Equilibrio

la mia nuova fan fiction

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    暗いロクサス92

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    Ed eccomi qui con il nuovo capitolo!
    Dunque, è finita! La Saga dell'Esame dell'Equilibrio ha visto la sua conclusione con il precedente capitolo, e le conseguenze sono state ben peggiori di quanto fosse possibile immaginare.
    Sora, il primo dei nuovi eroi del Keyblade, è caduto, e ora il suo corpo è in possesso di Nigrae, che si prepara alla guerra!
    Ma prima di passare alla saga finale di questa storia, diciamo che mentre continuo a radunare le idee, vi lascerò qualche capitolo "filler". O meglio, questi capitoli (non so ancora quanti saranno esattamente) rivelerrano alcuni punti oscuri nella trama, oltre che rivelare qualche dettaglio per la guerra. Perciò sono a tutti gli effetti dei capitoli, anche se si tornerà un po' indietro con gli eventi XD.
    Ordunque, ringrazio Liberty89 (sempre Fly89) per avermi fatto da beta reader e passo alle recensioni!

    @ Liberty89: *fa scoppiare una bomba* Eh già, il botto è stato un Signor Botto! XD
    Ti chiedo scusa, so che questo capitolo, con i suoi continui cambi di punti di vista, ti ha fatto impazzire nel betaggio XD
    Devo dire che come prova finale, l'idea di rendere oscuri i nostri eroi è stata magistrale (quanta modestia, vero? XD). E si sa, i cattivi sono sempre migliori dei buoni ù.ù. E Sora, essendo forse la rappresentazione stessa della bontà e ingenuità, e giustamente diventato uno dei cattivi peggiori di sempre ù.ù XD
    Topolino, Paperinika e Superpippo che usano le armi del re e dei suoi due amici era necessaria per non renderli ancora più inutili. Inoltre, a parte Paperina, era praticamente sempre loro a combattere XD.
    E già... questa battaglia non finale ha visto l'arrivo di un sacco di personaggi più e meno importanti... tranne Kuzko, che sinceramente è caduto quasi per sbaglio dentro il varco XD.
    Ammettilo, non avresti mai pensato ad Azuki come Blue Ranger, vero? XD. E Reborn... in fondo non poteva essere davvero cattivo XD (o meglio, non poteva essere cattivo tra i cattivi XD).
    Xadhoom... inizialmente pensavo di mantenerla in vita, ma la sua fine anche nella storia originale era troppo ben fatta per rovinarla definitivamente... perciò a malincuore ho dovuto fare tale scelta ù.ù. E se non avessi fatto così, Pikappa non avrebbe fatto paura a nessuno XD.
    Ormai mi conosci... la mia mente malata può generare idee talmente assurde da risultare perfette e inaspettate XD.
    E già, Sora è diventato il nuovo contenitore di Nigrae... tranquilla, Riku ha già dato con Ansem, non potevo usarlo nuovamente nello stesso ruolo XD. E io non ho limiti nella cattiveria ù.ù
    Anche Kairi ha i suoi limiti di tolleranza, e distruggere il cuore di Sora temo sia oltre a codesti limiti XD. E comunque, la Kairi di Equilibrio è ben diversa dall'originale XD.
    Per Sora... temo proprio che questo sia un addio... anche se forse, qualcosa riuscirà ancora a combinarla... chissà XD
    E concordo... ora un vero cattivo ha preso il comando di tutto, mettendo in secondo piano uno che alla fine, non vuole fare altro che studiare XD.
    La vera identità di Hakai è stata sì una bomba, lo ammetto... e vedrai, quando spiegherò il tutto, la bomba sarà niente in confronto XD (o almeno, lo spero XD).
    No... nemmeno io farei una cosa del genere XD. (Ansem e Malefica... brrr...)

    Bene, e ora... direi di lasciarvi al capitolo! Buona lettura a tutti!


    Torna all'indice dei capitoli


    Sora aprì lentamente gli occhi, portandosi immediatamente una mano al viso per coprirsi dalla luce intensa che lo stava colpendo.
    Il rumore delle onde del mare giunse alle sue orecchie, mentre la vista diventava più chiara, rivelando al suo sguardo un tramonto conosciuto.
    “Queste… sono le Isole del Destino…” mormorò, alzandosi da terra e guardandosi attorno.
    Si trovava sulla piazzetta su cui sorgeva l’albero dei frutti di paopou dov’era solito guardare l’orizzonte assieme a Kairi e Riku, ma ora era da solo. Non c’erano neanche uccelli in cielo, e nessun pesce che guizzava fuori dall’acqua. Era da solo, con il mare che pareva estendersi all’infinito.
    “Che cos’è successo…? Stavo parlando con Dark e-”
    “E hai perso.” Rispose una voce, che fece girare di colpo il custode, trovandosi a fissare Xion, che lo guardava con occhi tristi.
    “Nigrae si è impossessato del tuo corpo. Probabilmente questi saranno i tuoi ultimi minuti. Ti sei rifugiato nel tuo cuore per salvarti, ma l’Oscurità lo distruggerà presto.”
    Sora la osservò per un istante, dopodiché annuì silenziosamente.
    “Capisco… Quindi questa è la mia fine?”
    “Mi dispiace.” Disse Roxas, raggiungendoli dal ponte. “Ma non possiamo fare niente per evitarlo.”
    Il castano guardò entrambi, per poi sorprendersi quando il suo Nessuno gli offrì un gelato al Sale Marino.
    “Non l’abbiamo mai preso insieme.” Spiegò lui, dandone uno anche a Xion, per poi dirigersi sul tronco che tagliava in due la piazza, sedendosi e imitato subito dalla compagna.
    Il keyblader fissò il gelato, sfoggiando un sorriso amaro, poi raggiunse i due, mettendosi nel mezzo e cominciando a mangiare.
    I tre rimasero in silenzio per diversi minuti.
    “Sapete… Forse c’è ancora qualcosa che posso fare.” Disse Sora, alzando lo sguardo.
    “Che cosa?”
    “Se mi trovo dentro Nigrae… Vuol dire che posso accedere ai suoi ricordi, come lui può fare lo stesso con me. Potrei trovare una soluzione per uscire da questa situazione, o almeno, un modo per permettere a Dark e agli altri di vincere.”
    “Dubito che potrai accedere ai suoi ricordi così facilmente.” Fece notare Roxas.
    “Non lo saprò finché non ci proverò.” Replicò Sora, saltando giù dal tronco, per poi dirigersi verso il confine della piazza, evocando il Keyblade.
    “È la mia ultima possibilità. Devo tentare il tutto e per tutto!”
    Xion e Roxas sorrisero di fronte alla sua tenacia e lo raggiunsero, evocando anche loro la Catena Regale.
    “Allora ti aiuteremo.” Risposero all’unisono, poi puntarono i tre Keyblade nella stessa direzione, facendo apparire una serratura, da cui cominciò a uscire una luce che li investì.

    Capitolo 81: Flashback Kairi: gioco mortale?


    Quando Kairi uscì dal varco, si ritrovò in mezzo a un enorme prato pieno di fiori.
    “Uao…” fece meravigliata, guardandosi attorno mentre avanzava. “Questo posto è davvero bello!”
    Pochi minuti dopo, raggiunse quello che sembrava il bordo della strada, oltre il quale c’era un dirupo, di cui non si vedeva il fondo. Anzi, sembrava esserci un cielo anche sotto.
    “Che strano…” commentò, girandosi. “Però sembra tutto a posto. Non vedo né Heartless né Nessuno… né nessun altro nemico.”
    “Ehi, tu!” urlò una voce.
    La custode si girò, vedendo un ragazzo dai capelli castani tendenti al rosso, con addosso un’armatura scarlatta e una spada in mano, correre verso di lei. “Scappa!!!”
    Kairi lo guardò, non sicura di aver sentito bene.
    Ma quando, qualche secondo più tardi, alle spalle del ragazzo apparve una creatura vagamente simile a un rinoceronte, solo che questa era cinque volte più grande e ricoperta per tutta la schiena da corna, fu costretta a confermare quanto aveva capito.
    “E quello che razza di Heartless è?” esclamò la principessa, mentre il ragazzo era in procinto di raggiungerla.
    “Che cosa ci fai lì impalata? Quel mostro è almeno di livello 60, non possiamo competere contro di lui da soli!”
    “Livello 60?” ripeté Kairi, inclinando la testa da un lato, mentre sul suo volto appariva un’espressione interrogativa. “Che cosa significa?”
    Il ragazzo, che in quel momento la stava superando, cadde a terra per lo stupore.
    “Che cosa?!” esclamò, rialzandosi subito. “Non mi pare il momento adatto per scherzare!”
    Ma s’interruppe quando il mostro si fermò di fronte a loro, ruggendogli contro.
    “Maledizione…” continuò lo sconosciuto, brandendo la propria spada. “Non ho altra scelta…”
    “Come mai ti sta inseguendo?” chiese la rossa.
    “Che razza di domanda è?! M’insegue perché vuole eliminarmi, no?”
    “Questo l’avevo capito anch’io… ma perché vuole eliminarti?”
    “È un mostro! Cosa dovrebbe fare? Invitarmi a bere un tè?”
    “E perché no? Sora mi ha raccontato di una bestia che ha invitato una donna a ballare.” Ridacchiò lei.
    “Come scusa?” chiese lui, per poi scuotere la testa. “Ah, non importa! Sbrigati a sguainare la tua spada!”
    “La mia spada? Io non ho una spada.” Rispose tranquilla Kairi.
    “Beh, se vuoi morire per fare queste battute, fai pure, io venderò cara la pelle!”
    La ragazza sorrise, per poi alzare la mano.
    “Temo tu abbia frainteso. Non ho detto che non combatterò. Ho solo detto che non ho una spada.”
    “E allora che cosa userai? Degli spilli?! Non vedo nessuna arma con te!”
    “Certo che no. Hai mai sentito parlare…” replicò lei, creando una sfera di fuoco. “di magia?”
    Il ragazzo spalancò gli occhi increduli, osservando Kairi colpire in pieno il mostro con il fuoco, che lo avvolse, fino a disintegrarlo in migliaia di pezzi, che si dissolsero nel nulla l’attimo seguente.
    “Uh? Che strano… perché è scomparso così?” fece lei, abbassando la mano.
    “Come… Come hai fatto?” chiese il ragazzo.
    “Oh, ti riferisci alla magia? So che può sembrare strano, ma io posso usarla e-”
    “Come hai fatto a usarla qui, intendo!” urlò lui.
    “Come?”
    “Dovrebbe essere impossibile usare qui la magia! Non è stata programmata!”
    “Programmata? Ma perché parli come se fossimo in un computer?”
    Il castano la guardò male.
    “Senti ragazza, non so che cosa ti passa per la testa, ma…”
    Tuttavia il ragazzo si fermò, guardando la testa della custode.
    “Che succede?”
    “Il tuo indicatore… dov’è il tuo indicatore?!” esclamò in preda al panico lui, puntandogli contro la spada.
    “Il mio indicatore? Di che cosa stai parlando?”
    “Tutti i giocatori ne hanno uno! E se tu non ce l’hai… significa che sei un nemico!” urlò, partendo all’attacco.
    Kairi si buttò di lato, riuscendo ad evitare il colpo di spada.
    “Ehi, che ti prende?! Vuoi uccidermi?!”
    “Se non lo faccio io, lo farai tu. Non mi aspettavo avessero programmato nemici in grado di interagire con noi giocatori fino a questo punto. Spero almeno di riuscire a droppare un po’ di oggetti utili dalla tua sconfitta!”
    Senza dire altro, si lanciò ancora all’attacco.
    Questa volta, però, Kairi alzò la mano, evocando il Keyblade e parando l’offesa.
    “Cosa? E quella che razza di spada è?”
    “Non è una spada. È un Keyblade. Dovresti sapere che cos’è, no?”
    “Keyblade? Mai sentito nominare! Né in questo mondo… né nel mio!”
    Kairi spalancò gli occhi.
    “Aspetta…” disse, saltando indietro. “Stai dicendo che non sei di questo mondo?”
    “Certo che no, come tutti gli altri giocatori. Cos’è, voi programmi non lo sapete?”
    “Temo che qui ci sia un grosso equivoco…” mormorò la custode, facendo scomparire l’arma. “Io non sono un programma. Sono una custode del Keyblade.”
    “Uh? E con ciò?”
    La ragazza sospirò.
    “I custodi del Keyblade sono persone che vanno in giro per l’universo. Ne esistono diverse categorie, ma principalmente si dividono in custodi della Luce e dell’Oscurità. Il mio caso è un po’ speciale. Oltre a essere una custode della Luce, sono anche una principessa della Luce, ovvero una delle sette donne con il cuore privo di oscurità. E in più, di recente, sono diventata una Master del Keyblade.”
    Il ragazzo la guardò in silenzio per qualche secondo.
    “Luce? Oscurità? Ma di che cosa stai parlando? E come sarebbe a dire che vai in giro per l’universo? Non esistono astronavi così potenti.”
    Kairi alzò una mano, aprendo il varco.
    “Non abbiamo più bisogno di un mezzo di trasporto, se non per riposarci.” Spiegò. “Attraverso questi varchi, possiamo cambiare mondo liberalmente. È così che sono giunta qui.”
    “Vuoi dire che tu puoi andartene da questo mondo liberamente?! E potresti far passare anche altre persone attraverso quel varco?”
    “Sì, è così, ma dobbiamo seguire delle regole.” Rispose lei, chiudendo il passaggio. “Mi dispiace, ma non posso farti lasciare questo mondo. Nemmeno se tu non sei originario di questo.”
    “Come sarebbe a dire?! Questo mondo è pericoloso, l’hai visto anche tu! È pieno di mostri come quello, anche più pericolosi! Non puoi lasciarci qui!”
    “Credimi… Il mostro più pericoloso che puoi incontrare qui, è meno potente di quelli che potresti trovare nel tuo mondo.”
    “Cosa? Nel mio mondo non esistono mostri!”
    “Mi dispiace doverti dare questa notizia, ma il tuo mondo potrebbe anche non esistere più.” Disse schietta Kairi.
    Il ragazzo sgranò gli occhi.
    “Che cosa vuoi dire?”
    “Non so perché qui il messaggio di Aqua non è arrivato… ma l’universo è in guerra totale. Molti mondi sono stati distrutti, molti altri sono caduti sotto l’oscurità… Noi custodi stiamo facendo il possibile per salvarli, ma sfortunatamente, le nostre controparti sono forti quanto noi… Senza considerare la presenza delle tre entità.”
    “Le tre entità?”
    “Luce, Oscurità ed Equilibrio. Sono reali. Io stessa ho viaggiato con l’Equilibrio per diverso tempo, assieme ad altri custodi.”
    “Tu sei pazza… Sì, non c’è altra spiegazione… Non è possibile distruggere un mondo reale… Insomma, solo Goku e pochi altri-”
    “Oh, conosci anche tu Goku?” fece Kairi, leggermente sorpresa. “Noi abbiamo viaggiato per un po’ di tempo anche con sua nipote, Pan…”
    “Non vorrai farmi credere che esistono realmente?!”
    “Certo che sì. E dalla tua reazione, ne deduco che anche da voi sia arrivato come un fumetto, giusto? Ad ogni modo, per rispondere alla tua domanda… l’Equilibrio ha distrutto un mondo sotto i nostri occhi. Disabitato, ma pur sempre un mondo. E l’ha fatto in pochi istanti.”
    “Però… sono sicuro che il nostro mondo esiste ancora! Altrimenti io sarei morto!”
    “Come sarebbe a dire?”
    Il castano sospirò. “Immagino di doverti spiegare esattamente dove ti trovi, anche se fatico ancora a crederti… Ti trovi dentro un videogioco, ‘Sword Art Online’. Io, insieme ad altri diecimila giocatori circa, l’ho iniziato ormai più di un anno e mezzo fa.”
    “Un videogioco? Ma questo mondo sembra reale!”
    “Infatti è stato progettato proprio per essere così. Noi giocatori siamo entrati grazie a dei caschi speciali, che hanno digitalizzato la nostra mente. Doveva essere un gioco come tanti altri, ma… non appena tutti i giocatori si sono connessi, il creatore del gioco, Akihiko Kayaba, è apparso di fronte a noi, rivelandoci che non saremmo potuti tornare nei nostri veri corpi finché il gioco non sarebbe stato completato. In poche parole, il nostro vero corpo in questo momento probabilmente si trova in un letto di una stanza d’ospedale, incapace di muoversi.”
    “E non possono richiamarvi dal vostro mondo? Si tratta pur sempre di un programma, no?”
    “Purtroppo non è così. Kayaba ha fatto in modo che se qualcuno tentasse di disconnetterci forzatamente, il casco che indossiamo ci friggerebbe il cervello con delle microonde, uccidendoci. E lo stesso succede se moriamo nel gioco.” Spiegò lui, con un sorriso amaro.
    “È orribile…” commentò incredula Kairi.
    “Adesso, dei diecimila giocatori, siamo rimasti intorno ai settemila. Molti di noi si sono arresi, decidendo di passare qui il resto della loro vita, come se fosse il loro vero mondo… Ma io no!” urlò. “Io aiuterò a completare questo gioco, in modo da poter tornare nel nostro vero mondo! Senza contare che c’è una pizza che mi aspetta da quando mi sono connesso.” Concluse, ridendo.
    “Dove posso trovare questo Kayaba?”
    “Ah, se lo sapessimo avremmo cercato di fare qualcosa… ma ignoriamo se si trova in questo o nell’altro mondo.”
    “Come si conclude questo gioco?”
    Il ragazzo indicò una torre che si trovava a qualche chilometro di distanza.
    “Dobbiamo superare i Dungeon, livelli pieni di mostri, per arrivare alla stanza del boss. Una volta sconfitto lui, possiamo accedere al piano successivo. In totale ci sono cento piani. Ora siamo arrivati intorno al sessantesimo, non ne sono sicuro. In questo momento ci troviamo al ventiduesimo piano, ma è possibile teletrasportarsi su qualsiasi piano raggiunto grazie al Teleport che si trova in ogni città.”
    “Dov’è la città più vicina?”
    “Alla base di quella torre. Ma perché? Hai forse intenzione di aiutarci a completare il gioco?”
    “No. Andrebbe contro i miei doveri. Sono venuta qui perché potrebbe esserci una forza oscura. E sono sicura che quella forza si troverà sicuramente all’ultimo piano. Probabilmente si è impossessata del boss finale.”
    “I tuoi doveri?”
    “Come custode della Luce, devo eliminare l’oscurità prima che questa s’impossessi di un mondo. Inoltre, più nemici elimino ora, meno nemici ci saranno nella guerra finale dell’universo, la seconda guerra del Keyblade.”
    “Guerra del Keyblade? E ce n’è già stata una?!”
    “La prima ha provocato la creazione dell’universo così come lo conosciamo oggi. La seconda è stata iniziata dall’Oscurità… o meglio, da Master Xehanort, il cui obiettivo è riscrivere l’universo, cancellando quello attuale.”
    “Vuoi dire che… tutto quello che conosciamo…”
    “Sparirebbe. Sì, purtroppo è così, ma noi non ci arrendiamo. Un mio amico ha già salvato due volte l’universo. Adesso che siamo tutti insieme, lo salveremo senza ombra di dubbio.”
    Il ragazzo la guardò incredulo, per poi sospirare.
    “Cavoli, e io sono rinchiuso in questo gioco mentre fuori c’è letteralmente la fine del mondo. Beh, allora permettimi di lasciarti una raccomandazione: all’ultimo piano raggiunto, incontrerai sicuramente un ragazzo che combatte da solo. Si chiama Kirito. Digli che ti manda Klein! Saprà aiutarti nella tua missione.” le disse, sorridendole.
    La custode annuì, per poi girarsi.
    “Aspetta… non mi hai ancora detto come ti chiami!”
    Lei si alzò in volo.
    “Mi chiamo Kairi.” Rispose, per poi volare via, diretta verso la torre, lasciando un incredulo Klein dietro di lei.
    “S-Sa anche volare?!”

    La keyblader volò il più velocemente possibile, finché i prati che scorrevano sotto di lei non si trasformarono prima in sentieri e poi in case.
    Atterrò in quella che doveva essere una piazza, sotto gli sguardi increduli di decine di persone.
    Ignorandoli, cominciò a guardarsi intorno, alla ricerca del Teleport di cui gli aveva parlato Klein.
    “Mi sarei dovuta far dire che aspetto ha…” mormorò, poco prima di ritrovarsi una spada puntata sul collo.
    “Non fare un passo.” Disse una voce, appartenente a un uomo che indossava un’armatura integrale. “Chi sei? Come hai fatto a entrare in città senza essere un giocatore?”
    Kairi non rispose, limitandosi a buttarsi di lato ed evocare il Keyblade per parare l’affondo che il cavaliere eseguì l’attimo dopo aver posto al domanda.
    “Il mio nome è Kairi, è sono una custode del Keyblade.” Rispose, allontanando la spada dell’avversario e mostrando la sua arma. “Sono qui solo di passaggio, sto cercando il Teleport.”
    “E perché un programma come te dovrebbe usare il Teleport?”
    “Non sono un programma. Vengo, come voi, da un altro mondo. Solo, non il vostro.”
    “Come sarebbe a dire?”
    “Non ho voglia di spiegare di nuovo tutto quanto. Vi basti sapere che sono qui solo per una mia missione, dopodiché me ne andrò. Ma per portarla a termine, devo raggiungere l’ultimo piano.”
    “Qual è la tua missione?” chiese uno di loro.
    La ragazza alzò il Keyblade.
    “Eliminare l’oscurità prima che anche questo mondo venga distrutto, com’è purtroppo successo a molti altri. Vi consiglio di tenervi pronti, perché presto potreste ritrovarvi a combattere contro nemici di cui non immaginate nemmeno il potere. Esseri incapaci di provare pietà, il cui scopo è unicamente quello di prendere il vostro cuore, trasformandovi in loro compagni.”
    “Come sarebbe a dire che i mondi sono stati distrutti?”
    “Ho saputo che voi siete bloccati qui da più di un anno. Probabilmente è per questo che non ne sapete nulla. L’universo è entrato in guerra, e rischia di venire distrutto. Io, assieme ad altre persone come me, stiamo cercando di impedirlo.”
    “Tu? Non mi sembri tanto forte, sai?” disse un uomo altro in armatura, avvicinandosi con la spada sguainata. “Non hai nemmeno un elemento protettivo addosso!”
    Kairi alzò la mano, creando una sfera di fuoco.
    “Non ne ho alcun bisogno. Anche perché contro i nemici che affronto, qualunque protezione è inutile. Solo il Keyblade e la magia possono colpirli, oltre a qualche particolare arma. Ma per il resto, sono immuni a tutto.”
    “Quella… Quella è magia?!” esclamarono diversi di loro.
    “Impossibile, non esiste la magia in questo gioco!”
    “Vi ho già detto che non appartengo a questo gioco.” Continuò la rossa. “Ora, se mi dite dove posso trovare il Teleport e raggiungere così l’ultimo piano disponibile, me ne vado.”
    “Ti accompagno io.” Disse una voce femminile, appartenente a una ragazza dai capelli rosa, che indossava un abito rosso.
    Kairi la guardo leggermente sorpresa.
    “Sakura?” fece, associandola per un istante alla ninja.
    “No, il mio nome è Liz.” Rispose lei, sorridendo.
    La custode scosse la testa, ricambiando il sorriso. “Scusami… solo che somigli incredibilmente a un’altra persona che ho incontrato un po’ di tempo fa. Il mio nome è Kairi.”
    La ragazza continuò a sorridere.
    “Allora, il Teleport è laggiù.” Disse, indicando una piattaforma al confine della piazza. “Devi andarci sopra e nominare il numero del piano. Se vuoi posso accompagnarti. Sono tornata da poco dall’ultimo piano raggiunto, perciò se vuoi posso farti da guida.”
    “Ti ringrazio. Però in caso di pericolo, dovrai tornare indietro, abbandonandomi, chiaro?”
    “Mi sembra di sentir parlare Kirito.” Ridacchiò Liz.
    “Di nuovo quel nome…” fece Kairi. “È così famoso?”
    “Oh, sai già di lui?”
    “La prima persona che ho incontrato qui mi ha detto di andare a incontrarlo. Tu lo conosci?”
    “Direi di sì, visto che ho forgiato una delle sue spade. A proposito, non ho mai visto la tua. È davvero strana, con quella forma a chiave.”
    “Questo si chiama Keyblade, un’arma leggendaria impossibile da copiare. Solo coloro che si dimostrano degni a Lucis o all’Oscurità possono usarla.”
    “Lucis?” chiese Liz, mentre si avviavano al Teleport.
    “La Luce stessa.”
    “Vuoi dire che esiste qualcosa che rappresenta la Luce?!”
    “Non che la rappresenta… è proprio l’essenza stessa della luce. E suo figlio è un mio amico.”
    “Amico… come amico, o come ragazzo?” chiese l’altra, guardandola con sguardo malandrino.
    A sentir ciò, Kairi scoppiò a ridere, attirandosi di nuovo gli sguardi di tutti addosso.
    “Dark non è nemmeno lontanamente il mio ragazzo. Anzi, credo che mia sorella potrebbe torturarti per quello che hai appena detto. Dark è suo, e di nessun’altra. In fondo, è anche l’unica disposta a sopportare il suo carattere.”
    “Così difficile?”
    “Aveva rinunciato all’amore.” Disse Kairi, facendosi seria. “Ci aveva rinunciato, rimanendone privo. Ha dovuto torturare quasi a morte mia sorella per poterlo recuperare parzialmente.”
    “Torturare?!” disse rabbrividendo Liz.
    “Non era in sé. Suo padre lo controllava. Quando si è reso conto di quel che ha fatto, non è stato in grado di riprendersi facilmente.”
    “Oh…”
    Le due raggiunsero il Teleport, salendoci sopra.
    “Livello Sessantatré!” urlò Liz.
    Intorno alle due comparve una forte luce, che impedì loro di vedere qualsiasi cosa. Quando scomparve, la città attorno a loro era cambiata, come anche le persone.
    Kairi si mosse per far sparire il Keyblade, ma Liz la fermò.
    “Tienilo in mano.” Le sussurrò. “Darai meno nell’occhio. Qui non è normale viaggiare disarmati, a meno che, come me, non fai qualche lavoro. Ma dubito che qui qualcuno ti conosca, a differenza di me.”
    “Va bene.” Rispose la custode, tenendo la sua arma in mano, allontanandosi dal Teleport.
    “Allora, dove si trova Kirito?”
    “Se lo conosco sufficientemente bene, adesso sarà in un Dungeon a livellare. Non pensa ad altro se non a diventare più forte.”
    “Livellare?”
    “Tu non sai proprio come funziona questo videogioco, vero?” chiese Liz, guardandola leggermente storta.
    “A dir la verità non ho mai nemmeno visto un videogioco. Da dove vengo io, la cosa più tecnologica è la lampadina.”
    “EH?!?!” esclamò incredula la ragazza, facendo un passo indietro e guardandola come se fosse una pazza.
    “Poi quando il mio mondo è stato distrutto, mi sono ritrovata catapultata in molti mondi diversi, ognuno con persone e oggetti unici. Anche se a essere sincera, il mio primo viaggio è stato un po’ particolare, visto che non ero nel mio corpo.”
    “Cosa vuoi dire?”
    “Non è una cosa che si sa nei mondi… ma la nostra anima risiede nei nostri cuori. Non intendo il cuore fisico, un altro cuore. È quello che decide se sei vivo o no, se sei della luce o dell’oscurità. Il mio cuore è stato scacciato dal mio corpo, venendo preso involontariamente in custodia da uno dei miei primi amici, Sora. È stato lui a viaggiare tra i mondi, e io con lui. Il mio corpo, invece, rimase in balia delle tenebre.”
    “E come ha fatto a tornare tutto a posto?”
    “Sora, a un certo punto, scoprì la verità. Dopo aver creduto di aver sconfitto il nemico, si è trafitto al cuore, liberandomi.”
    “V-Vuoi dire che è mo-”
    Kairi scosse la testa. “Il suo cuore è molto forte. È riuscito a tornare indietro.”
    “V-Vuoi dire che è tornato in vita?!” esclamò incredula Liz. “È possibile?!”
    “Non era proprio morto. Semplicemente, il suo cuore l’ha abbandonato per qualche minuto, ma non essendo puro, si era trasformato in Heartless, mantenendo tuttavia la sua coscienza. E infine, è riuscito a riprendere le sue vere sembianze.”
    “Mi sembra di capire che tu e questo Sora siate più che amici, eh?” dedusse la ragazza, facendo leggermente arrossire la custode.
    “Beh, siamo molto amici… ma al momento nulla di più, credimi! Anzi, lui adesso si trova in un altro mondo.”
    “Ma come fate a viaggiare? Insomma, non credo voliate anche nello spazio…”
    “Abbiamo dei passaggi speciali che ci permettono di raggiungere qualsiasi mondo.”
    “Uao… Dev’essere fantastico…”
    “Non è tutto rosa e fiori. Vedere distruggere un mondo… è una cosa che non auguro a nessuno.”
    “Liz!” urlò una voce, attirando l’attenzione delle due.
    Si trattava di una ragazza dai lunghi capelli castano chiaro, con addosso una veste bianca e rossa e una spada simile a un fioretto riposta nel fodero appeso al vestito, che stava correndo verso di loro.
    “Asuna!” rispose Liz, salutandola con la mano.
    “Come mai di nuovo qui? Credevo saresti tornata al tuo negozio.”
    “Ho voluto accompagnare Kairi.” Rispose lei, indicando la custode, che le porse la mano.
    “Piacere di conoscerti.” Disse.
    Ma Asuna restò ferma al suo posto, guardandola dubbiosa.
    “Chi sei?” chiese, portando la mano all’elsa della spada. “Non hai né indicatore né barra degli HP.”
    “Non sono una nemica, ti basti sapere questo, ma preferirei non dover spiegare di nuovo il tutto a una folla. Andiamo in un posto più isolato. Se può farti stare più tranquilla, puoi tenere tu il mio Keyblade. Se tenterai di attaccarmi, non ne avrò bisogno per difendermi.” Fece la custode, porgendole la sua arma.
    “Keyblade?” ripeté Asuna, osservando la strana spada di fronte a lei, per poi scuotere la testa. “Non ce n’è bisogno. Lo stesso vale per me: se mi attaccherai, non esiterò a rispondere.”
    “Allora direi che siamo a posto!” cercò di intervenire Liz.
    Kairi sbuffò, per poi abbassare il Keyblade.
    “Per quanto ancora devo tenerlo così?” si lamentò, guardando la rosa.
    “Uhm… forse posso aiutarti.” Rispose lei, per poi muovere la mano davanti, facendo apparire uno schermo olografico, che cominciò a far scorrere muovendo le dita. “Ecco, prova questo.” Disse, premendo un’icona.
    Pochi secondi dopo tra le sue mani apparve un piccolo oggetto rotondo, provvisto di diverse spille.
    “Girati un attimo per piacere…” continuò Liz, per poi mettere l’oggetto sulla schiena della custode. “Fatto. Ora dovresti poter appoggiare il tuo Keyblade sulla schiena senza che cada.”
    Kairi la guardò sorpresa, per poi alzare il Keyblade velocemente, facendolo ruotare a mezz’aria e lasciandolo scivolare sulla schiena, dove rimase fermo.
    “Ehi, funziona!” Disse lei, sorridendo, per poi guardare le due ragazze.
    “Non sei una principiante con la spada, eh?” fece Asuna. “Insomma, riuscire a padroneggiarla così facilmente…”
    “Oh, quello? Sinceramente, ho copiato la posa da un altro guerriero, che credo sia molto più bravo di me. E poi, solitamente non ho bisogno di mettere al suo posto il Keyblade.”
    “Cosa vuoi dire?”
    “Meglio se ne parliamo fuori dalla città.”

    “Capisco…” fece Asuna, seduta su una roccia. “Così vieni dal mondo esterno.”
    “Non il vostro però. A essere sincera, non so nemmeno dove si trovi. Ho già sentito e visto mondi digitali collegati ad altri, ma nemmeno noi custodi potevamo farci qualcosa. Forse giusto Dark. Beh, ora che ci penso, se non ci riesce lui…”
    “Ma è così potente questo Dark? Prima dicevi che ha distrutto un mondo…”
    “Un mondo che lui stesso aveva creato.” Aggiunse la custode.
    “Che?! Ma è impossibile! Dovrebbe essere… una divinità!” esclamarono incredule le due ragazze.
    “Beh, credo si possa considerare quasi tale.” Ridacchiò lei. “Anche se è cambiato molto da quando l’abbiamo conosciuto. Inizialmente era molto freddo, e ci trattava tutti con sufficienza. Ci abbiamo messo un po’ per capire perché si comportava così.”
    “E ora?”
    Kairi continuò a sorridere.
    “Beh, ora direi che è tornato in sé. Ce n’è voluto di tempo, ma almeno ha abbandonato quella sua superiorità… anche se per ironia della sorte, l’ha abbandonata proprio quando ha capito di essere realmente superiore a tutti noi.”
    “Ah, gli uomini… Tutti uguali. Più sono forti, più diventano vulnerabili. Non ti ricorda qualcuno, Asuna?”
    “Come?” chiese l’altra ragazza, arrossendo di colpo.
    “Non crederai forse di potermelo nascondere, vero? Credi che non abbia visto che cos’hai al dito?” continuò maliziosa Liz, anche se con un velo di tristezza che solo Kairi parve vedere.
    “E-Ecco… è stato tutto improvviso e… insomma, che c’è di male?!”
    “Ehm… scusate se vi interrompo, ma di cosa state parlando?” chiese la custode.
    “Diciamo che se vorrai provarci con Kirito, prima dovrai passare sul corpo della sua dolce mogliettina.” Rispose ridendo Liz, facendo diventare ancora più rossa Asuna.
    “Liz!” la richiamò lei, cercando di nascondere l’imbarazzo.
    “M-Moglie?!” ripeté la keyblader, spalancando la bocca dalla sorpresa. “Ma sei appena una ragazza! Insomma, non è un po’ presto?”
    “Siamo in un videogioco. Qui certe cose non hanno importanza.” Rispose la ragazza, sorridendo. “E comunque, l’importante è che ci vogliamo bene, no?”
    “Sì… credo tu abbia ragione.”
    “E te? Non c’è nessuno a cui tieni in maniera particolare?”
    “Beh… diciamo che con questa guerra sulle spalle, non c’è molto tempo per pensare a ciò che proviamo. Chissà, forse dopo…”
    “Scusa se mi intrometto… ma non sarebbe meglio sfruttare proprio quest’occasione?” fece Liz. “Non voglio portare sfortuna, ma se questa guerra è così pericolosa, non è meglio non perdere nemmeno un minuto?”
    “Il nostro nemico sfrutterebbe questo legame contro di noi. Basta pensare a Dark. Lui e mia sorella sono legati dal destino da molto tempo, ma entrambi hanno cercato di ignorare i propri sentimenti. Mia sorella si è addirittura finta morta per oltre dieci anni, tanto che io non ero nemmeno a conoscenza della sua esistenza. Dark, invece, si è privato di tutti i suoi sentimenti per andare avanti… E nonostante tutto questo… il nostro vero nemico li ha trovati e torturati, fisicamente e psicologicamente.”
    “E ora? Come stanno?”
    Kairi ridacchiò.
    “Ironia della sorte, ora stanno ufficialmente insieme, ancora più legati di prima. Ma Dark ha perso la sua umanità… Non è più un comune essere umano.”
    “E con questo?” chiese Asuna. “Che cosa cambia?”
    “Fondamentalmente niente. Hikari ha deciso di restare comunque al suo fianco, e-”
    Ma la custode si interruppe, portandosi una mano sulla testa.
    Davanti a lei, per un momento, apparve l’immagine di sua sorella, tenuta sospesa in aria da una persona, che la stava stringendo al collo.
    “Kairi, tutto bene?” chiese preoccupata Liz.
    “H-Hikari…” fece lei, con gli occhi spalancati, mentre nella sua visione vedeva la testa della sorella abbassarsi, senza più dare alcun segno di vita.
    “Che cosa succede? Kairi!” la chiamò Asuna, scuotendola per le spalle, ma senza ottenere alcun risultato.
    “L’Oscurità… No, non può essere… Hikari…” mormorò la custode, mentre la sua visione si offuscava, lasciando spazio a un’altra scena, dove vide Dark in lacrime, in ginocchio, con il corpo della sorella tra le mani.
    “Dark… salvala…” mormorò, prima di cadere a terra priva di sensi, mentre Asuna e Liz continuavano a chiamarla, preoccupate.

    “Hikari… tu non sei più una custode della Luce: sei stata privata del tuo potere. Tuttavia, sono anch’io un’entità superiore… posso farti diventare la nuova custode dell’Equilibrio.”
    La ragazza spalancò gli occhi.
    “Ma se lo dovessi fare… andresti incontro al mio stesso destino… e non posso permetterlo! Maledizione! È tutta colpa m-”
    Ma Dark fu interrotto da Hikari, che lo baciò.
    “Stupido. Per stare al tuo fianco, sono pronta a tutto.”
    Dark alzò lo sguardo, fissando i suoi occhi determinati.
    “Va bene allora… Hikari, sei pronta a diventare la mia custode? In tutti i sensi?”
    Lei sorrise, annuendo.
    “Certo che sì… Dark.”

    Kairi si alzò di colpo.
    “Dark… Hikari…” mormorò, ancora non del tutto in sé.
    “Si è svegliata!” urlò una voce, che fece tornare la custode alla realtà.
    Prima che potesse rendersene conto, tre persone entrarono nella stanza in cui si trovava. Solo in quel momento si accorse di essere seduta su un letto.
    “Tutto bene?” chiese Asuna, avvicinandosi.
    “Sì… credo di sì… ma cos’è successo?”
    “Sei svenuta, ma hai continuato a parlare, chiamando in continuazione Dark e Hikari.” Spiegò una voce che non aveva mai sentito prima.
    La principessa della Luce mise a fuoco un ragazzo dai capelli neri, come lo erano i suoi vestiti, che consistevano in una strana tunica, che copriva una semplice maglietta e dei pantaloni.
    La custode notò le else di una coppia di spade spuntare da dietro la sua schiena.
    “Ho… avuto un incubo… spero…” fece Kairi, portandosi una mano sulla testa. “Ho visto… mia sorella morire…”
    “Era solo un sogno.” Cercò di tranquillizzarla Liz.
    “Ma era così reale… e non c’era solo lei… c’era anche Dark… e stava piangendo…”
    “Io non credo nei sogni premonitori. Tanto più da quando siamo qui.” Disse il ragazzo, sospirando. “Ho sentito che mi stavi cercando. Piacere, io sono Kirito.”
    Kairi si sbatté le mani sulle guance, cercando di tornare totalmente in sé.
    “Avrei preferito incontrarti in una maniera migliore. Piacere, io sono Kairi. È stato Klein a indirizzarmi da te.”
    “Klein? È da un po’ che non lo vedo.” Rifletté Kirito. “Ma cosa vuoi da me? Asuna e Liz mi hanno raccontato che ti fai chiamare custode del Keyblade, ma che cosa significa? E come mai la tua spada non riesce a essere impugnata da nessuno. Non appena cerchiamo di usarla, scompare, riapparendo al tuo fianco. E non esiste nessuna abilità in grado di fare una cosa del genere.”
    “Perché io non appartengo a questo videogioco. O meglio, sono al suo interno, ma non come giocatrice. Vengo da un altro mondo, che non è nemmeno il vostro.”
    “Com’è possibile?”
    Kairi sospirò, alzando la mano e aprendo un varco.
    “Con quelli, posso andare dove voglio in tutto l’universo. Sono capitata qui perché abbiamo percepito dell’oscurità, e il mio compito è affrontarla. E questo mi porta al motivo per cui volevo parlarti. Hai sentito o visto qualcosa di strano? Qualcosa che qui non è normale?”
    “Uhm… Direi di no… anche perché ogni livello ha qualcosa di nuovo dai precedenti.”
    “Avete un foglio di carta?” chiese la custode.
    “Sì, un secondo…” rispose Asuna, facendo apparire di fronte a lei lo schermo, per poi selezionare un’icona.
    Pochi secondi dopo, tra le sue mani apparve un foglio di carta assieme a una penna.
    “Non pensavo che a qualcuno potesse interessare, visto che qui ci scambiamo i messaggi direttamente senza aver bisogno di alcun supporto.” Disse, consegnando i due oggetti a Kairi.
    “Beh, mi spiace, ma io non ho nessun schermo olografico da usare in quel modo. Anche se devo ammettere che è parecchio comodo, anche più delle capsule che ci ha mostrato Pan.” Fece lei, per poi cominciare a disegnare.
    “Pan?” ripeté Kirito. “Quale Pan?”
    “La nipote di Son Goku. Lo conoscete anche voi, no?”
    “Non ci dirai che-”
    “Sì, l’ho incontrato qualche tempo fa, e Pan si è unita al nostro gruppo. Anche lei è una custode della Luce. Ad ogni modo… avete visto qualcosa con uno di questi simboli?” continuò Kairi, ignorando gli sguardi sorpresi dei tre, e mostrando a loro i disegni dei simboli dei Heartless e Nessuno.
    “Che cosa sono?” domandò Kirito, prendendo in mano il foglio.
    “Solitamente i miei nemici hanno uno di quei due simboli inciso sul corpo. Il primo corrisponde agli Heartless. Il secondo ai Nessuno. I primi sono quasi sempre mostri. Sinceramente, credo che ne esista uno solo dall’aspetto umano, ed è stato eliminato tempo fa. I secondi, invece, possono avere aspetto umano, e in questo caso hanno anche una coscienza propria. Tuttavia, non possono provare sentimenti. Sono come gusci vuoti.”
    “Esistono simili creature?”
    Kairi annuì. “Io stessa, come Sora, ho generato un Nessuno quando ho perso il mio cuore, ma nel nostro caso, ha continuato a vivere anche se non eravamo scomparsi. Mia sorella, invece, ha perso il cuore, e ha vissuto per oltre dieci anni come Nessuno.”
    “Quindi erano malvagi?” chiese Asuna.
    “Non necessariamente. Naminé non combatteva nemmeno. Roxas sì, ma non aveva memoria, e alla fine ha deciso di affrontare i suoi simili, sacrificandosi. Per quanto riguarda mia sorella, lei ha continuato a vegliare su Dark, finché non è rientrata in possesso del suo cuore, tornando così a essere un vero essere umano.”
    “Mando subito una copia dell’immagine a tutti i giocatori.” Fece il moro, cominciando a digitare qualcosa sul suo schermo. “Se qualcuno ha visto questi simboli, ci avvertirà subito. Inoltre, gli dirò di non attaccare per nessun motivo. Non dovrebbero dare nessun punto esperienza o premio, se non sono creature di questo gioco, no?”
    “Immagino di no. Tra l’altro, io sono l’unica a poterle eliminare. Senza il Keyblade o la magia, o armi straordinarie, non possono morire.”
    “Questo è da vedere. Sono uno degli spadaccini più forti di questo mondo, dubito che possano resistermi.”
    “Davvero? A vederti non si direbbe.”
    “Potrei dire lo stesso di te. Inoltre la tua spada non è nemmeno affilata. Come può eliminare qualcuno o tagliare qualcosa?”
    Kairi sorrise, alzando la mano verso il ragazzo.
    Il Keyblade che era appoggiato lì vicino scomparve, per poi riapparire nella sua mano.
    “Vuoi testare la mia forza? Sappi che ho affrontato nemici ben più minacciosi di te.”
    Kirito sospirò, per poi sorridere.
    “In teoria sarei in luna di miele… Però credo che quest’occasione non mi capiterà più, vero?”
    “A meno che qualche altro custode non giunga qui, credo proprio di no.”
    “Kirito, ne sei sicuro?” chiese Asuna.
    “Tranquilla, non la colpirò in maniera grave. Anche se dubito che ce ne sarà bisogno.”
    “Allora vorrà dire che anch’io mi limiterò a usare il Keyblade senza rincorrere alla magia.”
    “Magia? Puoi usare anche quella?”
    “Diciamo che me la cavo.”
    “Qui l’aria è sempre più pesante…” commentò Liz, mentre i due uscivano fuori.
    Solo allora Kairi si rese conto di non trovarsi più in città.
    “Ti abbiamo portato a casa nostra. Siamo un po’ di livelli più in giù, ma qui nessuno avrebbe fatto troppe domande su di te.”
    “Capisco.” Rispose la custode, per poi puntare il Keyblade contro Kirito. “Sei pronto?”
    “Quando vuoi.” Rispose lui, prendendo le else delle sue spade ed estraendole entrambe.
    Kairi sorrise, per poi scomparire alla loro vista.
    Il ragazzo restò sorpreso per un secondo, per poi imitarla.
    Pochi istanti dopo i due fecero scontrare il Keyblade e le spade tra di loro, provocando una lieve onda d’urto.
    “Che strano… credevo che l’impatto sarebbe stato maggiore.” Commentò la keyblader, per poi imprimere maggiore forza e saltando all’indietro, cosa che fece anche Kirito.
    “Incredibile… una simile forza di resistenza… E la mia barra HP ne ha in parte risentito…” commentò lui, guardando una barra verde visibile solo a lui in alto a sinistra, che era leggermente diminuita.
    “Non preoccuparti, se ti farò troppo male, posso sempre guarirti. Conosco anche quel tipo di magia.”
    “Non sei una principiante nello scontro con altre persone. Tu hai già ucciso qualcuno?”
    “No.” Rispose subito Kairi. “Ma ho affrontato molte persone malvage. Per questo sono abituata a confrontarmi con altri umani.”
    “Capisco… Beh, almeno non ti sei macchiata di un omicidio…”
    “Cosa che temo capiterà presto. Nella guerra non dovrò affrontare solo Heartless o Nessuno, ma anche custodi oscuri. Altri umani. E possibili varianti.”
    “Possibili varianti?”
    “Beh, nel nostro gruppo abbiamo Sayan, divinità, demoni, esseri superiori, persone che mangiano il fuoco… diciamo che non siamo proprio tutti umani al cento per cento.”
    “Ma davvero? Sarebbe interessante come videogioco.”
    “Però è la realtà. Ma ora cosa vuoi fare? Restare a parlare o combattere?”
    Kirito sorrise, per poi sparire e riapparire alle spalle della custode.
    “Io ti consiglio di lasciarti prendere di meno dalle chiacchere. Può essere un modo per distrarti!”
    Kairi si girò di colpo, alzando il Keyblade per parare i due fendenti, ma venendo comunque allontanata di qualche metro dalla forza d’urto.
    “Ugh… vero, colpa mia. Anche se è difficile trovare qualcuno che riesce a spostarsi così velocemente… e devo ammettere che senza magia è un po’ più dura.” Rispose, portando di nuovo il Keyblade di fronte a sé, pronta ad attaccare o a difendersi.
    Kirito non disse nulla, partendo di nuovo all’attacco.
    Ma questa volta una macchia arancione e nera si mise in mezzo, deviando verso l’alto le due spade prima che raggiungessero la ragazza.
    “Eh?” fecero i due combattenti, mentre tra di loro un ragazzo dai folti capelli biondi e con addosso una tuta arancione e nera portava di fronte a sé un kunai, pronto ad attaccare.
    “Non te l’ha mai detto nessuno che non bisogna attaccare le ragazze senza un buon motivo?” disse il nuovo arrivato, mentre i presenti lo guardavano increduli.
    “N-Naruto?!” esclamò Kairi, facendo scomparire il Keyblade. “Che cosa ci fai qui? Credevo fossi in missione su un altro mondo.”
    “Ho finito prima del previsto, così ho deciso di venire a dare un’occhiata qui. Non sapevo ci fossi già tu, ma pare sia arrivato in tempo.”
    “Non è possibile…” fece Kirito, arretrando, senza abbassare le spade. “Non può essere reale!”
    “Di cosa stai parlando?” chiese il ninja. “Certo che sono reale! Io sono Naruto Uzumaki, il futuro-”
    “Hokage, lo sappiamo.” Completò Asuna, facendo girare verso di lei il ragazzo.
    “Questa sì che è bella! Come fai a saperlo? Non mi sembra di averti mai visto prima.”
    “Che razza di scherzo è questo?!” urlò Kirito. “Kayaba è arrivato a programmare personaggi creati nel passato?!”
    “Programmati nel passato? Ma cosa diamine stai dicendo?”
    “Naruto…” intervenne Kairi. “Temo che questo sia uno di quei casi di cui ti avevamo avvertito.”
    Il biondo la guardò per qualche secondo, per poi chinare la testa di lato, con aria interrogativa.
    La rossa sospirò.
    “In alcuni mondi noi siamo personaggi inventati, esistenti su carta o nei televisori.” Spiegò.
    “Oh, giusto, quello!” esclamò il biondo, battendo un pugno contro il palmo dell’altra mano. “Quindi è per questo che mi conoscono, eh?”
    “V-Vuoi dire che è reale? Non è un programma?!” fece Liz, incredula.
    “No, no. Lui è reale quanto me. Lo abbiamo incontrato agli inizi del nostro viaggio, e poi ha partecipato a un torneo assieme ai guerrieri più forti. Goku però non era presente.”
    “Lui no, ma Vegeta ha provveduto a farmi pentire di non aver mai affrontato un Sayan prima… cavoli, anche se era un semplice allenamento, c’è andato giù pensante e non poco. In confronto i pugni di nonna Tsunade e di Sakura sono dei massaggi!” esclamò Naruto. “Senza parlare di quando si trasforma, diventando anche lui biondo e centuplicando la sua forza. Cavoli, da quando ho lasciato il mio mondo, non ho fatto altro che incontrare personaggi strambi! Proprio adesso sto tornando da un mondo dove pensate un po’, le persone vivono come se fossero in un fumetto. E c’era una ragazza che non era niente male come forza…”
    “Quindi è vero? Tutti i personaggi che crediamo finti… sono reali?” chiese Asuna, interrompendolo.
    “Temo di sì. Io stessa, nel mondo di Dark e di qualcun altro, non ero che il personaggio di un videogioco.” Rispose Kairi, sorridendo. “E voi dovreste saperlo bene, visto la vostra situazione.”
    “Aspetta, ma non stavate combattendo?” fece Naruto.
    “No, stavo solo verificando la sua forza, prima che tu intervenissi.” Disse Kirito, rimettendo a posto le spade. “Anche se ho visto abbastanza. Considerando che può anche usare la magia, non sono lontanamente al suo livello.”
    “Allora adesso ci accompagnerai da questo boss?” domandò Kairi.
    “Prima dobbiamo tornare al Teleport. Da lì, raggiungeremo l’ultimo livello conquistato. Nessuno al momento è ancora riuscito a trovare il nemico.”
    “Tutto qui? Ci basta sconfiggere questo nemico per liberare il mondo dall’oscurità? Sarà una passeggiata allora!” Commentò Naruto. “Ma come mai prima eravate convinti che fossi stato programmato? Mica siamo in un computer.”
    La rossa sospirò nuovamente, mentre il gruppo si allontanava dalla casa.
    “Temo di doverti spiegare per bene la situazione.”


    Quando il gruppo uscì dalla luce del Teleport, si ritrovarono nella stessa città dove Kairi aveva incontrato Asuna.
    “Vi avverto.” Cominciò Kirito, estraendo le spade. “Non abbassate mai la guardia da quando metteremo piede fuori dalla città. I nemici possono attaccarci in qualsiasi momento.”
    “Non c’è problema. Dopotutto sono un ninja, è difficile prendermi di sorpresa. Anche se trovo ancora pazzesca la storia che tutto questo non è reale.”
    “Pensa a noi, che siamo qui da quasi due anni.” Fece Asuna, per poi voltarsi a guardare Liz. “Tu ci aspetti qui, vero?”
    “A dir la verità credo ci vedremo direttamente nel prossimo livello. Dubito fortemente che non sconfiggerete il boss.” Rispose lei, sorridendo.
    “Certo! Conta su di noi! Sconfiggeremo questo nemico e troveremo la fonte dell’oscurità!” esclamò Naruto, battendosi un pugno sul petto, mentre gli altri annuivano.
    “Quanto riuscite ad andare veloci?” chiese Kirito.
    “Io posso volare, perciò posso accorciare le distanze evitando gli ostacoli.” Disse la custode.
    “Io posso fare decine di chilometri al giorno senza alcuna difficoltà, risultando quasi invisibile all’occhio umano.” Fece invece il biondo.
    “Perfetto allora. Il nostro obiettivo è quella specie di montagna.” Spiegò la castana, indicandola. “Non perdete tempo con i mostri che incontrate nel frattempo, risparmiate le forze per dopo. Le vere difficoltà cominceranno nel Dungeon.”
    “Ricevuto.” Disse Kairi, alzandosi in volo. “Andiamo?”
    “Dopo ricordarmi di chiederti come fai a volare, ok?” scherzò Kirito.
    “Basta un po’ di pratica. Un bel po’ di persone del nostro gruppo non erano capaci all’inizio.”
    “Davvero può imparare chiunque?”
    “Certo.” Rispose Naruto. “Basta giusto esercitarsi un bel po’.”
    “Tu sai volare?” chiese Kirito.
    “Ecco… diciamo che ho preferito diventare più forte. E poi, ho altri metodi per raggiungere grandi altezze.”
    “Ora basta parlare. Andiamo.” Disse la custode, per poi volare via.
    “Andiamo Kirito!” esclamò Asuna, per poi partire assieme al marito a tutta velocità, seguiti a ruota da Naruto.
    “Cavoli, ma come fatte?” chiese, affiancandoli. “Non siete neppure ninja!”
    “Abbiamo aumentato al massimo la skill di velocità. Ecco perché possiamo andare così veloci.” Spiegò Asuna.
    “Skill?”
    “È inutile Naruto, per due come noi che non hanno mai avuto nulla a che fare con i videogiochi, simili termini sono incomprensibili.” fece Kairi, in volo sopra di loro.
    Il gruppo si avvicinò velocemente alla montagna, raggiungendo l’entrata di una grotta in meno di mezz’ora.
    Ma proprio lì, a sbarrare l’entrata, c’erano una decina di Shadow.
    “E quelli che cosa sono? Non ho mai visto nessun mostro del genere prima d’ora.” Disse il moro, fermandosi.
    “Heartless!” esclamarono insieme i due guerrieri della Luce.
    “Sono quelli?”
    “Fortunatamente, sono il tipo più debole. Per eliminarli basta ben poco.” Rispose Naruto, tirando fuori dalla tuta un paio di kunai, con un foglio attaccato sopra. “Anche le armi più deboli sono efficaci!”
    Detto ciò, lanciò le due armi contro gli avversari, che fecero giusto in tempo a voltare la testa verso di loro prima di essere raggiunti dai pugnali, che esplosero contro di loro, provocando uno spostamento d’aria.
    “Armi più deboli?!” esclamò incredula Asuna. “Non mi parevano affatto!”
    “Aspettate di vedere il Rasengan e poi ne riparliamo.” Disse il ninja, per poi entrare di corsa nella grotta, seguito dagli altri.
    Proseguirono senza mai fermarsi, incontrando di tanto in tanto altri Shadow, che però furono tutti sconfitti da Naruto o Kairi.
    Dopo un paio d’ore, il gruppo si fermò di fronte a un’enorme soglia, alta una decina di metri, completamente nera.
    “Questa dovrebbe essere la porta del boss.” esordì Kirito, esaminandola, come se stesse cercando qualcosa. “Però perché non si apre?”
    “Kairi, credo sia il momento di usare il Keyblade.” Fece il custode, sorridendo.
    “Credo proprio di sì.” Rispose lei, alzando la chiave leggendaria verso la porta.
    “Che cosa vuoi fare?” domandò Asuna.
    “Suvvia, non ditemi che credevate che l’aspetto da chiave fosse solo una cosa estetica. Il Keyblade è un’arma in grado di aprire e chiudere i mondi. Una porta è una cosa ben misera da aprire. Chiusa a chiave, sigillata o altro, il Keyblade apre qualsiasi tipo di serratura.”
    Mentre diceva ciò, al centro esatto dei due battenti, apparve una serratura luminosa, che cominciò a emanare un lieve vento.
    “Ammirate il potere del Keyblade!” esclamò la principessa della Luce, per poi puntare l’arma di fronte a sé, come se stesse schiacciando qualcosa.
    La serratura brillò ulteriormente, per poi scomparire, lasciando che la porta si aprisse da sola.
    “Incredibile… Con quell’arma non c’è di certo il pericolo di rimanere chiusi fuori casa.” Commentò ammirata Asuna, portando la spada in avanti.
    Allo stesso modo, anche Kirito e Naruto si prepararono a combattere, mentre entravano lentamente nella nuova stanza, completamente circolare, delimitata da decine di torce spente.
    “Okay… questo posto mi ricorda un po’ troppo un certo posto… anche se qui almeno non c’è nessuna gabbia.” Fece il keyblader, raggiungendo il centro della stanza.
    Non appena appoggiò il piede al centro esatto del locale, tutto il perimetro della stanza fu investito da dei tuoni, che formarono un muro di elettricità che gli impediva di tornare indietro.
    “Che cosa? Ma questa è magia!” esclamò Kirito, guardandosi velocemente intorno.
    “Questo significa che qualunque cosa si trovava qui, è stata eliminata da qualcuno, visto che nessuno può usare la magia, giusto?”
    “Ma chi può essere stato? Un boss di livello è praticamente impossibile da battere da soli e richiede quasi sempre dei sacrifici!”
    Un rumore proveniente dal soffitto li fece zittire tutti.
    Lentamente alzarono lo sguardo, vedendo una sfera bianca scendere verso di loro. Il globo fece un giro completo su di sé, rivelando l’emblema degli Heartless, mentre una bocca si apriva sotto di esso, cacciando un urlo che costrinse i quattro a coprirsi le orecchie.
    “E quello che cos’è?!” domandò Asuna.
    “Quello è un Heartless, ma è diverso dagli Shadow. Questo è molto più potente e pericoloso!” rispose Naruto, per poi cominciare a muovere velocemente le mani, facendo strani gesti.
    Pochi secondi dopo al suo fianco apparvero una decina di sue copie.
    “All’attacco!” urlarono tutti insieme, saltando contro la sfera e cominciando a prenderla a pugni.
    “S-Sì è davvero moltiplicato…” fece la castana, guardando il biondo continuare a colpire ripetutamente l’Heartless.
    Tuttavia, questi emise un nuovo ruggito, che fece sparire in nuvole di fumo tutti i cloni di Naruto, per poi scagliare l’originale contro il muro di elettricità. Il biondo cacciò un urlo non appena entrò in contatto con esso, per poi cadere fumante a terra un paio di secondi dopo.
    “Naruto!” urlò Kairi, alzando il Keyblade verso l’alto e avvolgendo il compagno con la magia curativa.
    “Quell’Heartless… è più forte degli altri affrontati finora…” fece il ninja, rialzandosi. “La sua corazza è praticamente invulnerabile. Non ha minimamente risentito dei miei colpi.”
    “Che cosa possiamo fare allora?”
    Naruto portò di fronte a sé la mano destra, per poi far apparire un Keyblade arancione, con una foglia stilizzata come pendaglio.
    “Temo che dovremo usare tutte le nostre capacità…”
    “Anche tu hai un Keyblade?!” esclamò incredula Asuna.
    “Non mi piace usarlo. Il mio Keyblade è particolare… sfrutta l’energia del Kyuubi, perciò quando lo evoco non posso mai abbassare la guardia…”
    “La volpe a nove code, giusto?” fece Kirito, portando le spade di fronte a sé, pronto a difendersi. “Il suo potere non sarebbe male… ma ho troppa paura di chiederti di usarlo, sapendo quanto può essere distruttivo.”
    “Eh… Hai ragione… ma stavolta almeno in parte dovrò usarlo…” disse il ninja, mentre veniva avvolto da un’aura arancione.
    Le sue pupille divennero simili a quelle di una volpe, mentre le sue unghie si allungarono.
    “State indietro!” ordinò con voce rauca, prima di saltare e colpire con il Keyblade la sfera, riuscendo a scagliarla contro la parete.
    Ma con loro sorpresa, l’elettricità non ebbe alcun effetto, anzi. Perse la forma di muro, per poi cominciare a vorticare attorno alla sfera, fino ad essere completamente assorbita. Ora l’Heartless era circondato da dei fulmini, che scorrevano attorno a lui, creando una barriera.
    “Oh, cavoli… Questa non ci voleva…” commentò Kairi, deglutendo, portando dietro la schiena il Keyblade. “Preparatevi, probabilmente questa sarà una delle vostre battaglie più difficili!”
    “Non è ancora al livello del nostro primo nemico.” Rispose Kirito, per poi saltare verso l’alto, brandendo entrambe le spade. “Prendi questo!” urlò, colpendo la barriera con le armi, che la superarono, riuscendo a conficcarsi nella creatura. “Purtroppo per te, i miei guanti mi proteggono dalla tua elettricità!”
    Tuttavia, con orrore dello spadaccino, sopra la bocca della sfera apparve anche un gigantesco occhio, che si spostò fino a ritrovarsi davanti a lui.
    Poi, senza alcun preavviso, i fulmini scomparvero, venendo subito sostituiti da un’onda di fuoco, che investì in pieno il moro, costringendolo a lasciare la presa sulle spade, per poi cadere a terra. Il ragazzo cacciò un piccolo urlo, mentre visibile solo a lui e ad Asuna, la sua barra HP scendeva quasi a metà.
    “Kirito!” urlò preoccupata la ragazza, raggiungendolo subito e facendo apparire una fiala tra le mani, facendone bere subito il contenuto al marito, che sembrò riprendersi.
    “Ha cambiato elemento… Come facciamo ad affrontarlo se non ha un elemento fisso?!” esclamò, rialzandosi. “E per di più, non posso più usare le mie spade…”
    L’Heartless si mosse, puntando contro di loro l’occhio.
    “Incubi…” mormorò una voce, che risuonò tra le mura.
    Kairi spalancò gli occhi.
    “H-Ha… Ha parlato…”
    “Deduco che solitamente non possono farlo, vero?” domandò Asuna.
    “Un solo Heartless poteva parlare… ed era l’Heartless di Xehanort! Gli altri non dovrebbero esserne capaci.”
    “Allora siamo di fronte all’eccezione che conferma la regola!” esclamò Kirito, guardando il mostro di fronte a loro.
    “Ti ringrazio…” disse una seconda voce, questa volta femminile.
    Lo spadaccino si fermò all’istante, sgranando gli occhi.
    “Addio.” Continuò la voce.
    “Kirito…?” fece Naruto, tornando normale e guardando il ragazzo, che aveva cominciato a tremare.
    “Sa… Sachi…” mormorò il ragazzo, indietreggiando, come spaventato da qualcosa che solo lui poteva vedere.
    Di fronte a lui c’era una ragazzina dai capelli blu a caschetto, con addosso un’armatura leggera, che lo guardava sorridendo.
    “Che cosa succede, Kirito?!” esclamò Asuna, scuotendolo per le spalle, ma senza ottenere alcun risultato.
    “È vittima di un’illusione.” Disse Naruto, avvicinandosi. “Quell’Heartless è in grado di farci cadere in una sua illusione… probabilmente semplicemente guardandoci.”
    “Questo significa che…” cominciò la custode, poco prima di accasciarsi sul pavimento, assieme agli altri due.
    “Significa che siamo già tutti vittime della sua illusione.” Completò Naruto, deglutendo. “E da soli è quasi impossibile uscirne…”

    Kairi riaprì gli occhi, accorgendosi di essere caduta a terra.
    “Dove… Dove sono finita?” domandò, alzandosi e guardandosi attorno, vedendo solo una distesa enorme di macerie. “Naruto! Kirito! Asuna!” urlò, ottenendo solo la sua eco come risposta. “Dove siete finiti?” mormorò, girandosi non appena sentì un rumore secco alle sue spalle.
    Come apparso dal nulla, di fronte a lei c’era un grattacielo completamente nero, privo di finestre o porte, che arrivava fino al cielo.
    Ai suoi piedi si trovava Sora, che teneva lo sguardo verso terra.
    “Sora…?” fece la rossa, per poi correre verso di lui. “Sora!”
    Lo raggiunse in pochi secondi, fermandosi di fronte a lui. Tuttavia il ragazzo non alzò la testa.
    “Sora… che succede? Dove siamo?”
    “Kairi…” disse lui, a bassa voce. “Che cos’hai fatto?”
    Non appena ebbe detto ciò, attorno a loro apparvero centinaia di corpi, alcuni tagliati a pezzi, altri bruciati, e altri ancora parzialmente distrutti.
    La custode si portò subito le mani sulla bocca per l’orrore, ma le tolse subito, sentendo un sapore ferroso. Si guardò le mani, vedendole completamente ricoperte di sangue, come anche i suoi vestiti.
    “N-No… No…” mormorò, indietreggiando, andando a sbattere con un piede su una pietra, che la fece cadere a terra.
    “Perché li hai uccisi?” continuò il castano, alzando lo sguardo, mostrando due occhi spenti. “Perché?”
    “I-Io non ho fatto niente… Devi credermi, Sora!” urlò la ragazza, spaventata.
    “Hai il loro sangue su di te. Come puoi anche solo pensare di discolparti?” continuò lui, evocando il Keyblade. “Non sei più una custode della Luce… sei una custode delle tenebre!”
    “No… io non lo sono… Sora, mi conosci, sai che non potrei mai fare nulla del genere!”
    Sora le puntò contro il Keyblade, per poi restare fermo. Kairi tornò a guardarsi le mani, spalancando gli occhi quando vide che erano nuovamente pulite, come i suoi vestiti.
    “Hai ragione… tu no… ma io sì.” Disse Sora, sorridendo, per poi partire all’attacco.
    Kairi si buttò di lato, riuscendo a evitare il colpo per pochi istanti.
    “Sora!” urlò incredula, mentre il ragazzo si voltava di nuovo verso di lei.
    “Sei un pericolo per i miei piani. Ti eliminerò qui, in questo mondo… per sempre!” sentenziò, alzando la Catena Regale, pronto a colpire di nuovo.
    Stavolta però Kairi reagì, evocando anche lei la chiave leggendaria e riuscendo a respingere il secondo affondo.
    “Dove ci troviamo? E chi sei tu?!” esclamò, puntandogli contro l’arma.
    “Ma come, non mi riconosci? Sono io, Sora. Il portatore del caos.”
    “Quello è Hakai, non Sora! La prossima volta che vuoi impersonare qualcuno, vedi di informarti meglio!”
    Sora sorrise. “Attenta a ciò che temi, principessa del cuore.” Disse, per poi alzarsi in volo.
    Per un istante la sua immagine scomparve, lasciando il posto prima a Roxas e poi a Vanitas, per poi tornare come prima.
    “Presto potresti trovarti ad affrontare una scelta che potrebbe distruggerti il cuore.”
    “Qualunque cosa dovrò affrontare, la supererò! Non ho viaggiato fino ad adesso per cadere facilmente! Venderò cara la pelle!”
    “La tua forse. Ma quella degli altri?”
    “Che cosa vuoi di-”
    Ma Kairi non completò la frase.
    Senza che se ne rendesse conto, Sora era scomparso, riapparendo alle sue spalle.
    “Osserva, e cadi vittima della disperazione.” asserì, per poi trafiggerla alla schiena.
    Kairi vide la lama del Keyblade uscirle dalla pancia, sgranando gli occhi. Poi, come se avesse aspettato solo che lo vedesse, il dolore la raggiunse immediatamente, costringendola a cacciare un forte urlo.
    Sora fece sparire il Keyblade, lasciando che la rossa crollasse sul terreno. Poi, senza dire altro, si girò, allontanandosi, per poi scomparire.
    Kairi restò sdraiata a terra, guardando di fronte a sé, incapace di rialzarsi. Mentre perdeva i sensi, vide di fronte a sé due sagome comparire dal nulla, restando lontane da lei. Con la vista ormai sfocata, riuscì a intravedere sei colonne di luce circondare una delle due persone.
    Poi il buio vinse, oscurandole completamente la vista.

    “Dannazione…” ringhiò Naruto, circondando le mani con una luce azzurra e appoggiandole sulla fronte di Kirito. “Perché non riesco a sciogliere la loro illusione? Di solito basta usare il chakra…”
    “È inutile…” disse l’Heartless. “Non puoi risvegliarli. Non sono finiti sotto un’illusione provocata da chakra.”
    “Allora perché mi hai lasciato fuori? Potevi eliminarci tutti, e invece hai lasciato libero me.”
    “Sono riuscito a infiltrarmi nei dati di questo gioco. Ho il controllo completo su tutto quanto. Volendo, potrei cancellare ogni singola persona che in questo momento si trova in questo mondo.”
    Il biondo chiuse le mani a pugno.
    “È così che hai imparato a parlare, vero? Stai usando le informazioni di questo gigantesco computer per comunicare con noi.”
    “Esatto.”
    “Che cosa gli hai fatto?”
    “Stanno vivendo i loro incubi peggiori. E l’unico modo per liberarli è quello di sconfiggermi, ma se mi attaccherai, cancellerò tutti quanti. Più di seimila persone saranno sulla tua coscienza.”
    “Maledetto bastardo…”
    “È tutto qui?” fece una voce, anticipando il rumore di numerosi passi.
    Il ninja si voltò, vedendo avvicinarsi un uomo dai capelli di un caldo marrone misto a grigio, con addosso un’armatura rossa e con uno scudo in una mano e una spada nell’altra.
    “Tu chi sei?” chiese Naruto.
    “Il controllo di cui ti vanti ti è stato negato pochi secondi fa. Non puoi più manipolare questo mondo virtuale.”
    “Che cosa? Come hai fatto a bloccarmi?” domandò l’Heartless.
    “Io non ho fatto nulla. Ho solo ricevuto un messaggio che chiedeva a Heathcliff, il capo dei Cavalieri del Sangue, la gilda più forte del gioco, di venire qui. E questo ovviamente significa che io sono il giocatore più forte di Sword Art Online.”
    “Il più forte…” ripeté il custode, guardandolo.
    “Ragazzo, dov’è la tua spada? Non puoi combattere senza.” Continuò Heathcliff, guardando il ninja. “O devo dedurre che non ne hai una, visto che le due spade incastonate in quel mostro sono quelle di Kirito?”
    “Conosci Kirito?”
    “Certo. Lo conosco bene. Come anche Asuna. Mentre non ho mai visto né te né quella ragazza dai capelli rossi.”
    “È una lunga storia. Prima però devo occuparmi di quell’Heartless!” rispose il biondo, evocando nuovamente il Keyblade.
    “Un Keyblade?” fece sorpreso l’uomo. “Questo sì che è inaspettato. Un custode qui… non credevo perdessero tempo a giocare in un videogioco.”
    Naruto lo guardò con la coda dell’occhio.
    “Beh, ogni tanto dobbiamo distrarci. Sai, battaglie su battaglie… pensavamo che un videogioco potesse faci staccare un po’ la spina. Di certo non ci aspettavamo di restare bloccati qui.”
    “Tuttavia dovete essere degli abili hacker, visto che non riesco a vedere nessuna barra o indicatore su voi due.”
    “E tu devi essere un veggente, per sapere di noi custodi. Kirito e Asuna hanno detto che qui non è arrivato il messaggio di Aqua.”
    L’uomo sorrise, per poi raggiungerlo e affiancarlo, puntando la sua spada contro l’Heartless.
    “Uno pari.”
    “Non potete sconfiggermi. Ho analizzato ogni singolo giocatore, conosco tutte le abilità esistenti di questo mondo.”
    “Davvero? Allora dovremmo dimostrarti che ti sbagli.” ribatté Heathcliff, facendo apparire di fronte a sé lo schermo, per poi cominciare a digitare velocemente qualcosa.
    “Ora basta perdere tempo! Devo salvare i miei amici!” urlò Naruto, saltando verso la sfera, pronto a colpirlo di nuovo con il Keyblade.
    Tuttavia da questa partì un fulmine, che lo colpì in pieno.
    Naruto restò fermo a mezz’aria, per poi scomparire in una nuvola di fumo.
    “Da questa parte!” urlò, sbucando come dal nulla dietro la sfera, colpendola con un calcio, riuscendo a lasciarci sopra una piccola crepa.
    “Impossibile!” esclamò l’Heartless, mentre il suo occhio cominciava a girare per tutto il perimetro della creatura, come impazzito.
    “Ora tocca a me.” Fece l’uomo in armatura, saltando anche lui verso la sfera, colpendola in pieno con la spada e lasciando un profondo taglio sulla sua superficie.
    “Dovrebbe restare fermo per il tempo necessario.” Disse Naruto, tornando con i piedi per terra e facendo subito dei segni con le mani.
    Al suo fianco apparve una sua copia, mentre lui fece scomparire il Keyblade, portando la mano di fronte a sé. Il clone si mosse immediatamente, portando entrambe le mani sopra quella del suo originale. Immediatamente, una sfera azzurra si creò dal nulla, cominciando a ruotare su sé stessa.
    “Questa… è la tua fine!” esclamò Naruto, mentre il suo clone scompariva in una nuvola di fumo.
    “Che cos’è quello?” chiese Heathcliff.
    “Questa è una tecnica di mio padre…” rispose il ninja, saltando verso l’Heartless. “Rasengan!” urlò, colpendolo in pieno.
    La sfera spalancò l’occhio, che si fermò di colpo, mentre il suo corpo cominciava a riempirsi di crepe.
    “No… Non ora… Non ora che il momento è così vicino…” disse, per poi rompersi in centinaia di pezzi, che caddero verso il pavimento, scomparendo nel nulla prima di raggiungerlo, destino che invece toccò alle spade di Kirito, il cui rumore si estese nel silenzio della stanza.
    “È finita.” Decretò Naruto, cadendo in piedi a terra, mentre alle sue spalle il muro s’illuminava, per poi aprirsi in due, rivelando una scala.
    “Hai sconfitto il boss di questo livello.” Disse Heathcliff, avvicinandosi. “I miei complimenti. Non avevo idea che esistesse una tecnica simile.”
    “A essere sincero, avevo paura che non fosse sufficiente, ma non avevo il tempo di entrare in modalità eremitica. Inoltre, dubito che qui ci sia molta energia naturale, visto che questo mondo, tecnicamente, non esiste.”
    “Noi siamo qui, e ciò lo rende reale.”
    Naruto sorrise, per poi voltarsi verso i tre amici.
    “Direi di sì. Ora, prima che Kirito e Asuna riprendano i sensi… tu puoi uscire da questo mondo, non è vero?”
    L’uomo lo guardò serio.
    “Cosa te lo fa pensare?”
    “Te l’ho già detto: qui il messaggio di Aqua non è arrivato. Kairi mi ha detto che nessuno dei giocatori che ha incontrato era a conoscenza dei custodi e del Keyblade. Tu invece sì.”
    Heathcliff sorrise, per poi avviarsi verso la porta.
    “Non posso disconnettermi. Tuttavia, ho i miei modi per sapere cosa succede nel mondo reale.”
    “Che cosa gli succederà? Che cosa succederà a Kirito, Asuna e tutti gli altri?”
    “Se il gioco verrà completato e se loro resisteranno fino ad allora, torneranno alle loro vite di sempre. Altrimenti moriranno. Questo è il destino di noi giocatori.”
    “E dove si trovano nella realtà?”
    “Quasi tutti si trovano senza dubbio in un ospedale, ma essendo disseminati per tutto lo stato, non sono di certo tutti insieme.”
    Naruto fece per chiedere altro, ma un gemito proveniente da Kairi lo costrinse a zittirsi. Senza guardare Heathcliff sparire lungo la scala, raggiunse la custode, che aprì lentamente gli occhi.
    “Cosa… Cos’è successo?” chiese intontita.
    Naruto sorrise. “Sei caduta vittima di un’illusione. Ma non preoccuparti, è tutto finito.” Rispose, mentre anche i due giocatori riaprivano gli occhi.

    “Quindi quel mostro ci ha praticamente ipnotizzati… Ora capisco…” fece Kirito, sospirando. “Questi Heartless sono esseri proprio spietati, eh? Usare così i nostri ricordi e pensieri…”
    “Il loro obiettivo è rendere tutti come loro, oltre che far cadere i mondi nell’oscurità.” Rispose Kairi, tenendo lo sguardo basso. “E resistergli è piuttosto difficile.”
    “Qualunque cosa abbiate visto, non era altro che una finzione. Una pura invenzione di quell’essere. Per quanto realistica, non era la realtà. Ve lo dice uno che è caduto più volte nelle illusioni, credetemi.”
    I tre annuirono.
    “Voi… adesso ve ne andrete, vero?” domandò Asuna, guardando i due custodi.
    “Temo proprio di sì. Quell’Heartless era la causa dell’oscurità che avvolgeva questo mondo. Ora che è stato distrutto, il nostro compito è finito.”
    “Potreste restare e aiutarci con i piani restanti. Con voi due sarà una passeggiata.” Disse speranzosa la ragazza.
    Ma si arrese vedendo il loro sguardo.
    “Mi spiace.” negò Kairi. “Non possiamo interferire con i mondi se non per un buon motivo. Credetemi, vi aiuterei volentieri, ma non possiamo. È contro le regole.”
    “E questo mi fa una rabbia!” esclamò Naruto stizzito, sbattendo un pugno contro il muro, lasciando un solco su di esso.
    “Non importa. In fondo, questa è la nostra battaglia. Farci aiutare da voi sarebbe come usare dei codici.” fece il moro, sorridendo, per poi andare a recuperare le sue spade, che erano rimaste a terra. “Però dovete prometterci che ci garantirete la sopravvivenza del nostro mondo almeno fino a quando non potremo combattere anche noi per difenderlo.”
    I due annuirono.
    “Tranquillo, non permetteremo all’Oscurità di vincere.” assicurò Naruto.
    “Aspettateci dove si svolgerà la guerra. Vi raggiungeremo sicuramente, e daremo il nostro contributo.” Aggiunse Asuna.
    “Vi auguro di arrivare quando sarà tutto finito. Non sappiamo quanto sarà orribile la battaglia.” Disse Kairi, per poi aprire il varco.
    “Aspetta.” Intervenne il biondo, andando avanti. “Prima c’è un posto dove vorrei andare. E credo debba venire anche tu.”
    La rossa lo guardò sorpresa, per poi annuire. “Va bene. Allora, Kirito, Asuna, spero di rivedervi! Salutateci Liz!”
    “Contateci! E buona fortuna!”
    “Anche a voi!” urlò Naruto, per poi gettarsi nel varco, seguito dalla compagna.

    “Questo è…” fece la ragazza, non appena uscita dal varco.
    “Già…” rispose il ninja, cominciando a percorrere il corridoio bianco in cui erano sbucati.
    La rossa osservò il ninja continuare a leggere dei cartellini appesi accanto a ogni porta, finché non si fermò di fronte a una di esse.
    “Il nome è diverso, però direi che è decisamente simile…” mormorò il biondo, aprendo la porta.
    Kairi lo seguì, leggendo sul cartello ‘Kirigaya Kazuto’.
    Non appena furono entrambi dentro, si fermarono al fianco di un letto. Steso e inerme, con accanto un bastone di ferro a cui era appeso un sacchetto di flebo, c’era Kirito che dormiva, con in testa uno strano casco attaccato alla corrente. A differenza di quello che avevano incontrato, era quasi anoressico, tanto che si potevano distinguere le ossa della braccia, posate sopra il lenzuolo.
    “Quindi è così che sono ridotti nella realtà…” commentò lei.
    “Già. Dopotutto, quelli che abbiamo incontrato noi sono solo delle entità virtuali.”
    “Come facevi a sapere che era qui?”
    “Quando sono entrato nel varco, ho pensato a lui. Speravo che così il varco ci portasse dove si trovava realmente, e così è stato.”
    Kairi fece per replicare, ma il rumore della porta che si apriva la interruppe.
    I due si voltarono, vedendo una ragazza dai capelli neri a caschetto, che indossava una divisa scolastica.
    “E voi chi siete? Cosa ci fate nella stanza di mio fratello?” domandò dubbiosa.
    La keyblader la guardò sorpresa, mentre Naruto si mosse per uscire.
    “Siamo suoi amici.” Disse, dopo averla superata. “Volevamo solo vedere come stava.”
    “Lo potete vedere con i vostri occhi. È costretto in un letto per colpa di quel dannato videogioco.” Rispose lei con astio.
    Kairi sorrise, per poi metterle una mano sulla spalla. “Non è colpa del videogioco in sé, ma di chi l’ha creato. E credici, tuo fratello sta combattendo con tutto se stesso per poter tornare in questo mondo.”
    “Ne sono sicura… ma deve sentirsi molto solo… e vivere ogni giorno non sapendo se riuscirai a tornare a casa è-”
    “Orribile. Lo so.” La anticipò la rossa. “Nemmeno noi sappiamo se torneremo mai a casa, ma questo non ci demoralizza. Anzi, ci dà la forza di andare avanti. Non perdere la speranza. Kirito tornerà di sicuro.”
    “Sembra quasi che lo abbiate incontrato poco fa… siete così convinti.” Disse la ragazza, staccando la mano di Kairi dalla propria spalla e andandosi a sedere sul letto di Kirito, facendo attenzione a non toccare né il fratello né i cavi o i tubi della flebo.
    “È così.” Affermò Naruto. “E fidati, sta più che bene. Pensa, ha anche trovato una ragazza.”
    “Non prendetemi in giro. Lo sanno tutti che nessun giocatore può andarsene dal gioco finché non sarà completato. Non potete averlo incontrato.” replicò la sorella di Kirito, dando le spalle ai due e guardando il fratello.
    “I giocatori no… ma i custodi sì.” Fece Kairi, uscendo dalla stanza assieme a Naruto e chiudendosi la porta alle spalle.
    La ragazza spalancò gli occhi, per poi correre subito fuori dalla stanza.
    Ma quando riaprì la porta, tutto quello che vide fu una piccola luce scomparire.

    Equilibrio – Saga dei Flashback – Start
     
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    Fuoco crepuscolare che mai si estinguerà

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    Eccomi qua a recensire Darky-kun ù.ù
    Ahhhhh! Mannaggia ai filler, hanno colpito anche le fan fiction D: Ma visto che sei tu ti perdono ù.ù
    Tristerrimo il pezzo iniziale con Sora, Roxas e Xion ç___ç Povero Sora ç__ç
    Passando al vero punto della questione: Kairi non fa in tempo ad arrivare da qualche parte che si ritrova in mezzo ai casini, ma ovviamente se ne tira fuori in poco tempo e con facilità. Tutto merito tuo che l'hai resa un personaggio decente e apprezzabile... anche se mi sta antipatica lo stesso ù.ù

    “Il tuo indicatore… dov’è il tuo indicatore?!” esclamò in preda al panico lui, puntandogli contro la spada.
    “Il mio indicatore? Di che cosa stai parlando?”

    A questa scena ho avuto un de ja vu xD

    Interessante il mondo di Sword Art Online... interessante e inquietante <.< Povera gente, intrappolata lì dentro D: Ma a Kairi non gliene frega una cippa e prosegue nel suo viaggio di esplorazione virtuale ù.ù

    Anzi, credo che mia sorella potrebbe torturarti per quello che hai appena detto. Dark è suo, e di nessun’altra.
    Chiaro il concetto Darky? ù.ù

    È arrivato Nacchan!!!! *A* Ora posso fare il tifo per qualcuno in maniera sensata, con Kairi lo facevo solamente per la fazione, mica per lei ù.ù
    Interessante l'aspetto che hai dato all'Heartless, mi ha ricordato tanto quello che si affronta al Castello della Bestia in KH2. Comunque te la sei giocata bene e il keyblade di Naruto direi che è perfetto, anche se mancavano i dettagli dell'elsa ù.ù Mannaggia a me che non ci ho pensato durante il betaggio mannaggiamannaggia!!!
    Anche l'incubo che hai fatto vivere a Kairi non è male e ovviamente era tutto un indizio per il futuro. Anche la battaglia ti è venuta molto bene, peccato che Naruto si sia limitato al Rasengan... un bel Rasenshuriken non ci sarebbe stato male, probabilmente avrebbe fatto a pezzi tutto quanto ma non cavilliamo sui dettagli ù.ù
    In conclusione, bel capitolo e continua così ù.ù Ma non fare troppi filler, eh! xD
     
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    Ed eccomi qui con il nuovo capitolo!
    Scusate per il ritardo, ma questi capitoli non sono così facili da scrivere come può sembrare XD. Perciò mi portano via un po' più di tempo (senza considerare un piccolo aggiornamento culturale che ho fatto, di cui vedrete presto i frutti ù.ù XD).
    Allora... nel precedente capitolo abbiamo assistito all'ultima disperata azione che Sora può fare, e questi capitoli rappresentano il passaggio verso la sua fase finale. Ormai è inutile che vi dice che in ogni capitolo di flashback ci sarà un indizio che tornerà utile, vero? XD
    Senza contare che pare che ogni manga/anime inedito che scelgo di mettere in questa fiction viene acquistato in Italia... Rosario+Vampire, Fullmetal Panic (novel), Digimon Xros Wars e adesso anche Sword Art Online... *guarda in alto* speriamo non arrivi pure Xehanort... XD
    Allora, direi di passare alle recensioni, ma non prima di ringraziare Liberty89 sia per avermi fatto da betareader sia per avermi fatto conoscere i personaggi che userò in questo capitolo *prende cellulare e legge messaggio* che credo proprio risulterà di vostro gradimento. O almeno, così dicono...

    @ Liberty89: Lib-sensei! Tranquilla, renderò questi "falsi filler" dei capitoli degni dei veri capitoli ù.ù.
    E già... Sora, Roxas e Xion in una scena da tenere testa alle più commuoventi della saga di Kingdom Hearts ù.ù.
    Beh, Kairi è stata sottoposta a un delicato e totale intervento di ricostruzione del personaggio... quindi ha detto addio al suo lato Nomurico XD. Anche se questo purtroppo non riesce a salvarla da ciò che era in origine XD.
    Il mondo di SAO lo trovo molto interessante... sinceramente non mi sarebbe dispiaciuto restarci bloccato XD (continuo a sperare che un giorno anche noi avremo una simile tecnologia XD). Però per Kairi è una cosa già vista XD (considerando che qui ha già salvato Aqua, quindi è reduce dal viaggio nel mondo dell'oscurità XD).
    Beh, dopo tutto quello che ha passato, mi pare giusto che Hikari torturi lentamente e atrocemente chiunque tenti di portarli via Dark, no? XD.
    E Naruto fa di nuovo la sua entrata in scena, salvando da una non minaccia la nostra custode di turno XD.
    Per l'Heartless, ammetto che mi sono ispirato a quello per crearlo XD. Mentre il Keyblade di Naruto è stato spontanea come idea XD. (va beh... rimedieremo in futuro XD).
    Beh, l'incubo di Kairi per noi è chiaro, ma per lei all'epoca era ben più che misterioso e orribile... MUAHAHAHAHAHAHAH!!!!!!
    E la battaglia... beh, credo che il Rasenshuriken avrebbe fatto andare in corto il sistema di SAO XD.
    Per i filler... beh, temo di averne ancora un po' in cantiere XD. Ma vedrai, non saranno noiosi ù.ù

    Bene, e ora... Buona lettura a tutti!

    Capitolo 82: Flashback Saiko e Marco: Diari e cellulari - Torna all'indice dei capitoli
    “Okay… secondo te dove siamo finiti?” chiese Marco, guardando giù dal tetto dove si erano ritrovati non appena usciti dal varco, osservando il cortile interno dell’edificio, composto da due fabbricati collegati tra loro da un corridoio di tre piani.
    “Tu non guardavi molti anime, vero?” replicò Saiko.
    “Direi proprio di no… Sai, preferivo i videogiochi e poi mi sono ritrovato a combattere contro un intero esercito di alieni…”
    “Siamo in un'altra versione del Giappone, e al novantanove per cento siamo sul tetto di una scuola.”
    “Ah…” fece l’Animorph, per poi sospirare.
    “Però come facciamo a scendere senza farci vedere? Se usiamo il varco rischiamo che ci veda qualcuno da una finestra. Se scendiamo volando ci vedrebbero tutti e non vedo scale.”
    “Restiamo qui ad aspettare, semplice no?”
    “Non sappiamo che ore sono, potremmo dover aspettare anche tutto il giorno.”
    “Se vuoi posso trasformarmi in un falco o gabbiano per vedere un po’ come stanno le cose. O chissà, magari qui sono tutti capaci di volare.”
    “Muori Primo!” urlò una voce femminile.
    I due custodi guardarono subito verso il cortile, dove videro una donna dai capelli viola legati in due codini, che indossava un abito rosa da cameriera in cui era compresa anche una cuffia.
    La suddetta donna si era appena lanciata da una finestra per poi guardarne l’interno con un sorriso sinistro dipinto sul viso.
    “E ora che cosa-” cominciò il mangaka, poco prima che il tetto, a pochi metri di distanza da loro, esplodesse, dando il via a una catena stile domino. “Scappiamo!” urlò poi, cominciando a correre verso l’altra parte del tetto, seguito da Marco.
    “Fra tutte le scuole dell’universo dovevamo beccare l’unica presa di mira da una pazza psicopatica?!” sbraitò arrabbiato l’Animorph, correndo il più velocemente possibile per evitare le esplosioni, al cui rumore si aggiungevano le urla degli studenti all’interno dell’edificio.
    Dopo quasi un minuto, le deflagrazioni si fermarono, permettendo ai due custodi di interrompere la loro corsa e di riprendere fiato.
    “È… È stata una cosa troppo improvvisa…” fece Saiko, ansimando. “Quegli studenti…”
    “Già… Non siamo riusciti a fare niente… e la cosa peggiore, è che non è stata per colpa di Heartless o Nessuno… Ma di quella donna.”
    I due voltarono lo sguardo verso il cortile, trovando la donna, posta esattamente al centro dello spiazzo. Aveva tirato fuori da chissà dove una tastiera che era collegata a un sostegno metallico che spariva sotto la gonna, probabilmente allacciato a una gamba, mentre in una mano teneva un megafono e nell’altra stringeva quello che sembrava a tutti gli effetti un detonatore.
    “Attenzione, miserabili studenti e insegnanti di questa scuola!” disse attraverso il megafono, riempiendo l’aria con la sua voce. “Io, Uryuu Minene, ho preso il controllo della scuola.”
    “Ne ho viste di persone che odiavano la scuola, ma questa le supera tutte…” commentò Marco.
    “Ho piazzato in tutto l’istituto delle bombe con sensore di movimento. Non lasciate le aule se avete cara la vita. L’intero corpo studentesco è mio ostaggio!”
    “Marco?” fece Saiko, ricevendo un assenso da parte dell’Animorph, il quale si buttò subito giù dal tetto, seguito dal compagno.
    La donna si voltò subito verso di loro attirata dal movimento, guardandoli cadere giù, per poi fermarsi a pochi centimetri da terra, atterrando dolcemente. Allo stesso modo, gli studenti, tutti affacciati alle finestre delle aule lasciate indenne, li osservavano curiosi e increduli.
    “Allora, ricapitoliamo…” cominciò il mangaka. “Tu, senza motivo apparente, decidi di prendere in ostaggio una scuola e di farne saltare metà, uccidendo non so quanti studenti. Senza contare che noi eravamo proprio sul tetto dell’ala che hai fatto esplodere, e ora ti aspetti che tutti collaborino con te per avere salva la vita?”
    “E voi chi siete?”
    “I nostri nomi non hanno importanza. L’unica cosa che devi tenere in conto è che noi ti fermeremo. Non c’è neanche bisogno di cercare la causa dell’oscurità di questo mondo.”
    “Questo mondo? Non mi direte che siete anche voi degli aspiranti dei.” Replicò la donna, abbassando il megafono e parlando direttamente con i due custodi.
    “Nah, non abbiamo simili aspirazioni. Sinceramente, ne passo già fin troppe per voler diventare qualcuno di più importante.” Replicò Marco.
    “Capisco… Quindi siete solo due studentelli da quattro soldi che avranno usato qualche trucco per scendere dal tetto. Allora… che ne dite di esplodere?”
    Detto questo premette il detonatore che aveva in mano, facendo così esplodere una bomba che era nascosta sotto i piedi dei custodi.
    “Ho disseminato l’intero giardino con delle bombe! Avete visto tutti, che nessuno osi avvicinarsi!” urlò rivolta agli studenti della scuola.
    “Un campo minato, eh?” commentò Saiko, mentre il fumo si dissipava, rivelando entrambi sani e salvi. “Come ci aspettavamo. Se hai avuto il tempo di riempire la scuola di bombe, il cortile non poteva essere un’eccezione.”
    Minene li guardò con gli occhi sgranati. “C-Come avete fatto? La bomba era proprio sotto di voi!”
    “Come se una bomba come questa ci potesse realmente fare del male. Certo, forse se ci coglieva di sorpresa, ma così no di certo.” Fece l’Animorph, per poi alzare la mano.
    Immediatamente l’intero spiazzo fu invaso dalle esplosioni delle bombe nascoste, che s’innescarono una dopo l’altra, lasciando illeso per puro miracolo l’edificio scolastico.
    “Che cosa? Ma io non le ho fatte esplodere!” urlò Minene preda dell’ira, guardando tutto il suo lavoro andare in fumo.
    “Basta una piccola scintilla per farle esplodere. Ci ho messo un po’ per controllare il fuoco in questo modo, ma alla fine ci sono riuscito.” Spiegò il ragazzo. “E se ti chiedi come mai la scuola non è stata danneggiata dalle esplosioni, ti consiglio di osservarla meglio.”
    La donna si voltò immediatamente verso uno dei muri, sgranando gli occhi.
    Quasi invisibile, c’era una barriera che la avvolgeva completamente.
    “Chi diavolo siete voi due? Dei maghi?”
    “Anche. E ora, dove eravamo rimasti?”
    Uryuu non rispose, prendendo il suo cellulare e mettendosi subito a leggere qualcosa.
    “Perché… Perché non vi vedo?!” gli sbraitò contro, furente, distogliendo lo sguardo dal telefono.
    “Di solito non appariamo nei telegiornali.” Rispose Marco. “Almeno, io finora ho fatto di tutto per evitarlo. Sai, quando si combatte contro un esercito alieno che vuole conquistare il tuo mondo, sei costretto ad agire nell’ombra, ma direi che non è il tuo stile, vero? Oh, non fraintendere. Anch’io ho sulla coscienza diverse persone. Però non le ho eliminate per piacere personale.”
    “Parli come se non fossi di questo pianeta.”
    “E se fosse?” intervenne Saiko, portandosi le mani in tasca.
    “Allora significa che gli alieni sono più stupidi di quanto si credeva. Vi ricordo che la scuola è ancora piena di bombe. Gli studenti non potranno andarsene se non per mia volontà!”
    Un rumore dietro i due custodi li distrasse, costringendoli a voltarsi.
    Si ritrovarono di fronte a due ragazzi, che tenevano bloccato un terzo, dai capelli neri che indossava pantaloncini color ocra e un maglioncino nero, da cui uscivano in basso i bordi di una maglietta bianca, in quel momento costretto a terra, piangente.
    “Perché…” fece, guardando uno dei due ragazzi che lo tenevano bloccato. “Pensavo fossimo amici! Perché?!”
    Saiko e Marco sgranarono gli occhi, vedendo come i due ragazzi avevano lo sguardo triste, consapevoli che quanto stavano facendo non era giusto.
    “Capisco… Avevi già detto ad alcuni studenti cosa fare, e li hai minacciati per costringerli a obbedire. Ma cosa vuoi da quel ragazzo?!” esclamò il mangaka.
    Uno dei due studenti si allontanò, superando i due custodi e poggiando a terra un cellulare.
    “Che cosa voglio da lui?” ripeté Minene, sorridendo. “Solo quel cellulare e che lui se ne stia fermo.”
    “Tu… Tu hai ucciso degli studenti… solo per uno stupido cellulare?!” esclamò incredulo l’Animorph.
    “Sono una terrorista. Dovevo forse chiedergli con un biglietto di ucciderlo?”
    “E lo ucciderai usando il suo cellulare?”
    “Se distruggo il suo telefonino, lui morirà. O meglio, scomparirà come se non fosse mai esistito. In questo modo, nessuno potrà più impedirmi di diventare il nuovo dio!”
    I custodi fecero per replicare, ma una nuova esplosione attirò la loro attenzione, come anche quella della donna. All’interno della scuola era cominciata una nuova catena di esplosioni, che stava distruggendo una a una tutte le aule.
    “Che cosa? Io non le ho attivate!” fece sorpresa la viola.
    I due studenti che tenevano fermo il ragazzo corsero via spaventati, mentre lui si mise seduto sulle ginocchia, guardando incredulo lo spettacolo.
    “Fermati…” mormorò, attirando su di sé gli sguardi dei due custodi. “Così moriranno tutti… Yuno…”
    Dicendo ciò si chinò a terra, chiudendosi su se stesso come un riccio.
    “Tu sai chi è il responsabile di queste nuove esplosioni?” gli chiese Marco, senza però ottenere risposta.
    “Non preoccuparti, Primo. Non sarai l’unico a morire oggi.” disse Minene, sorridendo.
    “Primo… Senti, non è che hai a che fare con la mafia, vero?” domandò Saiko, ripensando a Tsuna e al suo soprannome.
    “Ma certo che no!” replicò il ragazzo, alzando la testa di colpo.
    “È inutile che tentiate di fermarmi. Tutte le bombe esploderanno tra dieci minuti.” Continuò incurante la terrorista. “Moriranno tutti, e voi non potrete impedirlo!”
    “Abbiamo salvato interi mondi, e tu in pochi minuti sei riuscita a fare più vittime di tutti i nostri viaggi messi insieme… Se solo un nostro amico fosse qui, tu a quest’ora saresti già cenere. E credimi, lui è più potente di chiunque tu possa immaginare. Può distruggere un pianeta in pochi secondi senza dover usare alcun ordigno esplosivo.”
    “Davvero? Peccato che ora non sia qui. Ed io, come gran finale, farò saltare tutto quanto in aria!” urlò Minene, scoppiando a ridere.
    Tuttavia, uno sparo la interruppe e l’istante seguente, uno dei suoi codini fu sfiorato da un proiettile.
    “Non esaltarti tanto.” Disse una voce maschile, sicura di sé. “Come hai osato mettere a soqquadro il mio territorio?”
    I due custodi si girarono, ritrovandosi a guardare quello che doveva essere un poliziotto, che teneva puntata contro la donna una pistola.
    “Finalmente ci incontriamo, Primo.” Proseguì l’uomo, guardando il ragazzo a terra, sorridendogli. “Te l’avevo detto che ti avrei protetto, no?”
    “Ti piace prendertela comoda, eh, Quarto?” replicò Minene, guardandolo con sufficienza.
    “Non posso certo dire che m’impressiona vedere che te la prendi con un ragazzino, Nona.” Fece lui.
    “Primo, Quarto e Nona…” ripeté Saiko. “In che cosa siamo capitati…?”
    Il poliziotto tirò fuori da una tasca un cellulare, mostrandolo al ragazzo.
    “Io ho il Diario delle Investigazioni.” spiegò. “È un Diario del Futuro che mi rivela i crimini che devono ancora avvenire.”
    I keybladers sgranarono gli occhi.
    “Comincio a capire… Non è l’unico cellulare con questa caratteristica, vero?” chiese il mangaka.
    “Indovinato, ragazzo.” Rispose Minene. “Siamo tutti e tre in possesso di un Diario del Futuro. In totale ce ne sono dodici, e l’ultimo rimasto diventerà un dio!”
    “Ne ho sentite di cose assurde, ma questa le batte tutte…” commentò Marco, sbadigliando. “Me ne occupo io Saiko, non ti preoccupare. Un bel pugno e sarà fuori gioco.”
    “Oh, davvero? Non mi sembri tanto forte, sai?” fece divertita la donna, ridendo.
    “State lontani da lei. Non posso lasciare che ci siano altre vittime.” Ordinò Quarto.
    “Ho affrontato esseri più pericolosi di lei. Basterà che non possa usare le bombe e sarà totalmente innocua.”
    Ma prima che potesse fare qualcosa, una delle finestre ancora intere si ruppe, lasciando uscire una ragazza dai capelli rosa tenuti in due lunghi codini bassi, con addosso una maglietta e dei pantaloncini per l’attività fisica, che si buttò sulla terrorista con un pezzo di vetro in mano. Giratasi troppo tardi e bloccata dalla sorpresa, Uryuu non riuscì a schivare quell’attacco e si ritrovò il frammento conficcato nella spalla, mentre la ragazza dopo aver mollato la presa sull’arma improvvisata le atterrava accanto. Nona la guardò furente e la scagliò lontano da sé con un calcio, facendola rotolare sul terreno fino ai piedi dei custodi.
    Saiko non perse tempo e corse verso il cellulare del ragazzo, prendendolo e mettendolo in una delle sue tasche. “E questo ora è al sicuro.”
    “Maledetti… Come osate interferire?! Chi vi credete di essere?!” chiese la donna.
    “Oh, finalmente! Mi chiedevo quando lo avrebbe chiesto!” esclamò Marco, portando la mano di fronte a sé, evocando il Keyblade. “Non siamo custodi del Keyblade, ma dalla tua faccia, ne deduco che non hai mai sentito parlare di noi.”
    “Custodi?” ripeté la ragazza dai capelli rosa, guardandoli incredula.
    “Alcuni ci chiamano la maledizione dell’universo. Altri ci definiscono dei salvatori. Altri semplicemente, urlano contro di noi.”
    “E questa da dove ti è uscita, Saiko?”
    “Beh, ero pur sempre un mangaka, lasciami fare un po’ di teatralità.” Replicò lui con fare ovvio.
    “Hanno fatto apparire dal nulla quelle strane spade… Com’è possibile?” chiese Nona, incapace di accettare quanto appena visto.
    “Ora… tu sei della polizia, vero?” chiese Marco, guardando Quarto.
    “Esatto. Devo dire che siete una bella sorpresa. Non siete apparsi sul mio diario.”
    “N-Nemmeno sul mio…” fece la rosa, rialzandosi. “Quindi significa che non faranno del male a Yukki.”
    “Probabilmente è perché non siamo di questo mondo. Può darsi che il potere dei vostri cellulari non ci riconosca per questo.” Rifletté il mangaka.
    “Custodi o no, non potrete impedirmi di far saltare in aria questa misera scuola!” urlò Minene, riprendendo in mano il detonatore.
    “Abbassatevi!” urlò Primo.
    I due custodi si voltarono, giusto in tempo per evitare una freccetta lanciata dal ragazzo, diretta verso il cellulare che la viola teneva in mano.
    Lei sgranò gli occhi, per poi spostare l’oggetto, lasciando esposto il proprio viso. Sotto lo sguardo disgustato dei presenti, la freccetta si conficcò nell’occhio sinistro di Minene, che cacciò immediatamente un urlo di dolore. Pochi istanti dopo, la terrorista portò la mano all’occhio per rimuovere la freccetta e gettarla via, dopodiché tornò a coprire con il palmo l’organo leso, che aveva iniziato a buttare denso sangue scuro, che le imbrattò il viso e colò fino all’abito.
    “Arrenditi, Nona!” ordinò il poliziotto, puntandole contro la pistola. “Non puoi andare lontano con una ferita del genere.”
    “Non sottovalutatemi!” ribatté lei, lasciando uscire da sotto la gonna una serie di razzi, che crearono una fitta coltre di nebbia.
    Pochi secondi dopo il rumore di un motore riempì l’aria, anticipando Minene a cavallo di una moto che li superò, dirigendosi verso l’uscita.
    “Il mio Diario del Futuro… è il Diario di Fuga!” rivelò sotto lo sguardo sorpreso dei presenti, per poi allontanarsi a tutta velocità.
    “Maledizione… è fuggita.” Fece la rosa, per poi girarsi verso Primo. “Stai bene, Yukki?”
    “S-Sì… grazie Yuno…” rispose lui, sebbene sembrasse quasi spaventato dalla ragazza.
    Tuttavia la sua attenzione fu attirata da Marco, che si avvicinò a lui, per poi afferrarlo per il collo della maglietta.
    “Di’ un po’ tu, che cosa pensavi di fare?! Avresti potuto ucciderla!” gli urlò contro.
    “E allora? Avete visto anche voi che cos’ha fatto, no?”
    “È un essere umano! Anzi, è un essere vivente! Qualunque cosa abbia fatto non merita la morte!”
    “Ha cercato di uccidere Yukki…” fece Yuno, avvicinandosi minacciosa. “E questa è una colpa sufficiente per meritare la morte. Cosa che spetterà anche te se non lo metti giù.”
    Saiko le puntò contro il Keyblade. “Non vi conviene mettervi contro di noi. I proiettili sono inutili e oltretutto non potreste mai stare al nostro passo.”
    La rosa digrignò i denti, mostrando due occhi folli, mentre Marco lasciava andare il ragazzo chiamato Primo. “Direi di andarcene. Quella donna di sicurò attirerà qualcuno di nostra conoscenza o un suo alleato.”
    “Temo di non potervi lasciare andare via.” Disse il poliziotto. “Avete detto che non siete di questo mondo, esatto?”
    “E se fosse? Vuoi fermarci?”
    “Io forse non ci riuscirò, ma qui fuori ci sono decine di poliziotti. Volete combattere contro tutti loro?”
    L’Animorph ridacchiò. “Di bene in meglio… Prima rischiamo di saltare in aria, poi incontriamo un branco di psicopatici… e ora questo. Yeerk, quanto mi mancano. Almeno loro erano un solo tipo di pericolo…”
    “Yeerk, eh? Era tanto che non li sentivo nominare.” Fece una voce.
    Saiko e Marco spalancarono gli occhi, mentre attorno a loro il cortile e la scuola scomparivano, lasciando posto a una strana costruzione: una circonferenza, che ospitava dodici piattaforme circolari, con segnati i numeri romani da uno a dodici sul bordo, grandi a sufficienza per un paio di persone, infatti su ognuno di essi comparve una figura, ma solamente Yukki, Yuno, che aveva preso il secondo posto, Quarto e Minene erano visibili, le altre erano completamente nere per celarne l’identità. Solo una piattaforma si rivelò vuota a parte un’inquietante scritta rossa che riportava ‘DEAD END’.
    “Così, voi siete due custodi, eh?” continuò la voce, mentre sopra di loro, esattamente al centro del cerchio, appariva dal nulla un trono, sul quale era seduto un essere gigantesco vagamente simile a uno scheletro, con addosso una tunica viola e una corona sul teschio.
    I due evocarono subito il Keyblade.
    “E tu chi sei?” chiese Marco.
    “La domanda giusta sarebbe chi siete voi.” Chiese la figura che occupava il dodicesimo posto, la cui testa sembrava avvolta da un grosso pallone.
    “Deus, perché sono qui anche loro?” domandò Yukki. “Non sapevano nemmeno dei Diari!”
    “Calmo Primo. Avete di fronte a voi due delle persone da cui, al momento, dipende il destino di questo e di altri mondi.”
    “Quei due bastardi… per colpa loro Primo mi ha portato via un occhio!” esclamò Nona.
    “Mi sento molto al centro di un processo… Dobbiamo dedurne che sei tu il creatore di quei cellulari del futuro, vero?”
    “Esatto. Io sono Deus Ex Machina, il dio del tempo e dello spazio.” Rispose l’essere.
    “Un dio, eh? Non sei il primo che incontriamo, però sei decisamente il più minaccioso.”
    “Che maleducati che siete. Dovreste mostrare almeno un po’ di rispetto.” S’intromise una bambina dai lunghi capelli bianchi e la pelle scura, seduta su un bracciolo del trono.
    “Per quale motivo hai creato dei diari che prevedono il futuro?” domandò Saiko, ignorandola. “E perché quella donna stava cercando di uccidere quello che chiamate Primo?!”
    “Perché Primo è il più pericoloso.” Rispose la persona che stava alla decima posizione.
    “È l’unico in grado di cambiare il proprio futuro.” Proseguì la quinta, che dalle dimensioni pareva essere un bambino.
    “Inoltre, è l’unico che è già riuscito a eliminare uno di noi, ovvero Terzo.” Intervenne ancora il Dodicesimo.
    I due custodi portarono il loro sguardo sulla scritta volante che si trovava sopra la terza piattaforma.
    “Quindi abbiamo salvato un assassino da una terrorista, eh? Ma mi sfugge ancora il perché di tutto questo.” Asserì Marco.
    “Chi resterà in vita alla fine prenderà il mio posto. È un gioco.” Spiegò semplicemente Deus.
    “Sai, in passato c’era un’altra persona… un altro umano che ha fatto un gioco simile.” Disse Saiko. “Ha ucciso migliaia di persone seguendo la sua giustizia, dicendo di voler diventare il dio del suo mondo. Ed è morto.”
    “E allora? L’importante è riuscire nel proprio obiettivo. Diventando dio, avremo il controllo sullo spazio e sul tempo. Niente potrebbe fermarci.” Affermò Minene.
    “Voi siete disposti a giocare a questa follia?” esclamò Marco. “Ma vi rendete conto del valore di una vita?! Non potete uccidere per motivi così egoistici!”
    “E i normali serial killer? Loro hanno un motivo non egoistico?” domandò la persona che stava all’undicesimo posto.
    “Gli umani sanno solo usarsi a vicenda. Se voi due provenite da un altro mondo, dovreste saperlo bene.” S’intromise il sesto possessore, che al contrario degli altri sembrava stare in ginocchio.
    I due custodi aumentarono la stretta attorno al Keyblade.
    “Questo non significa nulla!” urlò l’Animorph. “Tutti sbagliamo, ma nessuno può considerarsi superiore agli altri!”
    “E voi allora? Vi siete presentati come custodi, non come umani.” Fece Nona.
    “Forse non sono proprio umano al cento per cento… Però lo sono stato in passato! Ho perso la mia umanità per aiutare il mio mondo!”
    “La maggior parte dei custodi è umana, una buona parte è quasi umana e una minoranza non lo è. La persona che ci ha aiutato… La persona grazie alla quale siamo stati riconosciuti come custodi… lui è umano, eppure probabilmente riuscirebbe a sconfiggere questo vostro dio!”
    Tutti guardarono Saiko, per poi spostare lo sguardo su Deus, che sorrise.
    “Interessante… Quindi è ancora in giro, eh?”
    I due custodi sgranarono gli occhi, tornando a fissare la divinità.
    “Sì, ho incontrato uno dei vecchi Dark. Non ho ancora avuto il piacere d’incontrare quello attuale, ma confermo che il suo potere probabilmente va oltre il mio.”
    “Ehi, che storia è questa? Non dovresti essere tu l’essere più potente di tutti?!” sbottò Minene.
    “Di questo mondo. Ce ne sono molti altri che mi superano in potenza. I custodi del Keyblade sono i rappresentanti di due di questi. Anzi, i due più forti in assoluto.”
    “Luce e Oscurità… Ne abbiamo sentito parlare. Anzi, probabilmente sia io sia Marco abbiamo ricevuto i Keyblade dalla Luce stessa.”
    “Allora che cosa volete fare? Interrompere il gioco?”
    “Questo non possiamo farlo… abbiamo già interferito in questo mondo più di quanto avremmo dovuto. Il nostro obiettivo purtroppo non è salvare il mondo dai suoi problemi interni, ma da quelli esterni. Tuttavia, se questo gioco dovesse attirare l’oscurità su questo mondo…”
    Mentre diceva ciò, Marco puntò il Keyblade in alto, creando un fascio di luce che attraversò l’aria, finendo nel vuoto del cielo che li sovrastava.
    “Non esiteremo a porvi fine con la forza.” Sentenziò.
    In quel momento sopra tutti e undici i partecipanti apparve la scritta ‘DEAD END’, che restò sospesa nel vuoto.
    “Ehi, e questo che cosa significa?! Perché c’è una linea di morte per tutti noi?!” esclamò Minene, osservando spaventata la scritta.
    “Pare che la sfida del custode sia stata rilevata come una minaccia.” Rispose Deus, alzandosi in piedi, mostrandosi in tutta la sua altezza.
    “Che cos’ho fatto?” chiese l’Animorph, confuso.
    “Hai appena emesso una sentenza contro di loro. Ora per ognuno di loro è cominciato un conto alla rovescia che li condurrà all’annientamento.”
    Il keyblader sgranò gli occhi. “Tu… Sospendi subito questo folle gioco!” urlò, volando contro di lui, creando una sfera di fuoco.
    Tuttavia la divinità lo respinse alzando semplicemente la mano, rimandandolo al centro del cerchio.
    “La nuova missione dei possessori dei Diari è quella di eliminarvi per poter sopravvivere.”
    “Tutto qui?” fece la voce del bambino. “Sarà uno scherzo da ragazzi.”
    “Non me lo farò ripetere due volte.” Aggiunse Nona, scomparendo, seguita in pochi secondi da tutti gli altri.
    Alla fine restarono solo Yukki, Yuno e Quarto, oltre ovviamente a Deus Ex Machina e alla bambina al suo fianco.
    “Così hai pensato di liberarti di noi mandandoci contro i tuoi giocattoli, eh?” fece Saiko, guardando la divinità.
    “Siete stati voi a fare in modo che accadesse questo. Tuttavia, dubito che qualcuno riuscirà ad avvicinarsi a voi. Voglio divertirmi, perciò non vi lascerò in svantaggio. Murmur?”
    “Subito!” rispose la bambina dai capelli bianchi, saltando giù e atterrando di fronte ai due custodi.
    “Siete di un altro mondo ma ora vi trovate qui, perciò dovrete sottostare alle sue regole.” Continuò Deus, mentre la bambina tirava fuori due cellulari, consegnandoli a Saiko e Marco, che li presero in mano, osservandoli.
    “Non male… Quindi ci costringi a partecipare, eh?”
    “Esatto. Ricordatevi che se i vostri Diari del Futuro dovessero andare distrutti, voi sparirete con essi. Come se non foste mai esistiti.”
    “Tutto qui?” replicò Marco, ancora arrabbiato. “Diventare un dio come te… preferirei sì sparire piuttosto di avere un simile destino!”
    Deus sorrise, per poi sparire assieme a tutto quanto, lasciando tornare i ragazzi nel cortile della scuola.
    “Pazzesco… Forse ci conviene andarcene da questo mondo e-” cominciò Saiko, poco prima di vedere Yuno correre verso di lui, con un coltellino svizzero in mano.
    “Muori!” urlò, poco prima di essere colpita in pieno stomaco da Marco.
    La ragazza restò a bocca aperta per qualche secondo, lasciando cadere l’arma, per poi scivolare a terra, venendo presa dal custode.
    “Cavoli… Non dovrei parlare, ma questa qui non sa proprio aspettare…” sospirò, poggiandola con delicatezza a terra.
    “E così ci sono due nuovi partecipanti, eh?” fece Quarto, sorridendoli. “Beh, io personalmente non ho nessuna intenzione di diventare un dio. Che ne dite di un’alleanza? Volevo proporla solo a Primo e Seconda, ma a questo punto credo convenga aggiungere anche voi due.”
    “Mi sembra incredibile che Deus vi conosca.” Disse Yukki.
    Saiko sospirò. “In teoria tutto l’universo ora dovrebbe conoscerci, ma a quanto pare, alcuni mondi non hanno ricevuto il messaggio di… credo possiamo definirla una nostra superiore, che metteva allerta tutti quanti.”
    “Che ne dite di spiegarci tutto quanto?” chiese Quarto. “Ah, a proposito, io sono Kurusu Keigo.”
    “Io Yukiteru Amano, mentre lei è Yuno Gasai.” Si aggiunse il ragazzo, indicando anche la ragazza a terra.
    “Il mio nome è Mashiro Moritaka, ma potete chiamarmi Saiko.”
    “Io sono solo Marco. Per abitudine non dico mai il cognome.”
    “Allora, che cos’è che sta succedendo all’universo? Non mi risulta che gli alieni siano soliti viaggiare così facilmente.”
    “In teoria veniamo anche noi dalla Terra. Vedete…”

    Dopo che Saiko e Marco ebbero spiegato tutta la situazione, i due rimasero in silenzio per qualche minuto.
    “Quindi… l’Universo sta realmente rischiando di sparire… Questo gioco potrebbe essere inutile…” fece Yukiteru, guardando Yuno ancora priva di sensi. “Siete fortunati che non abbia sentito tutto quanto. Non avrebbe reagito bene. Ha un’attenzione morbosa nei miei confronti, anche se ignoro il perché.”
    “L’avevo immaginato…” disse Saiko, per poi lanciargli il suo cellulare. “Ad ogni modo, questo ti appartiene.”
    “Ancora non capisco perché ci abbia dato questi affari… Da dove vengo io non erano ancora andati così avanti con la tecnologia, eravamo agli inizi dell’era di internet…” commentò Marco, prendendo il telefonino che Murmur gli aveva consegnato, leggendo lo schermo. “Anche se queste note sul futuro… non sembrano molto affidabili.”
    “Dici?”
    “Ci sono solo degli orari, seguiti da delle frase tipo ‘Ho eliminato un Heartless.’ o ‘Forse dovremmo chiamare Dark.’… Insomma, cose banali. Mi sembra strano che non ci siano note tipo ‘Forse è proprio il caso che vada da uno psicologo’… Ah, no, ecco qui.”
    “In pratica il vostro diario è come il mio. Vi dice quello che vi succederà intorno.” Spiegò Primo, mentre Yuno riapriva gli occhi.
    “Y-Yukki…” mormorò. “Stai bene?”
    “Sì, tranquilla. Non sono ferito.”
    “Come mai loro sono ancora qui?”
    “Prima mi sono espresso male. Non abbiamo alcuna intenzione di eliminarvi. Vogliamo solo salvare questo mondo.”
    “Quindi non farete alcun male a Yukki?”
    “No, puoi starne certa. Anche se non abbiamo gradito come abbia colpito a tradimento quella donna.”
    “Non avevo altra scelta. Avrebbe fatto saltare in aria il resto della scuola.”
    Prima che qualcuno potesse aggiungere altro, un rumore proveniente dai cellulari attirò la loro attenzione.
    Yukiteru fu il più veloce a prenderlo e a leggere il messaggio.
    “No… Impossibile…” fece, deglutendo.
    “E questo che cosa significa?!” esclamò Marco.
    Su tutti i cellulari era apparsa la stessa scritta:
    ‘Hakai ha appena colpito il terreno con una sfera d’oscurità, dando il via alla fine’
    “Gadian…” mormorò Saiko.
    “Qui c’è scritto Hakai… Significa Distruzione.” Commentò Yukiteru.
    “Un tempo era uno dei miei assistenti.” Spiegò il mangaka. “Ma all’improvviso, si è trasformato in un essere che aspira al caos. Il mio mondo in questo momento è diventato di pietra… Io sono l’unico superstite.”
    “Lo stesso vale per il mio mondo. Anch’io avevo un nemico che mi ha seguito nello spazio, ma alla fine, è stato eliminato. Hakai, invece, assieme a Xehanort, è uno dei nostri nemici più pericolosi. Se quella sfera colpisse questo mondo… Noi non potremmo fare nulla per salvarlo. In pochi secondi, sparirà tutto quanto.”
    “Allora ci basterà fermarlo prima. Sapreste descrivermelo?”
    “Cosa può fare un poliziotto come te?”
    “Dato che sono il capo della polizia, direi molto.”
    “Sarebbe inutile.” Fece Saiko. “Manderesti solo al macello i tuoi uomini. Contro di lui è impossibile avere la meglio. Potreste usare anche l’esercito, lui vi annienterebbe in pochi instanti. La bomba atomica stessa probabilmente sarebbe inutile con lui.”
    “Non può esistere un essere così potente!” esclamò Yukiteru.
    “Eppure è così! Stando così le cose… dobbiamo come minimo far evacuare la città.”
    “Capisco… Darò l’ordine, dicendo che abbiamo ricevuto la soffiata di una bomba. Se dovessi dire la verità, mi prenderebbero per pazzo.”
    “Sì, credo anch’io che sia la cosa migliore da fare…” rispose Marco, mettendo via il cellulare. “Anche perché non ci rimane molto tempo… non è vero, Hakai?” continuò, girandosi per incontrare lo sguardo del custode del Caos, seduto sul bordo del tetto della scuola.
    “Oh, così mi avete scoperto, eh?” fece lui, sorridendo e mettendosi in piedi, per poi alzarsi in volo.
    “S-Sta volando!” esclamò Primo.
    “Non ti eri accorto che anche noi stavamo volando prima? Per i custodi non è troppo difficile, dopo aver fatto un po’ di pratica.” Rispose Marco, evocando il Keyblade. “Ora scappate via il più velocemente possibile. Vedo che gli altri studenti non hanno perso tempo e sono spariti… questo posto probabilmente durerà solo pochi minuti.”
    “Marco, così mi fai sembrare un cattivo di terza categoria… Pensi davvero che vi attaccherò subito?”
    “Perché, hai in mente qualcos’altro? Ti abbiamo già affrontato altre volte, e sappiamo che non ti fai troppi scrupoli.”
    “Nemmeno voi ve ne siete fatti troppi l’ultima volta. Vi siete addirittura fusi per affrontarmi.”
    “Fusi? Come sarebbe e a dire fusi?” chiese Yuno, guardando i due custodi.
    “È una tecnica di un altro mondo. Se due persone sono simili fisicamente e hanno la stessa forza, possono diventare un unico essere con le caratteristiche di entrambi. È una soluzione temporanea, ma in quello stato si guadagna un potere incredibile.”
    “Ma questa volta non abbiamo nessuno a tenerlo occupato.”
    Kurusu alzò la pistola contro il custode del Caos. “Non ho ben capito che cos’avete intenzione di fare, ma se è tempo che vi serve posso procurarvelo io!”
    “Tu, umano?” domandò Hakai, per poi alzare una mano.
    Immediatamente dietro di lui si alzò dal nulla una colonna di fuoco, il cui diametro era di circa dieci metri, mentre la sua altezza raggiungeva il cielo, tanto da non riuscirne a vedere la fine.
    “Va bene, prova pure ad affrontarmi. Sono curioso di vedere… che cosa può fare una banale pistola contro di me.”
    “Yukki… scappiamo e lasciamoli qui!” disse Yuno, stringendo il braccio del ragazzo.
    “N-No… Non possiamo… inoltre, non c’è un posto dove saremmo al sicuro…”
    “Hakai!” urlò Saiko, volando contro di lui, con il Keyblade pronto a colpire. “Lascia subito andare Gadian!”
    “Ancora con questa storia? Gadian ormai non esiste più, fa parte di me. Io sono lui e lui è me. Semplice, no?” replicò lui, evocando la chiave leggendaria e respingendo l’attacco del mangaka, che restò anche lui sospeso in aria.
    “Ha la vostra stessa arma! Vuol dire che era un vostro compagno?” domandò Yukiteru a Marco, che scosse la testa.
    “Ci siamo dimenticati di dirvelo. Esistono quattro categorie di custodi: quelli della Luce, come me e Saiko e quelli dell’Oscurità. Le altre due categorie sono particolari, perché composte da un solo individuo ciascuno: dell’Equilibrio, ovvero Dark, e del Caos, ovvero Hakai.”
    “Un’intera categoria… solo per una persona?”
    “Già… Il che vi dovrebbe far capire la loro potenza. Equilibrio e Caos… entrambi il miscuglio della Luce e dell’Oscurità, ma uno opposto all’altro.”
    “Ottima spiegazione, Marco.” Fece Hakai, per poi far scomparire il Keyblade, andando ancora più in alto. “Ora, però, voglio vedere che cosa sapete fare… Difendete questa città da soli.”
    Non appena ebbe detto ciò, schioccò le dita.
    Immediatamente centinaia di varchi oscuri si aprirono nel cielo, lasciando uscire da ciascuno di essi una decina di Heartless volanti.
    “Che cosa?! Heartless? Da quando li può usare?!” esclamò l’Animorph incredulo, osservando gli esseri oscuri disperdersi nell’etere.
    “Ci rivedremo quando la città sarà distrutta… o quando tutti gli Heartless saranno stati eliminati.” Concluse Hakai, scomparendo nel nulla.
    “No… questa non ci voleva!” urlò Saiko, creando subito una decina di sfere di fuoco che scagliò contro alcuni Heartless, disintegrandoli
    “Qui la situazione è critica. Forse sarebbe il caso di chiamare davvero Dark…”

    “Che cosa facciamo?” domandò Murmur a Deus, guardando preoccupata uno schermo di fronte a loro, dentro il quale era possibile vedere gli Heartless che attaccavano la città. “Rischiamo di perdere tutti i canditati in un solo colpo!”
    “Non devi preoccuparti. Ci sono due custodi, e nessuno dei canditati è così sprovveduto. Inoltre… avverto che c’è qualcun altro non previsto.”
    “Qualcun altro? Di chi si tratta?”
    “Non ne sono sicuro… ma credo sia anche lui un viaggiatore, sebbene sembri provenire da molto più lontano.”

    Un ragazzo dagli occhi azzurri e dai lunghi capelli rossi legati in una coda bassa, con addosso un kimono, dalla giacca viola e i pantaloni bianchi, e una katana assicurata al fianco sinistro, si fece largo tra la folla di persone, che lo guardava con somma incredulità.
    “Ma tu guarda un po’ che razza di posto…” fece lui, alzando lo sguardo verso uno dei diversi palazzi. “Non ho mai visto una città come questa… e mi chiedo come abbia fatto a finire qui.”
    “Ehi tu!” urlò una voce, anticipando un poliziotto, che lo raggiunse in pochi secondi.
    “Eh?” domandò il rosso, voltandosi. “Dice a me?” aggiunse, indicandosi.
    “Sì, proprio tu! Lo sai che è vietato andare in giro con una spada?”
    “Sì.” Si limitò a rispondere lui. “E allora?”
    La risposta schietta lasciò sorpreso l’agente, che tuttavia scosse la testa per riprendersi.
    “Ragazzo, devo chiederti di seguirmi in centrale e di consegnarmi la spada.”
    “Spiacente, non posso.” Rispose lui, mentre i suoi occhi si facevano seri, abbandonando l’aria quieta che li aveva illuminati fino a quel momento.
    “Questa è resistenza a pub-”
    “Si abbassi!” ordinò il ragazzo, sguainando la spada e saltando oltre l’agente.
    Con grande sorpresa di quest’ultimo, come delle altre persone presenti in strada, la spada andò a scontrarsi contro un Heartless, tagliandolo a metà, facendolo così scomparire nel nulla.
    “Che cosa?!” esclamò sorpreso il rosso, atterrando dietro il poliziotto, tenendo la spada in mano.
    “C-Che cos’era quella cosa?” chiese l’uomo, spaventato.
    “Qualcosa che per qualche misterioso motivo sembrava avercela con noi.”
    “Cosa vuoi di-” Ma l’agente non completò mai la frase.
    Dietro di lui era apparso dal nulla uno Shadow, che l’aveva colpito alle spalle.
    Sotto gli occhi sgranati del ragazzo, egli cadde a terra, lasciando poi uscire dal proprio corpo una sfera di luce, che scomparve nel cielo.
    Un urlo appartenente a una donna riempì il silenzio creatosi, dando il via a un’ondata di panico parallela all’apparizione di decine di altri Shadow, che accerchiarono il samurai, mentre dal cielo un’orda di Invisibili scendeva in picchiata, con la loro lama stretta in mano.
    “Che cosa diavolo sta succedendo?” si chiese il ragazzo, stringendo con maggiore forza la propria spada, per poi partire all’attacco, colpendo in pochi secondi tutti gli Heartless che lo circondavano, i quali scomparvero subito.
    “Oh, questa sì che è una sorpresa.” Fece una voce, sentendo la quale le creature si fermarono subito.
    Il ragazzo si voltò, ritrovandosi a guardare Braig, che sorrideva divertito.
    “È raro riuscire a trovare un’arma in grado di sconfiggere gli Heartless. O forse sei tu a essere speciale?”
    “Chi sei?” chiese il rosso. “Sei tu a controllare questi mostri?”
    “Bingo! E per rispondere alla tua prima domanda, io sono Braig.” Rispose, evocando i suoi fucili e puntandoli contro il ragazzo.
    “Vedo che ti piace usare trucchi. Che cosa sono queste creature? Come mai scompaiono nel nulla non appena colpite? Senza contare che la loro resistenza… è molto bassa. Mi sembra quasi di non toccarli.”
    “Quelli sono Heartless. Esseri fatti d’oscurità in cerca di cuori forti. E sembra che tu corrisponda proprio al loro ideale.”
    “Cuori?”
    “Oh, non i cuori che credi tu. I cuori come quello uscito da quell’uomo. L’essenza stessa di una persona! Senza di quello, si è destinati a diventare come loro.”
    “Quindi devo fermare te per salvare tutte le persone qui presenti, vero?”
    Braig scoppiò a ridere. “Anche ammesso che tu riesca a sconfiggermi, non sono io a controllarli. Una volta mandati all’attacco, si fermano solo se distrutti. E ora, l’intera città ne è invasa.”
    Il ragazzo sgranò gli occhi. “Se le cose stanno così… allora è mio dovere fermarli. Non ho combattuto una guerra solo per vedere andare in fumo tutti i sacrifici compiuti.”
    “Non preoccuparti. Non si limiteranno a questa città. Questo mondo ormai è condannato! Gli Heartless aumenteranno sempre più di numero, finché non troveranno la serratura. E a quel punto… il mondo sparirà.”
    “Il mondo…? Vuoi dire che-”
    “Esatto! Nessuno resterà in vita. Tutti voi siete destinati a diventare Heartless!”
    “E tu? Ti sacrificherai per questa tua folle idea?”
    “Sono uno di quelli che comanda gli Heartless. E poi, posso andarmene da questo mondo quando voglio. Ce ne sono molti altri da colpire.”
    Il ragazzo chiuse gli occhi. “Capisco… allora immagino che questo non sia il mio mondo. Ora mi spiego perché è tutto così diverso. A quanto pare, qualcuno si è divertito a mandarmi qui.” Disse, alzando la spada contro Braig. “Ma se quello che dici è vero, allora ti fermerò. Non ti lascerò raggiungere altri mondi!”
    L’ex Nessuno ghignò. “Divertente… un ragazzo con una misera spada contro un essere in grado di controllare l’oscurità…” Detto ciò scomparve, riapparendo a testa in giù alle spalle dell’avversario. “Peccato che tu ti stia sopravvalutando, moccioso.” Continuò, per poi far fuoco.
    Il rosso portò la spada dietro la schiena, riuscendo a deviare il colpo laser, che colpì il muro di un edificio.
    “Non credere che sia così facile colpirmi. Non sono nuovo a giochi sporchi durante una battaglia. Inoltre, giusto per precisare, ho ventotto anni.”
    Braig tornò dritto, atterrando come se niente fosse. “Immortale?”
    “Non direi. Gli immortali non esistono.”
    “Capisco…” continuò Braig, sorridendo ancora. “Però c’è qualcosa che non mi torna… Perché una spada qualsiasi è riuscita a respingere il mio attacco? Senza contare che è in grado di eliminare gli Heartless…”
    “Un samurai, eh? Quindi c’è ancora qualcuno che si veste in quel modo…” intervenne una voce, attirando l’attenzione dei due su Minene, che mise in tasca il suo cellulare. “E l’altro mi ricorda la mia fin troppo recente ferita.” Continuò, alzando la testa e tenendo chiuso l’occhio sinistro, ancora sporco di sangue.
    “E tu chi saresti?” domandò l’ex Nessuno.
    “Una candidata a diventare il dio di questo mondo. Non credevo che Deus avesse ragione, come anche quei due ragazzini… Ma tu in questo momento rappresenti un ostacolo per questo mio obiettivo.” Dicendo ciò portò una mano in tasca, tirando fuori una granata, che innescò subito. “Perciò mi farai il gentile piacere di scomparire!” urlò, lanciandogliela contro.
    Il ragazzo saltò all’indietro, lasciando Xigbar da solo, proprio mentre la granata lo raggiungeva, illuminandosi. Pochi secondi dopo un’esplosione investì i due, facendo volare il rosso a terra per l’onda d’urto.
    “E con questo è sistemato!”
    Il samurai la guardò incredulo, e aprì bocca per dire qualcosa. Ma prima che riuscisse a proferire parola, la risata di Braig riempì ancora l’aria, mentre il fumo provocato dall’esplosione si dissipava, rivelandolo perfettamente incolume.
    “Non male!” esclamò divertito. “Se fossi stato un uomo qualunque a quest’ora sarei a pezzi! Ma purtroppo per te, non lo sono.”
    “Che diamine… Non può essere rimasto illeso!”
    “Però devo dire che mi sono stufato di giocare con voi. Ci sono due custodi con i quali preferirei non avere troppo a che fare. Inoltre, temo che Hakai si sia fatto prendere la mano.”
    “Hakai… è il nome di colui che distruggerà il mondo!” rifletté Minene, riprendendo in mano il cellulare e guardando lo schermo. “Allora non si può proprio cambiare il futuro?”
    Braig la guardò incuriosito. “Non vorrai farmi credere di poter vedere nel futuro, vero?” domandò, avvicinandosi, tenendole puntato contro una delle sue armi. “Se le cose stanno così, credo proprio di doverti eliminare subito. Non posso rischiare che tu te ne vada in un altro mondo.”
    “Fermo!” urlò il rosso, mettendosi in mezzo ai due. “Non posso permetterti di fare del male ad altre persone! Ho giurato che non avrei mai più visto morire qualcuno di fronte ai miei occhi. E allo stesso modo, di non uccidere più nessuno.”
    “È questo il motivo per cui la tua spada non è affilata?” domandò Braig, guardando la katana dalla lama girata al contrario, mentre puntava entrambi i fucili contro i due. “Voglio proprio vedere… quanti colpi può respingere la tua spada prima di cedere!”
    Detto questo cominciò a far fuoco, lanciando contro lo spadaccino una decina di proiettili laser.
    Tuttavia questi s’infransero contro una barriera.
    “Che cosa?” fece sorpreso il membro dell’organizzazione, poco prima di essere raggiunto da una sfera di fuoco, che lo fece volare a qualche metro di distanza.
    “Giusto in tempo… Fortuna che gli Heartless si sono concentrati maggiormente qui.” Fece Saiko, atterrando, mentre poco lontano Yukiteru, Yuno e Kurusu lo raggiungevano correndo. “Anche se non mi aspettavo di incontrare di nuovo lui.”
    “Il mangaka, eh? Solo soletto ad affrontarmi?” lo prese in giro Braig
    ‘Direi di no!’ urlò telepaticamente Marco, anticipando un elefante che colpì in pieno l’ex Nessuno, facendolo schiantare contro una casa.
    Poi, sotto gli occhi sorpresi di tutti tranne Saiko, tornò ad avere l’aspetto dell’Animorph, che sorrise soddisfatto del proprio operato. “Allora, che cosa fai? Te ne torni da dove sei venuto o ti ci rispediamo noi?”
    L’ex Nessuno ghignò divertito, ignorando il rivolo di sangue che gli cadeva dalla bocca. “Se credete di averla vinta così facilmente, vi sbagliate. Cosa possono fare due custodi… contro questo esercito di Heartless?” chiese, poco prima di sparire in un varco oscuro.
    “Tutti codardi. Ecco che cosa sono.”
    “Il moccioso… si è trasformato in un elefante!” esclamò Nona, incredula.
    “Lo avevo detto io che potevo tranquillamente stenderti senza troppe difficoltà.” Replicò lui, per poi evocare il Keyblade. “Allora… abbiamo degli Heartless da eliminare, no?”
    Non appena ebbe detto ciò, le creature oscure li circondarono.
    “Pare proprio di sì.”
    “Anche voi conoscete queste creature?” chiese lo spadaccino, alzando di nuovo la katana.
    “È inutile cercare di affrontarli. Le spade normali non funzionano contro di loro.” Lo mise in guardia Saiko, poco prima di sgranare gli occhi quando lo vide tagliare in due uno Shadow.
    “Dicevi?”
    “Quasi tutte le spade normali a quanto pare.” Ridacchiò Marco, per poi alzare la mano libera, creando una raffica di sfere di fuoco che colpirono alcuni Invisibili sopra di loro, che scomparvero.
    “Tutti voi, presto, venite qui dietro!” ordinò Saiko ai quattro possessori dei Diari, i quali obbedirono.
    “Diteci che avete un’idea su come salvarci!” esclamò Yukiteru, guardando spaventato l’orda di creature oscure.
    “Sinceramente, non so. Ho sentito che Sora in passato ha sconfitto da solo mille Heartless, perciò non dovrebbe essere impossibile… Però ne avremo la conferma solo una volta che ci saremo riusciti!”
    “Non gli lascerò toccare Yukki, a nessun costo.” Fece Seconda, tirando fuori un altro coltello.
    “Ma quante armi hai con te?!” chiese incredulo Primo, zittendosi quando vide gli Invisibili sopra di loro cominciare a scendere a tutta velocità, alzando la loro spada.
    “Kuzu Ryu Sen!” urlò il samurai, saltando in alto e colpendo un Invisibile con la spada, usando una velocità che la rese quasi invisibile per tutti.
    L’Heartless rimase fermo per qualche instante, per poi scoppiare e svanire nel nulla. “Queste creature non sono umane, e neanche animali.” Disse il ragazzo, riponendo la katana nel fodero, mentre i suoi capelli si spostavano dal viso, mostrando una cicatrice a forma di X sulla guancia sinistra. “Perciò non devo farmi problemi nel colpirli, vero?”
    “E-Esatto…” rispose Marco, ancora sorpreso dalla performance del rosso. “Senti… so che non è il momento più adatto… ma tu chi sei?”
    “Ho avuto diversi nomi… ma adesso sono semplicemente Kenshin Himura, ex samurai vagabondo.” Rispose lui, portando di nuovo la mano sull’elsa della spada, per poi estrarla e generando uno spostamento d’aria tale da far scomparire decine di Shadow, oltre che provocare diverse crepe nell’asfalto.
    “S-Samurai?”
    “A quanto pare, qualcuno mi ha portato qui dal mio mondo.” Spiegò Kenshin. “Forse proprio per affrontare queste creature.”
    Saiko lanciò il Keyblade sopra di lui, colpendo in pieno un Wyvern, che cacciò un grido prima di scomparire.
    “Si chiamano Heartless.” Rispose il mangaka, mentre l’Animorph tagliava in due un Soldato. “Sono creature oscure che in passato erano umani, ma come vedi, ora non hanno più niente del loro essere originale. Pensano solo a prendere i cuori delle proprie vittime.”
    “E non si possono affrontare normalmente?!” domandò Nona, mentre lei e gli altri restavano a guardare i tre combattere.
    “Le armi normali sono inutili. Solo i custodi e pochi altri eletti possono ferirli ed eliminarli.”
    Yuno restò in silenzio a guardarli, mentre un sorriso appariva sul suo viso.
    “Sono deboli, ma il loro numero è davvero alto…” commentò il rosso, colpendo un altro Heartless, che scomparve. “Sembrano non finire più…”

    Sopra un palazzo, una persona ammantata di bianco con il viso celato dal cappuccio, stava osservando la scena.
    “Forse è il caso che intervenga…” mormorò, spostando il mantello e prendendo una spada priva di fodero anch’essa bianca che teneva appesa alla cintura. “Dopotutto, non posso lasciare due custodi a se stessi… soprattutto se sono due dei leggendari custodi.”
    Detto questo, fece un passo oltre il bordo del tetto, per poi lanciarsi giù, girando su se stesso e ritrovandosi così a guardare il marciapiede avvicinarsi sempre di più.
    A pochi metri dal suolo sorrise, per poi girarsi di nuovo e atterrare in piedi, provocando un’onda d’urto che spaccò il cemento sotto di lui, creando una voragine, le cui crepe si estesero per diversi metri attorno.
    I custodi e i possessori dei Diari si girarono nella sua direzione, restando a guardarlo stupefatti, come anche gli Heartless.
    “Ahi, ahi… dovrei smetterla con simili azioni spettacolari. Dimentico sempre che quando sono da solo il mio potere è dimezzato…” si lamentò il tale che rivelò una voce maschile, alzandosi apparentemente illeso e spolverandosi il mantello, per poi recuperare la spada, che si era conficcata accanto a lui.
    “E ora chi è questo tipo?” chiese Kurusu.
    “Potete chiamarmi Eiyu.” Rispose lui, avvicinandosi al gruppo dei presenti, tenendo il braccio con la spada lungo il fianco, fermandosi di fronte ai keybladers.
    Poi, con sorpresa di tutti, si mise in ginocchio di fronte ai due custodi, che lo guardarono increduli.
    “C-Che cosa stai facendo?!” chiese Marco, mentre Eiyu si rialzava.
    “È un onore per me conoscervi di persona, Marco e Saiko. Le vostre gesta come custodi si sono diffuse per tutto l’universo.” Disse, per poi girarsi verso gli Heartless, che sembravano essere nuovamente in procinto ad attaccare. “Permettetemi di aiutarvi.”
    “Ehm… Okay, credo che una mano in più non possa farci male, ma-”
    Prima che il mangaka potesse concludere la frase, il nuovo arrivato era scomparso dalla loro vista, riapparendo alle spalle di un Heartless e trafiggendolo subito con la spada.
    Senza aspettare un secondo, la estrasse per lanciarsi a tutta velocità contro un mucchio di Shadow, tagliandoli tutti quanti a metà senza essere visto da nessuno.
    “E questi sarebbero i temibili Heartless? Ed io che speravo in qualcosa di meglio!” esclamò, poco prima che un varco oscuro si aprisse dietro di lui, lasciando uscire un Blu Ciccio.
    Eiyu sorrise. “Così va meglio!” gridò, lanciando la spada in alto per colpire un Invisibile.
    Nello stesso momento si scagliò contro l’Heartless appena apparso, colpendolo con un pugno e facendolo volare contro un palazzo, facendolo così tornare nell’oscurità, per poi alzare il braccio e recuperare con nonchalance la propria arma.
    Gli astanti rimasero a fissarlo con gli occhi sgranati.
    “Ha… Ha appena preso a pugni un Heartless?!” esclamò Marco. “E non si è nemmeno fatto male!”
    “Ma chi diavolo è quel tipo?”
    Solo Yuno guardava con serietà il nuovo arrivato, stringendo con maggiore forza il coltello nella sua mano.
    Eiyu si girò di colpo, trafiggendo alla testa un Neo Shadow, apparso all’improvviso, che si contorse per qualche secondo prima di sparire.
    “E ora, il colpo finale!” urlò, alzando verso l’alto la spada.
    Immediatamente questa cominciò a irradiare luce, per poi restare sospesa in aria, mentre il proprietario univa i palmi delle mani. Il suo mantello cominciò a muoversi da solo, come sospinto da un vento generatosi dal nulla, che sembrava colpire solo lui. Il cappuccio si levò, lasciando libera la corta capigliatura bianca del ragazzo, che stava tenendo le palpebre serrate e stava mormorando parole che nessuno era in grado di udire. Poi spalancò gli occhi, rivelando due iridi nere come la pece. Istantaneamente dalla spada partirono centinaia di raggi di luce, ognuno dei quali colpì un Heartless, facendolo dissolvere all’instante.
    In pochi secondi, dell’intero esercito non era rimasto niente, se non i rimasugli della polvere nera che una volta rappresentava le creature oscure, che fu spazzata via da una lieve brezza.
    Eiyu recuperò la spada, che cadde verso di lui, per poi rimetterla al suo posto sotto il mantello.
    “E con questo, è finita.” Disse, poco prima di cadere in ginocchio, cercando di riprendere fiato.
    “Wow…” fece semplicemente Nona, guardando incredula il ragazzo.
    “Ma è il figlio di Dark? No, insomma, non è possibile che una persona sia così forte!” esclamò Marco.
    “Oh, no, no… Non ho nulla a che fare con Dark. Anche se ho avuto un’istruzione molto simile alla sua.” Rispose Eiyu, rialzandosi e asciugandosi con il mantello un po’ di sudore che gli scendeva dalla fronte. “Ma purtroppo non sono lontanamente resistente come lui. E per un attacco simile, ho consumato quasi tutte le mie energie. Sono abituato a ben altri nemici, gli Heartless per me sono nuovi.”
    “Ecco… scusa la domanda, ma da come parli, sembri non aver mai avuto a che fare né con i custodi né con gli Heartless, eppure sai un sacco di cose sul nostro conto. Com’è possibile?”
    L’albino si portò una mano dietro la testa, ridacchiando. “Ecco… non sono molto bravo nelle spiegazioni, di solito non parlo io, ma dato che mi hanno preso da solo, direi che mi tocca provare. Io vengo-”
    “Da un altro tempo, non è vero?” domandò Seconda, avvicinandosi a lui con il coltello in mano.
    Lo sguardo di Eiyu si fece di colpo serio. “E tu come hai fatto a capirlo?”
    Yuno sorrise, per poi scoppiare a ridere. “Patetico. Sono arrivati a prelevare persone anche da altre epoche pur di fermarmi! Prima il samurai, e ora questo tipo… Esilarante!” urlò, facendo allontanare tutti da lei.
    “Yuno, che cosa stai-”
    Ma Yukiteru s’interruppe quando la ragazza lanciò il proprio coltello, che si conficcò nel braccio del ragazzo, impregnando il mantello di sangue.
    “Chi sei tu?” domandò questo, liberandosi dell’arma e gettandola a terra.
    “Chi sono io?” ripeté Seconda, mostrando un folle sorriso. “Io sono l’incarnazione del Caos. E il cuore di questa ragazza è uno dei pochi in grado di potermi ospitare.”
    A quell’affermazione, Saiko e Marco rievocarono subito il Keyblade.
    “Hakai!” esclamarono, assieme a Eiyu.
    “Risposta corretta, custodi.” Continuò la ragazza, portando la mano di fronte a sé, evocando il Keyblade del custode del Caos. “E ora, porterò a termine la nota del futuro!”
    “Yuno!” urlò Primo, guardando impaurito la compagna, mentre anche Quarto e Nona si allontanavano ulteriormente.
    “Che diamine… Non credevo sarebbe stato necessario anche un esorcista oggi!” fece Minene.
    Hakai scoppiò ancora a ridere, mantenendo sempre la voce di Yuno.
    “Ora, custodi… mi affronterete ferendo questa ragazza o resterete lì fermi a guardarmi distruggere questo mondo?”
    “Hakai… maledetto…” mormorò Marco, poco prima che Eiyu poggiasse una mano sulla sua spalla.
    “Lo terrò occupato io. Purtroppo non posso sconfiggerlo, ma voi due sì.” Asserì, prendendo di nuovo in mano la spada.
    “Come?”
    “Non vi serve qualche minuto per quella tecnica? Dovete richiamare il guerriero che già in passato è riuscito a tenergli testa.”
    “Stai parlando di Marko? Ma non-”
    “Nessuno di noi può affrontarlo individualmente!” replicò l’albino, alzando la spada di fronte a sé. “E anche se lo attaccassimo tutti insieme, probabilmente non riusciremmo nemmeno a ferirlo. Sbrigatevi!”
    Detto questo, spiccò un salto verso l’avversario, che si limitò ad alzare il Keyblade, parando l’affondo e creando un’onda d’aria che investì tutti.
    “Fantastico… questa ragazza è più forte di quanto sembra! La sua follia la rende perfetta per me!” esclamò entusiasta il rappresentante del Caos, ghignando, per poi respingere Eiyu, che atterrò in piedi a un paio di metri di distanza.
    Marco e Saiko lo guardarono, per poi scambiarsi un cenno d’intesa.
    “Che cosa volete fare?” domandò Kenshin, vedendoli allontanarsi uno dall’altro.
    “Una tecnica che speravamo di non dover più usare. Se tu vieni dal passato, questa cosa potrebbe sconvolgerti non poco, ma probabilmente avrà lo stesso effetto anche sugli altri.”
    “Volete… eliminare Yuno?” chiese Yukiteru, guardandoli.
    Saiko sospirò. “Cercheremo di costringere Hakai a lasciarla andare. Non so come abbia fatto a controllarla, però non dovrebbe essere impossibile. Tuttavia, se non ci dovessimo riuscire… non avremo altra scelta.”
    “Ora basta chiacchere!” fece l’Animorph, stendendo le braccia verso sinistra. “È sempre imbarazzante questa parte…”
    “Da noi molti la imitavano, anche se ovviamente non funzionava.” Replicò il mangaka, stendendole verso destra, sotto lo sguardo attento dei presenti.
    “Fu…” dissero, cominciando ad avvicinarsi camminando a lato, spostando le braccia verso l’altro. “sio…” continuarono, portando nuovamente le braccia dalla parte opposta, per poi piegarsi uno contro l’altro, unendo gli indici delle mani. “ne!” urlarono, venendo avvolti da un’aura di luce, che costrinse tutti a chiudere gli occhi.
    Quando riuscirono a riaprirli, a posto dei due custodi c’era Marko, con in mano i Keyblade di entrambi.
    “Che cosa… dove sono finiti quei due?” domandò Kurusu.
    “Sono qui. Marco e Saiko sono diventati un'unica cosa, ovvero me.” Rispose il custode, usando la voce di entrambi i ragazzi, per poi voltare lo sguardo verso il combattimento.
    Eiyu sorrise, per poi saltare all’indietro. “Direi che per me è il momento di riposare. Ti lascio al tuo vero avversario!” esclamò, mentre Marko lo superava in volo, colpendo in pieno Hakai con entrambi i Keyblade, scagliandolo contro un palazzo, il quale si riempì di crepe per la forza d’urto.
    “È da tanto che non ci vediamo, Hakai.” Disse, restando fermo al suo posto, mentre l’avversario si rialzava, sputando sangue.
    “Ma tu guarda… siete di nuovo ricorsi a quella stupida tecnica, eh?” fece, sorridendo.
    “S-Stupida?” ripeté Kenshin, ancora incredulo per ciò che aveva appena visto. “Io direi impossibile!”
    Marko si lasciò sfuggire un ghigno, per poi puntare le chiavi leggendarie contro Hakai.
    “Ti darò una possibilità. Lascia andare Yuno, o non esiteremo ad attaccarti lo stesso. Siamo disposti a lasciarti andare via se non toccherai questo mondo e i suoi abitanti.”
    “Lasciarla andare?” ribatté Hakai, per poi scoppiare a ridere. “Stai scherzando! L’ho già detto prima: questa ragazza è completamente folle. La sua follia supera la vostra immaginazione. Il Caos regna sovrano dentro di lei, e questo mi rende ancora più forte!”
    Il custode annuì. “Come vuoi… Mi dispiace, Yukiteru. Non potrò mantenere la promessa che ti hanno fatto.”
    “Aspetta, non-” cominciò lui, per poi vedere Marko incrociare i Keyblade, partendo subito all’attacco.
    Tuttavia, con sua sorpresa, Hakai riuscì a parare il doppio fendente e a respingerlo.
    “Credevi che non mi fossi preparato a un nuovo incontro con te?” chiese lui, sorridendo, per poi creare con la mano libera una sfera rossa, con cui colpì in pieno la fusione, che si ritrovò a volare verso gli altri, rovinando a terra e lasciando un solco nell’asfalto.
    “Che cosa? Non dovrebbe essere così forte!” esclamò Eiyu, andando subito a soccorrere Marko, che si rialzò usando i Keyblade come appoggio.
    “È molto più forte di prima. Mi sembra impossibile…”
    “Ho solo risvegliato i miei veri poteri. Vedete, l’universo sta cambiando radicalmente. La terza forza si è risvegliata, ed io con lei.” Spiegò Hakai, avvicinandosi.
    “La terza forza? Che cosa vuoi dire?!”
    “Non l’hai ancora capito? Mi riferisco a-”
    “In fin dei conti, contro di te credo sarà necessario combattere tutti quanti.” Lo interruppe Eiyu, alzando la spada contro l’avversario, imitato da Kenshin.
    “Oh, e credete di riuscirci? Fatevi sotto allora.”
    “No… Voi non siete custodi. È troppo pericoloso affrontarlo! Ho visto persone che si definivano divinità non riuscire a tenergli testa.” Fece Marko.
    “Non è un buon motivo per arrendersi. La mia spada non può uccidere, perciò sono l’unico a poterlo colpire senza fare del male alla ragazza!” esclamò il samurai.
    “Io non posso dire lo stesso. Solitamente, i miei avversari non riescono a raccontare di avermi affrontato. Dopotutto, non godo proprio di una buona fama nel mio mondo.” Aggiunse Eiyu, preparandosi a combattere. “Sono fra le dieci persone più ricercate del globo.”
    “Credo di poterti capire. Io dopotutto ho ancora addosso la fama di assassino.”
    Marko guardò entrambi, per poi sospirare. “Allora temo proprio di non potervi dire nulla.” commentò. “Se non… all’attacco!”
    Non appena urlò l’ultima parola, tutti e tre scattarono contro Hakai, pronti a colpirlo con le loro armi. Tuttavia, questi alzò la mano libera, facendo partire da essa una serie di liane nere, che colpirono i tre, per poi attorcigliarcisi intorno, tenendoli sospesi in alto, stretti e incapaci di muoversi.
    “Poveri stolti. Dimenticate che io…” e mentre diceva ciò abbassò di colpo le liane, facendo schiantare a terra i tre. “Sono il Caos!”
    I tre urlarono di dolore, aumentando il volume delle urla quando attraverso le liane gli arrivò una scossa elettrica.
    “Adesso basta, Yuno!” urlò Primo, attirando l’attenzione del custode del Caos su di sé.
    “S-Scappa…” ansimò Marko. “Andatevene via!”
    “Non posso… non posso lasciarla così… Yuno, torna in te!”
    “Patetico tentativo, ragazzo.” Disse Hakai, facendo scomparire il Keyblade e alzando la mano.
    Immediatamente Yukiteru sentì una forza misteriosa attirarlo verso di lui, per poi bloccarlo a un metro di distanza, incapace di muoversi.
    “Ora… questa ragazza aveva un attaccamento morboso nei tuoi confronti, vero?” continuò il keyblader, creando una sfera di fuoco nella mano. “Vediamo come reagisce il suo cuore… se sarà proprio lei a eliminarti!”
    Il ragazzo chiuse gli occhi, pronto a ricevere il colpo.
    Ma con sua sorpresa, la sfera rimase al suo posto.
    “C-Cosa?” fece incredulo Hakai, guardandosi il palmo. “Perché non riesco a lanciare la magia?”
    “Non farai del male a Yukki!” esclamò una voce proveniente da dentro di lui, mentre la sua mano cambiava direzione, puntando la sfera contro se stesso.
    Prima che qualcuno potesse dire qualcosa, il globo scoppiò, causando la sparizione delle liane e facendo volare indietro Hakai, che rimase a terra.
    Poi il vero corpo del custode del Caos apparve come dal nulla dietro Yuno, ansimando per il colpo ricevuto.
    “M-Maledizione… non pensavo che la sua volontà fosse così forte…” esordì, per poi aprire un varco oscuro alle sue spalle, che cominciò ad avvolgerlo. “Tuttavia…” continuò, sorridendo e osservando i ragazzi di fronte a lui rialzarsi. “Il momento finale arriverà presto… e voi non potrete far nulla per evitarlo… Ho visto la verità dentro di lei… e non posso fare altro che gioire.”
    Dicendo ciò, scomparve nell’oscurità, senza lasciare alcuna traccia di sé.
    Marko lo guardò andare via, per poi voltarsi verso Yuno, ancora priva di sensi a terra.
    “Non credevo sarebbe riuscita a ribellarsi e a liberarsi da sola. La sua forza di volontà dev’essere a dir poco incredibile.” disse, per poi illuminarsi e dividersi in Saiko e Marco.
    “Già finita?” domandò quest’ultimo, guardandosi per verificare che fosse tutto a posto.
    “Yuno!” urlò Primo, correndo dalla ragazza per vedere le sue condizioni.
    Subito dopo un rumore proveniente dai cellulari attirò la loro attenzione, costringendo i due custodi a prenderlo e guardare di nuovo lo schermo, che ora riportava solo ‘Mission Exceeded’.
    “La nota di morte è scomparsa. Significa che quel tipo non rischia più di distruggere il mondo.” spiegò Nona, per poi allontanarsi. “Non seguitemi. Non credo che tutti voi siate immuni ai miei esplosivi.”
    “Tanto presto ti prenderò. Non puoi sfuggire al mio diario.” Replicò Quarto, per poi girarsi verso Yukiteru. “Primo, ti contatterò nei prossimi giorni per farti sapere le tue misure di sicurezza. Ora ho una città da tranquillizzare. Per fortuna, ho una terrorista da accusare.”
    Tutti lo guardarono allontanarsi in silenzio.
    “Quello è un poliziotto, vero?” chiese Kenshin, per poi girarsi verso i due custodi. “Mentre voi siete…? Non ho mai visto prima quel tipo di spada.”
    “Questo si chiama Keyblade. Non è una spada comune: infatti non è possibile forgiarla, ma viene consegnata solo a persone ben definite. Solitamente una persona per ogni mondo.”
    “Capisco. Allora… voi sapreste rimandarmi nel mio mondo?”
    “Spiacente, ma loro non hanno questo potere.” Rispose la voce di una bambina, anticipando Murmur, che si avvicinò al gruppo tranquilla, con il sorriso stampato sul volto.
    “Una bambina?” fece Eiyu, guardandola curioso. “O forse no?”
    “Chissà.”
    “Murmur, che cosa ci fai qui?” chiese Yukiteru.
    “Mi manda Deus. Mi ha incaricato di riportare al proprio tempo questi due. Oltre a recuperare i diari consegnati ai custodi. Avete vinto il vostro gioco, complimenti! E avete anche salvato il nostro mondo da fine certa.”
    “Beh, ormai ci stiamo facendo l’abitudine.” Replicò Saiko, consegnandole il cellulare assieme a Marco.
    “E questo è ancora niente.” Disse Eiyu, sorridendo. “Vi aspettano ben altre avventure.” Tuttavia, dopo aver detto questo, tornò serio. “Le difficoltà non mancheranno. Non posso dirvi di più, e non dovete dare per scontato che la mia presenza significhi che vincerete la guerra. Semplicemente vengo dal futuro, ma non potete sapere se sarà un futuro positivo o no.”
    “In pratica non ci vuoi aiutare ulteriormente, vero?”
    “Voi avreste vinto comunque questa battaglia. Io ho solo accelerato i tempi.” Continuò. “Ma ricordatevi questo: non arrendetevi mai.”
    “Tranquillo!” esclamò l’Animorph. “Ho affrontato assieme a quattro amici un esercito di alieni che ha colonizzato centinaia di mondi. Lo psichiatra può aspettare la fine della guerra.”
    “Allora come farai a farci tornare da dove veniamo?” domandò il samurai a Murmur, che sorrise.
    “Così!” rispose, alzando l’indice della mano destra, facendo scomparire all’instante i due.
    “Ecco fatto. Allora custodi, alla prossima volta, se ci sarà!” continuò, per poi svanire anche lei.
    “Non è una che perde tempo, eh?” commentò il mangaka, per poi voltarsi verso Yukiteru e Yuno. “Come sta?”
    “Sembra che quella strana sfera non le abbia provocato gravi danni. Sono sicuro che si risveglierà tra poco.” Rispose Primo.
    “Vediamo se così possiamo aiutarla.” Disse Marco, alzando una mano e avvolgendo la ragazza con un’aura verde, facendo sparire la bruciatura provocata dalla magia.
    “Questo è il massimo che possiamo fare. Ora direi che è il caso di andare. La serratura non l’abbiamo trovata, ma credo che non ci sarà più alcun rischio. Hakai non tornerà più qui.”
    “Ma cosa succederà se qualcuno ci attaccherà di nuovo?”
    “Quello non possiamo impedirlo in alcun modo. Tutto dipenderà dall’esito della guerra: se vinceremo, i mondi distrutti verranno ripristinati con tutti i loro abitanti. In caso contrario… tutto sparirà.” Rispose Saiko, per poi aprire un varco avanti a sé. “Voi cercate di resistere fino a quel momento.”
    Yukiteru annuì, per poi vederli scomparire dentro il passaggio, che si richiuse dietro di loro.

    “Eccomi di ritorno!” esclamò Murmur, avvicinandosi al trono di Deus.
    “Hai fatto presto.”
    “Come avevate chiesto. In fondo, una volta scoperto chi li aveva richiamati qui…”
    Lo sguardo di Murmur si spostò verso una persona nascosta nell’ombra del trono di Deus, la quale sorrise.
    “Ti ringrazio per la tua disponibilità.”
    “Ma perché richiamarli da epoche così lontane?” domandò Deus, curioso.
    “Dovevano incontrare i custodi. Per il momento non posso dire di più. Passato, presente e futuro. Ovvero il tempo. È questo ciò che devo esaminare.”
    “Ma perché?”
    La figura si voltò, allontanandosi.
    “È l’ultima promessa che ho fatto a loro. Una volta portato a termine questo mio ultimo compito, potrò fare ciò che voglio.” Concluse, scomparendo nel nulla.

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    Darky-kun buongiorno ù.ù Come vedi, prima o poi arrivo pure io ù.ù
    Che dire di questo capitolo? Molto bello assai, non c'è che dire soprattutto per l'ambientazione *^* Mirai Nikki è un gran bell'anime nonostante i nei che si porta dietro, ma non mi perdo in simili argomentazioni, se no la recensione oltre ad andare OT non finirebbe più.
    Ma passiamo a parlare della prima guest star di questo capitolo... lui *ç* il mio Kenshin *ç* *spara cuoricini da tutte le parti* È così figo *ç*
    *cervello momentaneamente in black out* Oh, s'è spenta la luce... Ok, riprendiamo la recensione. *cervello mode in*
    Così va meglio ù.ù Dicevo... Kenshin *^* Vederlo nel tuo capitolo è stata una sorpresa più che gradita zizi *^* E anche Braig ha potuto notare come porti bene i suoi ventotto anni *ç*
    Andando avanti troviamo il misterioso Eiyu e non nascondo che sono rimasta molto incuriosita dalla sua presenza. Però giovine, non dovresti lodare troppo Saiko e Marco, che poi si montano la testa ù.ù E abbiamo rivisto il figherrimo Marko! *^* Bella battaglia e bel capitolo dalla conclusione misteriosa!
    'Sto tizio che esamina il tempo prima o poi lo farai saltar fuori vero? <.< E se è già uscito, perdonami ma non me lo ricordo D: Nella tua fic succedono davvero troppe cose, dovrò farmi uno schema e un elenco con i personaggi <.<
    Detto questo, bravissimo Darky e tanti complimenti :3
     
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    E dopo Eoni, il miracolo è avvenuto! Finalmente eccomi qui con il nuovo capitolo!
    Chiedo scusa per il ritardo, ma credetemi, questo capitolo non è stato affatto facile da scrivere, anche perché rappresenta la fine della penultima saga.
    Ebbene sì, ho deciso di apportare un piccolo cambiamento: i flashback finiscono oggi, quindi dal prossimo si passa alla saga finale: La Seconda Guerra del Keyblade!
    Ma non temete: dato che ho già cominciato qualche altro flashback, ho deciso di postarli in una raccolta a parte. Quando non ne ho la più pallida idea XD.
    Ma direi di non perdere ulteriore tempo!
    Ringrazio Liberty89 per avermi fatto da beta reader, e per quanto riguarda ciò che accadrà in questo capitolo, basterà una parola, che chi conosce un certo fandom capirà subito XD: Spoiler.

    Ah, stavo per dimenticarmente: ho un piccolo sondaggio da porvi!
    Preferite che continui a rispondere alle recensioni così o che vi risponda subito? Per me non cambia niente, ma credo che sia giusto lasciare a voi recensori questa scelta.
    Detto ciò... passiamo appunto alle risposte alle recensioni!

    @ Liberty89: Lib-Sensei! Tranquilla, lo so che ci sei sempre per recensire ù.ù
    Vedo che ti ho colpito sia con il mondo sia con le special quest XD.
    Mirai Nikki, fin dal momento in cui mi hai fatto vedere il primo episodio, si è inserito automaticamente nella fiction XD, e mi tornerà ancora utile...
    Stesso vale per Kenshin XD
    Eh, povero Eiyu... lui sa solo quel che hanno fatto da custodi, non sa che si potrebbero montare la testa XD (anche se è più probabile che lo faccia solo Marco XD).
    E tranquilla... forse, e dico forse, capirai la vera intendità del tipo misterioso del tempo molto presto... Anche perché altrimenti il personaggio che appare in questo capitolo non potrebbe fare granché XD

    Bene, e ora... invece di lasciarvi con il classico "Buona lettura a tutti!", ho solo una parola da dire... Allons-y!

    Capitolo 83: Flashback Sora: popoli nascosti e viaggiatori dello spazio-tempo
    Non appena Sora uscì dal varco, si ritrovò in una via deserta, appartenente a una cittadina in apparenza non molto grande.
    “Per fortuna non mi ha visto nessuno.” Osservò, guardandosi attorno e chiudendo il passaggio alle sue spalle.
    Cercando di sembrare il più indifferente possibile s’incamminò, ritrovandosi in una piccola piazza, in quel momento frequentata da poche persone, per la maggior parte anziane.
    “Beh, almeno non c’è la folla del mondo di Kagome…” commentò sorridendo, per poi addentrarsi nella piazza, in cerca di qualcosa che potesse essere fuori posto. Oltre a lui, ovviamente.
    La sua attenzione fu attirata da un foglio, appeso a tutte le porte dei negozi.
    Il ragazzo si avvicinò, per poi sgranare gli occhi.
    Sul foglio era disegnato il volto di un essere orribile, che sembrava essere stato devastato in ogni modo immaginabile. Subito sotto il disegno c’era la scritta ‘Ricercato per omicidio’.
    “C-Cavoli… e c’era chi definiva la Bestia un mostro… si vede che chi l’ha chiamato così non aveva mai visto questo qui.” Fece. “Ma come diamine può esistere una creatura del genere?”
    “Ottima domanda, giovanotto.” Disse una voce.
    Sora si girò, ritrovandosi a guardare un agente della polizia.
    “Oh, salve. Scusi, non era mia intenzione curiosare.” Replicò, cercando di nascondere la sua sorpresa.
    “Non preoccuparti. Non si vedono spesso stranieri da queste parti, specie dopo l’ultimo.” E il poliziotto indicò il foglio. “Il diavolo in persona, ecco che cos’era. Di umano non aveva proprio niente!”
    “Ne deduco che non era normale per voi.”
    “Normale? Stai scherzando, vero? Hai visto l’identikit, è un mostro! E la cosa peggiore è ciò che ha fatto. Ha fatto a pezzi decine di persone, per poi farsi incollare addosso le parti che preferiva. Il chirurgo che ha costretto a compiere una simile atrocità non si è ancora ripreso dall’orrore.”
    “Quanto tempo fa è successo?”
    “Qualche mese… la gente del posto ha voluto dimenticare quel giorno. Probabilmente il peggiore che abbia mai vissuto.”
    “E del messaggio di Aqua?”
    Il poliziotto si mise a ridere. “Quello è passato totalmente inosservato. Dopo un mostro del genere, nulla può più spaventare.”
    “Potrei essere d’accordo… e non mi dispiace affatto essermelo perso.” Fece Sora. “Però vorrei avere qualche informazione in più. Ad esempio, per caso aveva inciso sul corpo uno strano simbolo simile a un cuore?”
    “Direi proprio di no. Io l’ho visto di persona, e credimi: di cuore non aveva niente di niente. Né reale, né finto. Ma perché questa domanda?”
    “Non è il primo mostro di cui sento parlare. Anche se è il primo a essere così spaventoso, lo devo ammettere.”
    “Davvero? Mi sembri abbastanza grande per andare ancora alla ricerca di mostri.”
    Sora sorrise. “Sono un fan del genere.” Spiegò. “E ho sentito che di recente molti mostri hanno questo strano cuore inciso addosso. Per questo pensavo che potesse fare parte della stessa famiglia.”
    “Beh, qui credo ci sia una sola persona in grado di darti maggiori informazioni.” Rifletté l’agente, per poi indicare la strada. “Se vai sempre dritto, raggiungerai una casa isolata. Là abita Archibald. Lui dovrebbe saperti dire ciò che vuoi. Ma attento, è un tipo un po’ strambo. Parla sempre di un popolo segreto nascosto chissà dove.”
    “Davvero?” domandò realmente interessato Sora. “Allora credo proprio che andrò a parlarci. Grazie mille per l’aiuto, agente.”
    “Di nulla. Ma dimmi, da dove vieni?”
    Il custode sorrise.
    “Da molto lontano. Dubito che qualcuno possa dirle di aver anche solo sentito il nome del mio luogo d’origine.”
    “Abbiamo internet, non dovrebbe essere difficile.” Scherzò il poliziotto, chiudendo per qualche secondo gli occhi.
    Ma quando li riaprì, il ragazzo era scomparso e al suo posto si poteva vedere una lieve luce.
    “Ma cosa-?” fece incredulo l’uomo, guardandosi attorno. “Non starò impazzendo, vero?”

    Sora uscì dal varco qualche centinaio di metri più avanti, dietro al muro di una casa.
    “Mi dispiace averlo dovuto ingannare così, ma qualcosa mi dice che è meglio non rivelare come se niente fosse che sono un custode.” Disse, per poi tornare a guardare la strada di fronte a sé. “Mi conviene procedere in volo, farò più in fretta.”
    Detto ciò, si alzò dal terreno, per poi cominciare a percorrere la strada.
    Nonostante la sua velocità, impiegò diversi minuti prima di avvistare la casa che l’agente gli aveva indicato, decidendo poi di atterrare qualche metro indietro per sicurezza.
    “Speriamo sia quella giusta.” Mormorò, portandosi una mano sulla nuca.
    Procedendo a passo normale, attraversò il cancello aperto e percorse il piccolo sentiero che conduceva all’ingresso dell’abitazione.
    Tuttavia si fermò un istante, per poi voltare la sua attenzione verso il vasto giardino.
    “Che strano… per un momento… no, impossibile.” Fece, scuotendo la testa.
    “Chi sei?” chiese una voce.
    Sora si guardò intorno, cercando di capire chi lo stesse chiamando.
    “Sopra di te.”
    “Peter?” disse riflettendo il custode, guardando il cielo.
    “Alla finestra.” Continuò la voce, riuscendo finalmente ad attirare l’attenzione del castano nella giusta direzione.
    Si trattava di un bambino, che lo stava osservando incuriosito da una delle finestre. “E chi sarebbe questo Peter? Peter Pan?”
    “Ciao!” lo salutò Sora, alzando la mano e sorridendo al pensiero che senza saperlo il piccolo aveva indovinato. “Il mio nome è Sora. Volevo sapere se qui abita un certo Archibald.”
    “È mio nonno. Perché lo stai cercando?”
    “Ecco… mi hanno parlato di lui in paese. Sto facendo una ricerca e tuo nonno potrebbe avere le informazioni che cerco.”
    “Il nonno adesso è fuori con la nonna, ma se vuoi posso aiutarti io. Ho seguito le orme di mio nonno, e so più o meno un po’ le stesse cose.” Asserì il bambino, sorridendo.
    “Davvero? Mi saresti molto d’aiuto allora.”
    “Un minuto e arrivo.”
    Sora vide il bambino rientrare, immaginando che si stesse dirigendo verso la porta d’ingresso.
    Fece per raggiungerla, ma si girò ancora verso il prato.
    “Di nuovo quella sensazione. C’è qualcuno che mi sta osservando?” si chiese, scrutando attentamente il giardino, per poi chinarsi. “Però qui non c’è nessuno. E non è nemmeno oscurità quella che sento…”
    Il rumore della porta d’ingresso lo distrasse.
    “Hai perso qualcosa?” chiese il bambino, che sembrò leggermente preoccupato dall’interesse che lo straniero stava rivolgendo al prato.
    “No… Qualche animaletto ha attirato la mia attenzione, tutto qui.” Rispose lui, alzandosi e avvicinandosi al bambino, per poi porgergli la mano. “Piacere, come ho detto prima, mi chiamo Sora.” Si ripresentò.
    “Arthur.” Rispose lui, ricambiando la stretta. “Allora, che cosa vorresti sapere?”
    “Sono giunto qualche ora fa in paese, dove ho appreso che qualche tempo fa, qui da voi è comparso un mostro per poi, a quanto pare, scomparire nel nulla. Sono un fan di queste cose, e cercavo maggiori informazioni, così mi hanno consigliato di rivolgermi a tuo nonno.”
    “D-Davvero?” rispose il bambino, incredulo. “Strano, perché noi quel mostro non lo abbiamo nemmeno visto.”
    Tuttavia, qualcosa nel suo tono di voce, portò Sora a dubitare della sua risposta.
    “Capisco.” Disse, per poi sospirare. “E dimmi… sai qualcosa sui custodi?”
    “Custodi? Quelli di qui parlava quella misteriosa donna?”
    Sora annuì.
    “No, di loro non so nulla. Nessuno ha mai sentito parlare di loro prima, ma vieni, entra pure. C’è ancora un po’ di torta di mia nonna.”
    “Non vorrei disturbare…”
    “Mia nonna mi avrebbe già rimproverato per non averti fatto accomodare.” Rispose Arthur sorridendo. “E poi, vorrei provare ad aiutarti nella tua ricerca, per quanto possibile. Se poi arrivano i miei nonni, potrai chiedere a loro qualcosa in più.”
    “Beh, allora ti ringrazio.” Fece il custode, seguendo il bambino in casa.
    Lo condusse alla cucina, dove Sora si sedette vicino al tavolo, mentre Arthur apriva il frigorifero, tirando fuori due grosse fette di torta.
    “Allora, da dove vieni?” chiese, mentre le metteva in due piatti, per poi prendere due forchette.
    “Da un’isola molto lontana da qui. Sono in viaggio alla ricerca di informazioni, come ho detto prima.”
    “Davvero? Un viaggio del genere solo per informazioni sui mostri? Non potevi usare internet?”
    Sora ridacchiò. “Dalle mie parti, la cosa più tecnologica è la lampadina. Ho scoperto computer e simili solo dopo aver iniziato il mio viaggio.”
    “Che strano, credevo che ormai fosse ovunque. Pure qui ce ne sono un paio, anche se li usa principalmente la polizia.”
    “Eravamo piuttosto isolati. Abbiamo lasciato l’isola… solo quando non era più possibile restarci.”
    “Come mai?”
    “È stata distrutta.” Rispose schietto Sora, infilzando la torta con la forchetta, per poi portarsi un pezzo in bocca. “Squisita!” Continuò, ignorando lo sguardo sconvolto di Arthur.
    “D-Distrutta?” ripeté lui, non sapendo cos’altro dire.
    “Già. Ormai qualche anno fa. Sono stato scaraventato via, ed è così che ho iniziato il mio viaggio. Un viaggio che non è ancora finito.”
    “S-Sai come hanno fatto a distruggerla? Qualche bomba atomica, o esperimenti del governo o-”
    “Nulla di così semplice. La mia isola… è stata una delle prime vittime di Xehanort.” Spiegò Sora, finendo di mangiare il dolce e appoggiando la forchetta nel piatto.
    “Xehanort? Quel Xehanort?!” esclamò Arthur, saltando in piedi.
    “Proprio lui. Lui e i suoi mostri, gli Heartless, attaccarono la mia isola, facendola piombare nelle tenebre.” Continuò il custode, alzandosi, per poi porgere la mano in avanti. “E io… diventai il primo dei nuovi custodi della Luce.” Concluse, evocando la chiave leggendaria.
    “Il Keyblade!” gridò Arthur, guardando l’arma, per poi spostare lo sguardo su Sora. “Allora tu… Tu sei uno dei custodi di cui parlava Aqua!”
    “Proprio così. Anzi, di recente, sono diventato anch’io un Master del Keyblade, proprio come lei. E ora, Arthur, gradirei tu mi dicessi la verità su quel mostro.”
    Il bambino lo guardò per qualche secondo per poi annuire e prendere la sedia, dirigendosi verso una mensola piena di barattoli di vetro.
    “Si chiama Maltazard.” Disse, cominciando a guardare i vari barattoli. “Prima di arrivare in città, ha terrorizzato un intero mondo. Non un altro mondo, semplicemente un mondo che coesiste con questo.” Precisò. “Io ero riuscito a fermarlo qualche tempo prima, assieme ad alcuni amici, ma lui è tornato per vendicarsi e tentare di impadronirsi del nostro mondo.”
    Sora non sapeva cosa dire, restando a osservarlo con la bocca spalancata.
    “Avevo capito che sapevi qualcosa, ma non che eri coinvolto fino a questo punto.” Commentò infine, mentre Arthur prendeva un barattolo e scendeva dalla sedia.
    “Oh, io e mio nonno siamo forse gli esseri che odia di più, dopo il suo nemico numero uno.” Spiegò, per poi appoggiare di fronte a Sora l’oggetto appena preso. “Ma fortunatamente, il suo ultimo piano gli è costato la libertà.”
    Il castano abbassò lo sguardo, vedendo dentro il barattolo un piccolo essere, alto non più di qualche millimetro, che rispose al suo sguardo.
    “Ma questo…” fece sorpreso, guardando il bambino.
    “Sì. È Maltazard.” concluse Arthur.
    “Incredibile… Siete riusciti a rimpicciolirlo?”
    “No, no… lo abbiamo semplicemente riportato alle sue vere dimensioni.”
    “Oh, quindi era così piccolo? Come ha fatto a seminare il panico?”
    “Beh, la popolazione a cui ha… diciamo, dato fastidio è anche più piccola. Lui è considerato un gigante.”
    “Nemmeno quando ero nel mondo di Alice sono diventato così piccolo…” costatò Sora, ripensando alla sua prima avventura.
    “Allora, cosa ti porta realmente qui?”
    “Un viaggio di controllo. Come saprai, i mondi sono tutti in pericolo, e noi custodi stiamo visitando i vari mondi per cercare di salvaguardarli. Come ti ho detto prima, arrivato in città, ho visto il manifesto con la faccia di questo mostro e ho pensato potesse essere un Heartless o un Nessuno. Fortunatamente, non è nessuno dei due, e tu l’hai già sistemato.”
    “Non è stato proprio facile ma sì, ora non darà più problemi. È nostro prigioniero.”
    “Siete solo stati fortunati!” ribatté una vocetta.
    Sora e Arthur abbassarono lo sguardo, vedendo Maltazard guardarli con astio dalla sua prigione. “Non appena sarò libero, mi vendicherò! E obbligherò tua nonna a prepararmi tutte le torte che desidererò!”
    “Questo tipo ha ottimi progetti malvagi…” commentò Sora. “Anche se dopo tutto quel che ho visto, non è neppure la cosa più assurda.”
    “Come sono gli altri mondi?” chiese d’un colpo Arthur. “Insomma… Gli altri esseri sono verdi con le antenne o come?”
    Sora scoppiò a ridere. “No, no… Gli altri mondi sono principalmente abitati da umani, proprio come noi. Certo, mi è capitato di incontrare oggetti e animali parlanti, persone che si trasformano in armi… Ma per la maggior parte sono tutti umani. O meglio, come aspetto. Molti di loro hanno poteri speciali.”
    “Del tipo?”
    “Vediamo… durante l’esame, ad esempio, c’era un ragazzo in grado di allungare il proprio corpo, come se fosse stato di gomma, e un altro che invece poteva sputare e mangiare fuoco. Poi un nostro amico è in grado di creare e distruggere da solo un intero mondo.”
    “Che cosa?! È così potente?”
    “Anche di più. Soprattutto adesso che ha scoperto chi è davvero. Sinceramente, non credo ci sia nessuno oltre ai suoi genitori in grado di tenergli davvero testa.”
    “Caspita… Mi piacerebbe incontrarlo.”
    “Ti auguro che non succeda, perché quello significherebbe che il tuo mondo è in pericolo. Suo padre è mille volte peggiore di questo esserino, credimi.”
    “Impossibile, non può esistere nessuno di peggiore!”
    “E se ti dicessi che è l’Oscurità stessa?”
    “L’Oscurità stessa?” ripeté Arthur, mentre anche Maltazard prestava attenzione.
    “Dark è il figlio della Luce e dell’Oscurità, il che fa di lui l’Equilibrio in persona. Suo padre l’ha trovato, e ha cercato di portarlo dalla sua parte. E dopo aver preso il controllo su di lui, l’ha costretto a torturare quasi a morte la persona che amava. Anche se prima non l’avrebbe mai ammesso.”
    “T-Torturare?”
    “Diciamo che… l’ha costretto a farle qualcosa di molto brutto… Quando li abbiamo trovati, lei era troppo debole, mentre lui era distrutto psicologicamente.”
    “C-Capisco… Beh, ad ogni modo, come puoi vedere, non c’è nessun pericolo al momento.” Fece Arthur, prendendo un bicchiere d’acqua e offrendolo a Sora, che lo ringraziò. “Con Maltazard chiuso qui dentro, noi e i Minimei viviamo in pace.”
    “Minimei?” ripeté Sora, non capendo a chi si stesse riferendo.
    “Il popolo che vive in giardino e che Maltazard odia con tutto se stesso.”
    “Che vive in giardino? Ma non ho visto nessuno prima.”
    “Beh, sono alti due millimetri. Il che mi rende difficile incontrarmi con mia moglie…” rispose ridacchiando il bambino.
    “Capisco…” disse il custode, bevendo un po’ d’acqua.
    Tempo qualche secondo e la sputò di colpo.
    “MOGLIE?!?!” urlò incredulo, guardando il bambino. “Ma avrai sì e no dieci anni!”
    “Beh, sono anche abbastanza grande per loro. E poi, sono diventato il loro principe, visto che ho sposato la principessa Selenia.”
    Sora era paralizzato dalla sorpresa. “O-Okay… questa mi mancava ancora.” Ammise, deglutendo. “Ma quindi, anche tu puoi diventare più piccolo?”
    “Solo ogni dieci lune e solo per poco più di un giorno. Altrimenti resterei bloccato nel mio corpo da Minimeo per mille giorni.”
    “Cavoli… Beh, quindi immagino tu passi tutto il tuo tempo a cercare di evitare che qualcuno calpesti la tua amata, giusto?”
    “Già. Oltre a dover andare a scuola. Qui sono pur sempre un bambino qualsiasi. Mio nonno è a conoscenza della verità, mentre mia nonna e i miei genitori non ci prendono troppo sul serio, pensando che sia una nostra fantasia. O meglio, quasi, visto che Maltazard è sempre qui.”
    “E non può venire lei a farti visita qualche volta?”
    “Non è così facile… Un conto è se io sparisco per una notte, ma come potrei spiegare la presenza di una ragazza che non hanno mai visto prima ai miei?”
    “Ottima osservazione. E quand’è la prossima luna?”
    Arthur sorrise. “Proprio stanotte. E il tempo è sereno, perciò non dovrebbero esserci problemi.”
    “Posso accompagnarti?” chiese Sora, lasciando il bambino sorpreso. “Vorrei incontrare anch’io questi Minimei, ma così non posso di certo parlarci. Da come Maltazard è rimasto senza fiato, deduco che per loro comunicare con noi sia praticamente impossibile.”
    “Non so se è possibile… Sono molto rigidi su chi può entrare e chi no. Io stesso la prima volta sono entrato nel loro mondo solo perché mio nonno era in pericolo.”
    “Non hai un modo per comunicare con loro?”
    “I custodi non hanno alcun bisogno di chiedere il permesso.” Rispose una voce possente.
    Sora si girò verso la porta, sgranando gli occhi quando vide un guerriero dalla pelle scura entrare in cucina, seguito da altri quattro uomini simili a lui.
    “A-Avete sentito tutto?” chiese lui sorpreso.
    “Sì. E conosciamo voi custodi, come anche i Minimei. Si dice che essi portino pace e caos in ugual misura per i mondi, ma tu sembri portare la prima.”
    “Almeno ci provo… ultimamente le cose non sono andate proprio come speravo…”
    “Ma come? Credevo che potesse passare una sola persona.” Fece Arthur, rivolgendosi a quello che doveva essere il capo.
    “Il Keyblade è la chiave che apre tutte le porte.” Rispose Sora. “Con questo, posso accedere a tutto.”
    “Esattamente. Il passaggio tra i due mondi dovrebbe aprirsi per te.”
    “Ma voi chi siete?”
    “Noi siamo i Bogo-Matassalaï, un popolo che assiste i Minimei da tempo immemore.” Rispose uno degli uomini, per poi girarsi. “Vi aspetteremo questa notte.”
    Il custode rimase in silenzio mentre i cinque si allontanavano.
    “Ehm… non ho ben capito chi fossero e cosa centrano con i Minimei…” confessò ad Arthur, che ridacchiò.
    “Senza di loro, sarebbe impossibile andare dai Minimei. Sono gli unici in grado di aprire il passaggio.”
    “Arthur? Con chi stai parlando?” intervenne una voce femminile.
    “Ah, la nonna!” esclamò il bambino, guardando Sora. “Temo dovrai spiegare di nuovo tutta la storia.”

    “Quindi tu sei un custode, eh?” chiese Archibald, dopo che il castano ebbe finito di raccontare la sua storia, questa volta riferendo anche alcune delle sue avventure.
    “Già.”
    “E sei venuto fin qui per informarti su lui?” chiese la nonna di Arthur, indicando il barattolo con dentro il mostro.
    “Beh, inizialmente no. Semplicemente ero di passaggio e ho sentito parlare di lui. E poi quando ho saputo dei Minimei, mi sono interessato a loro.”
    “Oh, quindi Arthur te ne ha già parlato?” fece Archibald, mentre sua moglie sospirava.
    “Beh, io vi lascio a parlare da soli allora. Non sono più disposta a sentir parlare di loro, soprattutto dopo quel che ci è successo.” annunciò, uscendo dalla cucina.
    “Devi scusarla, ma fatica ancora a crederci.” Disse l’uomo.
    “Tranquillo. Nei miei viaggi ho visto di tutto, per questo non fatico a crederci, ma se fossi rimasto sulla mia isola, probabilmente nemmeno io vi avrei creduto.”
    “Pensare che l’universo è in pericolo… Non sarà proprio la ripatriata migliore quella di stanotte.” Sospirò Arthur. “Selenia non la prenderà bene… non facciamo in tempo a liberarci di un nemico che subito ne arriva un altro…”
    “Non vi preoccupate!” esclamò Sora. “Non lascerò che l’Oscurità vinca. Io, assieme agli altri custodi, faremo di tutto per impedirlo!”
    I due lo guardarono, per poi annuire.
    “Dimmi Sora…” cominciò Archibald. “Hai detto che nei tuoi viaggi ti è già capitato di incontrare dei non umani, giusto?”
    “Ho anche viaggiato per un po’ con alcuni di loro. Perché?”
    “Beh, i Minimei non sono solo più piccoli di noi. Sono anche leggermente diversi. E ovviamente, noi non possiamo andare da loro con il nostro aspetto.”
    “Oh, quindi ci dovremmo trasformare?”
    “Non ne sembri sorpreso.”
    “Perché mi è già capitato: sono diventato un tritone, un vampiro, un leone, un cartone animato, un essere digitale… insomma, non sono per niente nuovo a certe esperienze.”
    “V-Vampiro?” ripeté Arthur, non sicuro di aver capito bene.
    “Ero nella Città di Halloween, lì non esistono umani.” Spiegò Sora, sorridendo di fronte all’espressione incredula del bambino. “Sono diventato un tritone quando sono dovuto andare in una città che si trovava sott’acqua. Mentre un leone quando sono andato in un mondo abitato da soli animali. La magia dei custodi ci permette di adattarci ai mondi in cui andiamo.”
    “Incredibile… allora è per questo che tu puoi entrare nel mondo dei Minimei anche se il numero massimo di persone è di uno.” Rifletté Archibald, alzandosi in piedi e dirigendosi verso una delle mensole, tirando fuori una confezione di caramelle. “Ma sarà meglio per te presentarti con un dono per loro.” Disse sorridendo.

    Passarono il resto della giornata ascoltando i racconti di Sora sugli altri mondi, finché alla fine non giunse la notte.
    Furono i Bogo-Matassalaï a chiamarli, dicendogli di seguirli in giardino.
    Una volta tutti fuori, i cinque guerrieri si misero in tondo, formando un cerchio.
    Poi uno di loro prese un tappetto arrotolato su sé stesso, e aiutato dagli altri, lo srotolò, facendogli coprire perfettamente lo spazio tra di loro.
    Solo allora Sora notò un piccolo buco al centro di quel cerchio.
    Subito dopo, un altro guerriero prese un treppiedi, mettendolo proprio sopra di esso, per poi prendere un cannocchiale e inserendo la parte anteriore nel terreno, mentre l’altra parte guardava la luna.
    “Tocca a te, Arthur.” Disse il capo dei Bogo-Matassalaï.
    Il bambino annuì, raggiungendo il cerchio, e cominciando a muovere le ghiere del cannocchiale.
    “Il primo anello tre tacche a destra…” disse. “Il secondo tre a sinistra… e il terzo un giro completo.”
    Per qualche secondo non successe nulla: Arthur, i guerrieri e Sora erano in perfetto silenzio.
    Poi, senza alcun preavviso, un fascio di luce spezzò le tenebre, collegando la luna e il cannocchiale.
    “Custode, ora tocca a te amplificare la luce.” Disse uno dei guerrieri.
    Sora annuì, evocando il Keyblade e puntandolo verso la luce.
    La punta della chiave s’illuminò, per poi lanciare un raggio che si unì all’altro, amplificandolo.
    Arthur prese fiato.
    “Sora, presto, vieni qui!” disse. “Il passaggio rimane aperto solo per pochi minuti, e non si può riaprire.”
    Il custode fece scomparire il Keyblade, per poi raggiungere il bambino.
    “Sono Arthur!” esclamò di colpo lui. “Voglio tornare nel vostro mondo per incontrare mia moglie, la principessa Selenia. Con me ho un custode della Luce, Sora.”
    Per qualche instante tornò il silenzio. Poi una voce intervenne.
    “Arthur? Sei sicuro di ciò che hai detto?” chiese.
    Il castano guardò il cannocchiale, sicuro che la voce provenisse proprio da sotto di esso.
    “Presentati.” Lo intimò il capo dei Bogo-Matassalaï.
    Il ragazzo annuì, ricevendo un assenso anche da Arthur. “Sì. Io sono Sora, un custode del Keyblade! Vengo da un altro mondo e sto viaggiando per sventare le minacce in previsione della Guerra del Keyblade, che potrebbe portare alla scomparsa dell’universo. Master Aqua mi ha sottoposto personalmente all’esame di Master, e ora, proprio come lei, ricopro quel grado. Perciò io, Master Sora, chiedo ufficialmente di poter parlare con voi Minimei!”
    “Master Sora… Perché vuoi parlare con noi?” chiese la voce.
    “Voglio solo parlare, tutto qui. Ho saputo della minaccia che avete recentemente affrontato, e voglio assicurarmi che l’Oscurità non possa più intervenire in questo mondo.”
    “Bétamèche, puoi fidarti di lui.” Intervenne Arthur.
    Per qualche secondo nessuno disse nulla.
    “Va bene! Allora preparatevi!”
    Non appena disse ciò, il raggio di luce cominciò a tremare.
    “Ora preparati, non sarà una cosa proprio immediata.” Lo avvertì il bambino.
    Poi, senza alcun preavviso, i due cominciarono a rimpiccolirsi velocemente.
    Sora si alzò in volo, afferrando Arthur.
    “Grazie.” Disse lui, per poi indicare la lente del cannocchiale. “Dobbiamo restare sul vetro. È quello il passaggio!”
    “Va bene!”
    Mentre continuavano a diminuire di dimensioni, Sora portò Arthur sulla lente, per poi restare entrambi con la schiena appoggiata a essa. Senza che i due potessero far nulla, il vetro alle loro spalle cominciò a diventare molle, facendoli sprofondare, per poi precipitare lungo il tubo del cannocchiale.
    Sora cercò di restare in volo, ma una strana pressione lo costringeva a cadere sempre più in basso, andando a sbattere da tutte le parti.
    Infine, i due caddero sopra un altro vetro, dove rimasero fermi per qualche secondo.
    “Ahi… è sempre traumatizzante…” commentò Arthur, voltandosi verso il vetro.
    “Ma perché non sono riuscito a volare?”
    “Potrai chiederglielo tra poco. Intanto, saluta.” Disse il bambino.
    Sora lo guardò sbattendo gli occhi, per poi voltarsi anche lui verso il vetro.
    Di fronte a loro, dall’altra parte della lente, c’era un essere dall’aspetto umano, leggermente sovrappeso, con le orecchie a punta e dei folti capelli arancioni, che li stava salutando con la mano.
    “Lui è un Minimeo? Sembra uno di quei folletti di cui ho sentito parlare…” fece Sora, guardando Arthur, che mise una mano in tasca. “Ma avevi detto che ci saremo dovuti trasformare. Come mai siamo uguali a prima, tranne per il fatto che siamo infinitamente più piccoli?”
    “Manca l’ultima parte.” Rispose il bambino, tirando fuori una chiave, che inserì subito in una serratura sulla parete.
    Subito si sentì un rumore sopra di loro.
    Il custode alzò lo sguardo, vedendo l’altra lente che cominciava a precipitare verso di loro.
    “Arthur… temo tu l’abbia messa dalla parte sbagliata!” esclamò preoccupato.
    Il bambino sorrise, mentre il vetro li raggiungeva.
    Sora si portò le mani sopra la testa nel tentativo di proteggersi dall’impatto, ma con sua sorpresa, questo non avvenne.
    La lente gli passò attraverso, coprendoli completamente con una strana gelatina, dopodiché il vetro su cui erano caduti li fece passare oltre, lasciandoli cadere sul pavimento, proprio ai piedi di Bétamèche.
    “Bentornato Arthur!” esclamò questi, andando ad aiutare il bambino a togliersi di dosso la gelatina.
    “Grazie… è un piacere rivederti!” rispose lui, alzandosi e togliendosi la gelatina rimanente, rivelando così il suo nuovo aspetto: proprio come l’essere al suo fianco, i tratti del suo viso erano diventati più simili a quelli di un folletto e le sue orecchie si erano allungate.
    Indossava un vestito che sembrava essere fatto di foglie e pezzi di legno, mentre i suoi capelli erano diventati completamente bianchi, oltre che essersi allungati, andando tutti all’insù.
    “Selenia non vede l’ora di poter riabbracciare il suo compagno. Anche se pare che sia il cognato ad avere per primo questo onore.” Scherzò, per poi voltarsi verso l’ospite straniero, che si stava rialzando.
    “Benvenuto anche a te, Master Sora.” Disse, mentre il custode si toglieva di dosso la gelatina.
    “Ugh… questa è stata la più strana delle mie trasformazioni…” fece lui, guardandosi le mani e poi i vestiti. Questi erano rimasti dello stesso colore, ma ora erano composti anch’essi di foglie e legno.
    Non visibili al suo sguardo erano i nuovi tratti del suo viso, anche per lui diventati simili a quelli di un folletto: gli occhi erano diventati leggermente a mandorla, e anche a lui le orecchie si erano allungate. I suoi capelli erano rimasti dello stesso colore, ma avevano perso la loro tipica forma, diventando una folta chioma.
    Il custode si portò una mano sulla testa, per poi sospirare.
    “Speriamo che dopo tornino normali, o Kairi mi correrà dietro con le forbici per tagliarli.” Disse ridendo.
    “Tranquillo, una volta tornati alle nostre dimensioni originali, perderemo ogni caratteristica da Minimeo.” Fece Arthur.
    “Allora, direi che è il momento di andare. Il consiglio e Selenia vi stanno aspettando.” Esclamò Bétamèche, dirigendosi in fretta verso una porta.
    Senza aspettare un secondo, Arthur gli corse dietro, lasciando indietro Sora.
    “Deve volergli veramente bene per affrontare tutto questo…” mormorò lui, per poi sospirare. “Parlo proprio io…”
    Scuotendo la testa per liberarsi di quei pensieri, si avviò anche lui verso la porta.
    Nello stesso momento, sopra la mensola nella cucina di Arthur, Maltazard sorrise.

    Sora seguì Arthur e Bétamèche, che lo condussero attraverso diversi corridoi, fino a ritrovarsi di fronte a una piazza, in quel momento piena di Minimei, i quali cominciarono subito a parlottare tra di loro non appena videro il custode.
    Tuttavia il mormorio venne interrotto dal rumore di passi veloci, che anticiparono una Minimea dai capelli rossi che stava correndo verso Arthur, per poi saltargli addosso, venendo presa al volo dal bambino.
    “Finalmente sei tornato.” Disse lei, abbracciando il compagno, che ricambiò il gesto.
    “Lo sai che non potrei mai lasciarti. In fondo siamo sposati, no?” rispose lui sorridendo.
    “Allora lei deve essere Selenia, giusto?”
    La ragazza si staccò da Arthur, per poi voltarsi verso l’ospite.
    “Esatto. E tu devi essere Master Sora.”
    “Chiamatemi solo Sora. Detesto che qualcuno mi parli dandomi troppo rispetto. In fondo, sono ancora un ragazzo.”
    “Che cosa ti porta da queste parti?” chiese seria Selenia.
    “Come ho detto prima, sono solo di passaggio. Ho scoperto dell’esistenza di Malta-”
    “Non nominarlo!” ordinò la ragazza. “Da noi nessuno lo nomina.”
    “Che cosa? Un altro Voldemort?”
    “Voldemort?” chiese Bétamèche, guardandolo con aria interrogativa.
    “Un tipo di un altro mondo che quasi nessuno osava nominare per la paura.”
    “Quindi tu sei o molto forte o molto stupido.” osservò Selenia.
    “Forse un po’ il secondo punto…” ridacchiò il custode. “Non sono mai stato il genio del gruppo, ma me la sono cavata quando ho salvato l’universo per due volte.”
    “Come?”
    “In passato ho viaggiato per i mondi, affrontando l’Heartless e il Nessuno di Xehanort. Molti mondi ne sono rimasti all’oscuro, ma questa non è la prima battaglia conto Xehanort. Anche più di dieci anni fa altri custodi lo affrontarono, tra cui Master Aqua. Purtroppo, però, non riuscirono a sconfiggerlo, come nemmeno io e i miei amici.”
    “Questo Xehanort… è così potente?” chiese Bétamèche.
    “Sì… e il problema è che non è nemmeno lontanamente paragonabile al nostro vero nemico…”
    “Come? Master Aqua non ha parlato di un altro nemico!” esclamò Selenia.
    “Perché all’epoca del messaggio non ne era a conoscenza. Io e i miei amici lo abbiamo scoperto poco prima di sostenere l’esame per diventare Master. Il nostro nemico… è peggio di chiunque possiate anche solo immaginare. Il vostro nemico, Xehanort, gli Heartless… anche se dovessero combattere tutti insieme, non riuscirebbero a raggiungere il suo livello.”
    “Un nemico più potente di M il Malvagio? Impossibile!” esclamò spaventato uno dei Minimei.
    “Mi dispiace dovervelo dire, ma il nostro vero avversario ha il potere di distruggere l’universo… ed è per questo che ci stiamo preparando alla guerra finale. La Guerra del Keyblade.”
    “Ma chi è?” domandò Selenia.
    “L’Oscurità… è l’Oscurità stessa il nostro nemico.” Rispose Sora.
    A quelle parole, il silenzio piombò sopra la piazza.
    “L’Oscurità…” disse un vecchio Minimeo. “Credevo fosse solo una leggenda… Non credevo potesse esistere davvero un’entità reale.”
    “Padre…” fece Selenia.
    “La leggenda narra che molto, molto tempo fa, c’è chi dice addirittura alle origini dell’universo, l’Oscurità abbia dato via a una battaglia senza fine contro la Luce. Battaglia che continua ancora oggi.”
    “E in questa battaglia, c’è stato un solo giorno di tregua.” Continuò Sora. “E in quel giorno, nacque l’Equilibrio.”
    “L’Equilibrio? Vuoi dire che esiste anche una terza entità?” domandò Bétamèche.
    Sora sorrise. “Certo. E io ho viaggiato con lui.”
    “Che cosa?!” esclamarono tutti.
    “Vuoi dire che tu sei riuscito a stare al fianco di un essere superiore?” domandò incredulo il padre di Selenia.
    Il custode annuì. “Lo abbiamo incontrato un po’ di tempo fa, e ha cominciato a viaggiare con noi. Si è presentato come custode dell’Equilibrio, e ne era convinto. Poi, non molto tempo fa, ha incontrato suo padre, e la verità è venuta a galla.”
    “Raccontaci tutto.” Disse Selenia.
    “Sicuri? Se ho capito bene non avete molto tempo.”
    “Qualche ora possiamo permettercela. Inoltre, se l’universo è in pericolo, lo siamo anche noi.”
    Sora sospirò. “Comincio a raccontarla troppe volte questa storia…”

    “Capisco… E così, ora il nostro destino è nelle mani di questo Dark…” fece Selenia, non appena il castano finì di raccontare il suo viaggio.
    “Sì. Lui farà di tutto per fermare suo padre e Xehanort, ne sono sicuro. E io non posso essere da meno. Userò tutte le mie forze per aiutarlo. L’Oscurità non vincerà!”
    “Ma come agisce l’Oscurità? Non interverrà di persona ogni volta, no?”
    “Una volta avrei potuto rispondere di no. Ma ora… si è già mostrata di fronte a quasi tutti noi. Ha distrutto il nostro mezzo di trasporto nel tentativo di eliminarci. Senza contare come ha costretto Dark a torturare Hikari…”
    “Questo significa… che c’era lui dietro a M? È lui il responsabile di tutto il male?”
    Sora scosse la testa. “No, altrimenti gli basterebbe volere che tutti diventassero come Xehanort. Lui sfrutta l’oscurità presente nei cuori: dubbi, rabbia, odio… anche il dolore… Lui usa questi elementi per farti cadere sua vittima. È per questo che bisogna fare attenzione: in tutto l’universo ci sono solo sette cuori privi d’oscurità, e le persone a cui appartengono sono definite le sette Principesse della Luce. Sono state riunite una volta da Xehanort, che ha rubato e messo insieme sei di quei cuori, creando un Keyblade oscuro. Un Keyblade in grado di aprire i cuori.”
    “E che cos’è successo?”
    “All’epoca Xehanort aveva prima guidato e poi posseduto un mio amico, fino ad assumere il controllo completo del suo corpo. A essere sincero, ho iniziato il mio primo viaggio per motivi egoistici: la mia isola era stata distrutta, e io ho cominciato a cercare Riku e Kairi per i vari mondi. Riku però non è riuscito a resistere all’oscurità, e si è lasciato dominare. Dopo aver sfruttato una creatura che mirava a dominare i mondi, ha prelevato i cuori di sei principesse, e con quel Keyblade mi ha attaccato. Io riuscii a sopraffarlo, ma prima di andarsene, mi rivelò chi era la settima principessa e dov’era il suo cuore.”
    “E dov’era?” chiese Arthur.
    Sora si portò una mano sul petto.
    “Qui. Era sempre stato con me, perché la settima principessa della Luce era Kairi, e lei aveva involontariamente trasferito il suo cuore dentro il mio.” Rivelò facendosi scappare una piccola risata. “Pare che i cuori mi prendano come un hotel dove riposarsi lontano dai loro corpi.”
    “Com’è possibile? Insomma, uno non può avere due cuori!” esclamò Selenia.
    “Non due cuori fisici… noi custodi ci riferiamo ai cuori come anime. I cuori contengono ricordi, sentimenti… contengono la nostra essenza.”
    “E come hai liberato il cuore di Kairi?” lo interruppe Bétamèche.
    “Facendo l’unica cosa che mi venne in mente. Xehanort prima di scomparire aveva lasciato cadere a terra il Keyblade. Perciò lo presi e mi colpii al cuore, rilasciando il cuore di Kairi. E anche il mio. Scomparvi nell’oscurità, tornando indietro come Heartless. Però, a differenza di tutti gli altri, ero riuscito a mantenere la mia identità. Ero cosciente di chi ero.”
    “Aspetta… vuoi dire che adesso sei un Heartless?” domandò Selenia, portando la mano su un pugnale che aveva legato attorno alla vita.
    “No, no, tranquilla. Quando incontrai di nuovo Kairi, tornata in possesso del suo cuore, avvenne quello che si potrebbe definire un miracolo. Nonostante il mio Heartless e il mio Nessuno fossero ancora vivi, riuscii a tornare me stesso, come mi vedete ora.”
    “Nessuno? Aspetta, che cosa significa?”
    “Roxas, il mio Nessuno. Quando si crea un Heartless, nasce un Nessuno. E se il tuo cuore è sufficientemente forte, il Nessuno ha il tuo aspetto e ricordi. Tuttavia, non è in grado di provare sentimenti.”
    Bétamèche aprì la bocca per fare un’altra domanda, ma non ebbe il tempo di pronunciare sillaba che il terreno cominciò a tremare.
    “C-Che cosa sta succedendo?!” esclamò Arthur, cercando di restare in piedi.
    “La Luna!” gridò Selenia, alzando un dito verso il satellite.
    Tutti seguirono lo sguardo, per poi spalancare gli occhi.
    Come se vi fosse stata incisa, una serratura brillava sopra di essa.
    “Impossibile!” urlò Sora, evocando il Keyblade e puntandolo contro l’astro notturno.
    Il raggio di luce uscì come sempre, ma durante il tragitto s’infranse nel nulla.
    “Che cosa? Perché non riesco a chiuderla?”
    “Che cosa sta succedendo, Sora?” chiese Arthur.
    “Qualcuno ha aperto la serratura del vostro mondo!” rispose il custode, senza nascondere la sua preoccupazione. “E per qualche motivo, il mio Keyblade non riesce a richiuderla!”
    “Che cosa significa?”
    “In parole povere… questo mondo potrebbe essere presto distrutto.”
    Prima di poter dire altro, intorno a tutta la piazza apparvero un centinaio di piccoli varchi oscuri, da cui uscirono degli Shadow, affiancati da alcuni Soldati.
    “E questi cosi da dove saltano fuori? Non sono insetti!”
    “No, questi sono Heartless! Non provate ad attaccarli, le vostre armi non serviranno a nulla contro di loro!” rispose Sora, alzando la mano libera e aprendo un varco dietro di lui. “L’ho impostato verso la cucina di Arthur, attraversatelo! Non posso assicurarvi di riuscire a proteggervi tutti se restate qui!”
    “Non possiamo abbandonarti a combattere da solo!”
    “Ho affrontato migliaia di questi esseri, non è un problema per me, ma se voi restate qui, mi sareste solo d’intralcio!” replicò il custode, per poi creare una sfera di fuoco che lanciò contro un paio di Heartless, che esplosero non appena colpiti dalla magia. “Vi prego, fate come vi chiedo!”
    “Va bene… Forza, andiamo!” ordinò il padre di Selenia, correndo dentro il varco, seguito subito da tutti gli altri.
    Solo Selenia e Arthur rimasero al loro posto, senza muoversi.
    “Che cosa credete di fare? Vi ho già detto che le vostre armi sono inutili contro di loro!” urlò Sora.
    “E con ciò?” domandò Selenia, lanciando il suo pugnale a Arthur, che lo prese al volo, per poi tirarne fuori un altro da una tasca, buttando via la fodera. “Questo è il nostro mondo, e io sono la futura regina dei Minimei. Non crederai davvero che me starò in disparte a guardarti combattere per noi, vero?”
    Il custode sospirò, per poi lanciare il Keyblade come un boomerang, falciando una decina di Heartless, che scomparvero nell’oscurità.
    “Fate come volete, ma vi avverto che le cose non-”
    Ma prima che potesse finire la frase, Selenia lanciò il pugnale contro un Heartless, trapassandolo in piena testa, facendolo così sparire.
    “Che cosa dicevi sul fatto che le nostre armi erano inutili?” chiese lei, sorridendo.
    Sora la guardò esterrefatto, per poi scuotere violentemente la testa.
    “Non male, lo ammetto. Sono pochi quelli che riescono a ferire o eliminare un Heartless senza usare il Keyblade. Ma ora non hai più nessuna arma da usare.”
    “Anche se l’avesse, sarebbe inutile.” Disse una voce.
    Sora e i due Minimei si girarono, ritrovandosi a guardare Maltazard, libero, che camminava tra gli Heartless senza alcuna difficoltà.
    “Tu?!” esclamò irata Selenia.
    “Già, io.” Rispose lui, sorridendo.
    “Visto così, fa decisamente paura…” commentò Sora. “Come hai fatto a liberarti?”
    “Ottima domanda, custode… Vedi, il tuo arrivo era in parte previsto. Lo stavo aspettando per attuare questo piano. Tuttavia, non dovevi essere tu.”
    “E chi allora?”
    Maltazard sorrise di nuovo, per poi parlare con una voce diversa.
    “Dark. Aspettavo lui per manovrare questo debole essere.” Disse.
    Sora spalancò gli occhi.
    “Tu!” esclamò, puntandogli contro il Keyblade.
    “Lui chi?” domandò Selenia.
    “L’Oscurità… è nel corpo di Maltazard.” Spiegò il custode, deglutendo.
    “Già… Sono proprio io.” Continuò l’avversario, schioccando le dita. “E dimmi, Sora, come pensi di affrontarmi con quelle tue ridotte dimensioni? Come vedi, la serratura è bloccata. E il tuo misero Keyblade non può fare nulla.”
    “Che cosa vuoi fare al nostro mondo?!” gli urlò Arthur.
    “Distruggerlo ovviamente.”
    “Non te lo permetterò!” dichiarò il custode, partendo all’attacco pronto a colpirlo.
    Ma questi alzò un braccio, bloccandolo a mezz’aria.
    “Non sei ancora sufficiente…” giudicò, per poi spedirlo indietro, facendolo andare a sbattere per terra.
    “Sora, Arthur, Selenia! Affrontatemi se ci riuscite!” li sfidò, mentre gli Heartless attorno a lui cominciavano a circondarlo, per poi farlo sparire sotto la loro massa.
    Per qualche secondo non successe nulla.
    Poi, tutto d’un colpo, una colonna nera si alzò da dove si trovavano, raggiungendo il cielo.
    Lentamente, questa cominciò a cambiare forma, assumendo gli stessi tratti di Maltazard, solo che adesso era alto un centinaio di metri.
    Sora e i due compagni alzarono lo sguardo.
    “È un po’ più alto dell’ultima volta…” considerò Arthur, deglutendo e indietreggiando.
    “Ha fuso gli Heartless con lui… l’ha trasformato definitivamente in un essere oscuro…” disse il custode, guardando il suo Keyblade.
    “Che cosa facciamo? Era impossibile affrontarlo quando era alto come un umano, e ora…”
    “A questo punto non mi resta altra soluzione… dovrò forzare il passaggio.” Decretò Sora, alzando il Keyblade verso l’alto.
    “Che cosa?”
    “La nostra trasformazione. Cercherò di innescarla artificialmente e immediatamente, ma non posso assicurare nulla sui risultati.”
    “Potresti farlo anche per me?” chiese Selenia. “Non voglio restare in disparte.”
    “Ma Selenia, tu-”
    “Se tu puoi trasformarti in uno di noi, allora anch’io posso diventare come te.” affermò lei, per poi tornare a guardare Sora.
    “Non lo so… potrebbe funzionare, oppure no. Non sono nemmeno sicuro funzioni per me e Arthur.”
    “Provaci.”
    Il ragazzo annuì, mentre il Keyblade s’illuminava.
    “Allora andiamo!” urlò, mentre gli altri due mettevano le mani sul Keyblade.

    Maltazard voltò lo sguardo verso il basso, vedendo una luce brillare, per poi diventare sempre più grande.
    Prima che potesse rendersene conto, si divise in tre fasci, che andarono a sbattere sull’erba del giardino.
    “Ohi… l’atterraggio non è stato dei migliori neppure stavolta…” fece il custode, tornado al suo aspetto normale, rialzandosi.
    “Già…” rispose Arthur. “Tutto bene, Sele-”
    Ma il bambino si bloccò.
    Di fronte a lui c’era una bambina della sua età, con lunghi capelli rossi e con addosso una tunica verde, che si stava rialzando da terra.
    “Che male… voi custodi non siete i migliori nel far atterrare qualcuno, vero?” chiese, guardandoli, per poi spostare la testa a lato. “Arthur, perché mi stai guardando con la bocca aperta?”
    “S-Sei… fantastica…” disse lui, cercando di riprendersi.
    Ma prima che potesse dire altro, una folata di vento si alzò su di loro, sollevandoli da terra.
    “Vedete di resistere a quest’altra di caduta!” urlò la voce dell’Oscurità, scagliando verso l’alto Arthur e Selenia, mentre spedì Sora nuovamente sul prato.
    “No!” urlò il castano, guardando i due bambini volare verso l’alto.
    Ma prima che potesse anche solo pensare ad altro, il rumore di un vento impetuoso, che sembrava costretto in una feritoia riempì l’aria, sovrastando ogni altro suono.
    “E ora che cosa sta-” fece il custode, per poi vedere il cielo sopra di loro piegarsi, lasciando uscire dal nulla una cabina del telefono blu, che andò a sbattere contro il volto di Maltazard, rimbalzandoci sopra e allontanandosi illesa, continuando a ruotare su se stessa a velocità folle, e con suo orrore, Sora la vide andare verso Arthur e Selenia.
    Tuttavia, prima che i due potessero andarci a sbattere contro, una porta si aprì verso l’interno da uno dei lati, lasciando entrare i due, e lasciando sentire subito dopo il rumore di due tuffi.
    “Eh?” esclamò sorpreso, sbattendo le palpebre un paio di volte, non sicuro di aver sentito bene, per poi vedere la cabina scomparire nello stesso modo in cui era arrivata.

    Arthur e Selenia uscirono subito con la testa dall’acqua, cercando di riprendere aria.
    “Ma che diamine è successo?!” sbottò la bambina, nuotando fino al bordo di quella che aveva tutta l’aria di essere una piscina al chiuso.
    “Scusateci, ma non abbiamo avuto il tempo di farvi arrivare nella stanza dei materassi.” Disse una voce, mentre i due videro degli asciugamani volare verso di loro, prendendoli al volo. “Uscite e asciugatevi. Direi che non è il momento giusto per perdere tempo in un bagno.”
    “Ma come… stavamo precipitando e siamo caduti… in una piscina?” fece Arthur, guardandosi intorno.
    “Sì, cose che capitano più volte di quanto possiate immaginare.” Continuò la voce, mentre una ragazza dai capelli biondi che indossava un paio di jeans e una maglietta rossa entrava nella stanza. “Anche se a essere sincera, mi mancavano ancora un mostro gigante e due bambini che tentano stupidamente di affrontarlo.”
    “Chi sei?”
    “Rose Tyler, piacere di conoscervi. Ora sbrigatevi e seguitemi.”
    I due annuirono, ancora sorpresi, avvolgendosi con gli asciugamani e seguendola nella stanza accanto.
    Si ritrovarono in una stanza enorme, con al centro uno strano macchinario che arrivava fino al soffitto, composto da un panello circolare che stava attorno a una colonna di vetro al cui interno c’erano diversi pezzi in movimento.
    Di fronte a quel tripudio di tecnologia, intento a muovere leve e premere bottoni, a volte prendendoli a martellate, si trovava un uomo con un completo elegante beige.
    “Stanno bene tutti e due.” Gli disse la bionda, raggiungendolo. “Quanti danni abbiamo subito?”
    “Mia cara Rose, lo dovresti sapere che quasi niente può scalfire questa bellezza!” rispose l’uomo, con un tono assolutamente non serio, guardandola con un sorriso e baciando la macchina subito dopo. “Nemmeno un mostro gigante alto circa cento volte più di noi.”
    “Arthur… che cos’è quella cosa?” chiese Selenia, guardando incredula il macchinario, che sembrava continuare a sbuffare.
    “Ehi!” esclamò l’uomo, girandosi verso di lei. “Parlane bene, non è una qualsiasi cosa! Lei è il TARDIS, ed è grazie a lei se vi abbiamo salvato l’osso del collo. Ora… voi chi siete?”
    “Questo dovremmo esserlo noi a chiederlo! Siete custodi?” replicò Arthur.
    “Custodi? Certo che no.” Rispose Rose, sorridendo. “Sebbene anche noi passiamo gran parte del nostro tempo a salvare mondi…”
    “È un soprannome che mi manca ancora. Alcuni mi chiamano Distruttore, altri Salvatore, altri ancora Vattenedalnostromondo… No, forse quest’ultimo non è un nome…” rifletté guardando in alto. “Ma che importanza ha? Voi chiamatemi il Dottore.”
    “Il Dottore? E che razza di nome è? E dove ci troviamo adesso?” urlò Selenia, perdendo la pazienza.
    “Come ho detto prima, siete a bordo del TARDIS, e per essere meno precisi, stiamo volando nello spazio tempo, ma non avete ancora risposto alla mia domanda… chi siete?”
    “Io sono Selenia, principessa dei Minimei.” Rispose la ragazza, per poi guardare il compagno. “E lui è Arthur, mio marito.”
    “Marito? Non siete un po’ troppo… giovani?” chiese Rose.
    “Oh, no. Anzi, per alcuni sono anche decisamente grandi.” Fece il Dottore, per poi tirare fuori da una tasca uno strano oggetto di metallo, che puntò contro i due, facendo accendere una luce azzurra accompagnata da un ronzio.
    “Interessante… Uno di voi è umano, e l’altro non proprio.” Disse spegnendolo. “Ma chi sono io per parlare? Dopotutto non credo ci siano umani con due cuori come me, no?”
    “Che cos’è quello? Una specie di spada laser?” domandò Arthur.
    “Oh, nulla di così incredibilmente banale. È un cacciavite sonico. Allora…” continuò lui, alzando entrambi gli indici delle mani. “Che cos’era quella cosa là fuori?”
    “L’Oscurità. Era l’Oscurità dentro il corpo di un nostro nemico.”
    “L’Oscurità? Dottore, non è un po’ presto? E soprattutto, non avevi detto che non interveniva mai in prima persona?!” esclamò Rose, guardando l’uomo, che assunse un’espressione semi preoccupata.
    “Primo, il Dottore mente. Secondo, il Dottore molto, ma veramente molto raramente, sbaglia.”
    “Tipo modesto, eh?” lo interruppe Selenia.
    “Quando hai oltre novecento anni umani, della modestia non rimane molto.” Rispose lui, ignorando la ragazza, la quale sgranò gli occhi. “Terzo… Il Dottore non ha mai voluto affrontare quel mostro. E non mi riferisco a quello qui fuori, ma quello che si trova dentro.”
    “C’è qualcosa di cui hai paura anche tu?”
    “Ho paura di molte cose, Rose. Ma quella è la prima della lista. Mi dispiace ragazzi, ma questo cambia le carte in tavola. Ce ne andiamo il più lontano possibile! Che ne dite dell’anno 3000? Molto pacifico, almeno finché non arriveranno gli alieni per tentare di conquistare di nuovo la Terra e-”
    “Noi non andremo da nessuna parte!” esclamò Selenia, avvicinandosi a lui e guardandolo minacciosa. “Là fuori c’è il nostro mondo, e i nostri amici! Il mio popolo! Non li abbandonerò scappando come una codarda!”
    “E io sono con lei!” disse Arthur. “Inoltre, Sora sta combattendo da solo e non-”
    “Sora?” fece il Dottore, guardandoli. “Un ragazzo dai capelli castani, a punta, tutti all’insù, aria un po’ da tonto, occhi azzurri… Quel Sora?”
    “Lo conosci?” domandò Rose.
    “Diciamo di sì… io conosco lui, ma lui non conosce me. Non ancora almeno. E forse non mi conoscerà mai.”
    “Basta, non aspetterò oltre!” dichiarò la principessa dei Minimei, andando verso l’unica porta della stanza. “Io vado. Forza Arthur, non possiamo lasciare che M vinca.”
    “La serratura del vostro mondo è stata aperta.” Disse il Dottore. “Non è un evento che capita spesso. E quando capita, quel mondo è condannato.”
    “Allora noi cambieremo questa regola.” Rispose Arthur. “Selenia ha ragione, non possiamo arrenderci così.”
    Il Dottore restò in silenzio per qualche secondo, per poi sorridere.
    “Sapete, chiudere una serratura è un’esperienza che ancora mi manca!” esclamò, cominciando di nuovo a trafficare con il marchingegno al centro della stanza.
    Subito l’intera struttura cominciò a tremare.
    “Ma prima, dobbiamo andare a prendere qualcun altro!” annunciò, afferrando altre leve per non cadere. “Senza considerare che ora come ora, voi due non avete nessuna possibilità di vittoria. Tenetevi forte!”


    Sora venne colpito in pieno dal pugno della creatura, che lo spedì contro un muro della casa di Arthur, il quale cedette e lo lasciò entrare, rotolando lungo il pavimento e le macerie, fermandosi contro l’altro muro.
    “Maledizione… è troppo forte…” mormorò, rialzandosi ma cadendo subito a terra, sputando del sangue.
    Lo sguardo gli cadde sul varco che si stava chiudendo in ciò che restava della cucina.
    Fortunatamente era riuscito ad aprirlo e a far entrare i Minimei, i nonni di Arthur e i guerrieri Bogo-Matassalaï, mandandoli nella Città di Mezzo.
    Ora, però, era da solo.
    La cabina che aveva preso Arthur e Selenia era scomparsa nel nulla prima che riuscisse a raggiungerla, e ora Maltazard era in piedi di fronte a lui, ghignando.
    “Allora Sora… Vuoi continuare a combattere o ti arrendi?” fece la voce dell’Oscurità, che risuonò nell’aria.
    “Mai!” replicò il custode, tagliando l’aria di fronte a sé con il Keyblade. “Non mi arrenderò mai a te!”
    L’avversario ridacchiò. “Divertente… e come speri di fare? Sei rimasto da solo ad affrontare me, l’essere più potente dell’universo. Non ho visto chi è intervenuto prima per salvare quei due mocciosi, ma anche lui è scappato via subito.”
    Sora digrignò i denti per la rabbia.
    “Sì, così. Presto cadrai anche tu sotto il mio potere.”
    “No… Io ti sconfiggerò assieme a tutti gli altri! Non vincerai!”
    “La tua è una causa persa, custode della Luce!”
    Sora fece per replicare, ma si sentì di nuovo lo stesso rumore di prima.
    Il custode si girò, vedendo la cabina blu cominciare a materializzarsi dal nulla alle sue spalle, finché non divenne definitivamente visibile.
    “Sai… mi piacciono le cause perse.” dichiarò una voce, mentre la porta dalla cabina si apriva, lasciando uscire il Dottore. “Sono quelle che ti spingono ad andare avanti.”
    “E tu chi sei?” domandò il castano, alzandosi.
    “Sono il Dottore. E tu sei Sora, giusto? Piacere di conoscerti nuovamente, ma se non ti dispiace, rimanderò a dopo i saluti.”
    “Il Dottore?” ripeté l’Oscurità, per poi scoppiare a ridere sonoramente. “Non ci credo… mi hai evitato per così tanto tempo e ora vieni di fronte a me di tua spontanea volontà!”
    “Che cosa?” esclamò il custode, guardando alternamente i due.
    “Sì, hai ragione. Sono oltre novecento anni che scappo da te. Come fanno quasi tutti nell’universo, aggiungerei. A essere precisi, è quello che fanno fin dall’inizio dei tempi. Sai, li ho sempre visti opporsi a te.”
    “Sono sempre stato temuto da tutti, non c’è bisogno che tu venga a ricordarmelo.”
    “Ho passato la mia intera vita a cercare di metterti i bastoni tra le ruote, per quanto mi fosse possibile senza un confronto diretto, ma tu hai sempre manovrato tutti i miei nemici, dico bene?”
    “Insomma, di cosa state parlando?” chiese Sora, confuso.
    “Solo che in tutta la storia dell’universo, mi sono sempre ritrovato ad affrontare creature corrotte da lui.” Spiegò il Dottore. “E che ora è giunto il momento che io lo affronti faccia a faccia.”
    “E come conti di fare, Dottore?” chiese divertito l’Oscurità. “So bene che tu non usi mai nessuna arma oltre al tuo cacciavite. E quello con me è inutile.”
    “Vero. Per questo, ho chiesto aiuto a un po’ di persone.” Rispose lui, mentre dalla cabina uscivano Arthur e Selenia, entrambi con in mano una spada, i quali si voltarono verso l’alleato.
    “Siamo in ritardo?” chiese la principessa sorridendo.
    “Arthur! Selenia! State bene!” esclamò sollevato il custode della Luce, osservando come sembravano più grandi rispetto a pochi minuti prima.
    “E non sono soli!” urlò un’altra voce, mentre dietro i due sposi appariva un ragazzino dai capelli bianchi, affiancato da un altro della stessa età dai capelli verdi e neri, che teneva in mano una canna da pesca.
    “Così è lui quello che dovrei salvare?” chiese una ragazza dai capelli viola, che indossava una divisa scolastica, tirando fuori da una tasca un ventaglio con cui cominciò a farsi aria. “Consideralo già fatto.”
    “Tsk! Non c’è alcun bisogno di salvarlo. Basta assicurarsi che quell’altro tipo sia fatto a fettine sufficientemente piccole da risultare innocuo.” Replicò un uomo dai corti capelli verdi, che si portava dietro tre spade e che rivolse subito uno sguardo minaccioso al nemico.
    “Cavoli Dottore… Quando mi ha chiesto aiuto, non pensavo che mi sarei ritrovato con una simile squadra di pazzi…” commentò un altro uomo dai capelli neri, che aveva tra le mani quello che pareva essere un grosso cannone laser.
    “Beh, io e il fratellone abbiamo visto cose anche più assurde… forse.” Fece Alphonse, uscendo e mostrando un sorriso.
    “Tutto questo non ha importanza.” Disse un altro ragazzo, che indossava dei vestiti neri, uscendo e togliendo dalla mano sinistra un guanto dello stesso colore. “Occhio per occhio, dente per dente, male per male.”
    “Spero non ti dispiaccia, Oscurità, ma ho pensato che prelevare un po’ di persone in grado di affrontare gli Heartless, e spero anche te, potesse tornare utile.”
    Maltazard li guardò tutti dall’alto, per poi scoppiare ancora a ridere.
    “Tu pensi davvero che portandomi dei ragazzini io possa essere in difficoltà? Mi deludi, Dottore.”
    Ma prima che potesse dire altro, un raggio laser lo colpì in mezzo agli occhi, costringendolo a cacciare un piccolo lamento.
    “Forse da soli no, ma tutti insieme credo che qualcosa riusciremo a farti.” Disse una donna dai ricci capelli biondi, abbassando un pistola.
    “Mi chiedevo quando saresti arrivata. Tutto bene?” fece il Dottore, guardandola.
    Lei gli sorrise. “Spoiler.” Rispose semplicemente, appoggiando la canna della pistola sulla spalla. “Ora, ho creduto necessario portare qui un altro custode… Spero non ti dispiaccia, dolcezza.”
    “Un altro custode?” intervenne Sora.
    “Esatto. Un custode che a quanto pare in questo tempo non esiste più.” Rispose una voce, mentre una figura si avvicinava a loro. “Ma non ha importanza. Ero pronto a una simile eventualità.”
    Sora guardò sorpreso l’uomo che si stava avvicinando: indossava una tunica bianca, che copriva un’armatura che al custode della luce ricordò quella di Aqua, Terra e Ventus, soprattutto per via dello stesso simbolo che aveva sulla vita. Il suo volto era deturpato da due vistose cicatrici, che rendevano ancora più dura la sua espressione seria, e allo stesso tempo malinconica. I suoi capelli erano neri, con una capigliatura che ricordava vagamente un ananas. Infine impugnava un Keyblade grigio, che Sora riconobbe immediatamente.
    “Master… Eraqus?” pronunciò incredulo.
    “Vedo che conosci il mio nome.” Rispose lui, raggiungendolo e guardandolo con attenzione, soffermandosi sul suo Keyblade. “Posso sapere come ti chiami.”
    Il castano si riprese subito, togliendosi di dosso la sua aria sorpresa. “Io sono Master Sora. È un onore conoscere l’insegnante di Aqua, Terra e Ventus!” rispose.
    “Master? Così giovane?” commentò lui, sorridendo. “Sembra che le cose siano messe davvero male. Chi è stato a nominarti?”
    “Master Aqua e Master Yen Sid.”
    “Ragazzo, è meglio non spoilerare troppo del futuro. Potresti cambiare gli eventi.” Disse la donna.
    “Se non sbaglio, sei stata tu a portarlo qui.” Le fece notare il Dottore.
    “Oh, per te questo e altro, dolcezza.” Rispose lei divertita, per poi puntare di nuovo contro l’avversario la sua pistola. “Ora, che cosa facciamo con lui?”
    “Io direi di cominciare col farlo uscire da quel corpo.” Fece Arthur, alzando la spada di fronte a sé. “Non ci siamo allenati per anni per niente!”
    “Anni?” domandò Sora. “Ma sono passati sì e no dieci minuti!”
    “Non per loro.” Spiegò il Dottore. “Li ho portati in un altro mondo e in un altro tempo per farli allenare. E sì, il TARDIS, alias cabina del telefono blu, può viaggiare nel tempo e nello spazio.”
    “L’ultimo esemplare della sua specie.” Ricordò l’Oscurità. “Proprio come te, Signore del Tempo. Sterminatore di Dalek. O come preferisci che ti chiami?”
    “Dottore andrà più che bene. Tu invece… come dobbiamo chiamarti? M? Maltazard? Oscurità?”
    “Chiamatemi Fine!” rispose lui ghignando, per poi alzare una mano, facendo cadere una decina di fulmini a terra.
    La maggior parte dei presenti li evitarono, tranne la ragazza dai capelli viola, la quale ne prese in pieno uno, restando tuttavia in piedi senza alcuna difficoltà.
    “Tutto qui?” domandò lei, chiudendo di colpo il ventaglio, il quale stava fumando per la temperatura a cui era appena stato sottoposto. “Speravo in qualcosa di meglio. Kumagawa era ben più pericoloso.”
    “Oh, una Anormale. Hai scelto degli alleati piuttosto strani, Dottore.”
    “Sai com’è, non volevo sfigurare.” Rispose lui sorridendo. “E Medaka mi sembrava un’ottima candidata.”
    “Umpf!” fece lo spadaccino dai capelli verdi, avvicinandosi e mettendosi tra i denti l’elsa di una delle spade. “Esibizionista. Ma devo essere grato di poter affrontare un avversario così potente.”
    “Non cambi mai, eh, Zoro?” intervenne Arthur. “Ci hai addestrato per un anno e continuavi a chiederci solo se valeva la pena affrontarlo.”
    “Sai, a furia di affrontare solo Marines, uno comincia ad annoiarsi. E il mio mondo non è ancora stato raggiunto dagli Heartless.”
    “Marines? Vuoi dire che sei un pirata?” domandò l’uomo con il cannone, sorridendo e guardando l’avversario. “Ad ogni modo, concordo con il verdino, però devo ammettere che per uno che si definisce l’essere più potente dell’universo speravo in qualcosa di più… carino, ecco.”
    “Quel Jack mi fa un po’ di paura…” fece il bambino albino, per poi tendere le mani di fronte a sé, creando tra esse qualche lampo. “Tu non trovi Gon?”
    “Non saprei Killua… non mi sembra uno cattivo. Anche se mi ricorda un po’ Hisoka…” rispose il ragazzino al suo fianco, appoggiando sulla schiena la canna da pesca.
    “Il fratellone probabilmente sbatterebbe la testa da qualche parte dicendo che non è possibile…” mormorò Alphonse, per poi battere le mani e poggiandole a terra, creando una spada che impugnò subito. “Fortuna che io oramai mi sono arreso al fatto che la legge dello scambio equivalente non vale in tutti i mondi!”
    “Umpf.” Fece l’ultimo ragazzo del gruppo portato dal Dottore, schioccando le dita e facendo uscire dalla mano una fiammata blu che colpì in pieno Maltazard, il quale però la dissipò muovendo il braccio. “Questo tipo sarà piuttosto difficile da eliminare.”
    “Tu non sei mica il male che sconfigge il male, Ogami-kun?” domandò Medaka, guardandolo con un sorrisetto. “Dovresti essere più forte allora.”
    “Incredibile…” riuscì semplicemente a dire Sora, guardando il gruppo, mentre Eraqus lo affiancava.
    “L’universo dev’essere davvero in crisi per aver dovuto riunire così tante persone di mondi differenti. Cosa ne è stato dei passaggi?”
    “Sono stati distrutti qualche anno fa.” Rispose il castano. “Ho viaggiato per i mondi per sigillare le serrature, ma dopo la mia sosta al Castello dell’Oblio, ho dovuto riaprire i passaggi, facendo però in modo che gli Heartless non potessero viaggiarci.”
    “Il Castello dell’Oblio, hai detto? Vuoi dire che sei stato al suo interno e ne sei uscito indenne?”
    “A dire la verità ho perso tutti i miei ricordi, ma un’amica è riuscita a restituirmeli.” Rispose con una risatina Sora.
    Eraqus spalancò gli occhi, mentre per un istante gli parve che la figura di Sora venisse sostituita da quella di Ventus.
    “Capisco. Allora sei tu.” costatò sorridendo e guadagnandosi un’occhiata curiosa. “Colui che ha salvato il cuore di Ventus.”
    “Molto bello questo momento di riunione, però vi ricordo che di fronte a noi c’è la personificazione del male.” Li interruppe River. “Che ne dite di affrontarla?”
    Sora e Eraqus si voltarono a guardarla, per poi scambiarsi uno sguardo d’intesa.
    Senza dire altro, i due scomparvero, riapparendo ai due lati della testa dell’Oscurità.
    “Che cosa?!” urlò lui, mentre sulla punta dei Keyblade cominciò a crearsi una sfera di luce. “Come osate-”
    Ma non riuscì a finire la frase che la magia dei custodi lo colpì in pieno, facendo letteralmente esplodere la sua testa in centinaia di fasci di luce, che si estesero su tutto il corpo, il quale si dissolse in pochi secondi.
    “Come? Lo hanno già eliminato?” domandò con somma disapprovazione Zoro. “Diamine, non sono nemmeno riuscito a colpirlo.”
    “Sbagli.” Intervenne il Dottore. “Hanno distrutto solo il corpo. La vera battaglia inizia ora.”
    “Risposta esatta, Dottore!” rispose una voce, mentre l’Oscurità riappariva da un varco, avvolta dal suo impermeabile nero.
    “Cosa?” esclamò incredulo Eraqus, tornando a terra assieme a Sora, che prese subito la parola.
    “Non si può sconfiggere così facilmente. Lui è l’essenza stessa dell’oscurità. Nemmeno suo figlio è riuscito a eliminarlo.”
    “Figlio?!” esclamò Alphonse. “Vuoi dire che quella cosa ha avuto un figlio?!”
    “E tu lo conosci, Alphonse Elric. Dopotutto, devi a lui il recupero del tuo corpo!” esclamò Nigrae, facendo spalancare gli occhi all’alchimista.
    “No… impossibile…” mormorò il ragazzo, voltandosi verso il custode castano.
    “Dark è suo nemico quanto noi!” replicò Sora, alzando il Keyblade, pronto a partire all’attacco. “Ha cercato di controllarlo, ma grazie a Hikari è riuscito a rompere l’ipnosi e a opporsi! Inoltre nemmeno ne era lui a conoscenza!”
    “Mi pare di capire che non sono l’unico ad avere una famiglia strana alle spalle.” Commentò Killua, per poi alzare una mano, le cui dita si rimodellarono divenendo dei grotteschi artigli. “Beh, mi pare di capire che non se la prenderà se priverò il suo vecchio del cuore!”
    Senza dire altro scomparve alla vista di tutti, riapparendo di fronte all’avversario.
    “Muori!!!” urlò, colpendolo in pieno petto.
    Ma prima che potesse anche solo pensare di sorridere, fu scagliato indietro dalla pura oscurità, facendolo volare fino a sbattere contro il TARDIS.
    “Killua!” gridò Gon.
    “Davvero pensate che i vostri miseri attacchi possano farmi qualcosa? Io sono l’essere più forte dell’universo! Esisto da molto prima che si creassero i vostri atomi!”
    “Cavoli… e io che pensavo che i Dalek fossero degli ossi duri…” mormorò Jack, per poi guardare il Dottore. “Idee?”
    “Al momento temo di no… Possiamo solo combattere usando tutte le nostre capacità… ma il problema principale è che abbiamo solo due custodi con noi…”
    “Lascia fare alla tua mogliettina.” Disse River, facendo fuoco contro Nigrae, il quale rimase impassibile.
    “Credi davvero che quella tua pistola-”
    Ma l’Oscurità questa volta s’interruppe, alzando subito le braccia per fermare il proiettile laser, il quale si ingrandì pochi istanti prima di colpirlo, creando un’esplosione tale da far alzare un piccolo tornado.
    “Mai sottovalutarmi.” Continuò la donna, soffiando sulla canna della pistola, facendo emettere un fischio di ammirazione a Jack.
    “Però Dottore! Si vede che è sua moglie! Avete lo stesso stile!”
    “Sinceramente non sapevo neppure io che era mia moglie…” rispose il Signore del Tempo. “Purtroppo, però, temo che non sia servito a niente…”
    Infatti, come risposta, un raggio nero uscì dal fumo creatosi dall’esplosione, diretto verso il Dottore.
    Ma prima che questi potesse scansarsi, Medaka si mise in mezzo, incrociando le braccia e ricevendo in pieno il colpo, arretrando di qualche metro.
    “Q-Questo sì che si è sentito…” si lamentò, mentre abbassava le braccia, sulle quali erano rimasti grossi lividi. “Ho perso anche qualche costola…”
    “Umpf. Non male… Credevo avrebbe superato anche le tue difese.” Fece Nigrae, riemergendo dal fumo.
    “Allora vediamo se tu riesci a superare queste!” esclamò Master Eraqus, scagliando dal Keyblade una serie di catene dorate, che si avvolsero attorno all’Oscurità. “Ora, tutti insieme!”
    “Poveri stupidi!” urlò lui, distruggendo i vincoli come se niente fosse, per poi avvolgersi con la sua aurea, facendo volare via tutti quanti, che rovinarono a terra pochi istanti dopo.
    “Ugh… Ma quanto è forte?” si lamentò Selenia, rialzandosi ansimando.
    “Sapete… sarei tentato di eliminarvi tutti qui adesso… Però non sarebbe divertente a sufficienza.” Disse Nigrae.
    “Non credere che io mi arrenda così facilmente!” urlò Zoro, rimettendosi in piedi e correndo verso di lui, con le spade incrociate.
    L’Oscurità sorrise, per poi scomparire dalla vista di tutti e ricomparire di fronte al pirata, prendendolo per il collo e costringendolo a lasciare cadere a terra le tre spade.
    “Non riesci a sconfiggere Mihawk, credi di poter eliminare me?”
    “Lascialo andare!” urlò Sora, raggiugendoli e cercando di colpirlo con il Keyblade, mossa che l’avversario evito saltando indietro.
    “Come desideri!” rispose, lanciandoglielo contro.
    Sora spalancò gli occhi, facendo scomparire il Keyblade e prendendo al volo il compagno, cadendo a terra per il peso.
    “E ora… sparite!” esclamò Nigrae, lanciandogli contro un raggio oscuro.
    Tuttavia, prima che riuscisse a raggiungerli, questo venne intercettato dal TARDIS, che apparve avanti ai due guerrieri, prendendo in pieno il colpo, restando tuttavia integro.
    “Cosa?” fece incredulo il custode, rialzandosi. “Come può aver resistito?”
    “Il TARDIS non è così facile da distruggere.” Rispose il Dottore, sorridendo. “Ha sopportato l’invasione del più grande esercito della Terra, e nessuno è riuscito anche solo a scalfirne la porta. Questa è la mia ragazza!” dichiarò con orgoglio.
    Nigrae sorrise sotto il cappuccio, cominciando a scomparire nel suo stesso elemento.
    “Molto bene, Dottore. Dato che tu puoi viaggiare nel tempo, immagino tu sia a conoscenza del mio piano…” asserì, spalancando le braccia. “Questa sarà la tua unica occasione per fermarmi! Che cosa decidi di fare? Fermi me e violi tutti i tuoi principi o mi lasci proseguire, condannando l’universo?”
    Il Dottore tornò serio, guardando l’entità.
    “Io trovo sempre una soluzione. Riuscirò a fermarti senza dover eliminare nessuno. Come hai detto tu, io, l’ultimo Signore del Tempo, so cos’hai in mente. E sempre come hai detto tu, potrei fermarti adesso.”
    Lo sguardo dell’uomo si fece triste.
    “Ma per colpa tua ho già dovuto mettere fine al mio stesso popolo… e sono un codardo. Per questo sono costretto a lasciare che le cose vadano come devono andare…” aggiunse per poi mostrare un sorriso furbo. “Ma se credi di avere tutto sotto controllo, ti sbagli di grosso! Non sottovalutare gli esseri dell’universo! Qualcuno sarà anche dalla tua parte, ma la maggior parte di essi vogliono la tua disfatta definitiva! E non si fermeranno di fronte a nulla! Ci rivedremo presto… e nessuno di noi sarà com’è adesso!”
    Nigrae scoppiò a ridere.
    “Divertente! Quindi secondo te verrò fermato nonostante tutto… voglio proprio vedere come… Gallifreyano!”
    Detto questo, scomparve, lasciando sul campo di battaglia i guerrieri.
    “Maledizione!” urlò Arthur, sbattendo un pugno a terra. “Tre anni passati ad allenarsi e non siamo nemmeno riusciti a sfiorarlo!”
    “Non era alla nostra portata. Non avete nessuna colpa.” Cercò di consolarlo Sora, per poi guardare il Dottore. “Cosa volevi dire dicendo che nessuno di voi sarà com’è adesso?”
    Per tutta risposta lui gli punto contro il suo cacciavite sonico, accendendolo ed esaminandolo.
    “Beh, piccola lezione sui Signori del Tempo.” Fece, spegnendolo e mettendolo in tasca. “I Signori del Tempo sono molto duri a morire. L’aspetto con cui mi vedi è il mio decimo aspetto. Sono morto già nove volte, e ogni volta mi sono rigenerato in un nuovo corpo. Ho oltre novecento anni grazie a questo trucchetto.”
    Medaka fischiò. “Conosco persone che pagherebbero oro per sapere come fai.”
    “Beh, temo che non basterebbe tutto l’oro del mondo per saperlo.” S’intromise River. “In fondo, l’unica che c’è riuscita sono io.”
    A quella frase tutti si voltarono a guardarla.
    “Vuoi dire che è anche lei una Signora del Tempo?” domandò Jack, guardando il Dottore, che scosse la testa.
    “No. È umana, ma con DNA dei Signori del Tempo. Storia complicata, e non so nemmeno io come sia possibile.”
    “Spoiler.” Rispose lei, per poi avvicinarsi a Eraqus. “Beh, penso che sia il caso di tornare a casa dolcezza. Ho un appuntamento con i miei genitori e non voglio fare tardi.”
    Detto ciò, prese per un braccio il Master, scomparendo assieme a lui pochi secondi dopo.
    “River Song… mi chiedo quanto tempo dovrò aspettare per sapere qualcosa in più sul suo conto.” Fece il Dottore, scuotendo la testa, per poi voltarsi verso gli altri. “Beh, direi che anche per voi è ora di tornare al vostro mondo d’origine.”
    “Dove passeremo il tempo ad allenarci. Venire sconfitto così mi brucia non poco.” Mormorò Killua, voltandosi a guardare Gon. “Che ne dici di sgominare qualche banda criminale? Finché non avremo maggiori informazioni su tuo padre possiamo continuare a cercare di guadagnare nuove carte per finire il gioco.”
    “Ottima idea! E poi Biscuit ci sta aspettando!”
    “Io invece tornerò a occuparmi della scuola. Sono sicura che senza di me sarà già caduta a pezzi.” Fece Medaka, tirando di nuovo fuori il suo ventaglio.
    “Di sicuro con te invece resterà in piedi.” Fece ironico Ogami. “Ad ogni modo non m’interessa. Il mio compito è quello di eliminare i criminali.” E qui guardò Zoro.
    “Cerchi rogne per caso?” replicò lui.
    “Su, su, non è il caso di agitarsi. In fondo siamo tutti dalla stessa parte, no?” intervenne Alphonse.
    “E poi, non dovrete aspettare molto per tornare a combattere insieme.” Fece il Dottore. “Purtroppo la guerra ormai è alle porte. E mi dispiace dire che in confronto la Guerra del Tempo sarà stata come un mero litigio tra due gatti…”
    “Aspetta!” esclamò Sora. “Non puoi dirci qualcosa in più sulla guerra? Se sapessimo le cose in anticipo potremmo-”
    “Mi spiace, ma non mi è permesso. Inoltre, non posso neppure tornare alla guerra per il momento. Devo aspettare il permesso.”
    “Il permesso? Non hai detto di poter viaggiare liberamente nel tempo e nello spazio?”
    “Non in tutto il tempo e nello spazio. Alcune zone mi sono vietate, tra cui la Guerra del Tempo e le Guerre del Keyblade. Per potervi andare il TARDIS ha bisogno di un potere ben maggiore di quello che posso procurargli io. Ma c’è qualcuno che può rimediare a questo. E sarà la nostra carta vincente.”
    “Di chi stai parlando?”
    Il Dottore sorrise, per poi poggiargli una mano sulla spalla.
    “Tu lo conosci già. Ora Sora, ascoltami bene: qualunque cosa succederà, non arrenderti. Tu sei il prescelto della Luce. Io ho fatto quel che potevo, il resto dipende da te.”
    Sora sbatté le palpebre.
    “Temo di non capire.”
    “Ti sarà presto tutto chiaro.” Concluse il Dottore, per poi entrare nel TARDIS, seguito dagli altri, compresi Arthur e Selenia.
    “Noi continueremo a viaggiare con il Dottore per diventare più forti.” Fece la principessa. “E poi, ormai qui non c’è più nessuno.”
    “Tranquilla, sono tutti al sicuro alla Città di Mezzo!” la rassicurò Sora, salutandoli, per poi vedere la porta della cabina chiudersi, cominciando a scomparire accompagnata dal suo rumore.


    ~~~~~~~~~~~~~


    Sora spalancò gli occhi, abbassando il Keyblade.
    “Ma certo!” esclamò, lasciando sorpresi Roxas e Xion. “Ora mi è tutto chiaro!”
    “Come?”
    “Il Dottore sapeva che cosa mi sarebbe successo!” rispose Sora. “Ma se non mi ha fermato… significa che questa non è ancora la fine!”
    “Vuoi dire che sai come uscire da qui?” domandò Roxas.
    Il castano sorrise, per poi alzare le mani, poggiandole sulla fronte dei due.
    “No.” Rispose, per poi avvolgere i palmi con la luce, che coprì interamente i due Nessuno.
    “Che cosa stai-”
    “Vi ho donato un cuore.” Continuò il Master. “Ora ho capito perché Lucis ha scelto me come suo custode.”
    “Sora, che cosa vuoi fare?!” chiese Xion, incredula. “E come sarebbe a dire che ci hai donato un cuore? Nessuno può fare una cosa del genere!”
    “Nessuno tranne me. E ora andate!”
    Senza lasciare il tempo ai due di dire altro, Roxas e Xion scomparvero in una scia di luce, proprio pochi istanti prima che il paesaggio attorno al custode cominciasse a venire divorato dalle tenebre.
    “E questa è fatta… ora, Nigrae…” mormorò, girandosi verso il mare ed evocando il Keyblade. “Cominciamo la nostra battaglia!”


    Saga dei Flashback ~ Fine
     
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