Era Bella Cartagine, Imperium?

[Axis Power Hetalia] Drammatico, Introspettivo, Slice of Life, Missing Moments, Impero Romano, OC!Cartagine

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  1. Nemeryal
     
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    Liber II



    Nulla se dici mulier mea nubere malle
    Quam mihi, non si se Iuppiter ipse petat


    (Catullo, carme 70)





    Cartagine, 509 a.C.




    Non appena aveva messo piede sul molo, Romanus aveva barcollato, come un ubriaco.
    Rideva mentre cercava di rimettersi in piedi, appoggiandosi maldestro contro un Cartaginese di passaggio che lo aveva spinto via con una manata, masticando qualche parola –molto probabilmente insulti- nella sua lingua natia.
    Romanus aveva riso ancora più forte, battendosi le mani sulle cosce, ignorando le occhiatacce dei marinai che lo circondavano e, soprattutto, dei legati che aveva accompagnato.
    -Smettila di comportarti come un qualunque plebeo alla taverna!- gli aveva sibilato il più alto, con il cranio rasato e macchie scure sul dorso delle mani –Un po’ di contegno, per Giove!-
    -Molto bene, molto bene- Romanus aveva annuito, spolverandosi la semplice toga da viaggio e assumendo una posizione più composta –Ti sembro più patrizio in questo modo, Publio?-
    Il legato lo aveva gelato con uno sguardo, serrando le labbra livide e non accogliendo volentieri il sarcasmo.
    I tre, i due legati e Romanus, si erano allontanati dal porto, immettendosi nel cicaleccio delle vie di Cartagine, coi suoi colori sgargianti, il lezzo dei vicoli, il profumo intenso delle donne, l’odore acre del pesce, il tintinnare dei gioielli sulle bancarelle, il misto di lingue diverse ed il sapore del mare. Era una città viva, un cuore che palpitava senza freno, dove ai gemiti dei ladri e dei condannati si mescolavano le urla e le grida gioiose delle feste e dei riti, dove le donne di alto lignaggio consigliavano i mariti e le prostitute agli angoli delle strade allungavano le dita scintillanti di anelli e piegavano il collo bronzeo cinto da una collana di turchese egizio.
    Romanus fu richiamato più volte da Publio e più volte si perdette a contemplare il lungo viale di candide colonne, le mani nodose dei poveri, le braccia odorose delle donne sotto gli abiti variopinti, i volti e gli occhi di genti e popoli diversi e i mercanti grassi che urlavano a squarciagola delle proprie merci in una lingua aspra e invitante all’insieme.
    Colori, Romanus non vedeva altro che macchie di colori vivi e pulsanti che si rincorrevano senza sosta, intervallati dall’azzurro abbagliante del mare e le ombre dai mille occhi di brigante delle stradine e dei vicoli.
    E anche in quel momento, al tramonto, con le fiamme ardenti del sole che galleggiavano sull’acqua, la città non aveva perso la sua bellezza.
    -Un figlio di Roma che si perde a guardare il mare- Romanus si voltò, sorpreso dalla voce che aveva appena parlato –Credevo che a voi interessasse solo la terra-
    -Se è per consolidare la pace- rispose Romanus, con una mano poggiata al balcone e l’altra lasciata cadere sul fianco –I figli di Roma sono disposti a sfidare lo stesso Nettuno-
    La donna davanti a Romanus sorrise, i riflessi dei bracieri che le illuminavano il collare e i bracciali d’oro, insinuandosi fra i riccioli scuri e gli zigomi alti del viso.
    Si avvicinò a Romanus con un palpitare della veste scarlatta e si poggiò sul balcone, rivolgendo all’altro uno sguardo veloce degli occhi neri.
    -Qual è il vostro nome, domina?- le chiese Romanus, con un sorriso a sollevargli le labbra.
    La donna inarcò un sopracciglio e lo osservò con più attenzione, la guancia sostenuta dal pugno chiuso, i bracciali al polso che scivolavano uno sull’altro, creando un piacevole tintinnio.
    -Sei giovane- disse con un sorriso appena accennato.
    -Non molto più di voi, mi sembra-
    Ella rise e solo allora Romanus notò le piccole rughe attorno agli occhi e le dita lunghe che alla luce dei bracieri sembravano quasi nodose, simili alla corteccia di un vecchio albero.
    -Da troppo tempo non mi sentivo rivolgere un simile complimento!- la donna si passò una mano fra i capelli, senza smettere di ridere –Giovane! Ah! Se davvero lo fossi! Se davvero fossi giovane, il peso della patria lontana non mi sembrerebbe così tremendo e forse avrei ancora in me il desiderio di rimettervi piede! Ma troppi anni sono passati e non sono più giovane. Sono esule e il ricordo della terra dei miei padri non è che un lucerna al confronto delle fiamme che avvolgono questa città-
    -La terra dei vostri padri?- domandò Romanus, aggrottando le sopracciglia.
    -Tiro- rispose la donna –Dominio dei Fenici, signori del mare e della porpora. Ma di quella terra non ho che un vago ricordo, trasmessomi da chi, ancora in fasce, mi portò con sé-
    Romanus rimase in silenzio; sentì un brivido corrergli lungo la schiena e la voce dei legati, dapprima lontana, soffocata, si fece pesante, persistente. Li sentiva chiedere, domandare, spiegare, discutere, ribattere, ad ogni respiro le loro parole si facevano sempre più chiare. I trattati con Cartagine..
    Istintivamente alzò lo sguardo verso la donna, che fissava il mare con occhi assenti.
    -Qual è il vostro nome, domina?- chiese ancora.
    La donna si riscosse e tornò a guardare Romanus. Poi sorrise.
    -Elissa mi chiamano i mortali. Ma gli immortali mi diedero il nome Carthago-
    Romanus sentì il fiato mozzarsi nella gola quando l’altra gli prese le mani fra le sue; le dita della donna erano callose, erano graffiate dal telaio e dal filo delle spade. Gli occhi parlavano di esilio, del cammino difficile di una bambina senza patria che col sangue e la fatica degli uomini e delle donne ne aveva creata una nuova, potente, invincibile. Vedeva il mare nel suo sguardo, ampio e senza confini; sentiva il cozzare delle spade, il gemito della sconfitta e l’urlo della vittoria.
    Elissa si portò le mani di Romanus al viso, sorridendo.
    -Le tue dita hanno il profumo dell’erba. Sai di rinascita, di nuova vita- depositò un bacio sul pugno chiuso –Sembri ancora un bambino..ma hai le mani di un soldato-
    Carthago alzò il viso e lo avvicinò a quello di Romanus.
    -I trattati..- gli soffiò sulle labbra –Stanno quasi per concludersi. E senza il nostro intervento, Romanus-



    Cartagine, 348 a.C.






    La luna aveva gettato pagliuzze d’argento sulle onde del mare, che biancheggiavano simili a stelle nell’oscurità della notte.
    Il braciere, all’interno della stanza, spargeva un profumo dolciastro ed il silenzio gorgogliante del mare era rotto unicamente dal respiro delle due figure distese sul talamo.
    Carthago sfiorava la schiena di Romanus, girato di spalle, percorrendone con le lunghe dita le cicatrici bianche e quasi sbiadite.
    -Quasi duecento anni hanno separato il nostro primo incontro- sussurrò Elissa –E per ogni anno, una nuova cicatrice, a ricordo del sangue versato-
    Romanus si mosse sotto il tocco dell’altra e si scostò, rimettendosi a sedere; guardò la compagna negli occhi neri e le prese la mano, portandosela alle labbra.
    -Il mio corpo non è stato il solo ad essere stato martoriato- con l’altra mano sfiorò il viso di Carthago, scendendo lungo la linea del collo fino al petto e da lì al ventre, passando appena sui seni e fermandosi sui fianchi.
    La compagna lo osservò per lunghi istanti, poi prese la mano che si era soffermata sulla vita e l’allontanò.
    -Ogni cicatrice sul mio corpo- sibilò –E’ maledetta dalle lance doriche-
    Romanus si voltò con uno scatto improvviso, lasciandole andare la mano che ancora teneva fra le dita e rimase in silenzio.
    -Non dici nulla, Romanus. E so io il perché- il ringhio di Elissa era appena un sussurro, ma un brivido percorse la schiena dell’altro. Un presagio, un pensiero fulmineo.
    Le dava le spalle. Era facile preda per un pugnale cartaginese.
    -Spiegami, allora. E sii veloce- rispose con durezza, girandosi per guardarla.
    Ella strinse le labbra, gli occhi neri accesi da un bagliore d’odio e di rancore.
    -Non vuoi che il dominio di Cartagine, il dominio del mio popolo, si estenda anche in Sicilia, non è vero? Temi forse la nostra forza, Romanus? Temi forse di non riuscire ad opporti? Le guerre interne a Roma ti hanno reso debole!
    -Guardati! Non sono le popolazioni esterne ad ucciderti lentamente, ma il tuo stesso popolo..che Ellas sia una alleata perfetta per contrastare Carthago, prima che essa ti prenda con la forza?-
    Romanus sentì la rabbia montargli in cuore. Con un ringhio prese la donna per i capelli, tirandoli, piegandole la testa fino a farle scoprire il collo.
    -E’ Carthago a temere Roma, non il contrario..se non fosse per noi, il popolo di Rasna sarebbe già sulle tue sponde. E della tua bella città non rimarrebbero che macerie fumanti- aumentò la stretta -E tu stessa hai stipulato accordi con Ellas perché intervenisse contro Dionisio, se ben ricordo-
    Elissa rise quando Romanus la lasciò andare; si accasciò sul talamo, coprendosi il volto col braccio scintillante di bracciali.
    -Hai già diviso con lei il tuo letto, Romanus? Perché tanto ti scagli contro di me, in favore dell’assassina di Socrate?- gli chiese, osservandolo di sbieco –Quali trattati hai stipulato alle spalle della povera Elissa?-
    L’altro non rispose, la testa china e una mano a sostenere la fronte.
    Carthago si distese nuovamente sul talamo, il mento poggiato sul pugno chiuso e inarcò un sopracciglio.
    -E’ vero, sì. Qualche trattato con Ellas l’ho stipulato, ma perché Dionisio è sia contro di me che contro di lei. Trattati veloci che si dimenticano con la stessa velocità con cui vengono redatti. Non sono di pace, ma di guerra-
    -Forse dovresti concentrare le tue forze su di una pace duratura e cessare la tua ossessione per la terra di Sicilia- le consigliò Romanus, storcendo le labbra.
    -Cosa dunque, o signore Dario?- declamò Carthago, mettendosi in ginocchio e costringendo il compagno ad alzare gli occhi su di lei –Dove volgi il fine dei tuoi discorsi?-
    -Smettila- ordinò Romanus, riconoscendo i versi –Stai zitta-
    -Come, dopo questi avvenimenti, noi popolo persiano ancora potremmo tornare nella condizione migliore?-
    -Ti ho detto di stare zitta-
    Nella mente di Romanus la rabbia si mescolava alle voci ansiose e irati dei legati, i versi di Eschilo si intrecciavano alle urla di Gaio, alla sua voce stridente, come il cozzare del metallo contro altro metallo, alle parole suadenti, ma intrise di veleno di Elissa, il graffio del pennino sul papiro lacerava l’oscurità della notte, facendola sanguinare. Rivoli rossi, di sangue presente e futuro, il sangue di Veio, il sangue di Rasna, il sangue di Roma..il sangue di Cartagine…
    -Se non farete spedizioni contro la terra di Grecia, neppure se più numeroso è l’esercito dei Medi, la stessa terra infatti si allea con quelli-
    -Fa’ silenzio!- Romanus si allontanò di scatto, arretrando talmente veloce da perdere l’equilibrio e crollare a terra, sbattendo con le spalle contro un braciere, facendolo cadere. La cenere si sparse in frammenti di fuoco, lasciando scie nere sul il pavimento.
    Elissa si alzò lentamente dal talamo e si chinò su Romanus. Ghignava e gli occhi, così selvaggi rispetto alla prima volta, mandavano bagliori.
    -Attento, Romanus- sibilò, mordendogli il labbro –Carthago non è debole. Sei tu ad essere sull’orlo del baratro-




    Cartagine, 306 a.C.




    Elissa lo guardava tenendo le gambe accavallate ed un sorriso stanco sulle labbra.
    Sembrava forte, statuaria come la prima volta che Romanus l’aveva vista, ma le braccia smagrite, il petto coperto di cicatrici e il volto scavato rendevano palese la sua debolezza. I segni di Agatocle di Sicilia erano rosse ferite sugli zigomi alti, nonostante la vittoria su figlio di lui, Arcagato.
    Alexandros era morto da pochi anni, con quegli occhi che avevano sognato, e visto, l’infinito sbarrati contro il cielo terso. Era stato appena un ragazzo se paragonato ad entrambi, ma i suoi passi avevano fatto tremare la terra.
    Anche Romanus, in quel momento, tremava.
    La guerra contro i Sanniti l’aveva sfiancato e molte, troppe cose nel mondo che conosceva erano cambiate. Ellas era scomparsa nello stormire del vento tra gli ulivi e una bambina era stata trovata in un tempio dedicato ad Atena: si chiamava Koinè e tanti erano i suoi fratelli quante erano le membra logorate dalle lotte intestine per il regno di Alexandros.
    Romanus si accasciò contro la parete.
    -Come desideri- ansimò –A te, dunque, spetta la Sicilia-
    La testa gli girava e i contorni si confondevano, mescolavano in un’unica chiazza di luce liquida: i raggi del mattino picchiettavano nella stanza, ma erano deboli, opachi, ancora incatenati al drappo nero della notte.
    -Ma senza il tuo gladio.. - mormorò Carthago e la voce era bassa, roca. Parlava a stento, come se ogni respiro le costasse una immane fatica. Si alzò dal talamo, incerta sui piedi nudi, e raggiunse Romanus, mettendogli le mani sulle spalle –Senza il gladio di Roma, di quel territorio non rimarrebbe che un’ombra. E i Diadochi rovesciano nel sangue i commerci-
    -Con la morte di Alexandros- sussurrò Romanus prendendole il mento fra le dita –Un grande impero è caduto nelle tenebre-
    -L’oblio che cancella ogni cosa..- soffiò Elissa posando le labbra su quelle di lui –L’oblio attende anche noi, Romanus. Come alleati..- rimase in silenzio, circondando con le braccia il collo di Romanus –O come nemici-




    [Liber II, Pax]








    Note:

    1. Elissa è il nome mitico di Didone. Si dice che Cartagine fosse stata fondata da un gruppo di commercianti/esuli fenici.
    2. Ellas = Ellade = Mamma Grecia
    3. Rasna è il nome dell’Etruria
    4. I versi citati da Carthago provengono dalla tragedia “I Persiani” di Eschilo (476 a.C.) e sono pronunciate dal Coro al fantasma del Re Dario, con poi la conseguente risposta (quella dei Medi, per intenderci) del defunto sovrano

    Per tutte le altre informazioni storiche (sperando di non aver scritto cacchiate) Wikipedia è assai esplicativa ^^ (Anche perché non intaso le note XD) Il titolo è traducibile con "La mia donna diceva che non avrebbe fatto l'amore con nessun altro che me, nemmeno se Giove in persona glielo chiedesse"
    Nel caso avessi fatto qualche errore, non abbiate timore a farmelo notare e io correggerò all’istante!
    E se avete qualche dubbio/domanda, chiedete pure! Non fatevi problemi!
    Come sempre il capitolo è dedicato a quella testina bacata di Solanya!
     
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3 replies since 10/2/2011, 13:50   163 views
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