Dirge of Keyblade

L'Ultimo Atto della Trilogia!

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  1. Nyxenhaal89
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    Grazie per le vostre recensioni!
    Sono arrivato ormai oltre la metà dell'arco narrativo, dunque posso iniziare a pubblicare *w*
    Quindi, eccoci qui al primo dei quattro capitoli della battaglia di Weisshaupt!
    Mi auguro che vi piaccia.
    Dovevo pubblicarlo il mese scorso, dato che la kols faceva ben tre sudatissimi anni XD
    Ma non importa.
    A voi la battaglia di Weisshaupt!
    Buona lettura!



    30: Le Spade tra le Fiamme

    La chiesa del settore 6 era rimasta miracolosamente illesa durante la follia che seguì alla sconfitta dell'io di Denzel, ma tutt'intorno le macerie avevano regnato incontrastate per oltre una settimana: lo sgomento per un'altra ferita sul volto della città e la paura per quello che fu ribattezzato come "figlio del demonio" rallentarono di molto i soccorsi. La notte fu allestito un coprifuoco nell'intero settore e oltre una trentina di sciacalli trovarono la morte mentre tentavano di depredare le rovine delle abitazioni. Rufus Shinra, da Minas Tirith, non aveva perso tempo con le mezze misure: chiunque fosse stato trovato a rovistare di notte tra le macerie doveva essere fucilato a vista e nessuno avrebbe dovuto lasciare le proprie case dopo le nove di sera. Qualunque attività notturna del settore sarebbe cessata fino allo sgombro delle macerie e una volta ristabilita una parvenza di civiltà l'intera zona sarebbe stata presa in esame per un'eventuale riabilitazione totale. Anche se la parte alta del settore era rimasta incolume infatti, la parte bassa (ossia quella al livello del terreno, e non sospesa su pilastri di metallo) era stata rasa al suolo per buona parte e Shinra stava ponderando sull'eventualità di iniziare da lì la radicale "bonifica" dei sobborghi, spesso pieni di criminali e organizzate bande mafiose. Uno dei casi più emblematici fu l'involontaria uccisione di Don Corneo, boss di una pericolosa associazione malavitosa che risiedeva nel Settore 7 e allargava i suoi tentacoli anche al sesto e al quinto. Ci vollero sei mesi per isolarlo nel suo bunker e la collaborazione coi Turks si rivelò indispensabile e vitale. Vincent Valentine stesso prese il comando dell'operazione e fu la sua Cerberus a uccidere il boss mafioso, a causa di un subordinato dello stesso che per salvarsi la vita prese Corneo e lo pose davanti a sé come scudo umano. Alla fine i morti furono più degli arrestati e diverse case di piacere mascherate da scuole serali furono smantellate. Quella fu comunque una piccola vittoria: la malavita organizzata di Midgar aveva rapidamente sostituito Corneo e stava già riprendendo ad avvolgere i suoi tentacoli attorno al Settore 7. Rufus meditava dunque di ristrutturare i sobborghi, promuovere un corpo di guardia efficiente e usare una politica di tolleranza zero nei confronti del crimine, ma la sua Croce, che oltre a proteggerlo lo consigliava, gli suggeriva cautela.
    Per il momento, comunque, non c'erano pericoli di sorta. Il Settore 6 era sgombro e la chiesa ospitava solo il sacerdote, che aveva fatto appello al suo dovere per non essere portato via a forza verso gli altri settori. Shera Highwind occupava una panca tra le tante, ben lontana dalla prima fila, lo sguardo fisso su quello benevolo del Creatore, la cui grande statua occupava lo spazio davanti alle canne dell'organo, dietro l'altare. Nonostante la chiesa non fosse molto grande, in grado di contenere non più di duecento persone, era notevolmente decorata: istoriate colonne reggevano la navata, antichi affreschi dipinti a olio tempestavano le pareti e il soffitto. Erano tutte scene importanti del Canto della Luce, infuse di speranza e fede ad ogni pennellata. Nonostante la donna Highwind non fosse particolarmente religiosa, amava quelle pitture. Ovunque andasse, le piaceva controllare i luoghi di culto a vedere quanta cura ci fosse in essi. A Nibelheim, dov'era nata e dov'erano stati messi al mondo e battezzati i suoi figli, la chiesa era ancora più piccola e i suoi muri erano decorati con mensole su cui erano poggiate statuette in legno, raffiguranti personaggi e momenti del Canto.
    Sempre in quella chiesa aveva pregato quando Roxas giaceva in incubatrice, o quando Tidus si era fratturato l'anca durante una vacanza dai nonni materni: lei non era eccessivamente fedele alla sua religione, ma in quel momento sentiva la necessità di pregare. Chiedere al Creatore di difendere i suoi figli, ovunque fossero e con chiunque fossero. Chiedere che la Sua mano vegliasse su di loro, li proteggesse dai pericoli. Nessuno dei Custodi mandava nemmeno una lettera, così i familiari erano costretti ad attendere col cuore in gola ogni giorno: ma Shera Highwind, tra tutti, era quella messa peggio. Suo marito era in guerra, a bordo del suo fidato caccia chiamato Shera in suo nome; suo figlio maggiore aveva abbandonato la città con quelle strane persone, per salvare Denzel; Roxas era sperduto chissà dove, in compagnia dei suoi compagni di scuola e in balia di eventi troppo grandi per loro... e infine c'era Denzel, il bambino che in quei cinque anni aveva amato come se fosse figlio suo, trattandolo come tale. Quel bambino ora si macchiava di immani massacri, ma sapeva che non era colpa sua.
    Non importava comunque. La sua famiglia si era disintegrata e non passava giorno che non stesse con l'ansia a divorarle le membra. Se Roxas fosse morto, non ne avrebbe saputo nulla. Lo stesso valeva per Denzel. Solo Tidus riusciva a mandare una lettera ogni tanto, e Shera era sempre sollevata quando vedeva il colombo dell'Enclave (così si chiamava quella sorta di associazione a cui si era unito) becchettarle la finestra.
    E anche quel pomeriggio aveva visto il volatile cercare di entrare in casa, la lettera del figlio ordinatamente piegata in un cilindretto legato alla zampa. Quando però incrociò gli occhi del colombo, Shera ebbe un tremito che non riuscì a dimenticare facilmente. In quel momento le sembrò che il mondo le si stesse dissolvendo attorno, come se aprendo quella lettera avesse trovato notizie che non l'avrebbero affatto consolata. E sentì quindi il bisogno di pregare.
    Era corsa alla chiesa nonostante il coprifuoco fosse sul punto di scadere, con la lettera ancora piegata stretta nella mano ossuta. Shera aveva perso molto peso da quando quella guerra era cominciata, diventando ormai nient'altro che l'ombra di se stessa. Profonde occhiaie le scavavano il viso, i capelli castani erano arruffati e legati casualmente in una coda. La sua pelle era pallida e tirata, stanche rughe testimoniavano la sua scarsa idratazione. Da quando Denzel e Tidus erano andati via, il mondo le era crollato addosso. Poteva sopportare l'assenza di suo marito e di Roxas, se almeno metà della sua famiglia era ancora sotto il suo sguardo vigile. Ma ormai erano andati via tutti e lei era rimasta da sola, con le sue preghiere e quel pezzo di carta piegato.
    Lo tolse dalla mano sudata, trattenendo il respiro come se stesse per immergersi in un lago ghiacciato. La sua paura più grande era che portasse cattive notizie. Il suo istinto materno l'aveva avvisata. Cos'altro poteva essere se non quello? Era vero che a volte le madri tendevano a ingigantire i problemi, lei molte volte aveva fatto tragedie se i suoi figli si sbucciavano un ginocchio e quando Tidus si ruppe l'anca passò tre notti senza dormire malgrado gli incoraggianti commenti dei medici, ma stavolta era diverso. Era la sensazione di pericolo più violenta e brutale che avesse mai percepito.
    Portò il pezzo di carta allo sguardo del Creatore, la sua granitica espressione benevola che pareva incoraggiarla. Con lentezza e con le mani tremanti, prese a spiegare il foglio, non molto grande, quanto bastava per ospitare una corposa lettera scritta con l'ordinata calligrafia di suo figlio maggiore. La chiesa, però, era al buio: si sarebbe dovuta spostare vicino alle candele che ardevano a ridosso delle pareti, ma in quel modo si sarebbe allontanata dallo sguardo del Creatore. Da quando era così superstiziosa?
    Cercò di alzarsi, ma le gambe sembravano diventate di pietra come la statua. Una luce biancastra illuminò la lettera, facendo luccicare l'inchiostro delle parole in un brillante guizzo simile a un saluto.
    - Il coprifuoco è attivo da almeno mezz'ora, Shera - disse una calda voce femminile che non tardò a riconoscere. Un'altra madre, un altro cuore straziato. Con la differenza che Lucrecia Valentine non era il tipo da mostrare troppo apertamente le proprie sofferenze. Sora era là fuori con Roxas; Squall e Vincent avevano mandato notizie tutt'altro che confortanti su di lui ed erano in guerra anche loro. Sora era cieco. E Roxas, ora che ci pensava, non era neppure con loro. A Esthar, dicevano, a cercare i draghi. La notizia aveva gettato Shera nel terrore più nero e non si meravigliò di averla dimenticata. Roxas era un ragazzo, le uniche guerre che aveva combattuto erano quelle dei videogiochi che gli piacevano tanto, cosa avrebbe impedito a un Drago di inghiottirlo in un boccone? Come Denzel, anche lei aveva iniziato a pulire ossessivamente la casa. A volte si metteva anche a giocare, come se così riuscisse a sentire i suoi figli più vicini, ma dopo un po' il dolore si rafforzava e spegneva tutto. Era una donna senza pace.
    - Signora Valentine... - salutò lei con la voce mozzata.
    - Lucrecia andrà benissimo, te l'ho detto - rispose lei sedendosi sulla panca, la torcia a luce bianca che proiettava il suo cono sulla scalcinata figura della donna. - Voglio dire, siamo anche consuocere - aggiunse con una risata divertita. Da quando aveva saputo che Sora e Roxas stavano insieme, Lucrecia si era avvicinata agli Highwind. Cid non era uomo da comprendere facilmente la varietà del mondo e fu anche col suo aiuto se riuscì quantomeno a non considerare la cosa come "umiliante" per il suo secondogenito. "Oltretutto" aveva detto Lucrecia, "hai visto mio figlio, Cid. Ti sembra che possa umiliare Roxas in qualunque modo?" della femminea gracilità di Sora, lei era ben consapevole e rimase stupita quando seppe che aveva affrontato la battaglia a Osgiliath cieco e senza alcuna esitazione. Suppose che la guerra dovesse aver tirato fuori la sua vera personalità, cosa di cui fu estremamente orgogliosa. Non che ovviamente non fosse preoccupata per i suoi uomini quanto Shera. Ma Lucrecia non aveva mai vissuto davvero la famiglia. Negli ultimi otto anni aveva visto Sora solo a fine mese o per le occasioni importanti, e Squall era ormai un fantasma nella sua vita. Era abituata a vedere Vincent assentarsi per settimane. In un certo senso, era abituata a stare da sola.
    - Già... - realizzò Shera con un sorriso che non le si estese oltre le labbra. - Per favore... leggila tu - aggiunse porgendole il foglio. Non riusciva a leggerla, gli occhi le si annebbiavano di lacrime.
    Lucrecia si ravviò la lunga coda castana tutta intrecciata e si sedette più comodamente, dando una leggera allargata ai jeans quando li sentì troppo stretti sulle gambe. Posizionò la torcia sullo schienale della panca e spiegò per bene il foglio dopo averlo preso dalle mani tremanti di Shera. Si schiarì la voce.
    - Cara mamma - disse trattenendo un sorriso intenerito. Squall non scriveva lettere, ma al cellulare e per e-mail era sempre affettuoso. - Vorrei dirti solo cose buone, ma purtroppo non posso. Secondo la somma Theresa, all'orizzonte si muovono "venti oscuri"... immagino voglia dire che ci sarà poco da stare tranquilli. - Diede a Shera il tempo di emettere un sospiro ansioso, e riprese. - Inoltre ho saputo che Denzel ha attaccato Roxas a Esthar. Ma se la sono cavata con il morale a terra, anche se Denzel è sparito di nuovo. Non preoccuparti mamma, so come possiamo riprendercelo. Qui all'Enclave mi stanno aiutando - Lucrecia aggiungeva alla lettera toni rassicuranti con la propria voce, così da confortare l'animo tormentato di Shera. - Ma non ti ho avvisata solo per scriverti brutte notizie, almeno una buona ce n'è - e sorrise nel vedere alzarsi lo sguardo della donna, speranzosa. - Roxas è arrivato stamattina all'Enclave. Era parecchio sbattuto e stanco, ma sta bene. Come al solito vuole strafare, ma non glielo permetterò. Ti vogliamo bene, mamma. Speriamo di poter tornare presto... i tuoi figli - concluse ripiegando la lettera e porgendogliela. Sorrise ancora. - Qualunque preghiera tu abbia rivolto, penso sia stata esaudita, almeno in parte - sentenziò torturandosi una ciocca di capelli castani. Shera strinse la lettera al petto come se fosse i suoi stessi figli.
    - Immagino sia troppo, sperare di trovarli a casa e pensare che non sia successo nulla - sospirò con un po' di amarezza. - Ma mi accontenterò. E' bello sapere almeno che sono vivi... -
    - Sarà meglio andare - la esortò Lucrecia. Come membro di spicco del gruppo di ricerca ShinRa, aveva qualche libertà in più rispetto ai civili. Sotto scorta, poteva muoversi liberamente nel settore distrutto e quando aveva compreso che casa Highwind era deserta sapeva perfettamente dove trovare l'unica rimasta della famiglia. - Ti accompagno a casa, Shera. O se preferisci, posso ospitarti a casa mia. Siamo entrambe in attesa che i nostri uomini tornino - aggiunse con un sorriso ironico. Non era mai stata una donna di quello stampo, ma si era arresa di fronte all'evidenza di non poter seguire i suoi figli e suo marito nell'impresa che conducevano.
    - Mi farebbe piacere - annuì lei. Il suo sorriso, quello che aveva fatto innamorare perdutamente quell'orso intrattabile di Cid Highwind, increspava le sue guance abbruttendola notevolmente. Lucrecia non tradì la compassione che le cavalcava i pensieri, limitandosi a farle strada, il camice da laboratorio ancora indossato sugli abiti comodi e sportivi.
    Shera si voltò verso la statua del Creatore. Il suo sguardo sembrava incontrare i suoi occhi.
    Tidus, Roxas, Denzel, pregò. Siate forti. Siate prudenti.


    Ritrovò Allen Walker, che credeva scomparso nel nulla, impegnato a farsi controllare il braccio con l'Innocence nientemeno che da Road Kamelot, la quale a quanto pareva si era allontanata dall'Esorcista giusto il tempo di assistere al discorso di Theresa. Sembrava impaziente di iniziare a dare battaglia, ma questo non inficiava la cura meticolosa che metteva nell'analizzare ogni centimetro del braccio nero e argento di Allen.
    Si trovavano al piano terra della fortezza, in una stanza adiacente all'infermeria che ospitava il capo dei Guaritori. L'arredamento era scarno e semplice: una grande vetrina piena di pozioni e medicamenti disposti ordinatamente, una grossa mappa anatomica del corpo umano con una serie di parole arcane vicine ad ogni "punto chiave" di esso, uno scrittoio di legno malconcio con dietro una poltrona polverosa. Chiunque fosse a capo dei Guaritori, evidentemente non passava molto tempo seduto.
    - E' a posto - commentò infine Road, spostando gli occhi dorati verso Roxas. - E tu che vuoi? - chiese fintamente scocciata. In quel momento, la Noah sembrava più divertita che mai.
    - Ehilà - salutò brevemente Allen. Era a torso mezzo nudo, il cappotto da Esorcista che lasciava scoperta buona parte del torace e del grottesco braccio sinistro. Senza dire una parola, provò alcune trasformazioni dell'Innocence, quindi si rivestì del tutto. Il suo corpo era martoriato di tagli e cicatrici poco profonde, che unite al braccio le cui ramificazioni scure si propagavano fino a qualche centimetro prima del collo, rendevano Allen Walker una presenza non esattamente gradevole da guardare quando priva dei suoi eleganti abiti da membro dell'Ordine Oscuro. Il giovane aveva visto tutt'altro che contento un paio di giovani Streghe fissare con imbambolato disgusto il suo corpo, e per questo Road decise di spostare il loro lavoro nella stanza del capo dei Guaritori, così da continuare in pace. - Pronto per la battaglia? -
    - Sì, abbastanza - mentì Roxas. Non era pronto per nulla, aveva solo indossato le protezioni di cuoio al petto, alle spalle, agli avambracci e alle tibie. Non aveva idea di cosa stessero per affrontare, ricordava solo cosa Zexion avesse fatto a Sora tempo prima e cos'avesse fatto a Cloud. Niente di rassicurante, in ogni caso. Si era costretto ad essere ottimista, ma aveva solo una gran voglia di urlare al mondo intero il proprio disagio. Quella battaglia lo aveva preso del tutto alla sprovvista. Non aveva colto le voci che giravano per i corridoi e il suo dolore per la morte di Yiazmat era ancora troppo forte perché potesse concentrarsi lucidamente in un combattimento. Si sentiva sorprendentemente vulnerabile, forse per quello era andato a cercare Allen: in altri momenti, l'Esorcista si era rivelato un valido sostegno e fonte d'incoraggiamento.
    - Conosco bambini con le mani nella marmellata che mentono meglio di te - schernì Allen con una pacca sulla spalla. - Dov'è finito il difensore di Minas Tirith? -
    - E' rimasto a Minas Tirith - rispose Roxas con sguardo basso, un sorriso mesto sul viso.
    - Be', posso assicurarti che mi sento fuori posto quanto te - Allen sospirò, finendo di abbottonarsi il cappotto lungo nero e bianco. - Sono passati più mesi di quanti ricordi da quando voi Custodi siete entrati nella mia vita. Le sensazioni che provi adesso io le ho provate dal primissimo istante che vi ho conosciuti -
    Entrambi uscirono dall'infermeria (anche se non erano certi che si chiamasse davvero così) e Allen notò con soddisfazione che le due Streghe avevano in viso un'espressione che trasudava da ogni poro del bruciante senso di colpa.
    - Prenderai di nuovo posto tra gli arcieri? - domandò Roxas quando furono in vista del portone del castello. Un viatico di soldati e magici si susseguiva nel viale e molte armature luccicavano nella notte sulla cima delle mura. L'inquietante schiera dei Revenant restava a silente guardia del grande cancello di legno e ferro, immobile come un esercito di statue. Tra loro c'era anche una piccola forza di soldati umani: Meredith e Greagoir presenziavano alla difesa delle mura sull'arcata coperta che sovrastava il cancello.
    - Entrambi - rispose Allen osservando le forze schierate. - Combatterò con gli arcieri finché il portone reggerà, quindi mi trasferirò alla difesa dell'ingresso. La mia spada sarà molto più utile laggiù -
    A Roxas il piano sembrava sensato. Non sapeva delle tattiche di Theresa: a dire il vero, non aveva una minima idea se ci fossero tattiche in gioco o meno. Sospettava comunque che una volta caduta la barriera le cose sarebbero peggiorate drasticamente, dal momento che la Veggente gli spiegò che la sua presenza impediva alla magia di entrare o di uscire. In altre parole avrebbe tenuto fuori Zexion e i suoi Mangiamorte, permettendo all'Enclave di difendersi all'arma bianca contro i Nessuno privi di poteri magici, come gli Spadaccini e i Simili. In base alle informazioni della Strega ferita, c'erano anche diversi Heartless Cavalieri tra le fila del Burattinaio Mascherato.
    Erano appena un migliaio, contro un esercito almeno dieci volte più grande. Non era la prima volta che Roxas si trovava in una battaglia disperata: Midgar, Minas Tirith... non erano certo mancate le occasioni. Però stavolta sentiva qualcosa di diverso nell'aria. Sperò che quella barriera reggesse abbastanza a lungo da permettere alla difesa di sfoltire notevolmente i ranghi avversari, così da rendere più facile lo scontro con Zexion.
    Weisshaupt vigilava su un crocevia, ma dei quattro enormi cancelli che Zack aveva visto quando vi giunse la prima volta ne rimaneva uno solo, quello nella direzione dell'esercito dei Nessuno. Gli altri furono letteralmente inglobati dalle mura a scopo difensivo: in quel modo la pietra, apparentemente piegata al volere dei magici e in grado di resistere a qualunque attacco, avrebbe protetto due terzi della fortezza. Con un unico varco da proteggere, la difesa poteva muoversi meglio. La via dalla quale veniva Zexion era quella che portava a Mordor, cosa che non sembrò rendere molto contenti gli abitanti dell'Enclave. Fino ad allora, quella via era stata chiusa da frane e terremoti. I Nessuno dovevano averla riaperta, rendendo la posizione di Weisshaupt assai rischiosa e creando una costante via d'accesso alla fortezza. Dopo quella battaglia, se fossero riusciti a vincere, avrebbero dovuto richiuderla per evitare che i Nessuno affluissero in massa verso di loro. Inoltre, la via che portava verso Mordor era quella più ampia: un lungo ed ampio rettilineo in grado di far passare comodamente una quindicina di uomini affiancati a mezzo metro di distanza l'uno. La via poi si torceva e restringeva formando un labirintico dedalo di canyon e stradine nascoste tra le rocce, luogo perfetto per un'imboscata se avessero avuto abbastanza uomini per farlo. Ma le forze dell'Enclave erano esigue e appena sufficienti alla difesa della fortezza. Weisshaupt aveva la fama di essere difficilmente espugnabile, ma solo in virtù della sua posizione elevata e degli stretti sentieri che ad essa conducevano. Un esercito ben rifornito e armato poteva prenderla con un lungo assedio, o così sarebbe stato prima dell'arrivo dell'Enclave. La presenza della magia cambiò radicalmente le carte in tavola, rendendo Weisshaupt enormemente più forte e resistente. Perlomeno, contro avversari umani.
    - Vado a prendere il mio posto - disse Allen dopo aver finito di analizzare la situazione. - Se davvero è caduta una fortezza verso Est, è probabile che ci saranno addosso da più fronti o che vogliano depistarci... il grosso della battaglia si svolgerà comunque alla Porta Ovest -
    Era cambiato, Roxas lo vedeva. Dopo Minas Tirith, Allen era diventato assai più serio e pensoso, meno avventato. Si rese conto di aver sbagliato a non fidarsi del suo giudizio tra i boschi del Tevinter, ma provato com'era dalla vista di Denzel, non avrebbe potuto fare altrimenti.
    - Ci vediamo in battaglia allora - si congedò Roxas sorridendo tiepidamente. A Midgar era stato da solo contro Cloud, a Minas Tirith aveva comandato lui. Adesso doveva solo ubbidire, non più in testa all'esercito ma tra i suoi ranghi. Avanzando, trovò la fila dove voleva stare: suo fratello era dietro un paio di Revenant, i suoi occhi che li fissavano con una certa tensione.
    - Non è che questi cosi all'improvviso cambiano idea e ci troncano la testa, eh Rox? - domandò tenendo la spada sguainata, con la punta poggiata al terreno. Era nervoso, si vedeva.
    - Novità dal fronte est? - la voce stentorea di Greagoir, uno dei due comandanti dei Cavalieri del Tempio, inghiottì la risposta di Roxas. Era un uomo robusto, con i capelli corti e una folta barbetta grigia che gli conferiva un'aria saggia e carismatica. Il suo accento era Orlesiano, ma chissà a quale epoca apparteneva.
    - Nessuna, comandante! - esclamò una guardia dopo un lungo passaparola.
    Era dunque un depistaggio, come Allen aveva detto poco prima? Il fumo si levava ancora alto sul cielo ancora irrorato dal fatuo rossore degli ultimi attimi di tramonto, ma non giungeva altro da quella direzione.
    Nell'aria si percepiva la tensione. Non c'erano tamburi, non c'erano manifestazioni di forza o schermaglie psicologiche tra gli eserciti: Zexion era là fuori, da qualche parte, ma di lui non c'era apparentemente nessuna traccia. Theresa era salita all'Osservatorio per reggere la barriera con Flemeth, aveva evocato i Revenant, aveva preso sulle proprie spalle la protezione dell'Enclave, ma da cosa dovesse proteggerlo quella notte non era ancora ben chiaro.
    Eppure, non era un bluff. C'era una piazzaforte distrutta ad est come prova e diverse Streghe facevano rapporto di una forza considerevole che avanzava verso l'Enclave. Ma era ad est che l'avevano vista: com'era possibile che avessero concentrato tutte le proprie difese sull'ovest? Oltretutto la fortezza sembrava essersi orientata verso ovest, come dotata di vita propria. Roxas aveva rinunciato a capire quel posto.
    Alcuni uomini iniziarono a dare segni d'impazienza. Diversi cavalieri si sedettero sulla mura, altri abbandonarono le armi e formarono compagnie per bere qualcosa. Alcuni giocavano ai dadi, altri scherzavano tra loro. Ma non c'erano vere risate nell'aria, non c'era la rilassata quiete tipica di quel posto. Non mostravano la loro paura, ma ce l'avevano comunque. Roxas lo sentiva.
    - Ah, per il Creatore - borbottò Tidus ficcando la spada in terra e sedendosi con malagrazia, poggiato ai palmi accanto ai fianchi. - A Minas Tirith avevi aspettato così tanto? -
    - A me non piace aspettare - disse Vanitas, sbucando tra i Revenant dietro di loro. - Ho subito iniziato l'assalto con le catapulte -
    - ...Hai? - Tidus deglutì, cercando l'impugnatura della spada.
    - Hai l'onore di avere davanti l'autore del massacro di Osgiliath e dell'assedio di Minas Tirith - disse Roxas tetro. - E non mi permettono di uccidere questo piccolo figlio di puttana -
    - Teoricamente sono stato generato da Sora - Vanitas sorrise a Roxas, un sorriso che lo fece inferocire come poche cose. - Ma dato che non ha obiettato quando la lingua di Cloud gli ha esplorato la gola, probabilmente non sbagli -
    Le mani di Roxas tremarono di collera. Vanitas era tornato ad essere sgradevole e odioso, com'era prima della loro chiacchierata sulla cima della fortezza. Possibile che fosse capace di cambiare così costantemente il suo modo di fare, o era solo una mascherata per non fare vedere agli altri le proprie fragilità?
    - Quello era solo un diversivo - l'imponente figura di Cloud era proprio accanto a lui, e si chiese come avesse fatto a non vederlo. Erano alti pressoché allo stesso modo, e anche la loro costituzione era molto simile. Ad occhio, si sarebbe potuto capire che ci fosse una parentela fra loro. - E comunque sia, il vostro starnazzare non ci aiuterà nella battaglia imminente -
    - Hai molti debiti da saldare anche tu - lo rimbeccò Roxas, arrossendo di rabbia. - Non comportatevi come se foste senza peccato -
    - Non ho mai detto di esserlo - rispose Cloud indifferente. - So bene cosa mi attende -
    C'era una strana sensazione nella voce di Cloud, così come nello sguardo di Vanitas. Era possibile che fosse senso di colpa? In effetti sembrava un'idea plausibile, anche se insolita. Strinse l'impugnatura di Narsil mentre attendeva qualche risvolto che svegliasse il torpore di quella situazione.
    - Zexion vuole snervarci con la tensione - disse corrucciato. - O vuole farci abbassare la guardia -
    - O entrambe le cose - disse Cloud osservando il cielo ormai scuro. Non c'era nemmeno una nuvola, così l'intera volta celeste si manifestava in tutto il suo stellato splendore. Migliaia di luccicanti astri sfavillavano nel cielo come per tranquillizzarli, una sottile falce di luna faceva da spettatrice silenziosa e indifferente agli eventi terreni.

    Passarono altri quarti d'ora di assoluto nulla, col cielo che diventava ormai nero e punteggiato: anche le stelle più piccole brillavano pienamente. Eppure, dell'esercito di Zexion continuava a non esserci traccia. Il vento soffiava tra le fronde degli alberi nel Giardino delle Ninfe, dietro il castello, mentre i grilli cantavano e i gufi volavano tra i picchi alla ricerca di prede.
    Sulle mura, anche Greagoir e Meredith avevano preso un posto a sedere. Gli uomini non osavano abbandonare le loro posizioni per l'ansia di un attacco a sorpresa, ma erano ormai tutti accomodati sui bastioni a parlare, scherzare, affilare le armi e controllarsi le corazze. La barriera restava al suo posto, così come le Ninfe, placide statue di cristallo che stazionavano sulle torri in posizione di preghiera.
    Roxas era divorato dall'ansia. Era diverso quando si doveva ubbidire e non comandare. A momenti si sarebbe gettato nella mischia, confusamente, seguendo la massa e mulinando Narsil nel tentativo di restare vivo fino alla fine della battaglia. Senza Keyblade era un soldato qualunque, non certo un Custode, e il fatto che l'unico a potersi definire tale in quel momento fosse proprio Cloud lo mandò in bestia.
    O forse era la tensione a farlo infuriare. Ogni respiro era pesante, sudava e fremeva. Tidus era ancora peggio: stringeva le mani alle ginocchia e muoveva forsennatamente le gambe da seduto, aprendole e chiudendole brevemente con sguardi nervosi verso il cancello. Solo i Revenant erano impassibili, immobili come statue, i loro minacciosi occhi rossi che brillavano sotto le celate.
    Poi qualcuno alzò lo sguardo e indicò il cielo con esclamazioni meravigliate.
    Altre si susseguirono.
    Roxas alzò la testa di scatto, pronto a vedere cos'avesse suscitato tanto scalpore in mezzo agli armati dell'Enclave... e una terrificata meraviglia si manifestò sul suo volto.
    In alto nel cielo era comparso uno sciame di luci azzurrognole, fiammeggianti, simili a candide comete che attraversavano lente la notte delle montagne di Nowart. E per pochi istanti tutti sperarono che fossero davvero stelle, un buon auspicio per la vittoria magari, o un semplice prodigio che potesse distoglierli dalla guerra per un battito di ciglia.
    Ma non fu così.
    Le comete azzurre calarono, in una parabola discendente e inesorabile, e presto quelle fulgide e meravigliose stelle nevicarono su di loro. Un grido percorse le loro file, soffocato da un boato simile al rombo di mlle tuoni.
    La barriera crepitò, si contrasse, gemette sotto il peso di quattrocento e più di quelle misteriose stelle, il frastuono infernale che facevano nello scontrarsi con la cupola cristallina che spingeva alcuni uomini a togliere gli elmi per tapparsi le orecchie, ma non cedette. Ad ogni attacco, ad ogni ondata di quelle stelle venefiche, essa reagiva con sofferenza, ma poi tornava immobile e invisibile come prima. Quando subiva un colpo, aloni biancastri pieni di crepe si manifestavano come se fossero sul punto di spezzarsi.
    Quello fu il segnale che tutti stavano aspettando: il morale era confuso e poco intelleggibile, ma nessuno si ritirò di fronte a quella sfrontata manifestazione di potere. Zexion li aveva attaccati di sorpresa come temevano, ma forse non sapeva della barriera e aveva sperato di sterminarli con un singolo colpo.
    - TUTTI GLI UOMINI IN FORMAZIONE! - latrò Greagoir inutilmente: i suoi soldati si erano già schierati sulle mura, archi in pugno, non appena la seconda bordata colpì lo scudo dell'Enclave.
    - Se solo potessi vedere al di là delle mura... - deglutì Roxas stringendo con forza ossessiva l'impugnatura di Narsil. Ormai era questione di tempo prima che la usasse.
    - Perché? Sei inutile come arciere - rispose Cloud facendo spallucce. Tuttavia non distaccava lo sguardo dalla barriera, come se avesse il timore di vederla frantumarsi da un momento all'altro. - Servi di più qui -
    - Anche tu servi di più qui - rispose Roxas eloquente, mettendogli una mano alla nuca e forzandolo a guardare dritto. Ritirò le mani con una smorfia incredula: Cloud sudava freddo, i suoi occhi fissavano il vuoto assoluto. - Non aiuterai molto se sarai presente a metà -
    - Dio... - mormorò Tidus vedendo le luci che continuavano a schiantarsi sulla cupola che li proteggeva.
    - Spero che ti senta - disse Roxas respirando a fondo. - Un po' di aiuto divino ci farebbe comodo -
    - Per il culo di Andrast... - un paio di Cavalieri si voltarono sul più grande degli Highwind, il loro cipiglio ostile ben intuibile nonostante le celate abbassate. - Per il Creatore, Roxas - si corresse - non hai paura?! -
    - Certo che ce l'ho - rispose il fratello. - Ma sono più abituato di te - il suo sorriso spavaldo non resse molto. - Tidus... niente pazzie - disse quasi implorante.
    - Lo stesso vale per te - rispose Tidus guardandolo severo. Era più basso di Roxas di quasi tutta la testa, ma robusto e ben piantato. Il minore era curioso di vederlo in azione con quella spada lunga. - Lo so che hai la fissa di fare l'eroe, me l'ha detto quella tua amichetta coi capelli bianchi - sospirò. - E lo so io, dopo averti visto gettarti in una casa in fiamme e tirare fuori Denzel. Ma qua non serve, devi restare vivo -
    Roxas annuì con gratitudine, sorvolando sull'ennesimo scambio di genere su Allen... si chiese come fosse possibile che lo scambiassero per una ragazza. I suoi lineamenti erano piuttosto mascolini.
    - Resta dietro di me - sussurrò Cloud a Vanitas, tenendo stretta l'impugnatura della sua Buster Sword.
    - Cloud, ho affrontato l'intera Organizzazione da solo, ti ho portato fin qui - disse sbuffando. - Te l'ho già detto, non ho bisogno di nessuno che mi difenda -
    - Non puoi richiamare i tuoi Nazgul qui - gli ricordò secco il Custode del Caos. - E nemmeno gli Unversed. Non puoi usare appieno l'oscurità. Stai dietro di me - ribadì. Sentiva, forse per gratitudine, forse per altro, di doverlo tenere al sicuro. Non voleva che gli accadesse qualcosa di male, anche se non capiva il perché.
    Vanitas non gli rispose, e non dovette applicarsi troppo per capire che non lo avrebbe ascoltato. Deglutì tornando a guardare la barriera, in alto, sempre flagellata da quella cascata di sfere bianche. Erano gli incantesimi dei Mangiamorte di Zexion, che cercavano di rompere la difesa: se quelli fossero piovuti nel cortile avrebbero sicuramente fatto una strage.
    - Eccoli! - gridò un arciere, facendolo bruscamente tornare alla realtà.
    I soldati davanti al cancello, esclusi i Revenant, si misero sull'attenti. Il clangore delle armature e il rumore di passi pesanti non tardarono a farsi sentire. Una cacofonia ininterrotta di metallo e roccia, senza nessun altro rumore. Nessun tamburo, nessun corno, assolutamente nulla. Le sfere bianche continuavano a piovere da luoghi ignoti, ma di Zexion non c'era traccia e i suoi soldati non emettevano un suono che non fosse quello dei loro passi.
    - ARCIERI! - richiamò Meredith Stannard. Alta, magra e dagli zigomi pronunciati, la seconda Comandante dei Cavalieri del Tempio indossava un cappuccio rosso retto da un diadema di ferro, che lasciava libera un'abbondante porzione di capelli biondi. I suoi occhi erano di un azzurro vivo e intenso, ma glaciali nello sguardo. Il suo volto era un'austera e tesa maschera di autorità, e bastò quella sua semplice parola perché chiunque avesse un arco estraesse una freccia dalla faretra e la incoccasse.
    Roxas non poteva vedere quello spettacolo, ma Allen sì. Come a Minas Tirith, gli Heartless Cavaliere avanzavano verso la fortezza, un fiume nero senza fine che si faceva strada a ranghi serrati. Da zone tra le montagne piovevano ancora le sfere bianche, ma aveva imparato ad ignorarle. I due comandanti gli avevano spiegato la funzione della barriera: bloccare ogni tipo di magia, in entrata o in uscita. Ciò voleva dire che avrebbero costretto l'esercito di Zexion a un combattimento corpo a corpo, imbottigliandoli all'ingresso. Se davvero erano diecimila, forse con quel sistema sarebbero riusciti a superare la notte. Le mura di Weisshaupt erano impregnate di magia, e nonostante fossero alte tre o quattro uomini uno sull'altro nessuna macchina d'assedio poteva sfondarle o scalarle: solo il portone era violabile ed era lì che il colpo si sarebbe sentito.
    Tuttavia, Allen non aveva mai maneggiato un arco in vita sua. Sapeva usare la forma di cannone dell'Innocence, ma quell'arco lungo non riusciva a farselo piacere. Aveva provato a usarlo un paio di volte con l'unico risultato di tirarsi la corda sul naso, ma i suoi nuovi commilitoni non avevano ammesso repliche. "O così, o vai giù con gli altri" aveva detto la Stannard. Allen si forzò a imparare in fretta, si sentiva più utile come arciere finché il portone reggeva.
    Allen tirò fuori una freccia e la incoccò sul suo brutto arco di tasso, dando un'occhiata alle corazze nere che luccicavano nella notte stellata. Non ci sarebbe stata penuria di bersagli, questo era sicuro.
    - Sono a gittata - disse un Cavaliere accanto a lui facendogli salire il cuore in gola. - Comandante, sono a gittata! - ripeté a uno dei due Comandanti sui bastioni. Greagoir non riuscì a stare con le mani in mano e tese un arco immenso, con la freccia incoccata.
    - TIRARE! - urlò con voce incredibilmente potente la Comandante: la freccia di Greagoir fu la prima a partire, seguita da tutte le altre. Un'unica pioggia di morte composta da quattrocento strali sibilò nel cielo, per poi cadere verso i suoi bersagli in modo disordinato. All'impatto diversi corpi caddero, altre frecce rimbalzarono su scudi e terreno. Meredith alzò una mano, e tutti fermarono il tiro. I suoi occhi indagatori fremettero nell'attesa che quei grotteschi esseri che risalivano il sentiero fossero tutti a portata. - TIRATE A VOLONTA'! - abbaiò decisa.
    Altre salve partirono, e altre ancora. Il cielo fu spettatore e ospite di fulgide sfere bianche e silenziosi dardi neri che andavano nelle direzioni opposte in un'inesorabile pioggia devastante. Gli Heartless cadevano a decine nonostante gli scudi alzati, il passo cadenzato e inarrestabile. Allen tirava e tirava, delle trenta frecce nella sua faretra ne rimanevano diciassette, o forse quindici. Mirava in punti indefiniti dello schieramento, senza neanche fare caso a quale colpire in quell'informe massa di metallo nero.
    Quanti potevano averne uccisi? Quattrocento? Settecento? La marea copriva tutto, scavalcava i suoi cadaveri e riformava rapidamente i ranghi. Ma poi, il fiume divenne da nero a bianco. Come all'Ordine Oscuro, silenti esseri di colore variabile dal bianco al grigio fumo marciavano verso le porte. Erano nella retroguardia, troppo lontani per essere colpiti dalle frecce. Vide che alcuni uomini avevano delle balestre, ma sparavano troppo lentamente rispetto agli arcieri e restavano accovacciati per la maggior parte del tempo. Non li aveva notati prima: ma quando prestò attenzione vide che miravano verso il fondo dell'esercito nemico, verso i Nessuno.
    - Continuano ad avanzare - notò Greagoir tirando un'altra freccia. - Ma non vedo arieti -
    - Rallentate il tiro! Frecce incendiarie! - ordinò Meredith osservando l'orda che avanzava. Ormai erano a una ventina di metri dalla porta, e non c'era traccia di macchine da sfondamento. Come avevano intenzione di entrare nella fortezza?
    Allen si scostò di un passo per permettere ad una fiamma color rubino di serpeggiare proprio sotto i bastioni. Era controllata da alcuni maghi che si trovavano con loro sulle mura, probabilmente per curare i feriti o per assistere i soldati. L'Esorcista abbassò l'arco per infiammare la punta della freccia, notando che le fiamme avvolgevano il metallo senza problemi. Mirò e tirò assieme agli altri, sentendo il braccio che iniziava a dolergli per le continue trazioni.
    Le frecce infuocate invasero il cielo come una fumante pioggia di piccole meteore. Altre meteore, più grosse e bianche, continuavano a colpire la barriera, senza impensierirli più del dovuto: la magia di Theresa e Flemeth era troppo potente perché potesse essere scalfita.
    Per cinque volte le frecce fiammeggianti lampeggiarono nella notte, e per altrettante volte colpirono il nemico: formavano una perfetta mezzaluna e coprivano un notevole terreno. Le lanciavano a distanza variabile, nella speranza di incendiare qualunque ariete: e visto che i Nessuno erano in vista, Greagoir ordinò ai genieri di preparare le catapulte. Quattro erano disponibili per l'uso, due ai lati del cancello e due sui torrioni ovest. A ritmo di due o tre minuti, enormi sferoidi fiammeggianti si libravano nel cielo per poi rotolare pesantemente tra i nemici facendone scempio.

    La prima faretra di frecce era stata interamente esaurita, la seconda era ormai giunta alla metà. Un'altra stava ai loro piedi pronta ad essere utilizzata. La loro avanzata però sembrava inarrestabile, nonostante tutto quello che lanciavano. Allen iniziava a scoraggiarsi, complice il braccio che iniziava a bruciargli dal dolore, tanto che la freccia che lanciò in quel momento volò pigramente per qualche metro prima di cadere innocua nel vuoto. Si tirò indietro lasciando un Cavaliere del Tempio al proprio posto, e cedendogli anche la faretra.
    - Scendi - disse Meredith vedendolo avvicinarsi alla garitta coperta dove stavano lei e Greagoir, il quale continuava a lanciare frecce e aveva già vuotato due faretre. - Va' dalle Ninfe e di' loro di portare altre frecce. Iniziamo ad essere a corto -
    In effetti Allen notò che tutti erano passati alla terza ed erano tornati a tirare frecce normali. La striscia fiammeggiante color rubino era immediatamente scomparsa permettendo agli arcieri di mirare con più precisione, a ridosso delle merlature.
    - Perché non rispondono? -
    La domanda di Allen mise i due comandanti improvvisamente in allerta. Presi com'erano dall'ansia del combattimento avevano tirato a volontà, organizzato una difesa pressoché perfetta e quasi due quinti dell'esercito nemico parevano giacere a terra: ma come aveva detto Greagoir, non portavano arieti.
    - Non rispondono all'attacco e non portano arieti... - l'uomo si allontanò dal parapetto scrutando le tenebre. - Meredith, fa' venire qui Road -
    - Temi... - esordì la donna, ma il Comandante la bloccò annuendo.
    - E' di Zexion che parliamo -
    Allen non ci mise molto a capire quali fossero i timori dei due ufficiali. Zexion aveva quasi distrutto la mente di Sora tra i boschi di Spira, semplicemente distorcendo la realtà. Ma gli era stato necessario guardarlo negli occhi: dubitava che tutti loro avessero fatto lo stesso. Possibile che ci fosse davvero un'illusione di mezzo? L'unica nota reale di quell'assalto era il braccio che gli bruciava?
    - Posso farlo io - intervenne dunque, con decisione, tenendosi due dita sull'occhio sinistro. - Mio padre mi ha donato la capacità di vedere attraverso le illusioni degli Akuma. Con l'arrivo di questa guerra, il potere di quest'occhio si è amplificato. Forse posso aiutarvi -
    - Fallo dunque - ordinò Meredith con la voce carica di dubbio. Se fino a quel momento tutta la loro difesa fosse stata vana, il morale dell'esercito sarebbe crollato vertiginosamente.
    Allen si avvicinò al bastione, con entrambi gli occhi chiusi: una volta avrebbe avuto bisogno di evocare Crown Clown per usare una sorta di visore che gli permetteva di vedere ancora meglio attraverso le coperture degli Akuma, ma adesso non gli occorreva più. Dall'assalto all'Ordine Oscuro l'occhio aveva sanguinato ininterrottamente per giorni, cambiando. L'Innocence aveva assunto un nuovo livello di simbiosi, a quanto gli aveva spiegato Komui. Pensando a Komui, per un attimo gli tornarono in mente i suoi compagni, sperduti chissà dove in quel momento. Miranda, Lavi, Kanda, Bookman... Linalee. Aprì gli occhi.
    Il sinistro divenne nero, l'iride argentata, e una nuova agghiacciante visione gli si parò davanti.
    Non era servito a niente.
    Non c'era niente.

    Per oltre cinquanta metri, il terreno era punteggiato di frecce, bruciature dovute alle sfere fiammeggianti delle catapulte, fiammelle ormai morenti delle frecce incendiarie. Il sentiero ovest che portava a Mordor era martoriato e danneggiato, ma non c'era alcuna traccia dell'esercito di Zexion.
    Era vuoto.
    - Non c'è niente... - sibilò Allen con un tremito. Uno sferragliante tintinnio sotto la tonaca avvertì che le gambe di Meredith stavano per cedere. Cercando di mantenere un atteggiamento autoritario, la donna si sedette con profondi e dolorosi respiri. - Siamo stati ingannati -
    - Va'... - mormorò Greagoir. - CESSATE IL TIRO! - ordinò. - RESTATE PRONTI! -
    Allen annuì e corse lungo le mura. Non era affatto semplice data la loro estensione, ma doveva vedere se per qualche crudele scherzo della sorte Zexion non avesse deciso davvero di attaccare da Est. Ma cos'avrebbe potuto fare poi? Le mura erano invalicabili, poteva solo aggirarle per raggiungere il portone.
    Terminò dopo qualche minuto, gettando sguardi attenti un po' ovunque, ma non c'era la minima traccia della forza di cui parlavano. Attorno a Weisshaupt regnava il vuoto più totale.
    Però...
    Allen fu colto da un'improvvisa fitta alla testa. Inciampò tenendosi a una merlatura, soccorso da una delle vedette che controllavano le altre mura. Gemette portandosi le mani alle tempie, sentendo qualcosa, una bruciante presenza, che si faceva spazio nella sua mente.
    Non hai guardato con attenzione.
    Gli occhi dell'Esorcista si spalancarono. In quell'istante il suo sguardo fu quasi forzato verso il portone ovest, e lì vide, in lontananza, sei grosse figure biancastre in procinto di lanciare qualcosa.
    - Berserker... - realizzò tremando. Quelle bestie erano state in grado di lanciare enormi pietre fino al secondo livello di Minas Tirith.
    Sei giganteschi massi rotondi presero il volo, ma nessuno pareva vederli.
    - LANCI D'ASSEDIO! BERSERKER! - gridò, gridò con tutto il fiato che gli era rimasto nei polomni dopo quella folle corsa. - TENETEVI GIU'! -
    L'avvertimento non restò inascoltato. Roxas afferrò Tidus per il collo e lo spinse giù, Cloud si spinse da parte con Vanitas, diversi Cavalieri si allontanarono dal portone: gli arcieri si ripararono dietro i bastioni invulnerabili.
    - Che il Creatore ci salvi... - riuscì a dire Meredith in un sussurro.
    In quella manciata di istanti, il folle volo dei sei enormi proiettili fu prossimo alla fine. Superarono la barriera in quanto semplici oggetti privi di potere magico...
    Roxas credette di essere arrivato all'inferno.
    Un boato più forte di qualunque incantesimo avesse colpito la cupola protettiva invase l'interno di essa, persino la sua cristallina superficie sembrò crepitare con violenza. Gli enormi massi rotondi colpirono quasi simultaneamente, con precisione innaturale, tutti nello stesso punto: e per ognuno che toccava il legno e il ferro, una spaventosa esplosione ne prendeva il posto. Al sesto colpo le porte si squarciarono inutili, incapaci di contenere oltre la furia del fuoco, tutto talmente in fretta che nessuno ebbe il tempo di realizzarlo. Il cancello si spalancò di scatto, i ferri che lo tenevano ancorato al terreno schizzarono via come insignificanti pagliuzze. Un rutilante vortice di schegge lignee e frantumi di ferro si abbatté sui difensori, fiammeggiante e inevitabile: alcuni si ripararono dietro i Revenant, altri dovettero voltarsi di spalle per proteggere il viso. Roxas sentì sul volto un calore opprimente, bruciante, che gli levava il respiro: per attimi interminabili, chiunque si trovasse nei pressi del cancello si sentì morire tra le fiamme.
    Ancora una volta, solo i Revenant rimasero immobili, incuranti del fuoco e del ferro. I loro occhi rossi scrutavano il vuoto davanti alla fortezza.
    Vuoto che si riempì presto, e stavolta per davvero.

    - Che il Creatore ci perdoni! - farfugliò Greagoir inorridito. - Come abbiamo potuto essere così stolti?! -
    - Non possiamo più pensarci ormai - tagliò corto Meredith ansante, estraendo la sua lunga spada a due mani da dietro la schiena. - CHIAMATE I GUARITORI! -
    Il canto degli archi da battaglia riprese. I Berserker, almeno venti, marciavano in testa a una lunga colonna di Nessuno, alzando scudi immensi alti quasi quanto le mura di Weisshaupt, parando la maggior parte delle frecce e costringendo gli arcieri a tirare alla cieca, mirando verso l'alto.
    Quando furono a poco meno di venti metri dall'arcata che una volta ospitava il grande cancello, i Revenant ebbero la prima reazione dopo ore. Con un gesto all'unisono, i cinquecento non-morti si flessero parando lo scudo davanti a sé. Quelli dell'avanguardia puntarono lunghe lance nere formando una muraglia all'indirizzo degli aggressori, di cui vedevano soltanto un muro nero in costante avanzata.
    - Rox, stammi vicino - disse Tidus cercando di apparire protettivo, ma sembrava l'esatto opposto, ossia che volesse la protezione del fratello minore.
    - Una volta che uccidi il primo, il resto viene da sé - rassicuro Roxas sguainando Narsil con un lungo sibilo metallico. La spada luccicò sinistramente sotto i continui lampi degli incantesimi dei Mangiamorte, le rune intagliate che sembravano fiammeggiare al suo sguardo.
    "Che tu sia Soldato o Generale, Re o Contadino, Uomo o Donna, se la tua anima impugnerà questa Spada Reale, la Lama di Nabradia, lo Spirito di Nabradia ti proteggerà in battaglia" ricordò la traduzione di quella lingua antica, e con essa la meraviglia che si manifestò sul suo viso quando Rasler gliene parlò, porgendogli l'arma quasi con reverenza. Lui era il difensore di Minas Tirith. Il Custode dell'Equilibrio. Un Assassino.
    Ed era uno studente delle superiori di Twilight Town, secondogenito di una famiglia amorevole. Non doveva dimenticare chi era, chi c'era sotto quelle vesti bianche, non doveva dimenticare a chi appartenevano le mani che impugnavano i Keyblade. Aveva affrontato battaglie e dilemmi che fino a quel momento aveva visto solo nei libri, o al cinema, o nei videogiochi che a lui e Sora piacevano tanto, ma messo da parte il Custode, non era che un ragazzo.
    Portò Narsil davanti al viso, chiudendo gli occhi. Ogni rumore si affievolì fino a svanire nell'oceano della sua concentrazione. L'odore della battaglia era ancora una volta giunto alle sue narici. Polvere, sudore e sangue si sollevavano ancora, e lui era nuovamente lì in mezzo. Poteva udire il proprio pesante respiro, il sudore che gli appesantiva la pelle, la consistenza polverosa dell'aria che inalava. Le sue mani si strinsero sulla lunga spada di Nabradia. Poteva percepire le emozioni di chiunque gli fosse vicino, trapelanti dai loro cuori, amplificate dalla sua sensibilità di Assassino. Non-morti immobili dai cuori di pietra, umani esitanti che cercavano il coraggio per difendere la propria casa, la marea biancastra e oscura che si infrangeva sugli scudi dei Revenant, le Ninfe immobili, i magici che correvano nel cortile portando munizioni. Suo fratello e poi l'Unversed...
    - CLOUD! - chiamò spalancando gli occhi, richiamando tutta la propria forza. Era passato diverso tempo ormai, gran parte del suo spirito era stata ricomposta. Xaldin, Larxene, Marluxia, Luxord, Demyx, Axel, Saix... non ne mancavano che poche parti. Una fiamma bianca lo avvolse, fulgida e splendente come il giorno che usò tutto il proprio potere per volare via da Bikanel con Sora. Le sue gambe si flessero, pronte al salto: nello stesso istante, il cuore di Vanitas ebbe un sussulto. Che fosse il frammento di Lexaeus che cercava di tornare a lui? L'Unversed cercò di aiutarlo a ricongiungersi con Roxas, ma riuscì solo a sentirsi il fiato mozzo. E accanto a lui, in una fiammata viola scuro, Cloud saltò assieme al Custode dell'Equilibrio, superando lo schieramento dei Revenant.
    Narsil e la Buster Sword si abbatterono sulla schiera di Nessuno ed Heartless che era giunta al portone: i Berserker avevano piantato con forza sovrumana gli enormi scudi nel terreno, in modo da coprire il più possibile coloro che non potevano entrare nella cinta muraria. I due Custodi piombarono in mezzo agli assedianti, notando che molti erano già caduti sotto le lance nere dei Revenant.
    - Quanto tempo hai? - domandò Cloud in tono spavaldo, gli occhi che luccicavano di viola acceso.
    - Trenta minuti circa - rispose Roxas istintivamente. Era forse Ventus a contare il tempo che poteva passare usando il potere dell'Equilibrio? Non riusciva più a sentirlo bene come prima, ormai la sua voce era un impercettibile sussurro che solo il suo cuore riusciva a udire.
    Equilibrio e Caos sbarrarono con la loro presenza il passaggio davanti all'arcata: erano ancora entro la barriera, per pochi passi. Una posizione perfetta per la difesa, mentre i Revenant continuavano a montare la guardia.
    I Nessuno si avventarono, spade e artigli sfoderati: gli Heartless cavaliere balzarono su di loro, in breve si trovarono circondati. L'immensa spada di Cloud riusciva a falciarli anche tre per volta, lasciandosi dietro nient'altro che fiamme violacee: Narsil brillava del fuoco bianco di Roxas, ma la sua portata permetteva al suo possessore di uccidere un nemico per volta, anche se con incredibile velocità. La spada sembrava dotata di vita propria mentre la mulinava con decisione tra un nemico e l'altro. Vide la testa di uno Spadaccino volare, perdendo fiotti di polveroso sangue bianco. Due ne presero immediatamente il posto e Roxas scartò di lato, conficcando Narsil nella schiena di uno e la lama celata nella faccia deforme dell'altro. Saltò all'indietro e le katana dei Nessuno, almeno una decina, si animarono circondandosi della stessa aura bianca che circondava il Custode Assassino: Roxas stese una mano ed esse partirono come proiettili, conficcandosi nel corpo di un enorme berserker che avanzava verso di loro brandendo lo spadone simile a una mazza. Nel suo salto si voltò di scatto tranciando in due un Simile che tentava di oltrepassare la loro linea difensiva. La Buster Sword di Cloud aveva creato un monticello di cadaveri ai piedi del suo padrone, che ora incrociava la spada con due Berserker inferociti. Uno Spadaccino particolarmente tenace si parò tra i due Custodi e Roxas fu obbligato a schivare un paio di fendenti velocissimi, per poi rispondere infilzandolo sullo sterno parte a parte.
    Tidus era strabiliato. In un vortice di fiamme bicolore, i due sembravano usciti da una leggenda. Il giovane di Midgar scoprì un lato completamente nuovo di suo fratello, ed ebbe un brivido nel vedere, attraverso la sua espressione risoluta e battagliera, che si trovasse pienamente a suo agio. Era come se fosse nato per quel momento, per la battaglia. O era forse la situazione a tramutare così un essere umano?
    Voleva vivere abbastanza a lungo da sapere la risposta. I Revenant sterminavano qualunque essere superasse la difesa dei due Custodi, ma quanto tempo sarebbe durato ancora? Se davvero Roxas era in grado di esercitare una potenza del genere costantemente, dubitava che quella guerra sarebbe durata così tanto.
    - Venti minuti - disse Vanitas stringendo l'impugnatura del suo Keyblade. - Venti minuti ancora e saremo nel fitto della battaglia anche noi -
    Gli arcieri continuavano a lanciare senza sosta, ma sempre di meno: alcuni dovettero farsi da parte e affidarsi ai guaritori per superare velocemente il dolore che provavano alle braccia. Avevano scagliato ciascuno qualcosa come quaranta o cinquanta frecce, alcuni mostravano segni di sfinimento. Le pozioni e le erbe ricostituenti di Anders sortivano solo una minima parte dell'effetto sperato, causando rallentamenti nell'attacco.
    Un altro dei venti Berserker cadde, trafitto da una decina di dardi alla testa e al collo. Roxas lo calciò via in direzione di un gruppo di Spadaccini che si faceva largo in mezzo agli scudi, ostacolandoli. Molti saltarono il cadavere in tempo e gli si avventarono addosso, trovando la resistenza della sua spada nabradiana. Uno ad uno, caddero rovinosamente a terra.
    Roxas volteggiava tra i nemici, la spada fiammeggiante di bianco stretta in pugno, ogni muscolo del corpo pronto e guizzante per la mossa successiva. Intercettava ogni spada, ogni artiglio, con una tecnica quasi perfetta. Alla marea bianca si mischiò quella nera: gli Heartless Cavaliere divennero una presenza massiccia, e Roxas e Cloud si trovarono schiena a schiena.
    - Ancora quindici minuti - sogghignò Cloud alzando la spada in modo da avere la punta davanti al viso.
    - Ci siamo arrivati a un paio di centinaia? - domandò Roxas flettendosi.
    - Colpiscili tutti finché non ne resta nessuno, è la via migliore -
    - Allora fallo - sfidò il Custode Assassino.
    - Potrei, ma non sopravviverei - sospirò Cloud. - So che sentiresti la mia mancanza -
    - Allora comportati in modo da sopravvivere, così che possa staccarvi la testa - replicò Roxas sistemando Narsil tra le mani. La lama grondava sangue argenteo e nero.
    Quei brevi secondi di pausa furono sufficienti. I due Custodi tornarono all'attacco, stavolta ruotando sul posto, schiena a schiena, difendendosi a vicenda dagli attacchi sempre più implacabili di Nessuno ed Heartless. Nel momento in cui Buster Sword sfondò la difesa di due Cavalieri simultaneamente, Narsil tagliava di netto il volto di uno Spadaccino e si conficcava di traverso nel torace di un Simile. Roxas si abbassò per evitare un affondo dello stesso, sollevando la spada all'interno del suo corpo per tagliarlo trasversalmente. Tirò un calcio all'elmo di un altro Cavaliere e in una fiammata bianca lo colpì con un fendente diagonale dall'alto, facendolo stramazzare al suolo, immediatamente sostituito da almeno altri tre. Roxas si spinse in avanti, affrontandoli tutti e tre contemporaneamente e vincendoli tutti, ma non si accorse che uno di quelli uccisi gli afferrò una gamba, ancora disperatamente vivo. Il Custode inciampò su un ginocchio, colpendolo con la lama celata e difendendosi da altri due Spadaccini con una mano sola. Mosse una mano e un'onda d'urto biancastra allargò appena il suo campo di battaglia, permettendogli di rimettersi in piedi. La vista gli si annebbiò per un attimo, e si accorse solo in quel momento del caldo fluido vitale che gli percorreva la coscia. Il taglio lo distrasse.
    ROXAS!
    "Ven...?"
    - PAPA'! - Un'aguzza lama fiammeggiante di viola roteò come un boomerang, spaccando in due un gigantesco Berserker che lo ghermiva, per poi falciare qualunque Heartless e Nessuno trovasse nella sua strada di ritorno verso il suo legittimo proprietario, che si avvicinò immediatamente.
    - Cloud...? - realizzò confuso. Aveva davvero gridato quella parola? Probabilmente l'aveva sentita solo lui, con tutto il frastuono che c'era, ma l'aveva detta. L'attimo che aveva incrociato il suo sguardo, era carico di paura. Temeva forse che gli succedesse qualcosa? - Sto bene, sta già guarendo da sola - indicò la ferita, che aveva smesso di perdere sangue. Forse era Ventus che lo stava curando.
    - E' meglio ritirarci verso l'interno, mancano meno di dieci min... AH! - ringhiò spingendo Roxas verso l'arcata e mulinando la sua immensa spada come fosse di carta, uccidendo qualunque creatura incontrasse davanti a sé.
    - CLOUD, ALLE SPALLE! - avvisò Roxas rimettendosi in piedi. Si dovette difendere da uno Spadaccino, sbattendolo contro la pietra delle mura e trafiggendolo alla schiena. Cloud si voltò, ma dovette proteggersi il viso da un'esplosione improvvisa. Entrambi alzarono lo sguardo, trovando Allen Walker che sorrideva, reggendosi il braccio tramutato in cannone.
    L'Esorcista saltò giù, verso di loro, sguainando la spada dall'Innocence durante la caduta e schiantandola su un Cavaliere prima che attaccasse i due.
    - Grazie per l'aiuto - disse Allen uccidendo altri Nessuno con la sua lunga spada, indietreggiando. I due Custodi fecero altrettanto, con le spade puntate, limitandosi a uccidere qualunque creatura si parasse davanti a loro.
    Roxas?
    "Ven?"
    E' meglio ritirarti per il momento.
    Roxas comprese il senso di quelle parole nello stesso istante in cui la voce di Ven gliele pronunciava. Non avrebbe più potuto reggere la fiamma dell'Equilibrio.
    - REVENANT! - la voce possente di Greagoir sovrastò il rombo degli incantesimi, degli archi lanciati e delle urla di battaglia. La schiera di non-morti in armatura sollevo le spade e puntò le lance, avanzando con marcia spedita e inarrestabile verso i Nessuno, un unico clangore metallico ripetuto cinquecento volte nello stesso istante, ad ogni passo. La falange di Revenant superò i Custodi e l'Esorcista, mentre la fiamma bianca e la fiamma viola si spegnevano. Roxas sentì improvvisamente tutto il peso della stanchezza e si ritirò verso una panca di legno a ridosso della strada, prontamente raggiunto dal fratello incredulo.
    - Sei stato grande là fuori! - esultò sbalordito. - Non credevo... -
    - Nemmeno io - ridacchiò Roxas ansante, concedendosi un attimo di respiro. Aveva visto l'entità dell'esercito di Zexion.
    Forse sarebbero riusciti a superare quella notte, dopotutto.

    Mentre i Revenant formavano un'impenetrabile difesa davanti alla porta, tagliando e infilzando qualunque abominio cercasse di oltrepassare la loro schiera, nel castello incombeva una battaglia diversa.
    Flemeth e Theresa stavano in piedi nell'Osservatorio, una stanza in penombra a pianta ottagonale le cui pareti solitamente permettevano di vedere il cielo grazie ad alcune magie impregnate nelle mura. In quel momento però, la stanza era vuota, i sedili a ridosso delle pareti non erano occupati. Ai lati del piedistallo del Palantìr, l'una di fronte all'altra, le mani tese sulla sfera, le due anziane Streghe pronunciavano mentalmente formule arcane per tenere la barriera in piedi. La loro magia era troppo potente perché essa potesse soffrire danni ingenti, ma non volevano correre rischi quando si parlava di Zexion.
    - La battaglia procede bene - disse Flemeth in tono calmo. - Due quinti delle forze nemiche abbattuti. Forse anche di più -
    - Finché la barriera reggerà, il vero nemico non sarà un problema - rispose Theresa. - Quanto prima ci sbarazzeremo di questo esercito di marionette, prima potremo dedicarci a Zexion -
    Un silenzio pesante calò nella piccola stanza. Le rughe sul viso di Flemeth parvero accentuarsi.
    - Fai quello che devi, Flemeth - sorrise Theresa, i baluginanti occhi ciechi che trasmettevano un calore amichevole. - Sono pronta -






    Ci vediamo tra due settimane ^^
     
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