorpreso - Tu... -
    - Ambrus... -
    I loro sguardi collisero come quelli di due sfidanti, fu Riccardo stesso a rompere la suspence andando a cingere amichevolmente il leone biondo.
    - Come stai, dannato ignorante? - Fece lui.
    - Sempre meglio di te, vecchio beota! - Rispose Ambrus sentendo l'addome stringersi dalle muscolose braccia di quell'uomo, che tornò immediatamente composto ma estasiato.
    - Non pensavo di ritrovarti qui! Avevo visto le croci rosse dei vostri soldati aggirarsi per Isin, e mi chiedevo dove fosse finita la tua divisa nera! - Sghignazzò.
    - Era in viaggio per questa stessa locazione! Mi sorprende rivederti... come va il regno? -
    - Alti e bassi, come al solito! Questa crociata serve a tutti, non è così? - Una gomitata al fianco di Ambrus fece intendere la sua aria scherzosa.
    Finché entrambi non notarono che quell'amichevole rimpatriata nuoceva alla pazienza di Luisian, e di Dazio.
    Il giovincello eriseano parlò, esprimendosi in tutta la sua antipatia - E' spiacente interrompere una così "affettuosa" riconciliazione, ma Riccardo si trova qui per motivi che vanno oltre ad una semplice visita di cortesia, quindi, se non ti dispiace, potresti levarti dai piedi... Ambrus?! -
    Fu costretto ad obbedire, non senza appiccare degli sguardi malfidati agli occhi del biondo soldato.
    Riccardo prese posto all'unica sedia rimasta libera, e cominciò ad esprimersi sotto l'attenzione generale - Ora che siete tutti presenti, posso dunque parlare... - Non potè però frenare il pulsare del suo cuore terrorizzato - Il mio esercito è fermo alle dogane del territorio eretico a Ibn-Mauri, siamo stati incaricati da Sua Santità di marciare verso Jerusalem e aprire la strada ai vostri futuri interventi, in quanto state ancora organizzando le truppe per l'avanzata... tutto ha sempre virato per il verso giusto, il mio esercito ha collezionato innumerevoli vittorie con perdite insignificanti... una missione "piccola" come il recupero di un ufficiale smarrito non sembrava tanto ostica in confronto a... che ne so... l'assalto di un villaggio! Ma... ho avuto modo di ricredermi quando le porte di quella città mi si aprirono... -
    - Che città? - Chiese fulmineo Luisian.
    - Non ne conosco il nome, nessuno lo conosce... ma non è la città ad avermi spaventato, bensì ciò che vi trovai al suo interno! -


    "La Grande... la malefica..."


    - E' ora di svegliarsi... -
    Coris riaprì gli occhi, finalmente era cessato il suo sfinimento. Ondeggiò la testa confuso, senza capire dove si trovasse, aveva solo inteso che era immerso in una tondeggiante vasca in legno tenuta insieme da due ampi anelli di ferro, l'acqua fino all'addome ed il fisico umido e molliccio.
    Attorno a sé, tre donne mauriniane in abaya si accingevano a strofinare le proprie spugne sulla sua schiena, sulle sue spalle o sul suo torace, privandolo del sudicio e secco fluido rossastro che aveva impregnato i pori della pelle e i capelli, questi con sfumature grigie dovute alla polvere.
    Disdegnò le donne e si occupò di osservare la stanza in cui si trovava.
    Le pareti erano di mattoni grigi, alcune strisce legnose si ergevano verticalmente lungo i muri a distanza reciproca ben bilanciata. Alla destra del fanciullo vi era una finestra senza vetri, le cui imposte in legno deteriorato giacevano ben spalancate, consentendo di gettare l'occhio su Isin, sulle sue strade affollate.
    Un pavimento di colore non differente da quelle imposte, scricchiolante e con molti sottili solchi come graffi.
    Le tre donne mutavano costantemente la loro posizione, lavando di volta in volta parti diverse del corpo, sempre avvolte da un inquietante silenzio.
    Coris non seppe che fare, era disagiato da quell'atto, si sentiva come se stesse sfruttando la popolazione eretica.
    Udì un battito di mani, le tre cessarono il lavaggio e si scansarono dallo sguardo del giovane, che potè vedere chiaramente, sulla soglia legnosa di quella stanza, l'amico Lithos.
    Privatosi dell'abito di Ambrus, Lithos indossava un'abito grigio dai bordi marroni, la collotta ampia lasciava intravedere le clavicole, mentre le maniche erano larghe e cessanti in prossimità degli avambracci.
    - Potete andare... - Intimò alle mauriniane, esse uscirono in religioso silenzio, non le era possibile esprimere opinioni inutili. Lithos portò le mani alla zona lombare, camminando pigramente verso Coris, si interruppe quando fu accanto al bordo della vasca e si chinò verso il fanciullo.
    - Finalmente... - Sussurrò appiccando languide occhiate - Stai bene, Coris... ? -
    Rispose positivamente con un timido cenno del capo, avvolgendosi le braccia attorno all'esile fisico, come per mascherare in qualche modo la sua imbrazzante condizione.
    - Ehi... - con la mano destra gli prese il mento e posizionò lo sguardo porporeo sui propri occhi argentati - Sono contento... - Sorrise.
    - Lithos... per favore... dimmi una cosa... -
    Rimase in ascolto.
    - L'ho fatto ancora... ? -
    Lithos ammutolì impacciatamente e rifoderò la mano, ciò fu una risposta effettiva per Coris.
    - L'ho fatto ancora... - Abbassò gli occhi con aria ponderante.
    - Coris... io e Ambrus abbiamo parlato... non è bene tenerti ulteriormente nell'Alta Croce, vogliamo portarti via! -
    - Cosa... ? -
    - Stai peggiorando... un tempo eri meno frequente in queste manifestazioni... -
    Si cinse autonomamente portando le mani alle spalle.
    - Non te l'ho mai chiesto... non ho mai voluto farlo, ma ora mi viene spontaneo farti questa domanda, Coris... - Prese fiato, temendo una qualche scottante e pericolosa rivelazione - Tu chi sei? -
    - Sono un ragazzo come gli altri... sono nato normalmente da due esseri umani... -
    - Tua madre e tuo padre? Ti ricordi di loro? -
    - Sì... -
    - Com'erano? -
    - Mia madre una sarta... mio padre un pastore di pecore... -
    - Una sarta e un pastore... -
    - Sì, Lithos... -


    "Divora!"


    Superata la collina di erba verde, Joseph affrontò un panorama macabro stagliante al di sotto di un cielo rosso: l'intero gregge sterminato e lasciato inerme e zuppo di sangue sul vasto prato di pascolo.
    Lasciò cadere il bastone pastorale e corse in seno ad un giovine agnellino rantolante in una pozza di fluido rossastro, con le gambe posteriori troncate e zampillanti, tanta era la sua agonia e prossimità alla morte che non riusciva più a gemere per il dolore.
    Tremante, Joseph si guardò attorno nel tentativo di scorgere almeno un esemplare del gregge ancora in vita, ma fu inutile, ben presto anche quell'agnellino si spense per il dissanguamento.
    Sudò freddo, l'unica effige eretta sulle proprie gambe che potè notare fu quella di Coris, la sua aria da fanciullo innocente era però contrastata da diverse chiazze di sangue sui vestiti e sul viso, chiazze rosse che si sposavano alla perfezione con la tinta amaranto della volta celeste e delle gemelle maggiori sull'erba verde, sulla lana delle pecore e degli arieti.
    Era orribile, spaventoso...
    Joseph fu preso dalla codardia, il suo istinto gli implorava la fuga, lontano da quei pascoli, da quel terribile ragazzino, ma era... molto importante per lui. Affrontò dunque la veduta sconfinata degli animali morti, incamminandosi alla volta di Coris; quando fu abbastanza vicino, il ragazzo destò lo sguardo dal terreno e lo puntò minaccioso sul pastore.
    - Coris, calmati... sono io... - Portò in avanti le mani in segno di resa, o di intenzioni pacifiche, il gesto scaturì ulteriore nervosismo nell'animo del fanciullo, che indietreggiò ormai ricoperto da un'espressione terrorizzata.
    - Lasciami stare... lasciami stare! - Urlò per poi piegarsi sulle ginocchia e spremersi il cranio con le mani - Che cosa vuoi da me?! -
    - Coris, ti scongiuro... calmati... - Si fece ulteriormente vicino, e Coris alzò lo sguardo cremisi, inquietante, uno sguardo colmo di odio, uno sguardo non suo.
    - Levati di mezzo, pastore! Non osare interromperci! -
    - Sei stato tu a fare questo? -
    Non disse nulla, ma la risposta era ovvia.
    - Chi sei? - Chiese Joseph - Tu... sei ancora Coris? -
    - No... io sono... -


    "Sono..."


    Coris mugolò intimorito, pronunciando il nome dell'amico - Lithos... tu credi in Dio? -
    Il crociato albino era ricurvo sul davanzale della finestra, ammirando la sporca Isin - Se me l'avessi chiesto tempo fa... molto probabilmente ti avrei risposto di no, non credevo in un Dio che non faceva altro che rendermi infelice... - Guardò sottostante la finestra, vedendo una prole posizionata ai lati della strada, ogni bambino avvinghiato a sé stesso - La guerra però cambia tutti... ho visto il potere dei Dodici... sarebbe sciocco non credere in Dio... -
    - Però... Dio è con noi, vero? -
    - Il Dio in cui credo è dalla parte dei buoni, Coris... è un Dio comprensivo e rispettoso di ogni forma di amore... - Vide alcuni eriseani prendersi gioco di quei fanciulli, intimargli poi di lasciare libero il passaggio ad alcuni carri a telo rosso da cui sporgevano acuminate le punte di lance o spade.
    - Allora... il Dio in cui credi ci detesta... - Chinò il capo imbronciando la propria espressione - I crociati sono malvagi, crudeli... calpestano l'amore... perché? -
    - Perché non hanno fatto altro in tutta la loro vita... -
    - Che cosa intendi? -
    - Combattere, intendo combattere... anni e anni di combattimento mutano l'anima, la rendono rude e irrispettosa. Ricordo che Inamod, quando ero ancora agli esordi, disse che questa guerra avrebbe salvato le nostre anime, ci avrebbe purificato dai mali passati in quanto avremmo combattuto per un bene superiore... -
    - Un bene superiore... -
    - Pensavo che la crociata avrebbe lenito il fardello che mi porto appresso... l'omicidio di mio padre... per mano mia... - La sua espressione divenne cupa - Invece... mi sento ancor più colpevole! - Il pugno si chiuse e collise di lato con il davanzale legnoso - Sono diventato un soldato perché volevo fuggire da Serenissima! Avrei preferito morire in guerra, piuttosto che su un patibolo come un vile criminale... -
    Coris posizionò il suo sguardo porporeo sull'amico - Lithos... -
    - Ora... non voglio più morire, Coris... - Si voltò - Ora ho te... ho una ragione di vita... -
    Il giovane arrossì, ma dovette ricomporsi, ciò che stava per dire non sarebbe piaciuto all'amico - A Serenissima avevo degli amici, avevo una famiglia... tutti quanti mi hanno abbandonato impauriti... nonostante tu e Ambrus mi vogliate bene, un giorno non potrete più stare vicino a me... -
    - Questo non è vero. -
    - Lithos... voi mi volete portare via... quando lo avrete fatto, mi lascerete... -
    - Coris, non è vero! Non è assolutamente vero! - Si gettò con le ginocchia accanto al bordo della tinozza in legno, posò le mani sulle spalle di Coris - Io starò con te! Non posso rimanere nell'armata senza di te, e così è anche per Ambrus! -
    - Smettila, ti prego... -
    - Coris... io ti... -
    - Beh, io no! - Squarciò il cuore del soldato in mille brandelli - Non posso! Non voglio! E' ingiusto, contro natura, contro Dio! E poi... non riesco a provare niente per te... - Digrignò i denti e chiuse gli occhi come per edificare opposizione ad una sorta di dolore - Non riesco a provare niente per nessuno... qualsiasi cosa stia vivendo dentro di me, sento chiaramente che mi sta consumando, giorno dopo giorno, e quando verrà il momento so che per voi sarà impossibile amarmi... quindi ti prego Lithos... non amarmi... -



    "Non amare un mostro..."

    Edited by _Holy - 16/9/2011, 20:05
     
    Top
    .
  15. Roxy!
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Uhh che capitolone!!!

    *shine eyes

    Macchebbella la città fortezza!!
    Le mattonelle azzurre *_*

    CITAZIONE
    in quanto avremmo combattuto per un bene superiore... -

    Harry Potter XD

    CITAZIONE
    Squarciò il cuore del soldato in mille brandelli

    Per una frazione ho pensato che non era una metafora. Non farmi più questi scherzi :sobad:

    Allora...

    Abbiamo avuto uno scorcio di un Coris bambino (se ho capito bene) che giocava a fare l'allegro macellaio con le pecore del padre (adottivo?).
    Sappiamo che non è proprio umano.
    Poi alla fine mente sui sentimenti che prova per Lithos u.u

    Beh, è inutile dirlo. Sbrigati a postare i prossimi!!!

     
    Top
    .
77 replies since 5/8/2011, 15:43   1016 views
  Share  
.
Top