Dirge of Keyblade

L'Ultimo Atto della Trilogia!

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  1. Nyxenhaal89
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    Ed eccoci alla fine di questa lunga epopea...
    L'ultimo capitolo della KoLS è qui.
    Grazie a Nemesis e Kratos9 per i commenti, e a Holy per il betaggio!
    Sono riuscito a farvi questo regalo per Natale, e be'... spero che vi piaccia, come sempre. Grazie per essere sempre stati con me in questa lunga avventura!
    Buon Natale!
    Buona lettura!


    34: L'Epilogo


    Fuori dalla finestra regnava una quiete inusuale. Le luci che accompagnavano le notti trasformando la tranquilla città in un riflesso della volta stellata brillavano coi loro colori accesi, giallo e blu, bianco e rosso. L'insegna dell'ostello universitario che si trovava accanto a casa loro lampeggiava a intermittenza, ronzando come una mosca intrappolata nella tela. Ogni tanto qualche clacson ricordava la presenza della civiltà in quel distretto, uno dei più tranquilli della città. Nonostante avesse palazzi di quindici e più piani, infatti, a causa della mancanza di edifici di una certa importanza il traffico automobilistico era relativamente poco. La luna si intravedeva appena nella cappa di nubi notturne, che unite all'inquinamento luminoso impedivano la visione della gran parte delle stelle escluse quelle più fulgide, che nonostante la loro magnificenza non apparivano più brillanti di quelle appena visibili in condizioni normali.
    Era abituato a guardare dalla finestra quando si svegliava nel bel mezzo della notte. Ed era anche abituato a quei risvegli improvvisi: solitamente erano opera del suo vicino di letto, o dell'insonnia o di chissà cos'altro, magari un rumore improvviso che turbava il suo sonno leggero. Un buio relativo regnava nella camera, disturbato dalle luci provenienti dalla città. come faceva spesso, controllò che tutto fosse come l'aveva lasciato. E infatti ogni cosa era al suo posto. I libri sulla scrivania, il portatile lasciato aperto per la stanchezza della sera prima, le cartacce del take-away cinese abbandonate ai piedi del letto a due piazze, i comodini disordinati ai lati dello stesso. Ma soprattutto, era contento di vedere che l'altro abitante del letto fosse ancora al suo posto. Gli carezzò la guancia con un sorriso dolce, assicurandosi di non disturbarlo più del dovuto. A quel tocco, lui strinse appena la mano sul suo petto, come una sorta di riflesso condizionato. Le monocrome lenzuola azzurre coprivano e carezzavano le loro stanche nudità, cullandole in un abbraccio di piume e cotone. Spostando gli occhi sulla spalla del suo compagno, vide rosso e nitido uno degli evidenti segni della loro passione della scorsa notte.
    Avevano passato buona parte della serata a giocare al nuovo videogioco che avevano preso. Non molto lungo in verità, e nemmeno particolarmente entusiasmante all'inizio, ma si accorse di esserne stato tremendamente preso nel giro di poco. Era andato a pubblicare sull'abituale social network le sue opinioni al riguardo, ma a quel punto mani ben note l'avevano trascinato suo malgrado (ma neanche tanto) in un impeto di sfrenata passione che lo tenne sveglio fino alle due di notte. Guardando gli squadrati numeri verdi della sveglia sul comodino del compagno, si accorse di aver dormito appena due ore. Eppure non aveva per niente sonno. Sentiva un'urgenza di andare al bagno, ma non gli andava di svegliarlo. Spostò una mano in modo da accarezzargli la testa irta di capelli castani morbidi e setosi, sperando che come accadeva spesso quel gesto lo cullasse verso il sonno.
    Tuttavia, il bisogno era più impellente e dovette suo malgrado alzarsi dal letto e andare in bagno, per poi tornare dopo essersi anche dato una rinfrescata. Eppure, lui non si era svegliato... doveva essere parecchio stanco. Un brivido di orgoglio maschile gli attraversò la schiena fino alle labbra, che si incurvarono in un sorrisetto quasi compiaciuto. Cercò in giro per la stanza i suoi indumenti intimi, ma non sapeva neppure se fossero davvero lì o da qualche altra parte. Guardava attentamente dove metteva i piedi, onde evitare di fare baccano con qualche oggetto per terra. Tirò fuori dei boxer puliti dall'armadio, infilandoli e andando alla finestra. In città, notava, faceva sempre caldo. Solo nei tre mesi invernali la temperatura si abbassava a sufficienza da fargli indossare un pigiama. Si sporse sul davanzale a guardare la strada, col flusso ininterrotto delle poche auto che persino a quell'orario dovevano muoversi. C'era chi andava a lavorare, chi invece tornava a casa, e ovviamente qualche uccelletto che aveva passato la notte in bagordi e ora tornava al nido dalla famiglia con le tasche vuote e pochi sensi di colpa. Una leggera brezza autunnale gli carezzava le braccia muscolose e i capelli scompigliati, rinfrancandolo. A lui il freddo piaceva. Ricordava quel breve periodo passato a Nibelheim, dov'era nato, e i giorni d'estate che andava a trascorrervi. Le basse temperature erano per lui quasi un sollievo.
    I suoi occhi si spostarono a osservare le finestre davanti al loro palazzo. Nell'ostello, due ragazzi stavano fumando, da un'altra parte sembrava esserci una sorta di festa. Nella palazzina di fronte, invece, una coppia sposata stava litigando incurante del figlio che piangeva. A un certo punto, la madre prese il figlio in braccio e spintonò via il marito, che l'abbracciò comunque subito dopo. Gli scappò un sorriso nel vederli.
    Le quattro e venti. Forse sarebbe dovuto davvero tornare a letto.

    - Roxas? - chiamò dolcemente una voce familiare dal buio del suo dormiveglia. Aprì debolmente gli occhi azzurri, incontrando quelli blu di Sora. - Su, svegliati - era completamente vestito, con una felpa bianca e jeans scuri. Doveva ancora mettere le scarpe.
    - Un attimo... - sbadigliò Roxas alzandosi a sedere sul letto e flettendo le gambe. Gli sembrava di aver dormito per cinque minuti, invece erano già le nove passate. - Ma dove dobbiamo andare oggi? - si alzò grattandosi i capelli, barcollando.
    - Dovevamo vedere gli altri al parco, ricordi? - rispose Sora sorridendo. - Mi sa che hai giocato troppo, ieri sera - aggiunse con una lieve risata.
    - Abbiamo - precisò Roxas sorridendogli di rimando. Prese dei pantaloni neri infilandoli velocemente, finendo per saltellare su un piede in precario equilibrio. Sora lo sostenne prontamente permettendogli di indossarli in tutta sicurezza. Dopo aver messo anche una maglia bianca e una felpa grigia, Roxas si ritenne pronto per uscire.
    - Spero che Riku e Kairi lo abbiano trattato bene - disse Sora uscendo dalla camera da letto, seguito dal compagno. Erano entrambi in soggiorno, ora: era la stanza più ampia della casa, con un bel divano angolare blu a circondare un tavolino di vetro su un tappeto variopinto, e di fronte ad esso un ampio mobile da parete con al cent ro la tv a schermo piatto, le loro console da gioco e numerose custodie di videogiochi e film ad occupare gran parte delle scaffalature quadrate. Sulle parti più alte c'erano anche soprammobili di vario genere, quasi tutti regali dei loro amici. Il mobile poggiava su alcuni sportelli, quasi tutti pieni.
    - Io spero solo che non abbiano fumato davanti a lui - sospirò Roxas allungandosi verso gli appendini all'ingresso per prendere le loro giacche a vento. - E' una cosa che odio e lo sanno -
    Con le mani occupate dalle giacche Roxas non fece in tempo ad accorgersi delle mani di Sora, che lo spinsero con forza contro il muro. Il castano si alzò sulle punte e lo baciò con incredibile delicatezza, presto ricambiato con una certa sorpresa. I due si trovarono ben presto a giocare maliziosamente facendo scontrare le proprie lingue nelle loro bocche, finché Sora non si separò con un gemito e un sorrisetto imbarazzato.
    - Su... buono ora - farfugliò per placarlo, il fiato mozzo.
    - Lo sai come reagisco a questi attacchi a sorpresa - replicò Roxas con aria divertita. Mise la giacca pesante bianca e aspettò che il compagno mettesse la sua, per poi aprire la porta di casa. Notò solo in quel momento, mentre uscivano, la custodia del gioco che avevano comprato due giorni prima: il terzo e ultimo capitolo della saga Key of Life. A vederlo, il biondo sbuffò seccato: si era trovato a incarognirsi contro lo schermo a causa di un boss, Zexion, che aveva sconfitto i loro personaggi pressoché continuamente.
    - Lo sconfiggerai prima o poi - lo provocò Sora facendo capolino dal corridoio del condominio. Lui la prendeva con estrema calma, più che altro perché lo divertiva parecchio vedere Roxas infuriarsi a quel modo. Certo, quando lanciava il controller contro il mobile si divertiva decisamente meno, ma aveva imparato a sopportare anche quei suoi scatti d'ira. Sapeva, dopotutto, che quella rabbia non era certo rivolta a lui. - Ma intanto dobbiamo pensare a cose più importanti -
    - Non avevo nemmeno salvato - borbottò Roxas frustrato. - Tutto l'assedio di Weisshaupt da capo... mi sento male - continuò quasi piagnucolando, poggiandosi pesantemente alla parete dell'ascensore.
    - Be', non è che io me la stessi cavando egregiamente contro Lexaeus, sai - rispose Sora poggiandosi alla sua spalla. L'ascensore del loro condominio di trentadue piani aveva la pecca di essere tremendamente lento, fino ad impiegare quasi cinque minuti per arrivare dal primo all'ultimo piano. Loro stavano al quindicesimo, ma il tempo di attesa era comunque parecchio.
    - Non importa - negò Roxas circondandogli le spalle con un braccio. - Il tuo personaggio almeno non fa costantemente la figura del coglione - Sora rise animatamente, mentre il campanello dell'ascensore segnalava finalmente il suo arrivo.
    - E' il protagonista - sghignazzò aprendo la porta e dandogli un ultimo bacio.
    - Al diavolo - borbottò uscendo con lui dalla cabina. Nel lasciare il condominio salutarono il portiere e quindi si diressero all'auto, un'utilitaria bianca. Si trovava nelle piccole rimesse situate nel cortile del palazzo, anche se tenerla lì costava un extra sull'affitto.
    Il viaggio in macchina fu piuttosto tranquillo, come sempre. Stavolta Roxas lasciò che a guidare fosse Sora, un po' perché era parecchio che non lo faceva e un po' perché a differenza sua, lui aveva dormito decisamente di più. Si poggiò al finestrino, guardando la strada. Quel giorno non avrebbero dovuto lavorare, e per questo avevano pensato di chiamare Riku e Kairi e dirgli che se avessero voluto tenere Cloud per un altro giorno non ci sarebbero stati problemi, tuttavia entrambi avevano convenuto che passare una giornata in pace con lui sarebbe stata un'idea decisamente migliore. A dire il vero, non capivano molto perché i loro amici tenessero tanto a tenerlo, in molte occasioni, in casa con loro per alcuni giorni. Non che a Cloud dispiacesse, ovviamente: era sempre lui infatti ad accettare e in molti casi a proporre di andare da loro. Per lui erano come degli altri zii.
    - Dove potremmo andare? - domandò Sora mentre si avvicinavano al parco.
    - Al wutai - rispose subito Roxas svegliandosi dal torpore. - Cloud adora mangiare wutai. E poi sono tre mesi che non ci andiamo -
    - Potremmo portarci anche la figlia di Riku e Kairi - propose Sora cercando un parcheggio con gli occhi. Erano settimane che non guidava, ma non aveva affatto perso la tecnica.
    - Preferirei evitare - disse Roxas. - Vorrei stare un giorno con nostro figlio, in pace. Non ho nulla contro gli altri, ma è troppo tempo che non abbiamo modo di stare decentemente con Cloud -
    - E' vero - sospirò Sora facendo manovra. - Su, papà - lo incitò voltandosi indietro per controllare la distanza da un'altra macchina. - Non puoi presentarti con quella faccia afflitta -
    - Quale faccia afflitta? - Roxas lo guardò male. - Su, andiamo - sorrise, aprendo lo sportello quando la macchina si fermò.
    Non ci misero molto a trovarli. Riku, alto e statuario, indossava un cappottone nero, jeans chiari e scarponi scuri, e Kairi una giacca imbottita rosa con pantaloni larghi color fumo e stivali alti. La loro figlia, Kira, del tutto identica alla madre da piccola, giocava con Cloud rincorrendosi tra gli alberi.
    Sora, ovviamente, non era in nessun modo imparentato con lui, almeno non per via genetica. Avevano deciso di avere un bambino tramite utero in affitto ed erano anche disposti a far vedere il bambino alla vera madre ogni tanto, ma lei rifiutò totalmente e fece emanare addirittura una diffida per impedire loro il semplice avvicinarsi alla sua abitazione. Per loro fortuna, Cloud non si faceva mai domande, e soprattutto non somigliava per niente alla madre: in tutto e per tutto era identico a Roxas da bambino, e ciò rendeva molto più facile accettarne la presenza. Ormai aveva quattro anni, era sano e forte, pieno di vita. Nonostante tutto Sora si sentiva pienamente suo genitore, anche se mai al livello di Roxas. Cloud stava molto più spesso con lui che con il "vero" padre, soprattutto perché questi insegnava mattina e pomeriggio per arrotondare lo stipendio. Sora aveva uno studio psicologico in casa e non era raro che i clienti vedessero Cloud gironzolare. La sua presenza non li infastidiva, anzi li rassicurava.
    - Papà! - una familiare esclamazione infantile li accolse, seguita da una corsa veloce verso di loro. Roxas prese prontamente il bambino tra le braccia stringendolo forte: era in quei momenti che Sora notava quanto gli volesse bene. Ogni gesto d'affetto che gli rivolgeva era talmente spontaneo e sincero che a volte, seppure a torto, sentiva un pizzico di gelosia; Roxas comunque non gli faceva mai mancare l'amore di cui necessitava, e non era neanche sicuro di provare davvero "gelosia". Forse era solo un desiderio di condividere lo stesso legame biologico che legava padre e figlio. Buffo come lui fosse uno psicologo e non riuscisse a capirsi.
    - Ehi! - esclamò Roxas sollevandolo con facilità e dandogli un bacio sulla fronte. - Allora? Ti sei divertito con Riku e Kairi? -
    - Sì papà - annuì Cloud allegro. Sora sapeva che quando Cloud li chiamava, per non fare confusione chiamava Roxas "papà" e lui "papà Sora" - Riku mi ha fatto guidare la sua moto! -
    - Prima che tu mi incenerisca - intervenne Riku mentre Kairi sghignazzava sotto i baffi - posso assicurarti che avevo tutti i comandi sotto controllo -
    - Ti crederò - rispose Roxas minaccioso.
    - Oh, ecco che parla - disse Kairi indicando un megaschermo che giganteggiava sul parco, adeso al muro di un supermercato lì di fronte.
    Sulla sua superficie si materializzò nitida e senza interferenze l'immagine dell'uomo più potente dell'intero Ivalice. Il mezzobusto presentava il consueto ed elegantissimo completo bianco che portava sempre quando faceva le sue videoconferenze. Sotto il completo portava una camicia nera ben abbottonata e una cravatta color crema. Il suo viso era di carnagione scura, ossuto e con un mento affilato; gli occhi erano di un oro scintillante, mentre i capelli erano color argento scuro, lisci, e scendevano ordinati dietro la teste e sulle spalle. Si chiamava Xemnas, ed era il Custode di Ivalice. Girava voce che avesse trovato il segreto della vita eterna, anche se molti teorizzavano invece che si trattasse di una sofisticatissima Intelligenza Artificiale in grado di formulare intensi discorsi e provare emozioni. La natura del Custode era da almeno trent'anni oggetto di dibattito e la sua figura era genericamente simbolo di fiducia e rispetto, quasi di culto. C'era chi pensava che l'IA fosse basata sull'impronta caratteriale del vero Custode, morto chissà quanti anni prima, o che in realtà fossero dei cloni o dei sosia. Misteri a parte, era una personalità che solitamente restava nell'ombra, ma era in contatto con tutte le più alte personalità ed era in grado di influenzarle con il proprio giudizio, sempre neutrale e rivolto alla pace sopra ogni cosa. Nessuno aveva una minima idea di dove si trovasse, ma sembrava essere ovunque e a conoscenza di tutto.
    - Miei compatrioti, cittadini del mondo - esordì Xemnas con voce calda e profonda, appena distorta dagli altoparlanti del megaschermo. - Un altro anno è passato. Ho parlato con il Presidente Shinra ieri, riguardo al suo tentativo di muovere guerra contro i Wutai. Sono felice di dirvi che ogni minaccia è stata scongiurata e il vostro leader è in viaggio verso l'isola per discutere di nuove trattative commerciali. Io stesso vigilerò pazientemente sull'incontro per accertarmi che nulla vada diversamente dalle nostre aspettative -
    - Negli ultimi cinque anni ha scongiurato quarantadue guerre - disse Roxas tenendo saldamente in braccio Cloud. - Mi chiedo se quell'uomo abbia riposo -
    - Ovviamente no - rispose Riku. - E' sicuramente una dannata macchina. Ci spia in continuazione e interviene a rompere le scatole -
    - Però è anche vero che senza di lui non oso immaginare in che stato ci troveremmo - disse Sora. - La natura umana è così facilmente pronta al litigio e alla guerra che mi meraviglio abbia tutta la pazienza di intervenire ogni volta, IA o meno -
    - Papà, mettimi giù - si lamentò Cloud dimenandosi.
    - Va bene, va bene - sospirò Roxas. - Però vedi di non sporcarti, oggi mangiamo fuori -
    - Noi tre? - domandò il bambino illuminandosi. All'annuire del padre, scappò verso Kairi per prendere la giacca imbottita arancione e metterla in tutta fretta. Sora sapeva che Cloud desiderava passare molto più tempo coi genitori, e gli dispiaceva potergliene dare così poco. Gli anni dell'infanzia erano i più importanti e dovevano essere accompagnati adeguatamente dalla famiglia.
    - Allora andiamo pure noi - disse Kairi prendendo Kira per mano. - E' ora di fare visita ai nonni -
    Kira cercò di protestare, ma alla fine dovette arrendersi. Riku si aggiunse ai saluti, quindi le due famiglie si allontanarono ognuna verso le proprie vetture.

    La giornata era passata benissimo. Cloud era felice di aver mangiato nel suo ristorante preferito, di aver passato metà del pomeriggio a giocare nel campo da calcio con gli altri bambini incitato dai suoi due papà e dagli altri amici. E poi a casa, con le console, arrabbiandosi perché Roxas lo batteva sempre.
    Quella notte, dopo una giornata così piacevole, fare l'amore con Sora era ancora più bello del solito. Il loro bambino era felice, loro erano rilassati e l'indomani avrebbero lavorato con la testa libera dai pensieri. E in quelle condizioni si poteva concentrare facilmente sull'unione dei loro corpi, sulla pelle morbida di Sora, sul calore che sentiva possedendolo con la consueta, decisa dolcezza che caratterizzava le loro notti d'amore. Non volevano assolutamente che Cloud li sentisse, anche a costo di doversi mettere un cuscino sulla faccia per soffocare i suoni. Quando però erano soli erano liberi di lasciarsi andare.
    - Roxas... - mormorò Sora con le guance roventi per il rossore. - Temo.. -
    Toc toc.
    Roxas si bloccò di colpo, sentendo un brivido lungo la schiena. Non era per niente una novità, anzi era già capitato diverse volte, ma ognuna era come ricevere una frustata dritto dove si sentiva meglio.
    - Dai, vestiti - disse Sora cercando di sdrammatizzare. Il biondo si separò a malincuore da lui, rimettendo i boxer e il pigiama bianco il più in fretta possibile.
    - Papà? Papà Sora? - disse timidamente la voce di Cloud dietro la porta chiusa.
    - Un attimo - disse il castano alzandosi dal letto vestito e sistemato, dandosi una riordinata. Andò ad aprire trovandosi davanti il figlio con l'aria spaventata e infreddolita. - Che succede? Un altro brutto sogno? - lui annuì imbarazzato. - Non hai bagnato il letto, vero? - aggiunse incrociando le braccia. Cloud negò con decisione.
    - Smetti di chiederglielo, lo metti in imbarazzo - disse Roxas come pacato rimprovero. - Non lo fa più da quando aveva due anni, eh? -
    - Scusa - disse Sora al bambino. - So che ormai non fai più queste cose -
    - C'era un mostro enorme - farfugliò Cloud a voce bassa, con un pugno premuto sulla bocca. - Gli ho detto che non esiste e deve lasciarmi in pace, ma lui mi seguiva lo stesso... -
    - Accidenti - rispose Roxas assumendo un'espressione strabiliata. - Questi mostri si sono fatti davvero insistenti! -
    - Posso... posso dormire qui? - domandò il bambino guardandoli entrambi con espressione triste e preoccupata. - Solo per stanotte... -
    I due genitori si scambiarono un rapido sguardo d'intesa. Fortunatamente il letto era praticamente immacolato: lui e Sora erano ormai abituati a quelle incursioni notturne, e anche per il loro bene, detestavano avere un letto malmesso.
    - Però sbrigati, o il mostro che t'inseguirà domani sarà la tua maestra - annuì Sora dandogli una pacca sulla schiena. Cloud trotterellò sul letto e si accoccolò immediatamente al padre, che ricambiò carezzandogli la testolina bionda. Sora si intrufolò tra le lenzuola e rimase un po' a fissarlo, dandogli un bacio sulla guancia.
    - Buonanotte - mugolò Cloud già assonnato.
    - Buonanotte - risposero i due.
    Non ci volle molto perché si addormentasse, accucciato accanto a Roxas come un cucciolo, un sorriso beato sulle labbra. Tuttavia il padre osservava il compagno con attenzione.
    - Lo sai che è molto stupido da parte tua, vero? - scherzò allungando il braccio libero e scompigliandogli i corti capelli castani.
    - Sì - ammise Sora sentendosi in colpa.
    - Cloud ama tanto me quanto te. Non hai motivo di preoccuparti di questo - disse rassicurante, guardando entrambi con dolcezza. - E non lo conosci bene - aggiunse.
    Dopo qualche secondo, Cloud si girò completamente verso Sora rimettendosi nella stessa posizione, cercando il padre acquisito con la sua manina, nonostante stesse dormendo. Per tutta risposta, lui lo accucciò delicatamente a sé, mettendosi più comodo sul cuscino.
    - Buonanotte - si mormorarono entrambi, cadendo in un sonno profondo e sereno.

    Roxas.

    Ancora una volta si trovò a svegliarsi all'improvviso, ma stavolta aveva la testa che gli pulsava come se dovesse esplodergli. Così, di punto in bianco, senza un motivo apparente. Facendo attenzione a non svegliare Cloud e Sora si allontanò appena da loro, per poi sgusciare fuori dal letto. Alzandosi si sentì barcollare, mentre la testa pulsava più forte.

    Torna a letto.

    - Le pastiglie... - mormorò sofferente con una mano sulla fronte, massaggiandosi le tempie con il pollice e l'indice nel tentativo di calmare il dolore. Uscì e si diresse verso il bagno, accanto alla camera da letto. Entrando si trovò a incespicare fino al lavandino, con un rumore che rimbombò per tutte le pareti di ceramica verde acqua. Si guardò allo specchio e trasalì. A restituirgli lo sguardo c'era un ragazzo dalle sue sembianze, ma almeno dieci anni più giovane, che lo fissava severamente. Le mani gli tremarono.
    - Che cosa stai facendo, Roxas?! - disse il ragazzo nello specchio.

    Ignoralo. Prendi le pastiglie e torna a letto. La tua famiglia ti aspetta.

    - Sora... - gemette cadendo in ginocchio, faticando persino a reggersi in piedi. - Cloud... -
    La porta si aprì rivelando proprio loro due, spaventati. Cloud corse subito ad abbracciarlo, mentre Sora aprì l'armadietto che stava sopra il lavabo, guardandolo preoccupato.
    - Cos'hai, Roxas?! - domandò il castano con la voce che gli tremava.
    - La testa... - annaspò Roxas. - Allucinazioni... voci... fa male... - sentiva le mani deboli, fredde, impossibilitate ad aggrapparsi a quel freddo lavandino, o alle fragili spalle di suo figlio. Tutto sembrava così lontano, così appannato.

    Loro non sono reali, Roxas! E' Zexion!

    - Silenzio.... SILENZIO! - ruggì cadendo a terra, tenendosi le tempie. La testa stava per scoppiargli. Non sentiva quasi le voci dei suoi familiari, come se tutto il mondo gli si stesse stringendo addosso. Soffocava. Annaspava alla ricerca d'aria. Sentiva un dolore terribile al cuore, come se fosse stato trafitto da qualcosa.
    - Papà...? - la voce infantile di Cloud sembro affondare nella sua testa come una lama. - Che ti succede? - piangeva. Gli occhioni azzurri di suo figlio erano pieni di lacrime.

    Non è tuo figlio.

    Che avesse qualche problema al cervello? No, non era niente del genere, sapeva di stare bene. Doveva essere solo stanchezza. Magari qualcosa che avevano mangiato. Ma non riusciva a muoversi, si sentiva distante e vuoto. Cloud cercava di scuoterlo, tremando per il pianto e i singhiozzi che lo sconvolgevano. Il pianto del suo bambino l'aveva sempre straziato, quando sentiva che erano lacrime sincere come quelle che piovevano sul suo viso in quel momento.
    - Papà... n-non morire... - balbettò stringendo il suo braccio e continuando a guardarlo. - Ti prego... non ci lasciare... -

    Devi lasciarlo.

    - No... - ansimò Roxas. - Non voglio... -
    - L'ambulanza sta arrivando, Roxas! - intervenne Sora entrando in bagno e inginocchiandosi accanto a lui. - Sta' tranquillo... sta' tranquillo... - mormorò prendendogli una mano tra le sue.
    Ma non poteva stare tranquillo. La testa gli pulsò ancora, con più forza di prima. Il suo corpo non aveva più peso. Come se qualcuno cercasse di tirare la sua anima a forza fuori da esso.

    CLOUD STA MORENDO, ROXAS!

    - NOOO!! - esclamò improvvisamente scattando in piedi. Il bagno sparì, anche le lacrime. Tutto divenne buio e senza vita. Come l'immaginazione, poco prima di creare qualcosa.
    E non fu più accanto alla sua famiglia.


    - Io non capisco - disse la voce atona e disgustata di Zexion. Aveva il suo Keyblade in mano.
    Ma certo, ora ricordava. Tutto tornava. Weisshaupt. L'assedio. Zexion con Oblio in pugno...
    Zexion l'aveva ucciso.
    - Non ancora - rispose il Nessuno stringendo l'impugnatura della Chiave. - Tu sei un valente Custode, Roxas. Ti sei battuto con valore... e io volevo regalarti una vita serena come hai sempre sognato -
    - Quello che ho visto... - Roxas ansimava ancora. Sentiva il peso insanguinato delle vesti da Assassino su di sé. Non c'era più la dolcezza del tocco di Sora, la tenerezza di Cloud. Era tutto nero e crudele come prima. - Era il mondo che Xemnas vuole creare? -
    - Esattamente - confermò Zexion mettendo le mani dietro la schiena. - Un mondo perfetto, senza guerre. Senza sciocche discriminazioni. L'umanità dotata di un libero arbitrio controllato, serena, in pace. Xemnas te ne aveva solo parlato, ma ora l'hai visto. Ora sai -
    - Perché mostrarmelo? - domandò il Custode tenendosi una mano sul petto. Ricordava la terribile sensazione di Oblio che gli trapassava il torace. - Perché volete a tutti i costi che io accetti la vostra visione? -
    - Non è per una particolare predilezione nei tuoi confronti - negò il Burattinaio Mascherato, guardandolo freddamente negli occhi. - Il motivo è più semplice di quanto tu creda. Siamo stanchi quanto voi -
    - Stanchi? - ripeté Roxas.
    - Di questa guerra. Di dover massacrare degli stupidi bambini - la voce di Zexion era colma di disgusto. Ma l'oggetto di tale sentimento era tutt'altro che chiaro. - Il cui unico torto verso di noi era quello di essersi affidato a un'entità egoista e vigliacca che si è rinchiusa in se stessa, delegando a fragili forme di vita la propria difesa -
    - Vuoi forse farmi capire che ti senti in colpa? - domandò il Custode incredulo. - E' questo che stai dicendo? -
    - Cosa ci avevano mai fatto quei bambini? - ribatté il Nessuno. - Noi eravamo più forti, adulti, meglio organizzati. E Altair... -
    - Altair ha sempre cercato di difendere i Custodi - lo interruppe immediatamente Roxas. Dopo lo scontro con Xemnas a Minas Tirith aveva spesso paura che l'Organizzazione cercasse di minare la fiducia che avevano nel loro mentore. - Ci ha sempre aiutato -
    - Davvero? - fu la prevedibile risposta. - Lascia che ti illumini, Roxas. Altair è intervenuto davvero a proteggere i Custodi solo quando suo figlio entrò in gioco. Prima di allora si era limitato ad addestrarli. Del fatto di mandare nient'altro che ragazzini tra le nostre fauci non gliene importava assolutamente nulla. E non sono sicuro che attualmente siano cambiate le cose -
    Roxas sbuffò con impazienza. Le parole di Zexion suonavano molto meno taglienti di quelle di Xemnas nella Città Bianca: anzi, sembrava che stesse palesemente bleffando. Stavolta non avrebbe permesso al nemico di farlo vacillare: non voleva vedere altri Draghi morire. Soprattutto perché ormai non ne restavano più.
    - Altair ci ha sempre aiutato e protetto, Ienzo - pronunciò con disprezzo. - Ha fatto l'impossibile per renderci in grado di combattervi e sconfiggervi -
    - Probabilmente perché non aveva scelta - sorrise Zexion.
    Il Custode decise di fare la domanda che lo attanagliava dall'inizio di quella discussione, ma ne aveva paura: era ancora pesantemente provato dall'aver scoperto la vera identità del Burattinaio, e l'idea di affrontare nuove rivelazioni inaspettate lo spaventava. Poteva anche succedere di tutto.
    - Tu sei davvero... - disse fissandolo con timore, ogni parola incrinata come una sottile lastra di vetro, oppressa dal peso insopportabile dell'incertezza. - Un Custode? - L'espressione di Zexion si indurì.
    - Un tempo - rispose il Nessuno con l'amarezza nella voce, distogliendo lo sguardo. - Ero come te - aggiunse guardandolo di traverso, a testa alta. - Un Custode dell'Equilibrio. Un possibile salvatore -
    - Ma tu sei un Nessuno! Come puoi usare il Keyblade se non hai un Cuore?! - scattò Roxas stringendo i pugni.
    - Rixfern non ti ha insegnato nulla? - ribatté Zexion. - Non è l'unico ad aver ingannato Xemnas. A volte i sentimenti possono essere così forti da non poter essere più percepiti. Certi Cuori possono permearsi di un'aura tanto potente da essere insondabile -
    - Cloud nutriva il bisogno di vendetta... - annuì Roxas. Ricordava bene come l'atmosfera, l'aria, quasi il mondo circostante cambiasse quando Cloud era vicino. Il suo odio inspiegabile, il suo bisogno di vendetta, le sue speranze di creare un mondo per sé e la sua Rinoa. Erano emozioni forti, intense, la cui consistenza riusciva davvero a creare una barriera impenetrabile. Nemmeno lui e Altair, nemmeno Naminè, nessuno di loro era riuscito a carpire il battito di quel Cuore sofferente. Nessuno tranne Xion. - Ma tu? -
    Zexion parve esitare per un attimo. I suoi occhi divennero lucidi, il suo sguardo più umano che mai.
    - L'amore - esalò come un sospiro liberatorio. - Ma non un amore che unisce fisicamente due persone, che porta al desiderio - negò portandosi una mano sul petto. - L'amore che si può provare per una famiglia, ecco ciò di cui parlo. Un amore che solo il mio Aeleus mi ha dato -
    - Il tuo... - ripeté Roxas sgranando gli occhi. - Aeleus? Lexaeus? -
    - Si è sempre preso cura di me, da quando finii nelle grinfie di Ansem. Se gli altri apprendisti mi maltrattavano, lui mi difendeva - disse Zexion teneramente, accarezzando quei pensieri con un tono di voce velato e affettuoso. - Ero sempre stato debole e fragile. Lui era la mia forza. Senza di lui ero perduto - impedì a Roxas di controbattere alzando una mano. - Lui era per me padre e fratello, amico e sostegno. Quando il Kingdom Hearts si manifestò sul nostro mondo con tutta la sua terrificante potenza, lui perse il suo Cuore ma difese il mio. Ero solo un bambino, Roxas. Un bambino a cui improvvisamente era stato dato il compito di fermare l'unica persona che mi avesse dato la forza di vivere - strinse Oblio nella mano come se cercasse di spezzarlo. - Non avrei mai potuto farlo. Sono dovuto crescere. Ho dovuto fare le mie scelte -
    - E la tua famiglia dov'era? - domandò prevedibilmente il Custode. - Uccisi? Dispersi? -
    - La mia famiglia d'origine era una provetta. Ansem era sterile, ma dava la colpa a sua moglie - non si preoccupava neanche di nascondere il proprio disgusto per quel nome. - Aveva bisogno di un figlio -
    - Tu... - Roxas barcollò. La figura di Ansem sembrava farsi sempre più presente. Se prima era solo uno spettro, un uomo che aveva distrutto innumerevoli vite con la propria cieca ignoranza, adesso era reale, tangibile. Una minaccia palpabile. Un uomo con una morale indecifrabile. - Sei il figlio di Ansem - disse, quasi per confermarlo a se stesso.
    - Non che mi abbia mai riconosciuto come tale - sbuffò Zexion. - Non gli piacevo. Mi ha gettato come un giocattolo rotto tra le mani di Even. Ma Aeleus mi ha salvato da una vita come cavia. Il mio Aeleus mi ha reso una persona -
    - Ienzo... - Roxas non trovava parole.
    - Compatisci il tuo nemico? - lo derise il Burattinaio. - Non occorre, Roxas. Non ho bisogno di essere compatito. Ma se vincerai tu, saranno persone come Ansem a guidare questo mondo. Quindi non posso lasciarti vivere - gli puntò il Keyblade addosso, e Roxas fremette. - Xemnas merita questo ruolo. E io glielo permetterò. Non ci saranno altri Ienzo - si voltò in un fruscio drappeggiante. - Svegliati -

    Il soffitto disastrato della camera da letto di Weisshaupt lo accolse nel suo ritorno al mondo reale. Gli occhi gli bruciavano, così come la ferita al petto. Gemette di dolore mentre tentava di rialzarsi, rendendosi conto di essere immobile e con il corpo indolenzito dal combattimento. Quanto tempo era passato? Il sole non sembrava molto alto, o forse era il grigiore del cielo a rendere tutto una distesa uniforme color cenere.
    - Sta' giù - disse una voce femminile. Solo in quel momento sentì appena il peso di due esili mani sulla parte ferita del torace. Un'energia azzurrognola si irradiava dentro di lui come fresca acqua di sorgente, irrorando la sua carne e liberandola dalla sofferenza. Il respiro di Roxas era debole e tremolante, ma si riprendeva in fretta.
    Poi, improvvisamente, la realizzazione: scattò a sedere, guardando la sua ospite negli occhi. Erano arancio e aveva una lunga chioma rosea, tutta scompigliata e tenuta a malapena da diversi fermagli sparsi qua e là.
    - Voi siete Kururu! - esclamò guardandola con gli occhi spalancati. - Non eravate andata attraverso il portale con tutti gli altri? O è solo un'altra illusione? -
    - Stai tranquillo - intervenne una voce infantile, da bambino. C'era anche Vivi. Come Kururu e Roxas aveva il viso sporco di cenere e fuliggine e gli abiti anneriti e insanguinati. - Non potevamo restare indietro - aggiunse reggendosi al bastone. - Dovevamo aiutare -
    - Tu sei indispensabile per salvare mio fratello - rispose Roxas preoccupato. - Se ti accadesse qualcosa... -
    - Non accadrà - aggiunse qualcun altro. E stavolta il Custode non ne fu sorpreso, anzi: era l'unica persona che avrebbe voluto davvero accanto a sé in quel momento, a parte Cloud e Vanitas, ovviamente.
    - Allen - sospirò con un sorriso rassegnato. - Ci sei tu dietro tutto questo, vero? -
    - Stai scherzando, spero - ridacchiò Allen. - Mi hanno trascinato loro qui, io già pregustavo un letto comodo e una bella Ninfa a coccolarmi! -
    Ne era sollevato, nonostante le sue preoccupazioni. Senza il loro intervento sarebbe morto davvero, e probabilmente in via definitiva stavolta. Tuttavia ricordava bene le parole di Ventus.
    - Cloud? Vanitas? - chiese. Se davvero Cloud era in pericolo...
    - La priorità era salvare te, ma siamo riusciti a distrarre quella belva di Lexaeus facendogli cadere un po' di pietre addosso. Quando abbiamo visto Zexion riunirsi al suo inseparabile armadio da compagnia, abbiamo capito che dovevi essere conciato male - spiegò Allen guardando fuori dalla porta della stanza. - Se hai finito di rilassarti, propongo di eliminare quei due e trovare il modo di lasciare questo dannato castello -


    Sapeva che non avrebbe dovuto farlo. Sapeva bene che il piano era diverso, che Vanitas avrebbe dovuto affrontare Lexaeus da solo mentre lui si sarebbe impegnato a uccidere Zexion quando avesse preso il controllo della mente di Roxas. Ma non ce l'aveva fatta. Il pensiero di Vanitas in pericolo aveva scatenato in lui un istinto che non provava da dieci anni, e così si gettò d'impulso contro Lexaeus; il combattimento fu feroce, spietato e brutale. Entrambi muovevano le gigantesche spade come se non avessero peso, ogni scontro tra le lame causava scintille e clangori. Cloud fu contento di non aver lasciato Vanitas da solo. Finito il combattimento contro i Mangiamorte, che erano ormai tutti morti o fuggiti, si era accasciato a terra privo di forze ai piedi del trono di Andraste, del tutto impossibilitato a reggere un altro scontro e per giunta con Lexaeus. Tuttavia, con sua immensa vergogna, nemmeno lui era riuscito a ferirlo davvero. Nonostante ce l'avesse messa tutta e fosse addirittura arrivato a disarmarlo, la pelle del Nessuno sembrava dura come la pietra e ugualmente resistente: non poteva fare a meno di chiedersi come avesse fatto a perdere una mano quando quell'Assassino, Ezio, lo affrontò nei loro primi tempi di permanenza in quel nuovo mondo.
    Un rivolo di sangue caldo gli scendeva da qualche parte della testa, fino all'occhio sinistro, gocciolandogli davanti alle palpebre e macchiandogli anche la guancia. Altro sangue gli usciva dal braccio sinistro. Aveva dappertutto lividi e contusioni, forse anche una costola rotta. In un impeto di furia animale, Lexaeus gli aveva afferrato un braccio a l'aveva sbattuto violentemente contro il muro, per poi tirargli un pugno dritto sul torace con potenza devastante. Come faceva ad essere ancora vivo?
    Fu un crollo improvviso a salvargli la vita. Decine di grossi frantumi di malta e granito caddero sul Nessuno, dando il tempo al Custode del Caos di sfuggirgli e cercare di prendere Vanitas. Ma non aveva notato Zexion, che si avvicinava con un Keyblade in mano. E non un Keyblade qualunque, bensì quello di Roxas. Non ebbe certo il tempo di meravigliarsi: con una frustata nell'aria una gigantesca voluta di fuoco si stagliò sulla sala del trono come un immenso serpente arancio-oro, arroventando l'aria circostante. L'espressione di Zexion era contratta da una rabbia incalcolabile, e quando sferzò con il Keyblade spedendo il serpente di fuoco su di loro, sembrò tagliare in due l'aria stessa.
    "CORRI!" aveva detto Vanitas, esausto e affaticato, abbarbicato alla sua schiena. Cloud incespicò e zoppicò trascinando la Buster Sword sul pavimento, con le gambe che protestavano e il sangue che si incrostava sulla sua pelle per l'aria diventata un'irrespirabile veleno fiammeggiante. Sentì il morso del serpente proprio dietro di sé e corse con tutte le forze che gli restavano, attraversando una porta laterale poco prima che l'incantesimo si infrangesse sul muro circostante: una violenta fiammata spazzò via quel che restava del legno e frantumò il muro opposto in linea retta, prima di svanire. Cloud brandì la Buster Sword, conscio di essere con le spalle al muro mentre continuava a cercare una via di fuga.
    Poi, dalla sala del trono udì un crepitare e diversi grugniti.
    "E' ancora vivo..."
    - Aeleus - disse Zexion quasi sollevato. La sua voce riecheggiava nel nulla della Weisshaupt distrutta. - Grazie al Creatore stai bene - se Lexaeus, o Aeleus, aveva risposto, lui non lo sentì. - Devo tornare a occuparmi di Roxas. A quanto pare abbiamo qualche altro ospite in questa montagna di muffa -
    Spazzaterra vibrò nell'aria, tornando presumibilmente nella mano del suo proprietario. Il che voleva dire che presto sarebbe tornato a dar loro la caccia.
    - Devo lasciarti qui, Vanitas - disse Cloud deponendo l'Unversed alla base di una scalinata. - Riesci a raggiungere la terrazza? -
    - Posso camminare - annuì Vanitas rialzandosi barcollante. - Ma tu... -
    - Ti farò guadagnare tempo - sorrise lui. - Zexion deve morire, Vanitas. Il frammento dell'anima di Roxas, assieme a quello che custodisci tu, gli permetteranno di fronteggiare Lexaeus -
    Vanitas non ebbe il tempo di meravigliarsi di come ne fosse a conoscenza. Dubitava però di averglielo detto.
    - Ma se nemmeno tu... - protestò debolmente, deglutendo.
    - Cercherò di renderlo più docile per l'arrivo di Roxas - disse Cloud rassicurante. - Tu pensa solo a raggiungerlo. Aiutalo contro Zexion, se riesci -
    - Cloud, non riuscirai a convincermi di stare andando a morire - replicò Vanitas sentendo le labbra bruciargli inspiegabilmente. - Smetti di parlare così -
    Cloud non disse altro. Lo tirò a sé per un braccio con una forza tale da fargli male, e si trovò a incontrare le sue labbra ancor prima di potersene lamentare. Strizzò gli occhi per fermare le lacrime che cercavano di uscirgli, per poi correre su per le scale, senza guardarsi indietro. Cloud non sarebbe morto.
    Cloud non sarebbe morto.


    Kururu e Vivi lasciarono da soli Allen e Roxas per andare ad aiutare Cloud e Vanitas. Roxas era abbastanza pronto per affrontare nuovamente Zexion, e adesso aveva anche qualcuno con cui poter realizzare la sua strategia: Allen era in grado di ribellarsi alle illusioni molto più facilmente grazie al suo occhio sinistro, quindi sarebbe stato un valido alleato.
    - Dove sono i miei Keyblade? - domandò incerto guardandosi intorno. - Uno ce l'ha Zexion... -
    - Zexion?! - ripeté Allen. - Ma come... -
    - Spiegherò dopo - disse Roxas tagliando corto. - Quello bianco, Giuramento, credevo fosse caduto qui -
    - Non l'abbiamo visto - rispose Allen. - E' possibile che lo abbia Zexion? -
    - No -
    I due si voltarono di scatto, orripilati.
    Zexion era nella stanza, con loro. Come avevano potuto non sentirlo arrivare?
    - Probabilmente sarà caduto da qualche parte, magari di sotto. Non riesci a chiamarlo? - proseguì con un sorriso di scherno sul viso. - Forse perché l'ho toccato io. Il Drago deve aver riconosciuto che il mio valore è superiore al tuo - Oblio fu puntata contro il suo precedente padrone. Roxas strinse i pugni e scattò d'istinto all'impugnatura di Narsil. - Arrenditi, Roxas. Fallo per te stesso - sospirò Zexion. - Continuare a combattere ti porterà solo altro dolore, e non sarà per niente facile sopportarlo -
    - Affronterò qualunque cosa, pur di impedire a Xemnas di sacrificare miliardi di vite per il suo piacere personale - ribatté il Custode sguainando Narsil battagliero. - E questo include anche te. E tutti quelli che verranno dopo -
    - Noi non siamo la vera minaccia. Ma lo imparerai troppo tardi - Zexion scosse la testa. -E non sono le armi, quelle che devi temere. Il dolore ha altri modi per colpire, e la tua anima non ha armature -
    - Allora aiutateci contro la vera minaccia! - esclamò Roxas d'impulso. - Sei un Custode, Zexion! E' con noi che devi stare! Se non vuoi affrontare Lexaeus, allora unitevi a noi entrambi! -
    - Tu non capisci - il Burattinaio sorrise, ma più che prenderlo in giro sembrava comprenderlo. - Io non sono il Custode del Kingdom Hearts. Sono il Custode di Xemnas. Il suo sogno è il mio sogno. Sono il suo ultimo baluardo contro ciò che lo insidia. E come lui ha bisogno di me, io ho bisogno di lui. Della sua guida, della sua visione! Lui è l'unico che può salvare i mondi da se stessi! -
    - Allora vai fermato, Zexion - Roxas mise Narsil in resta. Allen tirò fuori la spada della Crown Clown dalla mano, come aveva imparato a fare negli ultimi mesi.
    - No, Roxas - negò Zexion, freddo e improvvisamente atono. - Tu vai fermato -
    Scattò.
    Un'inaspettata leggiadria colse del tutto impreparati i suoi due avversari: Zexion usava Oblio come se gli fosse sempre appartenuto, con una maestria impareggiabile. Riuscì a volteggiare elegantemente tra i colpi di spada, schivando e parando senza il minimo sforzo, tirando fendenti diretti e precisi, costringendo più volte Roxas e Allen a indietraggiare e cercare altri punti d'attacco. Ma dove non giungeva la sua spada giungeva un calcio, o un pugno o un'altra schivata.
    Incontrando costantemente le due spade, Zexion riusciva a tenerli entrambi in scacco, in allerta, con attacchi imprevedibili che non gl'importava se andassero a segno o meno. La lama di Allen era troppo grande e scomoda da usare in quello spazio ristretto, e il Burattinaio immaginava bene che avessero in mente di fargli usare a tutti i costi le illusioni per ucciderlo alle spalle. Ma una cosa del genere era ben lungi dal potersi verificare: ora che aveva nuovamente un Keyblade non avrebbe avuto motivo di usare ancora le sue arti illusorie contro i nemici. Roxas era quello che riusciva a metterlo più in difficoltà: Narsil era una spada relativamente più piccola e comoda da usare in quegli spazi angusti, perfetta per quello scontro.
    Zexion piroettò a mezz'aria, dando un calcio ad Allen e facendolo cadere a terra dopo averlo fatto girare su se stesso: mentre l'Esorcista cercava di rialzarsi, Roxas ingaggiò l'avversario in un duello serrato, colpo dopo colpo, una spada leggendaria contro l'altra. Alto, basso, dritto, rovescio, Zexion le parava tutte, ma anche Roxas. Era uno stallo incredibilmente dinamico, scandito dal clangore ferroso delle due armi e dalla rabbia del Custode. I due si equivalevano in potenza e velocità, nonostante la bassa statura di Zexion lo avvantaggiasse ogni volta che mirava basso, tentando di falciargli le gambe.
    Roxas parò un fendente basso e riportò Oblio verso l'alto per tentare di infrangere la sua guardia, ma Zexion si limitò a fare un balzo indietro per ristabilirla: il corridoio sembrava non finire. Il Custode menò un forte fendente per far barcollare l'avversario, ma il Burattinaio lo incontrò a metà strada, facendo slittare entrambe le armi sul muro con un forte stridore; Roxas avvertì i brividi salirgli lungo il braccio, mentre cercava di riequilibrarsi. Parò un fendente dall'alto di Zexion e riuscì ad assestargli un calcio all'addome, spingendolo indietro barcollante; ne approfittò per tentare di trafiggerlo, ma Zexion si limitò a girarsi per poi estendere il braccio armato verso il suo volto colpendolo con l'elsa del Keyblade.
    - Ti stai sbizzarrendo, vedo - ridacchiò Zexion. - L'idea di uccidere un essere umano ti piace tanto? -
    - Nel tuo caso, posso mettere la morale da parte - rispose Roxas scattando tirandogli in pieno una testata sul naso: Zexion indietreggiò, ma non lo fece passare oltre. Batté la punta di Oblio a terra e respinse un affondo definitivo con un'onda d'urto che scaraventò il Custode contro una parete, facendogli sfondare il telaio di una finestra. Allen accorse riuscendo finalmente a trovare uno spiraglio per attaccare, ma Zexion puntò Oblio verso di lui lanciandogli un'altra onda d'urto, concentrata nelle dimensioni di un pugno: colpì l'Esorcista con forza inaudita, portandolo a schizzare dall'altra parte del corridoio, completamente opposto all'amico. Ma Zexion non aveva ancora terminato. Si rivolse nuovamente su Roxas, puntandogli Oblio contro. La sua punta sfrigolava.
    - E ora, ti farò capire quanto hai perso - sibilò. Dalle pietre uscirono legacci di roccia simili a serpenti, che lo incatenarono dove si trovava, impossibilitandolo a muoversi anche di un centimetro. Cercò di romperli, di forzarli, gemendo e annaspando nello sforzo, invano. - Cominciando dall'Esorcista. Ma sarò gentile. Non sarai costretto a vederlo morire -
    - FERMO! - latrò Roxas, furioso e spaventato al tempo stesso. Fino a poco prima era contento che Allen fosse lì a combattere al suo fianco. E adesso era stato liquidato come se nulla fosse. Zexion l'avrebbe ucciso. Per colpa sua. - TORNA QUI, ZEXION! COMBATTI! -
    - Dopo - rispose Zexion, allontanandosi verso Allen con passi lenti e inesorabili.


    Lexaeus spuntò poco dopo. Era praticamente illeso, nemmeno la roccia era riuscita a fermarlo. Cloud sollevò il suo Keyblade, pronto ad un altro duello all'ultimo sangue con il nemico più coriaceo che avesse mai affrontato. Sebbene le sue mosse fossero facilmente prevedibili, era la sua incredibile resistenza il problema. Era come se fosse avvolto da un'aura ineffabile che rendeva ogni suo colpo inutile: colpire Lexaeus era come colpire la roccia. Buster Sword slittava sulla sua pelle senza scalfirla. Eppure non ricordava l'Eroe del Silenzio così forte, nei suoi tempi di permanenza nell'Organizzazione. Cominciò a chiedersi quante cose gli avessero nascosto i Nessuno... e quanto fosse stato stupido a credere di averli ingannati.
    - E va bene - rantolò col respiro pesante, incurante del sangue rappreso sulla pelle, della stanchezza, delle ferite. Forse non sarebbe riuscito a uccidere Lexaeus, forse sarebbe morto praticamente subito, ma doveva provare. Doveva fare in modo che Vanitas e Roxas sconfiggessero Zexion. E poi sarebbe stato tutto più semplice per loro... - A chi la spunta prima, bestione! -
    Raccolse tutte le forze che gli restavano, invocando il potere del Caos, lasciando che le brillanti fiamme color ametista circondassero e pervadessero il suo corpo esausto. Poteva sentire il respiro di Nythera attraverso la lama, che vibrava di una nuova e flebile potenza. Non sarebbe durata a lungo, non in quelle condizioni, ma sarebbe riuscito quantomeno a ferirlo. Aveva funzionato con quell'enorme Colosso, perché non con il suo creatore?
    Lexaeus si preparò a scattare.
    Cloud fece altrettanto.
    Le due spade si scontrarono con tremenda potenza, spedendo il contraccolpo su per le braccia di entrambi i combattenti: con uno slancio si separarono, per poi riprendere a combattere con colpi verticali dal basso o dall'alto, dovendo concentrarsi di più sulle schivate che sugli attacchi veri e propri. Ma a un certo punto Lexaeus, spazientito, iniziò a vibrare fendenti con forza mostruosa, sfondando i muri di granito come se fossero di cartone. Cloud deglutì ad occhi spalancati, sentendo le gambe minacciare di cedergli, ma non si perse d'animo e riprese ad attaccare approfittando degli enormi spazi vuoti lasciati dallo Spazzaterra. Più e più volte i due si incrociavano in uno scontro di sopraffazione, ma finivano sempre per doversi ritrarre entrambi e riprendere a scambiarsi colpi a ritmo serrato.
    Cercò di colpire Lexaeus al fianco o alla testa, dove sperava fosse più vulnerabile, ma il tomahawk raggiungeva la sua spada ovunque si dirigesse e la faceva scivolare sulla propria gigantesca lama, respingendo ogni attacco con facilità. E per di più, il Nessuno non mostrava il minimo segno di stanchezza. Cloud urlò e caricò ancora e ancora, portando ogni colpo con tutta la forza che poteva, ma essa iniziava a mancargli. Le fiamme ametista si facevano sempre più deboli dopo nemmeno cinque minuti di scontro. Era davvero allo stremo, ormai. Le braccia gli dolevano, ma non poteva arrendersi né fuggire: portare Lexaeus là sopra sarebbe stato un errore terribile.
    Poi i suoi sensi cedettero.
    Non riuscendo a prevedere una finta, Cloud partì per parare un colpo che non sarebbe mai arrivato: al suo posto giunse l'enorme mano di Lexaeus a brancargli la faccia, afferrandolo per la testa. Cloud fu scosso da un dolore acutissimo alle spalle e al petto, mentre afferrava il polso del Nessuno cercando di divincolarsi. Sentiva la polvere di granito salirgli e scendergli per le narici, provocandogli l'istinto di tossire. Lexaeus mosse il braccio con violenza spaventosa, sbattendo Cloud contro il muro fino a imprimerlo tra i mattoni: un'altra scossa di dolore indicibile accompagno il gesto, minacciando di far svenire il Custode del Caos. Ma l'istante dopo il suo avversario chiuse la mano a pugno, e nella frazione di secondo successiva, Cloud tentò di indurirsi per attutirne l'effetto in qualunque modo. Non poteva schivare, non poteva contrattaccare. Concentrò tutte le forze che gli restavano per formare un minimo scudo...
    E poi il mondo divenne un inferno rossastro per un'apparente infinità.
    Il pugno infranse le deboli difese che aveva eretto abbattendosi inarrestabile sul suo torace; Cloud sentì le sue ossa scricchiolare dalle costole alla spina dorsale e gli organi minacciare di uscirgli dalla bocca, il sapore ferroso del sangue in gola. Il muro non resse il colpo per sua fortuna, e Cloud fu scaraventato di nuovo nella sala del trono, rotolando e urlando per il pavimento, macchiandolo del sangue che gli usciva copiosamente dalla bocca. Il suo percorso fu fermato da uno dei bracieri contro cui andò a sbattere, accompagnando l'impatto con un'altra esclamazione di puro dolore.
    Il suo corpo tremava.
    Vedeva a malapena. Lexaeus attraversò il muro con un balzo, atterrando pesantemente davanti a lui. Cloud sapeva che stavolta non avrebbe potuto fare assolutamente nulla per fermarlo. Non riusciva nemmeno a muovere un dito, figurarsi richiamare la spada.
    Non si era mai sentito così sfinito, così vulnerabile. Almeno, non da cosciente. Zexion aveva distrutto la sua mente, ma in quel momento essa funzionava benissimo, cosa che dubitava invece per il suo corpo. Probabilmente la sua spina dorsale era tutt'altro che integra, per non parlare delle costole e dei suoi organi interni. Non riusciva nemmeno a respirare come si doveva. Ogni boccata d'aria sembrava mandargli lame affilate e gelide nei polmoni, se ancora potevano definirsi tali.
    Spazzaterra tornò sibilando nell'aria, nella mano del suo proprietario, ormai pronto all'affondo finale.
    "Vanitas..." pensò. Ormai doveva essere riuscito ad arrivare da Roxas, nonostante il suo stato. Camminava con lentezza esasperante, ma dopotutto era stanco e sfinito come loro. Era passato abbastanza tempo, però. Zexion doveva essere morto. Doveva assolutamente esserlo. Aveva fatto il possibile.
    Era strano, però. Solitamente in quei momenti si ripensava inevitabilmente alla propria vita, a ciò che si era fatto. Ma dopotutto lui aveva ripensato continuamente alle sue scelte, giuste o sbagliate che fossero. La sua testa era sempre stata invasa dal risentimento e dalle ansie, dai desideri e dalle paure, fino a fargli venire il mal di testa: Rinoa, Xemnas, Vanitas, la vendetta, il mondo che voleva creare, quel cambio improvviso di eventi e lo scoprirsi del tutto vulnerabile e ingenuo, e tante, troppe altre cose che non facevano che peggiorare il suo stato d'animo. Ormai non aveva senso continuare a pensare. Era meglio rilassarsi, spegnere il cervello e lasciarsi andare all'abbraccio della morte... non poteva fare nient'altro. Però sperava: da qualche parte, in qualche mondo, un piccolo Cloud doveva sicuramente essere cresciuto felice con la sua famiglia. E ovviamente, sperava che Vanitas e Roxas potessero farcela.
    Aveva fatto il possibile.

    - Prenditela con qualcuno della tua taglia, b-bestione! -

    Era un bambino quello che aveva parlato? Avrebbe tanto voluto vedere, ma non poteva girare la testa. Sentì qualcosa di glaciale scorrergli nel corpo, alleviargli il dolore. Forse stava davvero morendo, infine. Però era così strano... lo faceva sentire meglio. Così tanto che poteva sentire nuovamente l'impulso di muoversi e di poterlo fare davvero! Le sue dita si stringevano ancora, riusciva nuovamente a sentirsi le gambe, e quel refrigerio sembrava aumentare. Sentì la pressione di mani amiche sulla schiena, mentre anche la respirazione tornava nuovamente agevole.
    - Appena in tempo...! - esalò una voce femminile, stanca, che aveva già sentito.
    - La... Ninfa..? - biascicò sentendo ancora dolore nel passaggio dell'aria. Ma dopotutto era già tanto che potesse ancora parlare.
    Sentì dei rumori simili a spari, e voltando appena la testa vide un ragazzino dai capelli neri con un largo cappotto blu che agitava un bastone, producendo quei suoni ad ogni sferzata.
    - Sta... affrontando Lexaeus... da solo? - realizzò orripilato. - E' pazzo?! -
    - Vivi è forte - assicurò Kururu continuando a dare fondo ai propri poteri. - E Lexaeus è un avversario perfetto per un mago dotato -
    E infatti ogni volta che Vivi muoveva il bastone, Lexaeus interrompeva qualunque movimento barcollando all'indietro. Il ragazzino cambiava costantemente i propri movimenti per non essere prevedibile, e Lexaeus perdeva terreno, continuando ad indietreggiare. Non riusciva a muovere un muscolo senza che Vivi gli lanciasse un altro di quegli incantesimi, probabilmente onde d'urto di sorprendente potenza.
    Il piccolo mago mosse il bastone con più enfasi e velocità, lanciando in pochi secondi diverse onde contro l'avversario: Lexaeus continuava ad arretrare, la sua pelle del tutto inutile contro i danni di quegli incantesimi semplici ma efficaci. E Vivi si muoveva come se lo stesse percuotendo corpo a corpo, creando uno schema di attacchi che faceva costantemente perdere l'equilibrio al Nessuno. Se la sua voce sembrava spaventata, il suo modo di combattere non lo dimostrava. E dopo diversi tentativi, finalmente Lexaeus perse la sua statuaria fermezza, finendo per cadere goffamente all'indietro: Vivi roteò il bastone come a caricare un colpo e scagliò un'onda d'urto più potente di tutte le altre dritta al suo addome, sparando il gigantesco nessuno attraverso il trono come un proiettile e facendolo incagliare nel muro. Quindi il ragazzino sollevò magicamente tutte le pietre che poteva tra i detriti e i rottami della fortezza, scagliandole a gran velocità contro Lexaeus, che in breve si trovò solo e disarmato contro una pioggia di granito, fino a venirne sommerso. Il ragazzino lanciò un'esclamazione di gioia.
    - Puoi alzarti? - disse Kururu. - Dubito che lo terremo a lungo -
    - Sì... credo di sì - rispose Cloud, rimettendosi faticosamente in piedi. Sentiva ancora dolore, ma molto meno. E poi poteva camminare. Tese la mano tentando di richiamare la Buster Sword, ma udiva a malapena la sua risonanza. Non poteva fare a meno di chiedersi come fossero arrivati lì... avevano forse rinunciato all'evacuazione? E come sapevano che si trovasse proprio in quella sala? Sentiva l'odore di Vanitas in quella faccenda, e non poteva che essergli immensamente grato.
    - Andiamo, Vivi! - chiamò la Ninfa, impaziente di allontanarsi il più possibile da quella bestia feroce.
    - S-sì - ubbidì il bambino, allontanandosi e facendo da retroguardia. In un vibrante sibilo, la Buster Sword raggiunse il suo padrone.
    Cloud si ritenne tremendamente fortunato.


    Allen cadde a terra, ansante. Crown Clown era lontana, inutile. Roxas era ancora bloccato, lo sentiva urlare. Non aveva fatto altro che chiamare Zexion, sfidarlo, insultarlo, provocarlo, ma niente lo smuoveva. Il Nessuno... no, non era un Nessuno. Era un Custode, aveva un Cuore. Ma Allen se ne accorse quando la sua spada, invece di ucciderlo o quantomeno ferirlo, non gli fece un graffio. Lo attraversò, come se fosse incorporeo. Come accadeva solo contro gli esseri umani.
    E il contrattacco fu presto soverchiante. Il Keyblade non poteva uccidere una persona normale, ma poteva comunque infliggere dolore, e parecchio: se ne rese presto conto quando, un fendente dietro l'altro, Zexion ebbe presto la meglio e lo ridusse in ginocchio.
    Ricevette un calcio sui denti, sentendo presto la bocca riempirsi di sangue: cadde a terra, e a quel punto un altro calcio lo raggiunse all'addome. Cercò di allontanarsi alla ricerca di un qualunque oggetto contundente, ma una mano invisibile lo sollevò, scaraventandolo contro una parete talmente fragile e debole da sgretolarsi non appena le finì addosso. E si trovò a galleggiare a mezz'aria.
    - Roxas non ti vedrà morire - assicurò Zexion, ma Allen capiva perché: il Burattinaio era tra i due, coprendo la visuale di entrambi. - Ma ti sentirà - disse alzando la voce. - E' un bel volo, da quest'altezza! - non mentiva. Un vento gelido sollevava polvere e stralci di tessuto nel corridoio, mentre l'Esorcista sentiva il terreno iniziare a mancargli sotto i piedi.
    Un improvviso crepitio cambiò la situazione: Allen non riusciva a capire a causa del rintontimento provocato dall'urto, ma a giudicare dall'espressione di Zexion, dall'altra parte stava succedendo qualcosa.
    - Tu... - Zexion spalancò gli occhi, esterrefatto. Allen faticò a trattenere un'esclamazione di gioia: intorno a Roxas bruciava una fulgida aura di fuoco bianco.

    Vanitas aveva incontrato Kururu e Vivi a metà strada, e nonostante le sue proteste, lo curarono. L'Unversed, dopo averli indirizzati immediatamente da Cloud, continuava a pensare a qualche modo per aiutare davvero Roxas, ossia restituendogli il frammento della sua anima, ma non capiva in che modo farlo. E nessuno dei due aveva risposte adeguate. Continuò a salire, sentendo la tensione montargli in petto. In quel momento non aveva la minima idea di come potesse aiutare ad affrontare Zexion, se non distraendolo in qualche modo.
    E poi vide Roxas legato al muro, urlante e furibondo, e Zexion che combatteva con Allen avendone facilmente la meglio. Si trovò paralizzato sul posto. Non sapeva come agire. L'unica cosa che avrebbe potuto fare si rifiutava completamente di farla. Forse in altre circostanze ci sarebbe riuscito, ma non dopo quell'addio così straziante ricevuto da Cloud. Non poteva tradire quel gesto così, nemmeno se facendolo avesse salvato il mondo intero. E il suo cuore sembrava esplodere. Doveva fare qualcosa, ma solo Roxas poteva uccidere il loro nemico, in quella stanza. Non aveva più nemmeno un'arma, non aveva le forze di richiamare i Nazgul, aveva solo quel frammento. Perché l'aveva accolto dentro il proprio cuore, se non poteva più farlo uscire? Perché era stato così stupido?
    - Roxas... - mormorò, richiamando appena la sua attenzione.
    - Vanitas...? E Cloud? - rispose Roxas, la sua espressione che si contraeva dalla rabbia e dall'impotenza mentre Allen pativa il dolore dello scontro.
    - Non dobbiamo pensarci - disse Vanitas deglutendo. - Io ho il frammento di Lexaeus... -
    - Tu cosa? - gliel'aveva già detto? Forse sì, forse no. Non ne aveva la minima certezza. Eppure, in quel momento, gli sembrava una notizia mai sentita. E giungeva proprio al momento giusto.
    - Ma non so come dartelo! - ammise l'Unversed muovendosi inconsciamente verso di lui. - Mi viene in mente solo un modo, ma non intendo farlo -
    - Io... forse ho un'idea - pensò velocemente Roxas facendo mente locale. - Mi basta che tu sia abbastanza vicino... Potresti rompere questi affari? - indicò i legami di pietra che lo tenevano imprigionato. Cercava di mantenete un tono calmo, ma Vanitas capiva quanto fosse impaziente e preoccupato. Ansimava ed era madido di sudore, indebolito, ma ancora intenzionato a combattere. E lui doveva pur aiutarlo, in qualche modo. Si avvicinò e pose una mano su uno dei legami, quello che conteneva il braccio destro di Roxas, concentrando in essa tutta l'Oscurità che poteva: aveva già fatto uno sforzo incredibile per dirigere i cadaveri Unversed e i Nazgul in modo che avessero un maggiore effetto contro i Mangiamorte, ma riuscì comunque a ridurre a liquame nero la pietra, facendola piovere disgustosamente a terra. Lo sforzo tuttavia lo fece barcollare.
    - Scusa Roxas - sospirò tenendosi al muro. - Ma temo che siamo tutti al limite -
    - Lo so - sorrise il Custode. - Ma non preoccuparti, un braccio mi basterà. Avvicinati -
    Vanitas si avvicinò dubbioso. Anche Roxas aveva notevoli dubbi sull'azione che stava per compiere. Sarebbe stato pericoloso quanto ucciderlo, probabilmente, ma se fosse riuscito a contenere l'assorbimento avrebbe lasciato l'Unversed solo un po' intontito, ma comunque vivo. Ricordava ora che forse Cloud gliel'aveva accennato, prima della battaglia: non ne capiva il motivo, però. Forse credeva che avrebbero combattuto per Vanitas? Non ne era davvero convinto. Ma in quel momento non aveva idea di come prendere quel frammento senza fare del male a Vanitas. Preso com'era dalla foga di salvare Allen però, la soluzione gli era giunta chiara come il sole nel giro di pochi istanti.
    - Così va bene? - domandò l'Unversed guardandolo incerto coi suoi occhi dorati.
    - Sì. Ti prego... non allontanarti - mormorò Roxas.
    Vanitas sussultò: la mano di Roxas, che da sola gli abbracciava un pettorale e la relativa spalla, scattò sulla zona del suo cuore e sembrò attaccarglisi come una ventosa. Sentì come se qualcuno stesse scavando nel suo Cuore, facendolo a pezzi lungo la strada. Le sue mani tremarono mentre istintivamente scattavano al suo polso per liberarsi da quella presa, ma cercò di non farlo. Doveva fidarsi di Roxas... poteva?
    - Ancora un po' - cercò di tranquillizzarlo. - Ci sono... - Roxas poteva sentire quella parte di sé racchiusa nel profondo del Cuore di Vanitas, e sapeva che nel raggiungerla gli stesse facendo più male di quanto volesse. Ma finalmente riuscì a raggiungerla. Una familiare sensazione si fece strada dal suo braccio fino al suo Cuore, infondendogli nuovo vigore, curandogli le ferite, liberandolo dal dolore.
    - Roxas... - annaspò Vanitas con la voce mozzata. - Non... non ce la faccio... - il suo viso faceva ben capire quanto stesse patendo, e solo il Creatore sapeva a quali energie stesse ricorrendo per non cedere.
    Le fiamme bianche dissolsero i legacci, facendo cadere entrambi. Vanitas cadde supino, quasi abbandonato, con Roxas che puntò un ginocchio a terra per non cadergli addosso, continuando ad assorbire la propria essenza dal suo petto.
    - Ho quasi finito! - assicurò. - Non mollare, Vanitas! - proprio come a Salika, di colpo si sentì praticamente come nuovo: i muscoli erano nuovamente pronti e scattanti, il corpo risanato, il suo pensiero più lucido che mai. E nel giro di pochi istanti, anche l'ultima stilla di quel frammento fu restituita al suo originario possessore. - Fatto... - disse togliendo la mano. Vanitas sospirò esausto, definitivamente incapacitato a fare qualunque altra cosa. - Stai bene? -
    - ...Allen - farfugliò l'Unversed prima di perdere i sensi.
    Roxas diede fondo a tutte le proprie energie, carico di una rabbia cosciente, una volontà irrefrenabile: le fiamme bianco-argentee lo avvolsero, sfavillanti, mentre si alzava richiamando a sé Narsil tramite la mera forza del pensiero.
    - Tu... - disse Zexion esterefatto, vedendolo. Brandì Oblio pronto allo scontro, ma quella distrazione gli fu fatale: Allen gli tirò una pietra che evitò solo all'ultimo prendendolo alla spalla. - Dannato piccolo bastardo! - esclamò cercando di colpirlo, ma in quel momento arrivò Roxas, correndo, ma senza Narsil in pugno: e Zexion capì che non aveva alcuna intenzione di affrontarlo ancora in duello. Voleva caricarlo. Il Burattinaio urlò puntando Oblio.
    Roxas urlò.
    Nell'urto, entrambi caddero dal buco causato da Allen, nel vuoto.

    Roxas tornò a volare, circondato di fiamme e fumo di un argento luminoso e vivo: Zexion invece si avviluppò nel suo fumo nero, con un ghigno malvagio in volto. Prima un pugno, poi un altro, circondati da fumi e fuochi indistinti, in uno scambio confuso di pugni e calci e parate. Combattevano continuando a tentare di aggirarsi, intrecciando le loro scie in un avvitarsi grigiastro. Le armi furono sfoderate, e presto seguitarono a menare fendenti e tagli, cercando i punti deboli dell'altro, avvalendosi di quel combattimento aereo per scattare dietro l'avversario. Ma nessuno dei due riusciva ad avere la meglio, continuando ad equivalersi. Se Zexion riusciva a mandare a segno un pugno o un calcio, Roxas lo restituiva: se uno riusciva a infrangere la guardia dell'avversario, l'altro contrattaccava e riusciva a sbilanciare ancora la sorte dello scontro. Il Keyblade e la spada secolare si scontravano con fragore, tra scintille bluastre e arancio, sibilando e vibrando tra le mani dei loro padroni. In quel momento il pensiero di Roxas andava anche ai suoi Keyblade, uno disperso e l'altro nelle mani del suo nemico, ma non poteva fare più di tanto: gli attacchi di Zexion erano implacabili e lo costringevano a rispondere con altrettanta decisione, impedendogli di pensare al cento per cento. La priorità era solo una: eliminare il suo avversario una volta per tutte. Si separarono ancora una volta, inseguendosi su per le mura del castello, scontrandosi ogni qualvolta che ne aggiravano le mura, per un breve duello aereo seguito da un'altra ritirata: finirono sulla sommità, superandola, volando e lottando in mezzo alle nubi peste e al vento gelido. Roxas poteva addirittura sentire il sudore congelarglisi sulle guance e sulla fronte, ma non avrebbe ceduto.
    Andarono avanti a scontrarsi per decine di minuti interi, senza riposo, senza sosta: dove non riuscivano a duellare con le spade, andavano di pugni e di calci, colpendosi a vicenda quasi allo stesso ritmo. Roxas aveva un labbro spaccato da un calcio e sentiva dolore un po' ovunque, e Zexion era ugualmente pesto. Ogni volta tornava e ogni volta combattevano. Nella furia della battaglia Roxas poté sottrarre la bacchetta di Zexion, dopo avergli assestato un pugno dritto al torace: gli scivolò dalla manica, ma il Burattinaio prese la cosa con noncuranza.
    - Assorbila, avanti - lo provocò quasi, rantolando per il colpo appena subito. - So che non reggerai questo combattimento a lungo, altrimenti.
    Roxas spezzò la bacchetta, percependo per la seconda volta quella familiare sensazione di rinvigorimento dovuta all'aver assorbito un altro frammento della sua anima, del suo Cuore. Evidentemente nemmeno l'Organizzazione poteva impedirlo. Nuovamente pronto all'azione, Roxas si lanciò su Zexion, subito accolto da una parata e un contrattacco con un calcio e un fendente ascendente: lo evitò, ma per riequilibrarsi fece una goffa capriola a mezz'aria. Si trovava stranamente bene a volare, sebbene padroneggiarne la tecnica non fosse sempre facile. Soprattutto a quell'altezza il vento li sbilanciava facilmente, spingendoli a maggiori sforzi per potersi scontrare senza mancarsi. Dall'inizio di quel combattimento, ormai, doveva essere passata ben più di mezz'ora.
    Finché entrambi, senza saperlo, decisero all'unisono di porre fine a quel combattimento con un ultimo attacco. Dopo essersi scontrati l'ultima volta e dopo che Roxas incassò un taglio sul braccio, si allontanarono come a prendere una potente rincorsa. Poi, quasi allo stesso istante scattarono, uno col Keyblade e l'altro con Narsil caricati di un'energia immensa, pronti a uno scontro fatale. Erano sempre più vicini, sempre più prossimi all'impatto l'uno contro l'altro, in quella mossa disperata. Erano entrambi al limite delle forze, e lo sapevano bene.

    L'urto arrivò.

    Un'esplosione bianca seguì allo scontro, generando una spaventosa folata di vento che sollevò persino i detriti del cortile: tutt'intorno l'aria sembrò seccarsi e sparire, risucchiata dal globo di energia che si era creato tutt'intorno ai due, ma durò solo una frazione di secondo. L'istante dopo una violenta forza repulsiva respinse entrambi, facendoli schizzare come proiettili verso il basso, ai lati opposti l'uno dell'altro, rotolando e strisciando sul terreno accidentato, sfiniti, stanchi, ma ancora vivi.
    Tutti e due.


    Nel cortile regnava il silenzio. Cloud, ancora pesto e zoppicante, azzardò un occhio fuori dal portone. Lexaeus sembrava morto o almeno privo di sensi sotto le macerie. Kururu e Vivi gli stavano vicino, mentre assistevano Allen e Vanitas, giunti lì sotto alla ricerca della Ninfa e delle sue cure. Allen aveva portato Vanitas in spalla nonostante le ferite, e strepitava ancora per dare una mano a Roxas. Poi entrambi li videro scontrarsi nel cielo, per poi piombare nel cortile dinanzi a loro, alle parti opposte. E ora giacevano inerti...
    Finché Zexion non si mosse.
    - Diamogli il colpo di grazia! - disse Allen alzandosi di scatto. Ma Cloud lo fermò con un braccio.
    Anche Roxas riprese a muoversi.

    Narsil giaceva in mezzo al cortile, troppo lontana per essere raggiunta: ma Roxas non ne aveva bisogno. Davanti a lui, come mandata dal cielo, c'era Giuramento. Come fosse arrivato lì, chi l'avesse mandato o se fosse stato lui a chiamarlo inconsciamente, non ne aveva idea. Ma sapeva che era l'arma di cui avesse davvero bisogno in quel momento. Strisciò, centimetro per centimetro, con lentezza incredibile fino all'arma, mentre con la coda dell'occhio vide Zexion che faceva lo stesso. Oblio era caduto accanto a lui, e non ci aveva messo molto ad avvicinarcisi per riprenderlo. Ma, senza nascondere una certa soddisfazione, vide che anche il Burattinaio Mascherato era ormai allo stremo delle forze.
    Si alzò lentamente, con Giuramento che gli oscillava tra le dita, guadagnando nuovamente un minimo di altezza e potendo sentire lo sguardo del nemico su di sé da quella distanza. Zexion puntò Oblio contro di lui, ancora una volta. Roxas spalancò gli occhi mentre, con un urlo del Numero VI, un minaccioso raggio nerastro saettava sfrigolando verso di lui.
    "Scudo!"
    Giuramento riuscì a parare il colpo, che cercava di sopraffare la barriera eretta all'ultimo secondo contorcendosi e gettando piccole strali da tutte le parti, sollevando violente folate di vento che facevano svolazzare ogni lembo dell'abito di Roxas e i suoi capelli incrostati di polvere, sudore e sangue. Le sue mani tremavano, e non sapeva quanto avrebbe potuto reggere quello scudo contro l'incantesimo di Zexion: l'aver assorbito due frammenti del proprio essere in poco tempo gli dava certamente un vantaggio, ma essendo ancora incompleto era comunque ben lontano dal poter lottare al pieno delle sue forze per lungo tempo. Se solo ci fosse stato un modo per uscire da quella situazione! E a nulla serviva pregare che Zexion esaurisse le energie. Era come indemoniato, animato da una furia che teneva nascosta chissà dove, e il suo incantesimo diventava sempre più potente invece di indebolirsi. Un ginocchio di Roxas cedette, e il Custode minacciò di non tenere più l'attacco del Burattinaio...

    Poi una lama scintillò dal nulla, in mano ad Allen.

    Zexion lanciò un urlo di dolore, mentre la mano che reggeva Oblio cadeva a terra: Zexion usò un'onda d'urto dalla mano per respingerlo, rabbioso e tremante, incapace di reggere quella sofferenza improvvisa. Ma prima di venir respinto, Allen riuscì a calciare via la mano mozzata, con Oblio tra le sue dita. L'attimo dopo però fu scaraventato contro il muro del castello, ancora vivo nonostante tutto.
    - FINISCILO, ROXAS! - gridò tenendosi una spalla.
    Il calcio di Allen riuscì nell'impresa: Roxas poté correre incespicando fino al suo Keyblade nero, spingendo via la mano mozzata senza nemmeno accorgersene, mentre poteva sentire nuovamente l'impugnatura tra le proprie dita, pervaso da una gioia indescrivibile. Finalmente li riaveva entrambi.
    Si girò verso Zexion, che lo guardava con un misto di paura e rivalsa. Non si sarebbe arreso.
    E Roxas non aveva neanche intenzione di chiederglielo.
    Un frastuono di pietre ribaltate fece piombare Cloud, Kururu e Vivi nel terrore: Lexaeus era rinvenuto, dunque? Il Custode del Caos brandì la Buster Sword pronto a un nuovo scontro, quando come temevano il gigantesco Nessuno uscì dalle macerie che Vivi gli aveva tirato addosso. Lexaeus lanciò un grido assordante, scacciando all'istante qualunque detrito gli bloccasse la strada: e nello stesso istante in cui Roxas iniziò l'ultima carica contro Zexion, anche l'Eroe del Silenzio scattò in una corsa disperata, il viso marmoreo deformato in un'espressione che poteva ricordare solamente una paura atavica e devastante. E gli incantesimi di Vivi non funzionavano più su di lui: si limitavano a spingergli indietro una spalla, o una gamba, senza sbilanciarlo.
    Ma Lexaeus non ci faceva nemmeno caso.
    Roxas andò dritto su Zexion, che mandava deboli incantesimi per fermarlo: non aveva più i suoi Mangiamorte, né le sue armi. Ogni suo attacco rimbalzava sui Keyblade, seminando esplosioni tutt'intorno a Roxas. Era solo, vulnerabile. Aveva rifiutato di unirsi a loro, preferendo essere leale a Xemnas fino alla fine. Aveva vissuto una vita miserabile e vuota. Ogni passo che Roxas faceva per corrergli contro, ricordava le sue parole. E la sua visione, che aveva realizzato con così tanta cura. Un mondo magnifico e perfetto...
    "Se vincerai tu, saranno persone come Ansem a guidare questo mondo."
    Preparò l'affondo con Oblio, facendo rimbalzare ogni incantesimo su Giuramento.
    "La mia famiglia d'origine era una provetta."
    Roxas gridò ancora, con tutta la forza che aveva. Lo sguardo di Zexion era rassegnato, privo di ogni speranza. Aveva capito. Era finita.
    "Non ci saranno altri Ienzo."
    Oblio colpì, affondando nella carne del primo Custode dell'Equilibrio.
    Il Keyblade sfondò persino il tessuto del manto dell'Organizzazione, tanta era la forza inferta nel colpo. Copiosi rivoli di sangue scesero dalla lama fino alla mano di Roxas, gocciolando ai loro piedi. La mano di Zexion si resse debolmente al Custode, ma alla fine crollò su di lui, con la testa che guardava verso destra. Roxas guardò a sua volta, trovandosi davanti Lexaeus, un'espressione indecifrabile sul volto. Tese l'enorme mano verso il morente compagno, che sorrise lievemente sovrastando il dolore.
    - Ae... leus... - biascicò, prima di perdere ogni presa sul Custode. Roxas non riuscì a trovare alcuna gioia in ciò che aveva appena fatto.
    "Il mio Aeleus..."
    - Requiescat in pace, Ienzo - pronunciò frettolosamente, sentendo la voce tremargli.

    Tirò fuori il Keyblade dal corpo senza vita di Zexion, rivolgendosi verso l'Eroe del Silenzio. I suoi occhi comunicavano una tristezza inesprimibile. Roxas avanzò, con le gambe tremanti e il corpo ancora poggiato a sé, proprio verso di lui. Non sapeva perché lo stesse facendo, ma sentiva che era la cosa giusta da fare.
    - Mi... - esordì a voce roca, faticando a tenere la presa. - Mi dispiace, Aeleus... - non riusciva a guardarlo negli occhi. Ma non sapeva per quale paura, se di venirne ucciso o di esserne giudicato. - Lui... ti voleva molto bene, e... io non avrei voluto... davvero - sentiva la vuotezza di quelle parole ancor prima di pronunciarle, ma lui stesso non capiva cosa provasse in quel momento. Zexion era morto, eppure non riusciva ad esserne felice.
    Lexaeus si avvicinò, e per un istante provò autentico terrore.
    Ma poi lo vide prendere il corpo dell'inseparabile amico e fratello tra le braccia con incredibile e disarmante delicatezza, stringendolo appena all'enorme petto. Si chiedeva, cosa provava Lexaeus? Era davvero un Nessuno, o anche lui aveva trovato il modo di ingannare Xemnas? O forse...
    Il suo Cuore era Zexion stesso?
    Qualunque fosse la risposta, Lexaeus annuì alle sue scuse. Sollevò bene il compagno, ripulendogli il viso dal fango e dalla fuliggine, avviandosi verso l'entrata principale della fortezza senza dire, come sempre, una parola...

    - Hai finito di perdere tempo, Lexaeus? -

    Roxas si voltò di scatto, a occhi spalancati.
    - VEXEN! - latrò Cloud brandendo la spada. Ma non era da solo. - E anche tu, bastardo - disse rivolto a Ike, l'Unversed dai capelli blu che l'aveva messo alle corde nella sua fuga dal Castello Bianco.
    - Siamo qui solo per raccogliere i cocci - disse Ike senza dargli troppa attenzione, con la spada in spalla. - Andiamo, Lexaeus. Il Superiore si congratula per l'ottimo lavoro -
    Ma Lexaeus non espresse per niente un apprezzamento al riguardo.
    - Lo ricreeremo - assicurò Vexen. - Per quanto io detesti sprecare il potere del Frutto per riportare in vita i falliti... bah! - sbuffò tirando uno schiaffo al viso senza vita di Zexion. Lexaeus emise un ringhio, ma non disse nulla. - Ho sempre saputo che era bravo solo a parole. Gli sta bene - schioccò le dita verso Ike. - Andiamo -
    - Ci vedremo, non preoccupatevi - ridacchiò Ike mentre svanivano in una massa informe di fumo nero, volando in direzione di Mordor e svanendo nel cielo.
    Roxas cadde in ginocchio, sfinito, vedendoli andare via. Erano tutti sfiniti, increduli per essere riusciti a fare l'impossibile, carichi di nuove speranze: ma il Custode dell'Equilibrio era anche ottenebrato da un senso di colpa che non riusciva a domare. Zexion, Ienzo, era uno di loro, era un Custode. Cosa sarebbe successo se avessero scoperto che lo scopo dei Custodi non era poi così giusto? Avrebbe anteposto i propri sentimenti a un bene superiore? Sarebbe stato in grado di scegliere, lui che cercava sempre di vedere il giusto ovunque?
    Non lo sapeva. Però, almeno poteva tirare un sospiro di sollievo. Ce l'avevano fatta.
    L'Enclave era salvo.








    .........STAVO SCHERZANDO. :guru: Ci vediamo presto col capitolo 35, buon Natale a tutti!
     
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