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Axel‚.
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L'epigramma vale? Ma si che vale.
Marco Valerio Marziale (e come queste ce ne sono tante altre che fanno schiantare dalle risate)
“Lesbia se iurat gratis numquam esse fututam.
Verum est: cum futui vult, numerare solet.”
"Lesbia giura di non aver mai fatto l’amore gratis.
Vero: quando vuol far l’amore è solita pagare."
Lesbia. Un nome, una leggenda!. -
Nemeryal.
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Ah, Marziale *V* Quanto lo adoro *V*
Io invece continuo sulla linea catulliana:
Lesbia mi dicit semper male nec tacet umquamde me: Lesbia me dispeream nisi amat.quo signo? quia sunt totidem mea: deprecor illamassidue, verum dispeream nisi amo.Catullo, Carme 92
SPOILER (click to view)Lesbia di me sparla sempre e di me mai tace: che io muoia, se Lesbia non mi ama. Con quale prova? Perchè allo stesso modo sono le mie: continuamente io la maledico, ma possa morire se non l'amo. -
Axel‚.
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Ma c'è un carme dove Catullo insulta pesantemente Lesbia? . -
Nemeryal.
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C'è!
Aspetta eh...
Carme 58, ad esempio:
"Caeli, Lesbia nostra, Lesbia illa. illa Lesbia, quam Catullus unam plus quam se atque suos amavit omnes, nunc in quadriviis et angiportis glubit magnanimi Remi nepotes."
Diciamo che il glubit la nostra prof non è riuscita a tradurlo che con un "spreme"...ti lascio immaginare quale potrebbe una traduzione più..letterale!. -
Axel‚.
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Ecco era quello! Mi ricordavo del termine osceno ma non riuscivo a trovarlo! . -
Nemeryal.
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Diciamo che Catullo non ci andava molto leggero! Leggere il carme della Taverna dei Dioscuri per avere un piccolo esempio XD . -
Axel‚.
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Giovanni Pascoli - L'assiuolo
Dov’era la luna? ché il cielo
notava in un’alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù...
Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com’eco d’un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
chiù...
Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d’argento
(tintinni a invisibili porte
che forse non s’aprono più?...);
e c’era quel pianto di morte...
chiù.... -
.
eto'o,
eto'o,
eto'o eto'o eto'o,
l'hanno visto,
con le rose,
con le rose nel metrò.. -
Axel‚.
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L'hanno visto con la champions, mentre ibra ancora no!
oppure
E di ibra me ne frego, perché è uno zingaro! <33. -
.L'hanno visto con la champions, mentre ibra ancora no!
oppure
E di ibra me ne frego, perché è uno zingaro! <33
va', contento tu!. -
Nemeryal.
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Il Sogno del Prigioniero - Eugenio Montale
Albe e notti qui variano per pochi segni.
Il zigzag degli storni sui battifredi
nei giorni di battaglia, mie sole ali,
un filo d'aria polare,
l'occhio del capoguardia dello spioncino,
crac di noci schiacciate, un oleoso
sfrigolio dalle cave, girarrosti
veri o supposti - ma la paglia é oro,
la lanterna vinosa é focolare
se dormendo mi credo ai tuoi piedi.
La purga dura da sempre, senza un perché.
Dicono che chi abiura e sottoscrive
puo salvarsi da questo sterminio d'oche ;
che chi obiurga se stesso, ma tradisce
e vende carne d'altri, affera il mestolo
anzi che terminare nel patée
destinato agl'Iddii pestilenziali.
Tardo di mente, piagato
dal pungente giaciglio mi sono fuso
col volo della tarma che la mia suola
sfarina sull'impiantito,
coi kimoni cangianti delle luci
scironate all'aurora dai torrioni,
ho annusato nel vento il bruciaticcio
dei buccellati dai forni,
mi son guardato attorno, ho suscitato
iridi su orizzonti di ragnateli
e petali sui tralicci delle inferriate,
mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo e il minuto -
e i colpi si ripetono ed i passi,
e ancora ignoro se saro al festino
farcitore o farcito. L'attesa é lunga,
il mio sogno di te non e finito.. -
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LA BALLATA DEL RE DEGLI ELFI, JOHANN WOLFGANG VON GOETHE
Posto la traduzione che ha fatto il mio ragazzo. Le altre in italiano non mi piacciono per niente.
Chi va così tardi per la notte ed il vento?
È un padre a cavallo col suo figlioletto;
lo stringe affettuoso, lo tiene al suo fianco,
lo regge sicuro, ma il bimbo è ormai stanco.
«Perche tremi tutto e il faccino nascondi?»
«Non vedi, papà, quegli occhi profondi?
Son del re degli Elfi, che aspetta là in alto».
«Ma figlio, è una lingua di nebbia, nient'altro».Intanto la luna dalle nubi compare
e il re degli Elfi comincia a cantare
Mio caro bambino, su, vieni con me!
Vedrai che bei giochi farò insieme a te;
sul fiume son fiori di mille colori,
mia madre ha, per vesti, preziosi tesori.
«Papà, papà mio, tu forse non senti,
le dolci parole del re degli Elfi?»
«Stai buono, stai buono, non è che il fruscio
del vento che soffia al di là del pendio».Nel bosco una forte bufera imperversa,
le grida risuonan con grande violenza
Fanciullo adorato, venire non vuoi?
Potrai essere sempre felice con noi.
Nel buio, fra i boschi, le figlie mie vanno
cantando le ninne, dormir ti faranno.
«Papà, papà mio, non vedi in quell’antro
le figlie del re e il loro serico manto?»
«Figliolo, figliolo, ogni cosa rammento;
son solo dei salci dai rami d’argento».La voce del Re diviene tremenda,
annuncia al bambino la sorte sua orrenda
Mio piccolo, t’amo, sei tutto perfetto,
ad averti di forza ormai sono costretto.
«Papà, papà mio!» inizia a gridare,
«Il re degli Elfi vuol farmi del male!»
E preso da orrore il padre cavalca,
il piccolo geme con voce assai stanca.
«Veloce a palazzo!» urla in pieno sconforto…
ma, nelle sue braccia, il bambino era morto.. -
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Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Eugenio Montale- Ho sceso, dandoti il braccio.
Raccolta: Satura(e Xenia). -
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L’ALBATRO
Spesso, per divertirsi, le ciurme
Catturano degli albatri, grandi uccelli marini,
che seguono, compagni di viaggio pigri,
il veliero che scivola sugli amari abissi.
E li hanno appena deposti sul ponte,
che questi re dell’azzurro, impotenti e vergognosi,
abbandonano malinconicamente le grandi ali candide
come remi ai loro fianchi.
Questo alato viaggiatore, com’è goffo e leggero!
Lui, poco fa così bello, com’è comico e brutto!
Qualcuno gli stuzzica il becco con la pipa,
un altro scimmiotta, zoppicando, l’infermo che volava!
Il poeta è come il principe delle nuvole
Che abituato alla tempesta ride dell’arciere;
esiliato sulla terra fra gli scherni,
non riesce a camminare per le sue ali di gigante..